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Autore: Liberamilcielo    25/04/2015    0 recensioni
Una ragazza invisibile può tornare ad essere vista da qualcuno di insospettabile?
La storia d'amore più improbabile che possa esistere sarà la spinta che servirà per tornare ad essere vivi, ad emozionarsi e ad innamorarsi.
"Non lasciare che ciò che ti orbita intorno ti eclissi, sei tu il Sole"
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daniel Radcliffe
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Invisibile

Se fuori pioveva io non me ne accorgevo, se fuori c’era il Sole non faceva differenza, e la neve, era una vita che aspettavo di vedere la neve.
La stanza del mio monolocale era troppo piccola ma allo stesso tempo enorme da riuscire  a farmi sentire sola, tremendamente sola.
Quando l’amore ti lascia, bisognerebbe cercarne altro altrove ma non io. Io mi ero lasciata appassire, mai un fiore era stato come me, mai nessuno provava a chiedermi come mi sentissi. Il rifiuto era l’unica cosa che riuscissi a provare, mi sentivo lo scarto di qualcuno che aveva deciso che non ero più abbastanza, che ero da buttare, che non ero all’altezza. E me lo ripetevo tutti i giorni di non essere all’altezza, me lo sentivo tatuato addosso, quando le rare volte che mi guardavo allo specchio non riuscivo a vedere niente oltre al mio corpo, oltre alla mia forma, sarebbe stato più facile cercare il mio sguardo ma erano due pozzi che mi facevano troppa paura, temevo che ricominciassero a piangere, e non la smettessero più. Cosa rende una donna invisibile? Una bambina inginocchiata in bagno a punirsi per qualcosa che crede essere colpa sua,  per cercare un sollievo per le sue domande, perché la testa non smette di girarle mai, e vede solo una forma non sufficientemente aggraziata per chiunque la guardi, ma soprattutto per sé stessa.
Mi alzai dal letto e preparai il caffè, mi buttai sotto la doccia e distrattamente mi preparai per uscire, non guardavo più cosa mi mettevo, non mi truccavo, non cercavo di rendermi bella, perché per me bella non lo sarei mai stata. Non lo sarei mai.  I capelli ormai troppo lunghi sfioravano l’ombelico, e le occhiaie ormai troppo profonde segnavano lo sguardo. Gli occhi. Due occhi che sarebbero stati belli da morire se riempiti d’amore. E me ne stavo li a bere il caffè e a lasciarmi morire, in silenzio, senza disturbare, invisibile. Come immersa nell’oceano, a galleggiare in una vita che una rottura aveva reso tiepida, mai troppo calda, mai troppo fredda, e aspettavo che qualcuno mi sentisse, mi vedesse, ma ero in grado di lasciarmi morire se nessuno attraverso quell’oceano fosse stato in grado di sentirmi.
Il telefono squillava, ormai lavoravo in un bar da mesi, la mia carriera era stata stroncata insieme a me stessa, ed erano mesi che non prendevo in mano un pennello, non vedevo come potesse venire fuori qualcosa di buono da me, che di buono non avevo più niente. Le scenografie erano sempre state la mia passione, mi piaceva creare mondi nuovi e renderli così realistici da fare paura, mi trasportavano in mille sogni. Ora, avevo solo incubi.
Il telefono squillò di nuovo e riposi -Pronto?- dall’altra parte una voce troppo squillante -Sole? Sole sei sveglia?-
-Si, mi sono alzata-
-Sole, devi uscire subito di casa, un mio amico sta allestendo uno spettacolo al teatro dietro casa tua e mi ha detto che avrebbe bisogno di una mano, la paga è minima ma almeno riprenderesti a disegnare, ti prego Sole non appendermi in faccia di nuovo, lo faccio per il tuo bene, so che lo vuoi anche tu-
Volevo davvero il mio bene? No, io volevo l’amore, volevo la vita.
-Va bene, dammi il numero di telefono, chiamo subito-
-No ho già confermato io per te, hai venti minuti di tempo per essere lì-
Chiusi la chiamata senza aspettare che finisse la frase, era già sufficiente la pena che avevo sentito nella sua voce. Presi la borsa, e uscii di casa.
Era Marzo e pioveva, io non me ne accorgevo, vedevo tutti correre affannosi appresso alla vita, e io senza ombrello camminavo, tanto lo vita non mi avrebbe mai raggiunto, magari investito.
Non capivo perchè a volte gli uomini si voltassero a guardarmi, pensavo di avere l'aria di un incidente stradale vivente e che il loro sguardo fosse quel misto di compassione e vergogna nel vedere certe catastrofi. Guardai l'orologio, cosa che da un mese a questa parte facevo spesso, per ricordarmi di essere sveglia, ma questa volta feci una cosa inaspettata: le mie gambe, cominciarono a correre. Completamente bagnata correvo sul marciapiede in salita, non sentivo bruciare i muscoli, non sentivo la pioggia addosso, vedevo tutto intorno a me scorrere veloce, i miei pensieri rallentare e mille piccole lacrime danzarmi delicatamente sulla pelle. Arrivata in cima alla salita arrivai a teatro, guardai di nuovo l'orologio, ero in anticipo, tirai fuori il pacchetto di sigarette dalla borsa, ne misi una fra le labbra, ma insieme alla cognizione della vita avevo perso anche l'accendino. Vidi un ragazzo al di là della porta a vetri, e bussai sperando che mi sentisse, ma non lo fece, ovviamente, ero invisibile. Feci per andare a cercare un tabacchi quando lui uscì, lanciandomi uno sguardo interrogativo mentre portava la sua sigaretta alla bocca. Pensai che non mi vedesse. Poi mi ricordai di essere un incidente, mi ricordai di essere bagnata, di avere i capelli biondi spropositamente lunghi, e una sigaretta spenta fra le labbra. Mi guardò, mi sorrise.
-Scusa non è che avresti da accendere?- gli domandai quasi a bassa voce
-Certo, tieni- sorrise di nuovo, e per un secondo le mie labbra si incurvarono in una smorfia e mi avvicinai. 
-Grazie-
-Figurati, vuoi una giacca? Fa freddo- 
-No non preoccuparti-
-Piacere, Gianluca- finalmente mentre mi tendeva la mano lo guardai, aveva degli occhi bellissimi, azzurri, sembravano i miei prima di sprofondare, la corporatura esile, le mani forti, i capelli corti e un sorriso convincente
-Piacere, Sole- lui sorrise di nuovo e questa volta ricambiai
-Cosa ci fai qui Sole?-
-Sono venuta per un colloquio, so che cercano un aiuto scenografo per lo spettacolo, Romeo e Giulietta giusto? E tu cosa ci fai qui?-
-Si, Romeo e Giulietta, si da il caso che io sia un attore, cosa ne pensi della trama?-
-Deliziosamente vera, penso che non ci sia modo più umano di agire, alla fine siamo tutti malati di qualche cosa, amore il più delle volte e penso che per amore non sia così impossibile morire- vidi che lui abbassò lo sguardo, poi tornò sul mio viso, mi guardò negli occhi.
-Quanti anni hai?-
-Diciannove-
-Come mai fumi a diciannove anni?- mi scappò una risata, era una domanda così scontata
- Vizi, per compensare, per rimpiazzare, per perdere tempo, scegli tu- domanda banale, risposta banale
Mi fermai ad osservare le sue labbra che stringevano la sigaretta, che si contorcevano in un sorriso. Spense la sigaretta. Io feci lo stesso.
-Dai entriamo, ti accompagno- mi aprì la porta, e lo seguii stupita del fatto che mi potesse vedere.

 
  
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