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Autore: lulubellula    25/04/2015    2 recensioni
SPOILER 11X21!
Ci sono pochi avvenimenti nella vita che ci sconvolgono davvero, pochi che ci lasciano delle cicatrici indelebili che non se ne andranno mai via.
Questo è proprio uno di questi, è la storia di un padre, di un marito, di un fratello, di un medico, ma soprattutto di un uomo che non potremo mai dimenticare.
Questa è l'ultima storia che ha da raccontare ...
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Sheperd, Meredith Grey
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Spoiler 11x21 (io vi ho avvisati/e)



‘Till death

 

Alla fine la morte arriva per tutti, giovani, vecchi, poveri e ricchi, non guarda in faccia nessuno.
Forse è l’unica vera certezza nella nostra vita: il fatto che alla fine della frase ci sarà un punto.
Quello che ci spaventa è non sapere quanto sia lunga la nostra frase.
Sarà un breve inciso, poche parole al massimo?
Un periodo lungo e arzigogolato, inframmentato da virgole e spazi?
Non ci è dato saperlo e, in fondo, sappiamo che non lo vorremmo conoscere, non davvero.
Ci aspettiamo che il giorno della nostra morte si annunci con qualche segno, qualche indizio di quello che starà per accaderci.
Nel mio caso non è stato così.
Tutt’altro.
Non sarebbe potuta iniziare meglio.
Svegliarsi con Meredith e salutare i bambini per poi andare a Washington e mettere fine alla distanza che ci aveva separato durante questi mesi.
Si prospettava davvero un ottimo inizio, forse uno dei migliori.
Il cielo era limpido e terso, l’aria frizzante mi rinfrescava il volto e la traversata in ferry boat era stata tranquilla e senza intoppi, persino piacevole.
Anche guidare la mia auto, in mezzo al traffico, non era poi così male, soprattutto dopo che la colonna di veicoli si era diradata e avevo potuto procedere a maggior velocità, lasciando cantare il motore e dimenticandomi dello stress e dei piccoli malumori degli altri automobilisti.
Ovviamente era una giornata troppo perfetta per essere vera.
Prima un incidente d’auto e uno dei veicoli coinvolti in fiamme, poi i cellulari che non prendevano e le persone che non riuscivano a mantenere la calma.
Sembrava di essere passati dal paradiso all’inferno nel giro di una manciata di secondi.
Tuttavia avevo tutto sotto controllo, ero tranquillo, non avrei perso la calma, avrei mantenuto i nervi saldi e avrei assunto un tono di voce il più rassicurante possibile.
E, dopo aver sperato per quello che mi era apparso un lasso di tempo interminabile nei soccorsi, il mio desiderio era stato esaudito.
Non c’erano stati morti, i feriti stavano per essere trasportati nell’ospedale più vicino ed io, tutto sommato, stavo bene, anzi, sarei ripartito di lì a poco per prendere l’aereo successivo e arrivare a Washington con un ritardo accettabile.
Dovevo solo ritrovare il mio cellulare, il mio stramaledettissimo cellulare e chiamare Meredith per dirle che avevo assistito a un incidente stradale e che sì, stavo bene e sarei arrivato a destinazione più tardi del previsto.
Quello che accadde dopo non me lo aspettavo.
Nessuno avrebbe potuto aspettarselo.
Era stata solo una stupida distrazione la mia, di quelle che si fanno tutti i giorni e che spesso e volentieri non portano ad alcuna conseguenza.
Dopotutto chi si sarebbe aspettato di vedersi piombare addosso un tir in una strada semideserta?
Ero solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.
O forse nel posto giusto al momento giusto per chi crede nel destino e nella predestinazione.
L’impatto era stato violentissimo, di quelli che ti tolgono il fiato e ti lasciano senza respiro e ti colgono di sorpresa.
Per una volta tanto, ero dal lato sbagliato della barella e proprio questa volta avevo trovato dall’altra parte le persone, i medici sbagliati ad accogliermi.
Tutto ciò che poteva andare storto, è andato storto.
Quello che successe dopo non fu che l’inizio della mia fine: dalle diagnosi sbagliate, ai medici troppo distratti e boriosi per ascoltare una pivellina che aveva ragione, a una cena di venti minuti durata un’ora e mezza.
Sono rimasto cosciente per gran parte del tempo, anche quando era clinicamente impossibile, anche quando ero sotto anestesia e avrei dovuto mettere a tacere il mio cervello io sapevo, sapevo esattamente a cosa stavo andando incontro.
Lo sapevo e avevo paura, ne ero conscio e avevo perso una delle mie qualità più importanti, avevo perso la calma.
Non ero calmo, fremevo ero terrorizzato, ero sconvolto.
Sapevo che il mio punto era vicino, troppo vicino e la mia fine a un respiro dal compiersi.
Allora mi sono fermato e ho chiuso gli occhi.
Non davvero, solo metaforicamente, erano già chiusi da più di un’ora per via dell’anestesia.
Ho chiuso gli occhi e ho immaginato una realtà diversa, una realtà migliore.
Ho immaginato il mio letto d’ospedale, quello stesso ospedale e di essermela cavata una volta ancora.
Ho immaginato di veder comparire Meredith sulla porta e di vederla preoccupata e sollevata al tempo stesso.
Ho immaginato di vederla avvicinare a me e ho visto il suo sorriso e il suo corpo esile e caldo salire sul letto e abbracciarmi, ho sentito il suo tepore e le sue braccia stringermi.
Mi sono sentito a casa.
Mi sono sentito amato.
Mi sono sentito bene.
E mi sono lasciato andare.
Ho percepito l’amore e la gioia, il dolore e la mancanza, un miscuglio di sensazioni mentre me ne andavo.
Ho visto i miei amici e ne ho rivisti altri e in quel momento non ero solo in un ospedale pieno di medici sconosciuti, in quell’istante ero lì, dove avevo vissuto, dove avevo amato, in qualunque tempo, in qualunque luogo.
Ero lì e non c’ero e me ne stavo andando.
Ma non prima di rivederti, Meredith, non prima di sentirti piangere e chiedermi silenziosamente di ritornare indietro, non prima di sentirti dire che andava tutto bene e me ne se sarei potuto andare.
Mi sono fermato prima di andarmene davvero, mi sono fermato e ti ho aspettata e tu sei arrivata.
Solo allora mi sono spento, come una delle candele che avevi usato per convincermi che in quel terreno avrei costruito la nostra casa.
Solo allora mi sono lasciato andare.
 
                                                                                          
“I’ll be back before you know it.”
                                                                                                                       

 

Bye, Derek Christopher Shepherd

Note dell'autrice:
Non pubblico nel fandom da più di un anno ormai, impegni e mancanza di ispirazione mi hanno portata altrove, tuttavia ieri sera ho sentito il bisogno di scrivere questa OS. Anzi non l'ho scritta io, forse sarebbe meglio dire che questa OS si è scritta da sola, perchè le mie dita correvano veloci sulla tastiera e non mi restava altro che assecondarle. Quello che sentivo l'ho riversato qui sopra , c'è chi rielabora i lutti telefilmici incazzandosi, chi piangendo e poi ci sono io che scrivo e il risultato è questo. Non so se sia buono o pessimo, il giudizio lo lascio a voi, so solo che scriverlo mi ha fatto sentire più leggera e meno angosciata e spero che anche voi vi sentiate così.
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui.
A rileggerci
lulubellula

 
 
 
 

   
 
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