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Autore: myavengedsevenfoldxx    29/04/2015    0 recensioni
il suicidio non è mai la soluzione giusta, anche nei peggiori dei casi, la vita va avanti, non fermarti al primo ostacolo davvero difficile, vivi la vita, cogli ogni attimo perché ne vale la pena e non avere paura, sii forte, sii te stesso, sempre e comunque.
Genere: Generale, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I can’t go on this way
Not as I am today
The ugly side of me is strong.



 

Huntington Beach era un posto tranquillo, soleggiato con tanta gente, ma tutti erano cordiali. La sera si alzava una leggera arietta a rinfrescare l’aria, ma i solidi 36 gradi c’erano sempre.
Avevo appena lasciato casa per andare a fare una passeggiata, ne avevo bisogno e dovevo schiarirmi le idee sul mio passato che non avevo ancora tutto lucido, come avevo fatto a dimenticarmi di Brian? Cioè in quel periodo, con lui, ero felice, l’unico scorcio di luce in quella mare di nero che mi opprimeva. Cos’era successo? Scommetto che era a causa di mio padre, è sempre stato lui a rendermi la vita difficile e sarà a causa sua se avevo dimenticato Haner e chissà quante cose ho rimosso …

Camminavo senza meta, sempre tenendo conto della strada per tornare a casa, non volevo perdermi e non tornare più a casa, sempre se potevo definirla casa, la famiglia Christ. Il sole stava tramontando e i suoi raggi diventavano sempre più deboli, decisi di andare in spiaggia a rilassarmi, tolsi le scarpe e affondai i piedi nella sabbia calda. Non ero mai andata al mare, mai andata in spiaggia e vedere quel posto mi sembrava surreale, chissà magari ero in paradiso, forse mio padre quella sera aveva ucciso pure me e questo è tutto un sogno che la mia anima fa in attesa di giungere al cospetto di Dio ... ah si ma Dio non esiste e quindi quella doveva essere la realtà, bella realtà di merda. Chi mai vorrebbe una vita come la mia? Non ho niente di bello, magari pure Brian era un’invenzione della mia fantasia. Dovevo smetterla di pensare, quella era la realtà e non poteva essere diversa da così. Hanno voluto che vivessi così bene, vivrò così allora, sperando in un futuro più prospero, forse …

Mi sedetti sulla spiaggia, affondai i le dita nella sabbia e mi misi a fissare le onde del mare che si increspavano formando della schiuma bianca, qualche surfista prendeva le ultime onde prima di andare a preparare la cena e molti stavano fissando il tramonto. Coppiette su coppiette che si baciavano e si scambiavano le promesse di stare insieme per sempre … chissà quante di quelle coppie sarebbe davvero arrivata alla fine insieme e quanti sarebbero scappati via da un’altra persona, chissà se io avrei mai trovato qualcuno.
“voglio solo trovare qualcuno che mi apprezzi per quel che sono” pensai sorridendo, l’avrei trovato? Non l’avrei trovato? Dovevo continuare a vivere e l’avrei scoperto, solo vivendo si scopre ciò che la vita ha in serbo per il genere umano.

Contemplavo le onde quando un’ombra mi oscurò la luce flebile del sole, poi una voce calda, sicura e amichevole.
-chi si rivede- girai la testa. Un ragazzo alto, capelli neri e labret mi stava fissando.
- Matthew?- chiesi guardandolo.
- in carne e ossa baby- disse lui sedendosi accanto a me. – pensavo di non rivederti mai più- ammise lui
-il mondo è piccolo- risposi sorridendo. Forse un’anima amica a Huntigton Beach ce l’avevo, conosciuta da poco ma almeno non ero sola. Ero felice di vederlo, almeno mi avrebbe distratto dai pensieri turbolenti della  mia vita.
-cosa ci fai da queste parti?- gli chiesi
-io vivo laggiù – e col dito indicò una casetta nell’angolo tra due strade – la sera vengo sempre a correre o a camminare in spiaggia e talvolta porto a spasso il cane. È un buon passatempo e mi rilassa – guardò il mare, lo guardai di profilo, gli occhi verdi, i capelli scuri corti, era un bel ragazzo e trasmetteva tranquillità.
-e tu cosa ci fai qua tutta sola? – mi chiese lui notando il mio silenzio
- scappo dai miei pensieri – ammisi – cerco tranquillità in un posto che non conosco dove non ho nessun amico, abito  in un posto sconosciuto dove nessuno mi conosce e mai sarò qualcuno –
- non sei sola, hai me –
- gentile, grazie, ma se mi conoscessi davvero te ne staresti alla larga –
- perché dici così? –
- ho un passato che odio e ho paura che si ripercuota sul mio futuro- dissi prendendo un po’ di sabbia in mano e lasciandola scorrere tra le dita
- cosa ti è successo di tanto brutto? – chiese Matt piegando la testa di lato e dandomi tutta la sua attenzione.
- è una storia lunga – dissi sospirando, forse parlarne mi avrebbe fatto bene, chissà magari lui avrebbe capito e mi avrebbe potuto aiutare a superare l’odio per mio padre.
- ho tutto il tempo che vuoi Hannah – disse lui, era assai gentile per interessarsi così particolarmente ad una sconosciuta conosciuta pochi giorni prima.
Sorrisi – ok allora, beh parto dall’inizio. Ho un vuoto totale della mia vita prima dei 10 anni e da quella data ricordo che mio padre cominciò a picchiarmi, prima superficialmente poi col passare del tempo divenne più violento utilizzando la cinghia e abusando di me, tutto questo andò avanti per alcuni anni, mia madre non poteva denunciarlo sennò lui si sarebbe rivoltato contro di lei, io e mia madre vivevamo nella paura di mio padre e non potevamo scappare, eravamo come se fossimo imprigionate in quella casa, la villetta blu, tutti parlavano di me come la “bimba della casa blu” non avevo amici e nessuno stava con me, non ho mai avuto un’infanzia vera. Mio padre finì di abusare di me e maltrattarmi quando una sera del 1998, la sera del mio compleanno dopo avermi fatto del male uccise mia madre e lui si suicidò. Così andai a vivere con i nonni, passai con loro tutti i giorni fino al mio 18° compleanno, la stessa sera qualcuno incendiò la loro casa e morirono carbonizzati, era la sera dell’aprile di 7 anni dopo il suicidio-omicidio dei mie genitori – fissai il vuoto per alcuni istanti, per cercare di calmarmi e non piangere, non dovevo far colare il trucco nero né dovevo mostrarmi debole davanti a Matthew.
-mi dispiace … - disse lui
- mio padre vietò ai nonni di vedermi, nonno è stato l’amore, mi ha allevato come se fossi una figlia, mi insegnò a suonare la batteria, strumento che amo, e per il 16° compleanno me ne regalò una che fui costretta a vendere un anno dopo a causa delle bollette e delle tasse. Frequentavo il liceo scientifico, lo studio mi portava via troppo tempo perché dovevo sia lavorare che badare ai nonni, ormai diventati anziani, così lasciai la scuola e trovai lavoro in un negozio di dischi. Lavoravo e mantenevo i nonni. La sera in cui morirono io non ero a casa, ero ad un concerto in un bar di un gruppo locale e il cantante mi aveva offerto da bere -
- come si fa a non offrirti da bere – disse Matt sorridendomi, ci provava ? o semplicemente voleva tirarmi su di morale? Liquidai il pensiero con una scrollata del capo e ripresi a raccontare della mia vita.
- dopo la loro morte, la polizia mi offrì di vivere da sola e accettai, per un periodo andò tutto bene fino a quando non caddi nella depressione più totale e mi diedi al bere, mi arrivò una lettere dove una persona mi aveva scritto che dovevo darmi da fare per far cambiare la mia vita e tentai di farlo, ma invano, infatti alla fine tentai il suicidio, ma qualcuno proprio mentre mi stavo per lanciare mi prese e mi trasse in salvo, da quel momento capii che dovevo vivere o almeno provare a farlo perché col suicidio non si risolve nulla, cioè ti uccidi non esisti più ma magari una persona che avresti incontrato in futuro e che avresti aiutato senza di te non ce l’avrebbe fatta, quindi in fin dei conti sono ancora qua a rompere i coglioni – risi cercandola di buttarla sul ridere, Matthew sorrise a malapena, stava pensando ed era concentrato, era la prima volta che raccontavo la mia vita a qualcuno e quel peso enorme si stava, almeno così pensavo, facendo meno opprimente.
- mi mandarono a vivere un convitto e a prendere parte ad un circolo per alcolisti dipendenti, poi mi dissero che mi avrebbero portato qua da amici di famiglia, un signore, amico di mio nonno mi diede una lettera scritta da nonno in persona mesi prima di morire e diceva che mio padre aveva avuto un incidente d’auto quando ero piccina e che a causa di ciò era andato fuori di testa, non prendeva le pastiglie e tutto. Non l’ho mai visto come un vero, padre, anche adesso, nonostante sappia che non era colpa sua se divenne così non riesco a non provare odio nei suoi confronti,  il vecchio mi mandò sul primo aereo per Huntington Beach, e niente,  ora sono qua, a parlare su una spiaggia del sud della California con un ragazzo che a malapena conosco e che ho confidato tutta la mia vita. –
- posso chiederti una cosa?-
-certo-
-di che cos’hai paura?- ci pensai un attimo. Di cosa avevo paura?
- beh … - farfugliai, non lo sapevo nemmeno io – penso che non bisogna avere paura di niente, nella vita non bisogna temere nulla, è da stolti, ma sotto sotto ho davvero paura di una cosa … - ammisi – ho paura del mio futuro, ho paura che il mio passato torni ad imperversare sul mio futuro, ho paura che i ricordi rendano negativo il mio avvenire –
- non lasciare che il tuo passato distrugga il tuo futuro – disse Matt guardandomi negli occhi, quegli occhi verdi, con pagliuzze nere, erano belli. Mi misi a piangere, volevo abbracciarlo, ma voltai il capo e alla svelta mi asciugai le lacrime. Dovevo essere forte, essere forte per mamma, per i nonni, dovevo essere forte per me stessa.
Per me stessa.
Ce l’avrei fatta.
Ce la dovevo fare.
Assolutamente.

Matt cambiò discorso, vedeva che ciò non mi metteva di buon umore e quindi tentò di deviare la mia tristezza, parlammo del più e del meno e mi spiegò che voleva sfondare nel campo della musica con la sua band, disse che stavano provando a mettere su qualche cosa di concreto perché era la loro ambizione più grande e sperava di farcela.
-fate anche qualche concerto in giro?- chiesi
-due volte al mese andiamo a suonare al locale sulla spiaggia, ma niente di che, ci danno 100 dollari e basta, sempre meglio di nulla –
-beh si- rimanemmo in silenzio, entrambi a corto di argomenti
-se vuoi ogni tanto puoi venire alle nostre prove, così vedo quanto ti destreggi con la batteria, James ti lascerà di sicuro provarla –
- sono anni che non suono, e poi non vorrei disturbare-
-ma che disturbo – sorrise e ricambiai.
Il sole era quasi tramontato, guardai il telefono, le nove di sera – merda – esclamai – sono in ritardo – in realtà non lo ero, ma ero stata fuori a lungo e Johnny si stava di sicuro preoccupando.
-è meglio che vada- dissi alzandomi in piedi, Matt fece lo stesso
- se vuoi ti accompagnno – chiese
- non serve, grazie – rifiutai, non perché non volevo la sua compagnia, ma non sapevo nemmeno io il pechè, era presto per farmi accompagnare a casa da uno praticamente sconosciuto, magari lui e Christ si conoscevano, potevano odiarsi come essere migliori amici.
- okay come vuoi, però promettimi che una sera di queste esci a bere con me – mi pregò in ginocchio, risi
- va bene – e gli diedi un buffo sulla spalla – uscirò con te – e lo salutai avviandomi verso casa.

Matt non era male e mi degnava della sua attenzione, potevo considerarlo amico?
“non lasciare che il tuo futuro venga distrutto dal passato
Aveva ragione.
Dovevo ricominciare a vivere davvero, o almeno provarci, non mi costava nulla.

   
 
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