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Autore: eolide98    25/04/2015    2 recensioni
Dopo aver sconfitto Giano, i semidei italiani si trovano ad affrontare una nuova minaccia. Gea sta risorgendo e , mentre in America Jason, Piper e Leo si imbarcano in un'impresa, Jake ed Alexdanno la caccia a Matthew e Victoria. ma qualcosa va storto... tra eventi impensabili, alleane incredibili, profezie contorte, i semidei di Neapolis vanno alla ricerca della propria storia. Nuovi nemici stanno arrivando, la profezia di Eris è prossima all'avverarsi e due, nuovi e potentissimi mezzosangue fanno il loro ingresso in scena.
Sequel de " Le Lame di Giano"
Appartenente alla serie "Neapolis, i dimenticati"
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Neapolis, i dimenticati'
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N.D.A.

Dopo circa un mese di assenza eccomi tornato con il secondo capitolo della serie “Neapolis, i dimenticati”. Per quanto riguarda questa fic e quella che la seguirà, sarà utilizzata la tecnica del POV variabile ( Jake, Alex, Noel), con due capitoli a testa. Aggiornerò ogni sabato, regolarmente ( le cose sono cambiate e i tempi stringono!). Questa fic non intaccherà la pubblicazione di Remember Me. I nostri eroi si troveranno ad affrontare situazioni pericolose, una nuova profezia ed un nemico molto difficile da sconfiggere. Vedrete tutto questo, e molto altro... Per quanto riguarda la correzione de “ Le Lame di Giano”, nonostante l'aiuto della mia brillantissima beta, sono ancora parecchio indietro, avrete una bozza il prima possibile, lo giuro...

RECENSITE

ENJOY

E.f.

 

 

JAKE

 

 

Jake girò, ancora una volta, il cucchiaino nel caffè, tentando di far sciogliere lo zucchero. Era seduto sul muretto davanti casa di Alex e come al solito l'anziana signora del primo piano gli aveva offerto qualcosa da bere. Il figlio di Eolo aveva accettato, ed ora era lì, intento a sorseggiare la bevanda scura.

Un soffio di vento gli scompigliò i capelli, facendoglieli cadere sul volto, e Jake si stinse nel giaccone grigio che aveva indossato. Ormai le vacanze di Natale erano arrivate, finalmente lui e Alex sarebbero tornati a Neapolis, dopo un'assenza durata quasi tre mesi.

Era lì che tutto era cambiato mesi prima. Quando Jake aveva scoperto di essere figlio di Eolo, l'immortale signore del vento, Alex e Matthew lo avevano trascinato in quel luogo isolato: un piccolo porticciolo marittimo in cui sorgeva il campo d'addestramento per semidei fondato da Apollo. Per Jake, all'inizio, sapere che tutte le storie raccontate nella mitologia erano reali, era stato uno choc. Ma il tempo e le numerose avventure avevano contribuito a farlo abituare all'idea. L'estate precedente, il signore dei Titani aveva tentato di eliminare gli Dei in America. Ma anche in Italia la guerra si era fatta sentire. Giano aveva rubato le Raffiche, le spade di Eolo, e Jake ed Alex erano riusciti a recuperarle per un pelo! Se il dio bifronte fosse riuscito a consegnarle a Tifone (un enorme mostro) i Titani avrebbero vinto la guerra, ma il figlio del Vento era riuscito a trovare le Lame e ad utilizzarle per sconfiggere Giano ed i suoi servitori.

Jake finì di sorseggiare il caffè e restituì la tazzina alla gentile signora del piano terra. Era sotto casa della sua migliore amica da quasi venti minuti.

"Perché le ragazze ci mettono tanto a prepararsi?" domandò ad alta voce.

"Forse siete voi maschietti che proprio non riuscite a capirci!" era stata la vecchietta a parlare. Jake si girò verso l'anziana signora. Non era molto alta, i capelli bianchi erano raccolti in uno chignon perfettamente ordinato. Indossava un abito lungo e scuro che la copriva completamente.

"In che senso?" chiese Jake curioso.

"Non bisogna mai arrivare in orario ad un appuntamento, mio caro ragazzo..."

"Non è un appuntamento! Io ed Alex non stiamo insieme!" si impuntò il figlio di Eolo.

"Ma lo so, figliolo! Come potrei non esserne al corrente?"

A Jake faceva male la testa. Cosa voleva dire quella donna? Cosa intendeva con ‘Come potrei non esserne al corrente?’ Si disse che la vecchina doveva avere qualche rotella fuori posto. La salutò, quindi, educatamente, e decise di fare una passeggiata. Ma la mano dell'anziana signora lo bloccò. Era incredibile quanto salda fosse la sua stretta.

“Il nostro incontro non è finito, figlio di Eolo” la voce della donna era notevolmente cambiata, molto più dolce e sensuale. Jake si voltò verso la donna, spaesato ed allibito.

"Come fai a..." ma non riuscì a finire di pronunciare quella frase. Gli si parò davanti una donna di straordinaria bellezza. A Jake sembrava che non avesse un volto ben distinto. Era semplicemente fantastica! Assumeva le fattezze di tutte le donne, o ragazze, che lui trovava belle. Gli occhi erano policromi e molto grandi. Indossava ancora la medesima veste azzurra, impreziosita ora da lapislazzuli ed altre pietre preziose.

"Afrodite..." Jake aveva la bocca aperta, e le braccia erano rimaste penzoloni lungo il corpo.

"Venere, in realtà!" rispose la dea, improvvisamente puntigliosa.

"C'è differenza?" chiese il figlio di Eolo, riprendendo almeno in parte il controllo di se stesso.

Venere ridacchiò, coprendosi educatamente il volto con una mano. Gli occhi policromi di lei si puntarono in quelli del mezzosangue, facendolo sentire in imbarazzo, inadeguato in qualche modo.

"Certo, mio bell'eroe! Certo che c'è differenza... ma avrai modo di rendertene conto da solo, molto presto!". La Dea aveva smesso di ridere, le mani disegnavano invisibili cerchi nell'aria. Improvvisamente un tavolino apparve dal nulla, proprio stavano parlando loro due un attimo prima. Venere invitò il ragazzo a sedersi, appoggiandosi poi a sua volta sulla sedia in maniera aggraziata e femminile.

"Cosa intendevi dire con lo scoprirai da solo? Cosa vuol dire?" Jake era curioso e spaventato, sapeva quanto potessero essere ingannatori e subdoli gli dei. Aveva combattuto contro Giano, il signore delle mistificazioni!

"Non è per questo che sono qui, figlio del Vento! Noi Olimpi, abbiamo lasciato per anni che il campo di Neapolis arruolasse semidei, nella speranza che un giorno questi fossero in grado di aiutarci..."

"Soldati... è solo questo che siamo?"

"No! Assolutamente no! Non siete carne da macello! Voi siete importanti! Siamo i vostri genitori, teniamo a voi..."

"Lei... lei è la madre di Victoria!” esclamò, colto da un'improvvisa illuminazione. Jake ed Alex, assieme a Matthew avevano salvato quella ragazza da un gruppo di arpie. Quando il padre di lei era stato ucciso da Sisifo, Victoria aveva giurato vendetta. Così si era alleata con Matthew e Giano contro il campo.

Il volto di Venere si rabbuiò, una smorfia le attraversò il viso, rivelando, per un istante, profondo disappunto. La donna roteò gli occhi, per poi sollevare sensualmente il volto del ragazzo con una mano, facendolo arrossire violentemente.

"E' proprio per mia figlia che sono qui!" disse. "Quella ragazza ha una capacità particolare, è in grado di utilizzare la lingua ammaliatrice. È dai tempi di Medea che non si vede un dono tanto potente! Lei potrebbe onorare la mia stirpe, potrebbe diventare potente quanto Enea!"

"Victoria, se ancora non se n'è accorta, è passata dalla parte di Matthew. Ha combattuto contro Neapolis, insieme a Giano! Ha tentato di eliminare gli Dei!" obbiettò Jake, staccandosi dalle mani di Venere. Si accorse di star facendo fatica ad opporsi alle parole della dea. Tutto ciò che diceva sembrava terribilmente giusto, terribilmente vero.

"Questo lo so. Conosco fin troppo bene la strada intrapresa da mia figlia!" Venere schioccò le dita, ed improvvisamente, sul tavolino apparvero thè, pasticcini e biscotti. Un profumo di cioccolata e cannella invase l’aria, solleticando il naso del figlio del Vento. Venere fece aderire la schiena alla sedia e batté le mani. La teiera si alzò in aria e versò il suo contenuto all’interno di due grosse tazze bianche e dorate. La Dea ne afferrò una e se la portò alle labbra, bevendo il liquido verdognolo. Jake non aveva mai apprezzato il thè, ma si disse che rifiutare la bevanda avrebbe potuto far adirare Venere. Alzò quindi la tazza e ne sorseggiò il contenuto. Non era tanto male! Il sapore gli sembrava familiare: cioccolato, mandarino, caffè… come faceva ad avere quel gusto tanto strano?

“Ci ho aggiunto qualche goccia di nettare… credevo che ti sarebbe piaciuto!” dichiarò la Dea. Jake si affrettò a poggiare la tazza sul tavolino. Nettare ed ambrosia erano il cibo degli Dei, i normali semidei potevano assumerne una quantità piuttosto limitata, ma il figlio del Vento non poteva proprio berne. Solo in caso di estrema difficoltà era ricorso a fiale di nettare e pezzettini d’ambrosia. L’essere figlio di Eolo aveva i suoi vantaggi (era più difficile che i mostri riconoscessero il suo odore), ma anche le sue belle seccature!

“Veniamo al dunque: perché è venuta a parlare con me, divina Afrodite?”

“Venere, in realtà…” lo corresse nuovamente la Dea. Jake sospirò, iniziando a pensare che Venere fosse tanto bella quanto stupida. Addentò un biscotto, sperando che non fosse ripieno di ambrosia, e si scusò con la sua interlocutrice, pregandola di rispondere alla sua domanda.

“Zeus ha deciso di sbarrare le porte dell’Olimpo. Una nuova minaccia incombe, e il Signore del Cielo vuole che i mezzosangue non si immischino con le faccende di noi Dei. Crede che voi semidei vi siate montati la testa. La richiesta di Percy Jackson lo ha parecchio destabilizzato!”

Percy Jackson, Jake ricordava quel nome. Ma certo! Era il figlio di Poseidone che aveva difeso l’Empire State Building dall’attacco di Crono. L’eroe che aveva impedito che l’Olimpo cadesse.

“Di che richiesta stai parlando?” chiese, curioso, ed anche un pochino seccato, posando il biscotto.

“Uh! Miseria, ho parlato troppo!” Venere si portò una mano alle labbra, soffocando una risatina, “Come al solito mi perdo in chiacchiere e non arrivo mai al punto! Ecco, vedi Jake… io ho bisogno che tu ti prenda cura di Victoria. Devi strapparla dalle mani di Matthew e riportarla a Neapolis. Devi riuscire ad interagire con lei, farle capire qual è la giusta via da percorrere! Potresti fare questo per me, tesoro? Potresti riportarmi mia figlia?” Una delle mani di Venere accarezzò il volto di Jake, facendolo arrossire immediatamente. “I ragazzi che arrossiscono sono così dolci…”

“Certo!” dichiarò Jake senza pensarci. Si fermò per un istante, allontanandosi dalla mano della Dea.

“Divina Venere,” iniziò, “ io e i miei amici faremo tutto il possibile per riportarle Victoria. Ma si ricordi che se lei non vuole essere salvata… Beh, c'è ben poco che noi possiamo fare!”

Venere parve contenta della risposta ricevuta, si alzò dalla sedia e schioccò le dita. Immediatamente tavolo e sedie scomparvero, e ovviamente Jake finì col sedere per terra.

“Un'ultima cosa, eolide. Non dovrai raccontare a nessuno del nostro incontro! Nemmeno alla tua amica! Se gli altri Dei dovessero venire a sapere che sono venuta in visita nelle Antiche Terre... Zeus potrebbe non prenderla molto bene”. Jake era un po' titubante, ma alla fine decise di accettare. In fondo, salvare Victoria era sempre stato uno dei suoi desideri. Perché avrebbe dovuto raccontare ad Alex di quel suo strano incontro?

“Siamo d'accordo allora... tu troverai mia figlia, e farai in modo di riportarla a Neapolis. Integra!”

“Ci proverò, divina Venere...”. Jake si chinò leggermente in avanti, in segno di rispetto.

“Molto bene. Manderò dei messaggeri a verificare come procedono le cose. Ti auguro buona fortuna, figlio del Vento. E... ti consiglio di fare attenzione quando incontrerai Matthew, ho la sensazione che non sarà facile sconfiggerlo, questa volta!” La Dea svanì, dissolvendosi in polvere dorata.

“Perché devono sempre andarsene senza concludere il discorso?” si lamentò Jake, mettendosi le mani fra i capelli.

 

Alex arrivò poco dopo la grande e sfavillante uscita di Venere. Ovviamente Jake era ancora frastornato e confuso, la Dea dell'amore non poteva che fare quell'effetto.

“Ciao Jake...” lo saluto la figlia di Apollo, battendogli il cinque. La ragazza portava un cappotto nero, leggermente scucito all'altezza della spalla. I capelli biondi erano raccolti, come suo solito, in una treccia. Un jeans scuro ed una felpa azzurra le fasciavano gambe e petto, ai piedi un paio di converse, sebbene fosse ormai dicembre. Sulle spalle teneva una faretra, mentre tra le mani stringeva il suo nuovo arco. Era un regalo di Apollo. Una mattina Alex si era svegliata e lo aveva trovato sopra la scrivania della sua stanza, con vicino una piccola scritta in lettere dorate : “ Doron”, la parola greca significante dono. Ed era così che Alex aveva chiamato l'arco: Doron , il nome ricordava un pochino anche il colore...

Sul volto di Alex era dipinto un sorriso tremendamente falso. Da quando, quell'estate, Matthew aveva ucciso Nick, in lei tutto era cambiato. Aveva giurato che lo avrebbe eliminato, si era ripromessa di farlo a fettine personalmente. Tornati a casa da Neapolis aveva subito iniziato a cercare il figlio di Demetra, ma ogni sforzo era stato vano. Alex aveva chiesto al padre di Matthew e a sua sorella, ma nessuno sembrava sapere dove fosse. La sua famiglia non aveva neanche sporto denuncia di scomparsa, dopotutto era maggiorenne, e probabilmente non voleva essere trovato. Jake non ci aveva messo molto a scoprire i loschi traffici della ragazza. Le aveva chiesto di smettere, di provare a dimenticare, ma nulla avevano potuto le sue preghiere. Alla fine si era arreso, ma aveva insistito per accompagnarla ovunque andasse, per poterle essere d'aiuto. Ovunque fosse Matthew, con lui c'erano di certo altri mezzosangue, sicuramente era insieme a Victoria. E nessuno avrebbe potuto sconfiggere entrambi senza un aiuto. Negli ultimi mesi avevano girato per Napoli e dintorni, erano finiti perfino a Pompei, e finalmente avevano trovato una pista da seguire.

“Sei pronto?” chiese Alex a Jake, avvicinandosi a lui. Il figlio di Eolo sorrise e fischiò, lasciando che il suono penetrante lambisse l'aria. Alex lo guardò stupita: cosa cercava di fare? Ben presto la figlia di Apollo trovò risposta al suo quesito. Si udì un nitrito acuto che scosse l'aria. In un primo momento Alex non riuscì a distinguere la figura del pegaso bianco che galoppava verso di loro, solo quando fu ad una decina di metri lo riconobbe.

“Platone!” urlò, entusiasta, la ragazza. Era il pegaso di Nick, ma alla sua morte si era semplicemente librato in volo, libero. Nessuno lo aveva fermato, nessuno si era chiesto dove stesse andando. In realtà era stato Jake a lasciarlo fuggire, di modo che potesse correre in suo aiuto quando ne avesse avuto bisogno. Entrambi i semidei, infatti, non potevano continuare a muoversi coi soli mezzi pubblici: l'ultima volta si erano trovati ad affrontare un'arpia in metropolitana!

“Come hai...”

“Platone ed io abbiamo fatto un patto: può essere libero, a condizione che si faccia vivo ogni tanto e che corra a darci una mano quando gli faccio un fischio!”. Il pegaso sbuffò e nitrì, Jake riusciva a capirlo, di norma, ma forse questa volta stava semplicemente facendo il verso del cavallo, non voleva realmente comunicare.

“Beh allora, le Raffiche?” chiese Alex. La figlia di Apollo alludeva alle magiche spade di Eolo, che il Signore del Vento aveva donato in premio a Jake per il servigio che gli aveva reso. Le Lame erano particolari, comparivano quando il semidio le invocava. Jake si era esercitato moltissimo per velocizzare il processo e per imparare a controllare il potere di quelle armi che lo avevano aiutato a sconfiggere Sisifo, il suo fratellastro, e Giano. Jake non era un asso con la spada. Organon, la prima arma che aveva tenuto tra le mani, non era fatta per lui. Solo in seguito aveva capito perché trovasse difficoltoso usare la spada: il suo corpo era programmato per combattere simultaneamente con entrambe le braccia, doveva stringere due armi tra le mani, per dare il massimo aveva bisogno di utilizzare le Raffiche.

Jake si concentrò, iniziando a sillabare parole greche e muovendo le braccia. Le correnti d'aria lo circondarono, mentre distendeva le mani, due folate più potenti delle altre investirono il figlio di Eolo. Jake concluse il rituale, ritrovandosi le Raffiche tra le mani. Il ragazzo se le infilò nel fodero doppio che teneva ancorato alle spalle, sorridendo.

“Io sono pronto” dichiarò Jake salendo su Platone, “e tu?”

“Dammi una mano a salire, idiota!”. Alex non riuscì a mascherare il sorriso che le si era formato sulle labbra. Jake spronò Platone e aiutò Alex a montare a cavallo. Il pegaso si librò in aria in un battibaleno.

“Dove devo portarvi, ragazzo?”. Platone non era un pegaso come gli altri. Nick la sera gli leggeva scritti filosofici, aveva perfino imparato a contare! Insomma era un cavallo abbastanza colto, e questo alle volte lo rendeva insopportabile.

“Non chiamarmi ragazzo!” si impuntò Jake.

“E va bene...” si arrese il cavallo alato.

“Alla villa dei Papiri, ad Ercolano, andiamo a stanare Matthew!”

   
 
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