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Autore: Rosalie97    25/04/2015    1 recensioni
L’aveva visto scavarsi la fossa da solo, mettendosi contro persone che avrebbe dovuto tenere alla larga, persone che non scherzavano, e che alla fine avevano mantenuto quelle minacciose promesse che avevano fatto.
L’aveva visto sotterrarsi vivo, senza poter fare nulla per aiutarlo, ed ora era troppo tardi per salvarlo, questa volta.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Geoff | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Song: Bury me alive/Band: We are the fallen




-Buried alive-


[There's no use in crying, all my tears won't drown my pain. Free me from your sorrow, I can't grieve you again. I watched you let yourself die, and now it's too late to save you this time.]
 
Se ne stava seduta in silenzio, le mani chiuse a pugno, le lunghe unghie piantate nei palmi dalla pelle pallida e i capelli che si alzavano a ciocche nel vento. La brezza era fredda, la baciava come il dolce tocco di affilati coltelli, provocandole brividi, ma a lei non dava fastidio, anzi, trovava quel gelo piacevole. La aiutava a schiarire la mente e a mettere ordine nel caos ingarbugliato che aveva nella testa.
I suoi sensi erano allerta, nonostante non ce ne fosse bisogno, e notava ogni cosa con scrupolosa attenzione.
Udiva il sinistro silenzio del cimitero.
Percepiva la pietra compatta del muretto su cui se ne stava seduta.
Captava un denso profumo di rose nell’aria.
In bocca sentiva il gusto della bile e della tristezza, da troppo tempo divenuti troppo amari.
E osservava il muoversi lento e svogliato degli steli verdi dell’erba su cui teneva poggiati i piedi, avvolti come sempre da un paio di anfibi neri. C’era qualche fiorellino sparso qua e là, essi si spostavano a tempo con le folate di vento, margherite gialle e bianche dai petali delicati, delicati come lei.
Per tutta la vita aveva interpretato una parte, facendo finta di essere cinica e forte.
Ma non lo era.
Era solo una semplice ragazza in attesa di qualcosa, in attesa di una svolta felice. << Anche se con le mie stesse mani >> osservandole le alzò nel nulla, muovendo lentamente le iridi nere come la pece, << ho provocato sofferenza. >>
Eppure anche lei aveva sofferto, aveva pianto per lungo tempo. Le lacrime per mesi erano scese dai suoi occhi, solcandole le guance di un bianco cadaverico, scendendole fino agli angoli delle labbra rosse come sangue. Per innumerevole tempo si era svegliata, giorno dopo giorno, alzata dal letto e diretta in bagno per guardarsi allo specchio. Questo era divenuto oramai un rituale: alla stessa ora, ogni mattina, la giovane si affacciava a quella superficie di vetro riflettente e si osservava in silenzio, i bei e delicati lineamenti distorti dal dolore.
Perché soffriva tanto?
Non aveva senso provare un tale dispiacere per via di un semplice ragazzo, di un idiota patentato quale era Duncan. La loro storia era stata più complicata di quella con Trent: si erano lasciati, o meglio, lei lo aveva lasciato, durante lo svolgimento di All Stars, ed era divenuta amica di Courtney. Poi, però, la ragazza aveva tradito la sua fiducia, e la gotica, dopo un mese di pura depressione, si era scontrata per caso, un giorno, con Duncan. Da quel momento la loro storia era ricominciata daccapo, lui era sembrato diverso, cambiato, e Gwen era stata abbastanza stupida da credergli.
E adesso piangeva, seduta sul limitare di un cimitero, con un grave peso sul cuore.
<< Cosa me l’ha fatto fare di tornare con lui? >> disse poi con voce piena di disprezzo, interrompendo l’assoluto silenzio di quel luogo. Non conosceva la ragione per cui parlava ad alta voce, magari si aspettava, in un folle modo, che qualche anima in pena le rispondesse?
Avrebbe voluto poter andare da Duncan e sputargli tutto in faccia, dirgli di smetterla di farla stare male, di piantarla di fare lo stupido, di comportarsi come uno stronzo, ma era impossibilitata. Ormai era tardi.
Gwen l’aveva visto scavarsi la fossa da solo, mettendosi contro persone che avrebbe dovuto tenere alla larga, persone che non scherzavano, e che alla fine avevano mantenuto quelle minacciose promesse che avevano fatto.
Gwen l’aveva visto sotterrarsi vivo, senza poter fare nulla per aiutarlo, ed ora era troppo tardi per salvarlo, questa volta.


 
[You bury me alive, and everybody's gotta breathe somehow don't leave me die. You're too consumed by all your emptiness and lies.]
 
Negli ultimi mesi della loro relazione, quando Duncan era stato ancora vivo e vegeto, lei aveva tentato in ogni modo di stargli vicino, di aiutarlo con i pericolosi debiti da cui era stato sommerso, ma lui non aveva mai accettato l’offerta che lei gli aveva dato, nonostante lei avesse provato a farlo uscire da quella situazione spiacevole anche sapendo quante menzogne lui aveva osato dirle.
Questo provocava l’amore.
L’aveva resa stupida.
Perché non si era allontanata appena aveva potuto? Se lo avesse fatto, ora non si sarebbe trovata in quel cimitero, non avrebbe visitato nessuna tomba ogni giorno alle quindici e quindici, non avrebbe pianto l’assenza di un delinquente che era stato tanto stupido da credere di poter sfidare gente che uccideva per vivere.
Lui era stato seppellito morto, lì, in quel luogo intrinseco di tristezza, morte e pianti addolorati, dai becchini di un’agenzia funebre.
Mentre lei era seppellita, viva, dalla sofferenza e dai ricordi, dalla rabbia e dalla malinconia.

 
[All I did was love you, now I hate the nightmare you've become. I can't let you fool me, I won't need you again. I watched you let yourself die, and now it's too late to save you this time.]
 
Tutto ciò che aveva fatto era stato amarlo di nuovo, dargli una seconda possibilità, non guardando in faccia il passato, lasciandoselo alle spalle. Non aveva dato peso a quell’istinto, presente nel profondo di lei, che le aveva urlato contro in ogni modo possibile tentando di farle vedere la realtà, di renderla tanto sveglia da capire di doversi preservare.
In passato Duncan l’aveva fatta soffrire, cosa le aveva fatto pensare che questo sarebbe potuto cambiare, in qualche modo?
Non avrebbe dovuto permettergli di ingannarla, di farla inciampare nell’amore un’altra volta. Gwen non avrebbe dovuto sentire nuovamente il bisogno della presenza di lui nella sua vita.
Ora, quei sentimenti e il ricordo del sorriso di quel delinquente erano gli incubi che le impedivano di dormire la notte.

 
[Can't feel this love we used to hold, all I see is black and cold as I try to pull you down, to the ground, the ground.]
 
<< Quel cretino si è ucciso praticamente da solo >> mugolò digrignando i denti. << Ed ora io sono sola, qui, costretta a vivere con l’amarezza e il rimpianto di non essere riuscita a tirarlo fuori da quel disastro in cui si era cacciato! >> Si alzò in piedi di scatto, il volto distorto in un’espressione di dolore mentre pronunciava urlando al nulla quella frase. Teneva le braccia lungo il corpo, le mani chiuse a pugno, lacrime incolori a scenderle le guance. << Odio l’incubo che sei diventato! >> Se qualcuno l’avesse vista avrebbe pensato fosse pazza, ma a Gwen non importava, finalmente si stava sfogando, finalmente gridava tutto ciò che aveva tenuto dentro per troppo. << Io ti odio per quello che mi hai fatto! Non provo più l’amore che mi ha resa cieca, i miei sentimenti non sono altro che residui di un passato che vorrei dimenticare! >> fece una pausa. << Tutto quel che vedo ora >> riprese calmandosi, mentre un’ennesima e ultima lacrima solitaria le scendeva dall’occhio destro, << è la stessa oscurità che vedi tu con i tuoi occhi vitrei. E l’unica cosa che sento è il freddo che avvolge le tue membra morte. Mi stai tirando giù con te, ma io non voglio affondare. Non resterò su questa nave che sta andando a picco. Voglio vedere il sole nella mia vita, e voglio sentire il calore dell’affetto vero e della felicità, quindi, brutto stronzo che non sei altro, lasciami vivere questa esistenza in pace. >> Parlava con estrema calma, che sembrava quasi sinistra.
Alzò gli occhi verso ciò che stava di fronte a lei, verso le vecchie lapidi diroccate della parte antica del cimitero. L’angolo destro della sua bocca si sollevò di qualche millimetro, in uno sghembo sorrisetto strafottente. Con gesto meccanico mosse poi il braccio e si asciugò l’ultima lacrima che era disposta a piangere per Duncan. Dopodiché portò lo sguardo sul proprio indice, osservando la goccia trasparente che le bagnava la pelle pallida. Restò immobile così per qualche secondo, fino a che, sorridendo, non mosse il pollice destro, facendolo passare sopra quella lacrima solitaria, ormai lontana dal suo viso, asciugandola.
<< Tu sei morto, ma io no >> e detto questo, con voce bassa e cupa, si voltò, rivolgendo le spalle per l’ultima volta a quel cimitero silenzioso.
 
  
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