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Autore: genesisandapocalypse    28/04/2015    6 recensioni
Gli occhi di Luke sono vitrei, nascosti da una nube di pensieri e ricordi. Dice di aver superato tutto, ma nessuno ci crede, Eloise per prima, che riuscirebbe a mettere da parte il suo odio colossale per Michael Clifford, se potesse aiutare.
Essere scappata nell’università al centro di Sydney è stata un po’ una salvezza, per Gioia. E che lo sia pure per qualcun altro?
Ashton ha perso fiducia nelle donne da tempo e scorbutico com’è, riesce a togliersele di mezzo, ma ogni tanto sa anche essere gentile.
A Cardiff c’è stata per soli tre anni, Eva, abbastanza per tornare a Sydney con qualcosa di troppo e far rimanere secco Calum.
E Scarlett, non sa bene come, finisce più spesso in quel bar che in camera propria.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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Home is wherever I am with you.

PAURA.
 
"Per chi ha paura, tutto fruscia."
"O è il male ciò di cui abbiamo paura, o il male è che abbiamo paura."
 
Eva sbuffa, cerca di far partire la macchina ma niente.
Davvero, non ha nessuna voglia di andare all’officina e chiedere di riparla, ha semplicemente pregato tutta la notte affinché funzionasse magicamente.
Ma, ovviamente, i miracoli non accadono per sciocchezze del genere.
Grida frustrata, i genitori l’hanno avvertita che avrebbe dovuto portarla a riparare e che loro non avrebbero mosso un dito. Ora, tocca che si prende le sueresponsabilità, a partire dalla sua dannatissima macchina e dall’unico meccanico in città che si è rivelato il suo ex ragazzo.
Afferra la propria borsa, se la issa sulla spalla e infine scende dall’auto, sbattendo la portiera con forza e rabbia, prima di incamminarsi a passo lento verso l’officina, l’ansia crescente e il cuore che palpita per l’agitazione.
Arriva là davanti che tutte le sue buone intenzioni sono svanite nel nulla, ma da quand’è che Eva si fa intimorire così tanto?
Sospira, cerca di rilassare i muscoli e infine si tocca la pancia.
La tensione non fa bene al bambino, dice sempre sua madre.  
Fa un altro passo, ma sente il terrore invaderla.
Sospira nuovamente, è già pronta ad andarsene.
Cosa le importa della macchina? Esistono i mezzi pubblici, o la moto di Michael,no? 
Può farne a meno, tanti al giorno d’oggi nemmeno hanno la patente.
Potrebbe persino comprarne una nuova, no? Mettersi un po’ di soldi da parte e vendere i pezzi della sua.
Ha trovato abbastanza soluzioni per farne a meno, quindi si gira, già pronta ad andarsene.
«Che ci fai qui?» ti pareva, pensa, mentre sospira per l’ennesima volta in qualche minuto e si gira lentamente, scontrando gli occhi scuri e indispettiti di Calum.
Imita un sorriso, poi alza le spalle e si avvicina.
Ormai è fatta, tanto vale dirgli della macchina e poi non ci penserà più, no?
«Ciao,» lo saluta, incrociando le braccia sotto il seno - che diventa man mano più prosperoso - e mordendosi il labbro inferiore.
Calum arriccia il naso, non ha gran voglia di rispondere, si pulisce le mani sporche di grasso sui pantaloni e infine alza le sopracciglia.
«Ciao,» risponde, a fatica, abbassando lo sguardo sul corpo florido di lei, prima di tornare a scontrare i loro occhi.
«Io, uhm, come stai?» riprova Eva, avvicinandosi di qualche altro passo e non togliendo il contatto visivo per nessun motivo.
È così strano guardare una persona dopo tre anni, con cui si ha condiviso tutto, come se fosse un’estranea.
«Dimmi per cosa sei venuta qui e facciamola finita, con questa scenetta, Eva,» dice, duro, facendola sussultare.
La voce di Calum si è abbassata, divenendo una specie di ringhio gutturale. Sente la rabbia, trapela da ogni lettera pronunciata.
E un po’ si offende, che va bene, lo sa, ha sbagliato e lo ripeterà all’infinito, ma sperava in un comportamento leggermente più gentile.
Solo Michael è stato carino con lei, ma lui è sempre stato l’unico a capirla.
«La mia macchina non funziona, mi chiedevo se potevi venire a controllarla,» si passa una mano fra i capelli lunghi e biondi, poi si stringe nelle spalle, nel mentre che Calum la osserva.
Da quand’è che si sente così a disagio sotto uno sguardo?
Le è successo solo un’altra volta nella vita, aveva quattordici anni, ed era per la prima volta nuda di fronte a un ragazzo, lo stesso che ora le è davanti, con lo sguardo di fuoco e le mani infilate nelle tasche della divisa da meccanico.
«D’accordo, dammi un attimo,» si avvicina al garage e lo chiude con una mossa, mettendo in evidenza i bicipiti.
Eva distoglie immediatamente lo sguardo dalla sua schiena, gli ormoni sballano facilmente e di bagnarsi per un semplice corpo delineato proprio non le va.
Che poi le tocca ricordarsi che quello è anche il suo ex.
Calum si avvicina nuovamente, non la guarda questa volta, tiene gli occhi scuri - enon solo di colore - sulla strada.
«Andiamo,» le dice soltanto, sorpassandola.
Eva scuote le spalle, solitamente non si lascia trattare così, odia le persone fredde, ma non può biasimarlo e nemmeno ribattere. Annuisce, sebbene lui non possa vederla, e lo affianca con difficoltà, dato il passo veloce per ragazzo.
E vorrebbe dirgli che gli dispiace, che è tutta colpa sua e se avesse saputo cosa fosse successo, sarebbe rimasta a Sydney, tra le sue braccia.
Perché lo sa che come l’ha amata Calum, Jonathan non l’ha mai fatto.
 
Deve fare la spesa e non ha la più pallida idea di cosa comprare, Luke è rimasto a casa e nemmeno le ha detto cosa vuole o no ed Eloise ne è sicura che, una volta tornata, le chiederà se ha preso quello e quell’altro.
Cosa che, ovviamente, Eloise non ha preso.
Afferra un carrello e ci infila dentro due filoni di pane, poi cammina verso i dolciumi, afferra alcuni pacchi di cereali e biscotti, due barrette di cioccolata e per finire un pacco di merendine, che quando ha il ciclo sono la migliore cura.
Va alla verdura, che non possono vivere di schifezze, e prende tutto ciò che manca a casa.
Sospira, mentre acchiappa la busta di zucchine che ha appena pesato e la butta nel carrello.
Poi lo vede, su uno scaffale in alto - troppo in alto - quel barattolo di paté alle olive che piace tanto a Luke, sebbene non gliel’abbia chiesto.
Ma lei glielo vuole fare, un piacere, ogni tanto.
Si allunga, ma non ci arriva, che può farci? Non ha ereditato l’altezza di cui dispone Luke, invece.
Sente una mano afferrarle il fianco, passando piano sulla pancia fino a circondarla del tutto, mentre un respiro le sbatte sui capelli e un braccio si allunga per afferrare il barattolo, passandoglielo.
Il profumo aspro che le arriva al naso la fa innervosire, così come il tocco che le sta bruciando la pelle, oltre la maglia.
«Staccati, Michael,» ringhia, cercando di girarsi, sentendo la presa stringersi e le labbra di lui accostarsi al suo orecchio, mentre miriadi di brividi le corrono per la schiena.
«So che non lo vuoi sul serio,» accosta ancora di più il suo corpo a lei, mentre scende con la bocca sul collo e le lascia due baci.
Eloise si sente andare a fuoco e non capisce se è per rabbia o eccitazione.
Del resto, lei non vuole averci più niente a che fare con lui, ma il suo corpo nonsembra pensarla allo stesso modo.
Socchiude gli occhi e sospira, prima di sentirlo ridere sulla sua pelle.
«Ti voglio,» le dice, poi, facendola risvegliare.
Eloise si scosta, prendendolo alla sprovvista e spingendolo all’indietro. Posa il paté di olive nel carrello e, con il viso chiazzato di rosso per la rabbia - e altro, ma non lo ammetterà mai - si incammina verso la cassa, sicura di aver preso tutto.
Michael le sta dietro, ride e non può fare a meno di notare le guance di lei di un color cremisi che la rendono ancora più adorabile.
Eloise paga nel silenzio più assoluto, poi afferra le due buste e cerca di non far notare lo sforzo, essendo entrambe belle piene.
Si maledice per non aver preso la macchina.
Tanto è vicino, aveva pensato, e ora si vorrebbe prendere a schiaffi, mentre Michael le sta dietro e tutto ciò che doveva comprare è finito nel dimenticatoio.
«Dammi le buste, ti aiuto.»
«No.»
«Ah, orgogliosa che non sei altro - sghignazza, poi le afferra le buste a forza e le prende - lascia fare a me e smettila di fare la tosta, non ti riesce,» aggiunge, sorridendole beffardo.
Eloise ringhia qualcosa, ma lo lascia fare. Di faticare non le va affatto.
Arrivano di fronte alla casa nel silenzio più assoluto ed Eloise apre la porta, strappando dalle mani del ragazzo le buste e piantandosi di fronte all’ingresso per non farlo entrare.
Michael la guarda, sorride - forse un po’ amaro - infine si passa una mano fra i capelli tinti.
«Mi odio proprio, hm? - inizia, borbottando - non mi perdonerai mai? Sono tre anni, alla fine.»
«Vattene.»
«I miei sentimenti non sono cambiati, però, Eloise, e tu lo sai,» ed è vero, Eloise lo sa, e non dovrebbe nemmeno sentire il cuore che palpita e gli occhi che si inumidiscono.
Abbassa il viso, le viene da piangere.
«Ma i miei sì - mente, ma questo lo sa solo lei - vattene, Michael!» aggiunge, infine entra in casa e chiude la porta.
Respira lentamente, va in cucina e inizia a mettere il cibo a posto.
Non vuole pensarci più.
 
Luke la guarda di sottecchi, mentre mette a posto la spesa con gli occhi lucidi e il respiro pesante.
Li ha visti dalla finestra e ne è sicuro che si sono detti qualcosa, perché solo luiriesce a destabilizzare sua sorella a tal punto, con le sue parole e le sue continue dichiarazioni.
Si poggia allo stipite della porta con le braccia incrociate e si morde un labbro, giocherellando con il piercing, aspettando che Eloise si accorga di lui.
Alla fine lei si ferma, di fronte alla dispensa aperta, e si porta le mani sul viso, sospirando rumorosamente. Lo sa che sta per crollare, la conosce come le sue tasche.
«Eloise,» la richiama, poi, facendola sussultare di scatto.
Lei saltella, alza il viso e lo guarda, gli occhi lucidi che si obbliga a non far straripare e le guance rosse.
«Che ci fai qui?» chiede lei, il tono sorpreso.
Luke non esce quasi mai dalla sua stanza, se non per mangiare, andare in bagno o uscire direttamente di casa, quindi non può che esserne sconcertata.
«Vi ho visti,» le dice, alzando le spalle e sospirando, rizzandosi e avvicinandosi di qualche passo verso di lei.
Eloise abbassa lo sguardo, si stringe le braccia attorno al corpo e annuisce, sa già che lui ha capito tutto, sa che è lì perché sta male.
È suo fratello ed è l’unico a capirla, a conoscerla.
Ha in testa le parole di Michael, lui ancora prova qualcosa per lei, lo sa, glielo dice sempre e non può fare a meno di dimostrarglielo, se con frecciatine bastarde, dette di fronte agli altri, che con parole sdolcinate, dette quando sono soli.
Ma non riesce a perdonarlo, non vuole farlo.
È orgogliosa, e questo è un enorme problema.
Lo sa, è stupido, del resto sono passati tre fottutissimi anni, che le costa fare uno sforzo? Eloise può mentire a tutti, del resto - a parte Luke - ma lo sa bene che gli sta ancora sotto, che quando lo vede sente lo stomaco ribaltarsi e che tutte le cattiverie che gli lancia contro non sono altro che rabbia, ‘ché lei non le pensa sul serio.
Si porta le mani al viso, sente il cuore pesarle nel petto e non dovrebbe crollare di fronte a Luke, perché lui ha problemi maggiori, ma non ce la fa.
«Vieni qui, amore mio,» Luke allarga le braccia, le sorride debolmente e lei non resiste.
Ci si fionda dentro e si aggrappa alla sua maglia, iniziando a bagnarla di qualche lacrima. Trattiene i singhiozzi e davvero, si da della stupida, perché ha vent’anni e non dovrebbe stare così per un ragazzo, ma che può farci?
Luke la stringe, le afferra le gambe e la costringe ad aggrapparsi a lui, fino ad essergli in braccio, infine la porta sul divano e si lascia cadere sopra di esso, cullando la sorella e accarezzandole i capelli.
«Io lo odio,» si lascia sfuggire lei, con un singhiozzo.
«Lo so, Eloise, lo so,» le bacia la fronte, si chiede come può il suo migliore amico essere stato talmente coglione da spezzare il cuore a sua sorella.
«Perché mi fa quest’effetto? Lui non lo merita,» singhiozza di nuovo.
Da quand’è che si lascia così andare? Dovrebbe riprendere il contegno, ma si sente troppo giù per farlo.
«Ssh, Eloise, passerà tutto,» le accarezza la schiena e la stringe a sé.
«Sono anni che va avanti, non passerà più,» sussurra sul suo petto, mentre gli circonda meglio il collo.
Sente del leggero sollievo quando le labbra del ragazzo le baciano la fronte, mentre le sue mani continuano a coccolarla.
Ogni tanto ci vogliono queste dimostrazioni d’affetto.
E si ricorda del periodo in cui era normale, per Luke, fare tutto ciò. Starle accanto nelle difficoltà, essere il suo supporto.
«Devi solo trovare una persona che ti merita sul serio, che ti farà scordare di tutto questo dolore - le risponde, dopo poco - perché è così, tu meriti di meglio, meriti qualcuno che ti ami davvero e che te lo dimostri ogni giorno, Eloise,» le dice, allora.
«Ti voglio davvero bene, Luke,» commenta lei, qualche minuto di silenzio dopo - rotto solo dai suoi singhiozzi.
«Anch’io, tesoro,» e sorride un poco.
 
È sera, non avrebbe dovuto prolungarsi a tal punto a lavoro, ma aveva tantissime cose da fare e non le andava di aggiungerle agli altri giorni.
Si stringe nelle spalle e si guarda attorno, sente l’ansia crescere perché la strada è totalmente deserta e lei è totalmente da sola.
È buio, i lampioni mandano una luce talmente pallida che illumina a malapena lei, appena ci passa sotto, e la metro dista ancora qualche minuto.
Si lascia sfuggire un singulto, quando sente dei passi dietro di lei e prega semplicemente che sia un passante con nessuna cattiva intenzione, perché di rimanerci secca, giovane com’è, non le va.
Allunga il passo, ma un fischio la fa gelare sul posto.
«Ehi, bambolina,» trema, poi, perché è l’unica ragazza presente e i passi si avvicinano, sempre più veloci, e lei ha dei fottutissimi tacchi che saranno la sua morte, sicuro.
Inizia a correre, per quanto le è possibile, mentre già gli occhi si inumidiscono e la paura prende il possesso del suo corpo. Gira di poco il viso, notando che non è nemmeno una persona, ma ben due, e che sono più vicine di quanto pensava.
«Dove corri, vieni qui! - dice l’altro, ridendo - tanto non andrai così lontano,» si maledice, perché ha dovuto restare a lavorare?
O meglio, perché non si fa la patente, al posto di andarsene con i mezzi a destra  e a manca?
Li sente vicini, gira un vicolo e si da della scema, perché in tutti i film che vede, quelle che lo fanno, finiscono sempre male. Le luci, lì, nemmeno ci sono, e lei non vede dove va, terrorizzata dalla possibilità di cadere e lasciarsi acchiappare così.
È giovane, tra poco si sposa, non vuole di certo che la sua fine avvenga in un vicolo minuscolo e in maniera tanto brutta.
Sono vicini, li sente urlare qualche altra cosa e non sa proprio più dove andare, mentre sbuca in un’altra strada, un poco più illuminata ma comunque vuota, senza nessuno. I tacchi non le permettono di correre più di quanto sta facendo e le lacrime le segnano il viso, offuscandole la vista.
È un attimo, si sente acchiappare dalle spalle e urla qualcosa.
«Bambolina, pensavi di sfuggirci?» il cuore le sbatte sul petto a una velocità disumana, singhiozza, mentre la mano di uno si posa sulla sua bocca e la trattiene, il suo corpo viene premuto su un altro.
L’altro ragazzo le arriva di fronte, sorridendole malizioso, e le carezza un fianco, mentre l’amico inizia a muovere il bacino in modo osceno sul suo fondoschiena.
«Sei proprio un bel bocconcino, sai?» le soffia in faccia e sente perfettamente l’odore di alcol.
Piange di più, singhiozzando anche con la bocca coperta da una mano, e ha davvero molta paura, mentre si sente trasportare verso il vicolo buio. Si dimena, cerca di andarsene ma in compenso la stretta si stringe e i due ridono.
«Dai, solo una ripassata e poi ti lasciamo andare, hm?» dice uno di loro.
E l’ha capito che non ha senso cercare di combattere, si ammoscia tra le braccia del ragazzo e piange disperata, impaurita come non le era mai successo prima.
«Ecco, brava,» le dicono, sghignazzando.
Sono quasi all’interno del vicolo, quando una voce blocca i ragazzi.
«Ehi, voi due! - grida qualcuno, che non riesce a vedere, incastrata tra loro - lasciatela immediatamente, stronzi!» aggiunge, i passi che si fanno sempre più vicini e veloci.
«Sennò che ci fai? Sei uno, noi due,» lo sente grugnire, poi due colpi la fanno sussultare e pochi secondi dopo viene strappata letteralmente dalla stretta del ragazzo.
Vede uno dei due a terra, mentre l’altro guarda male chiunque sia il suo salvatore.
«Se vuoi ti faccio finire così anche a te, coglione,» ma lui sembra desistere e si abbassa verso l’amico, non degnandolo di uno sguardo.
«Sa anche ragionare, allora,» borbotta, poi afferra la ragazza con delicatezza e si allontana velocemente, sentendola singhiozzare rumorosamente.
«Calma, è tutto finito!» le sussurra, docilmente.
Camminano per qualche secondo, fino a essere abbastanza distanti dai due, allora lui la gira verso di sé, sorridendole leggermente e scacciandole le lacrime con le nocche.
«È tutto ok, Scarlett,» e lei singhiozza nuovamente, lo osserva e per poco non si strozza, ritrovandosi di fronte l’ultima persona che si aspettava potesse salvarla:Ashton.
E va bene che non sono niente più che due semplici conoscenti, che le poche volte che si sono visti non hanno fatto altro che ringhiarsi contro, ma Scarlett è talmente sollevata e felice di vederlo che, con le gambe che tremano e per poco non cedono, si fionda tra le sue braccia.
 
***
Ehilà,
come va?
Eccomi con un nuovo capitolo, tutto per voi, cosa ne pensate? 
Mi ‘spiace che non c’è Gioia.
Allora, iniziamo con Eva e Calum. Lei deve per forza riparare le macchina e, ovviamente, Calum è l’unico a poterlo fare, nella sua città.
Lui, però, non sembra tanto contento di vederla.
Poi ci sono Eloise e Michael, un po’ destabilizzanti, lo so, ma devo far capire meglio sia uno che l’altra.
Michael le rompe un po’, infine le dice le solite cose ed Eloise crolla, perché anche se non sembra, è delicata.
Per fortuna che c’è il suo amato fratello, Luke, che si prende cura di lei come se fosse una cosa preziosa, ricambiando il favore, perché Eloise c’è sempre per lui.
Infine, la povera Scarlett per poco non ci rimane secca, ha voluto finire tutto il lavoro e si è trovata a percorrere la strada di sera tarda, con un paio di stronzi appresso.
Per fortuna che c’è Ashton.
Vi lascio, ora, spero vivamente che vi sia piaciuto!
Bye bye,

Judith. 
 
  
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