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Autore: whitemushroom    29/04/2015    3 recensioni
"Se guardi troppo a lungo nell'Abisso, l'Abisso vorrà guardare dentro di te"
(Friedrich Nietzsche)
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Vessalius, Miranda Barma, Oswald Baskerville
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Broken Clock'
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Masquerade

La primavera ha impiegato più tempo del previsto a comparire. Si è fatta attendere, ha lasciato che l’inverno distruggesse i rami degli alberi con il peso della neve, ha permesso al tempo di cristallizzarsi più del dovuto. I ricordi di Lacie sono sempre più intensi quando il mondo è coperto da un manto bianco.
Ma nemmeno l’inverno dura in eterno. Jack vi spera ogni anno, eppure la luce del sole ha vinto anche stavolta, dividendosi in tanti raggi sottili che filtrano tra i rami bassi del giardino dei Baskerville. Non è giusto che lei non possa più vederli. Non è giusto che lei sia imprigionata in un luogo buio mentre il mondo che tanto amava continua a gioire nella luce del pomeriggio, tra i canti degli uccelli ed il battito della vita.
Forse è per questo che Jack odia la primavera.
I suoi passi lo hanno condotto fino al lago; non per chissà quale motivo, ma non vi è nulla di male nell’osservare quello specchio d’acqua. I giardinieri dei Baskerville devono già essere stati all’opera, perché le siepi hanno perso la forma selvaggia che correva verso la riva e sono invece immobili, ferme in immagini che ritraggono cavalli, draghi e persino esseri umani. I germani disegnano delle scie che attraversano pigramente il lago con i loro versi rumorosi, mentre i cigni si fanno attendere. Le loro uova non si sono ancora schiuse.
Due statue bianche incrociano le spade, due angeli che gli fanno ala con lo sguardo l’uno negli occhi di marmo dell’altro.
Ha visto diversi laghi nei suoi viaggi, ma quello è speciale. Il fondo non è limaccioso, non è scuro. È un’enorme distesa di sabbia bianca, così innaturale in un posto simile da essere bellissima, un incanto che rende lo specchio d’acqua assolutamente trasparente anche dove il fondo si approfondisce. Qualche volta ne hanno raggiunto il centro, lui, Lacie e Oswald. Guardavano i loro visi in quell’acqua così chiara, osservavano i pesci sul fondo privo di qualsiasi vegetale ed immergevano le mani immaginando di toccare quella sabbia incontaminata, di quale sensazione potessero provare quei granelli candidi al contatto dei loro palmi. Sapevano tutti che in quella meraviglia non vi era nulla di naturale, tutto era studiato dai giardinieri di corte dal singolo germano alla siepe, fino alla magnolia in fiore che lasciava cadere soltanto i petali più rosei lungo il vialetto di ghiaia che permetteva ai piedi del futuro Glen Baskerville di raggiungere quel luogo incantato senza che il fango insudiciasse le sue scarpe. Lo sapevano bene, ma non importava.
Di certo non importava a Lacie, per cui ogni cosa bella era degna di meraviglia.
A Oswald non dispiaceva, purché trascorressero un pomeriggio insieme.
E lui … beh, lui lo adorava. E lo adora anche adesso, ad essere sincero.
Perché quel luogo è come lui.
Artificiale. Falso. Bugiardo.
Bellissimo.

Se hai fame, mangia.

Oswald –Glen, forse adesso dovrebbe chiamarlo Glen- una volta lo aveva descritto come una pozza d’acqua limpida. Aveva visto in lui un essere trasparente come quel lago. Gli era piaciuta come descrizione: forse non era proprio “trasparente”, ma …
Nessuno può resistere alla tentazione di specchiarsi in un lago. Ammirare la propria immagine, guardarsi mentre le increspature giocano con la propria forma. Cercare in quel viso una conferma di esistere. E lui è un lago, gioca ad essere un lago: la gente viene verso di lui perché è attratta da quella trasparenza che ti esalta, che ti fa credere di essere migliore. La gente crede che ciò appare nello specchio sia la pura verità; gettano la maschera e la lasciano depositarsi sul fondo.
Ed è lì che lui la raccoglie.

Se non hai soldi, ruba.

Con gli uomini è sempre stato più facile. Sono abituati a dare e ricevere, non si fanno illusioni: un dolce ragazzo dai lunghi capelli biondi non cerca compagnia per una notte senza motivo. Lui si limita ad esporre il prezzo, e loro accettano. In realtà accettano sempre, nessuno ha mai resistito ai suoi occhi, ai suoi baci o alle parole calde che sussurra durante qualche noiosa festa danzante, lui chiede e loro pagano: e non sempre si tratta di denaro.
Le donne sono un’altra questione. Credono tutte nel principe azzurro, dalla prima all’ultima. O peggio, credono nell’amore.
Sono ciascuna un mondo a sé: deve scegliere le parole giuste, pesarle con misura. Il complimento a Lady Charlotte potrebbe essere un grave insulto per una donna della famiglia dei Rainsworth, un mazzo di rose può essere il dono più bello o una banalità intollerabile; alcune desiderano essere corteggiate con dolcezza, la mano guantata tesa verso di loro durante l’ultimo ballo della nottata, quando solo in pochi rimangono nel salone e gli sguardi si fanno più intensi, colmi di promesse per ciò che accadrà quando le note cesseranno. Il cognome dei Vessalius è una garanzia (non avrebbe trascorso mesi tra le braccia dell’attendente del suo “nobile padre” per nulla. È stata la sua relazione più lunga, ma senza quel servitore dalle dita rapaci non sarebbe mai riuscito ad avere un colloquio privato con il capo della famiglia Vessalius per farsi riconoscere come un figlio purtroppo illegittimo, ma un figlio purtuttavia), una soave esca per tutte quelle fanciulle che temono di essere avvicinate solo per il loro lignaggio. Lui è nobile, e loro sorridono.
Lui è dolce e perfetto, e loro si innamorano.
Un gioco piuttosto stancante, perché in nessuna di loro ha mai trovato un frammento di lei. Si deve impegnare molto, i corteggiamenti devono essere impeccabili e romantici, i sussurri, i baci ed i gemiti studiati alla perfezione. È una caccia che esalta, ma che gli è venuta a noia da quando più di una ragazza ha iniziato a chiedere di più, a fantasticare, ad inviare richieste di matrimonio che sono finite alle orecchie del suo nobile padre. Simulare il loro suicidio è stato davvero snervante.
Forse è per questo che ormai frequenta soltanto Miranda.

“Sei carino, Jack! Potresti vendere il tuo corpo, se ti va!”
“Tu sei matta! È un peccato!”


Ogni persona vuole qualcosa: c’è chi desidera un amante, chi una spia, chi un finanziatore.
Arthur Barma ha bisogno di un pubblico. E Jack sa usare le orecchie, è una delle sue migliori capacità.
Al timido storiografo non è sembrato vero che qualcuno rivolgesse la parola proprio a lui, l’uomo fuori posto ad una festa mascherata: hanno discusso per ore sul significato nascosto delle incisioni nella caverna di Golqueza, ha riversato cinque anni delle sue ricerche nelle orecchie di quel ragazzo affascinato e curioso che ha trascorso l’intera serata sommergendolo di domande invece di dedicarsi alle decine di fanciulle che sporgevano il capo oltre le colonne per attirare la sua attenzione. Arthur si è specchiato dentro di lui e si è visto un uomo colto ed interessante, si è sentito felice.
Si sono incontrati ancora, settimana dopo settimana, si sono scambiati volumi ed appunti, hanno messo a soqquadro tutte le biblioteche della città.
Jack ha sopportato le chiacchiere di quel patetico omuncolo col sorriso sulle labbra fino al giorno in cui Arthur Barma gli ha concesso l’onore di cenare in compagnia di sua sorella.
Oggi l’acqua del lago è ancora più luminosa.
Miranda Barma è un universo a sé, una candela accesa in una notte di tempesta. Conosce bene il gioco delle maschere, si sa muovere su quella scacchiera almeno quanto lui; vede ben oltre le pagine ammuffite del fratello.
Non c’è niente che lei non sappia, la chiamano la “malattia dei Barma”: la storia la affascina, la filosofia la intrattiene. Parla correttamente sette lingue, e riesce a scrivere come riflessa in uno specchio mentre discute di astronomia. Le piace giocare con le informazioni e le spie, probabilmente ha un orecchio amico in ciascuna delle grandi famiglie granducali: getta nel camino le proposte di matrimonio durante la dimostrazione di un teorema che il suo matematico di corte le propone davanti ad un calice colmo di vino.
Ma è la scienza che le fa ardere il sangue come fuoco liquido.
A lui e solo a lui ha concesso di visitare i sotterranei del palazzo e gli oscuri segreti macchiati di scarlatto che giacciono tra quelle mura: lui non può tradirla, e questo la esalta. Dopotutto non avrebbe alcun motivo valido per farlo; ha appreso su quei tavoli i segreti del corpo umano che nessun libro della biblioteca dei Vessalius ha mai avuto il coraggio di rivelare, ha visto la vita spegnersi e l’ha sentita svanire mista all’aria umida della stanza mentre Miranda gli mostra come trovare la giugulare e la carotide di un uomo alla prima occhiata e lo fa riprovare più volte, sempre più volte finché anche l’ultimo prigioniero non è capitolato e le loro mani sono immerse nel rosso più puro. Ha imparato come imprigionare la morte in una minuscola fiala o come guarire uomini da piaghe e bubboni.
Miranda Barma non ha paura della magia nera. Non ha paura di osare, o di essere giudicata da lui. Non lo considera “acqua limpida”, lo riconosce come suo pari. Per lui è fantastico, perché tutta la conoscenza di quella donna dai capelli color del sangue non è abbastanza per darle l’unica cosa che il suo cuore desidera: una cosa che lui possiede, ovviamente. E, come la futura granduchessa adora citare, per avere una cosa occorre darne in cambio una dello stesso valore. Questo è il principio dello scambio equivalente. Uno scambio che ha tutta l’intenzione di portare avanti, forse l’unica occasione della sua vita di giocare a carte scoperte, di osservare quelle della sua avversaria e di lasciarle vedere (quasi) tutte le proprie. Con lei può appoggiare la maschera sul tavolo. Può finalmente lasciare che il nome di Lacie scappi dalle proprie labbra mentre la donna rossa lo stringe a sé sul tavolo incrostato di sangue e icore, immaginando che sia Oswald a scioglierle il corsetto e ad ardere dentro di lei con tutta la forza che ha in corpo. Ascoltano uno i pensieri dell’altro, si guardano divertiti per qualche secondo e poi continuano con maggior forza, ciascuno perso nei propri desideri.
Perché non può fare a meno di pensare a Lacie.
Lacie che canta e balla sotto una pioggia di sangue, i piedi scalzi che non lasciano nemmeno un’impronta nella neve fresca. Lacie che corre, Lacie che fugge e si fa inseguire. Lacie che al loro incontro non lo ha riconosciuto. Lacie che lo trascina sul divano e gli slaccia la camicia, poi elude il suo abbraccio e salta giù dalla finestra. Lacie che augura ogni tipo di morte a suo fratello, ma la notte si stringe contro di lui per timore del temporale.
Lacie che ama la vita e poi la scaglia in Abyss.
Lacie che ha lasciato al mondo una bambina, e non l’ha avuta con lui. Lacie che scacciava ogni uomo con i suoi occhi rossi, ma alla fine un uomo l’ha avuta tutta per sé e questo lo fa infuriare finché non scaglia una pietra nell’acqua per cancellare quel bellissimo riflesso che per un istante ha perso la maschera e fissa la superficie con una rabbia ed un odio che non dovrebbero appartenergli.
Sta facendo tutto questo per lei. Abyss è un posto buio e gelido, dove la sua anima non potrà mai gioire. Oswald dice che non è vero, che lei non esiste più né mai tornerà: ma queste sono solo bugie e Jack lo sa, perché non è possibile che Lacie sia scomparsa. Semplicemente non è possibile.
E se lei non può tornare al mondo, beh …
Non ha spiegato a Miranda del perché desidera così tanto aprire le porte di Abyss. Ha lasciato che lei lo credesse un sentimentale, uno di quelli che desiderano spalancare il cuore di quel mondo nel tentativo di rivedere un’ultima volta qualcuno che si ha amato. Una scusa un po’ labile, ma in fondo va bene così. Probabilmente non sarebbe così disposta a spiegargli i rituali oscuri del Richiamo se sapesse la verità. O forse non gliene importerebbe nulla, sarebbe il suo stile, non quando lui le ha messo davanti un’esca a cui non può rinunciare.
L’immagine lungo la superficie torna alla sua perfezione; le sorride un’ultima volta, perché adesso riprende il ballo. L’orologio è ancora nella sua tasca e ne sente la molla e la fessura degli ingranaggi. L’ultimo ballerino della farsa è laggiù, dove gli alberi si piegano, lontano dallo specchio d’acqua: riesce a vederne i capelli scuri far capolino tra i cespugli, probabilmente si è addormentato. Si stringe la giacca, un piccolo pensiero da parte di Miranda, e corre in quella direzione assaporando ogni raggio di sole.
Oswald, o Glen, o come preferisce chiamarsi è la sua ultima sfida. A lui non serve un pubblico, ha abbastanza Baskerville che pendono dalle sue nobili labbra da non sapere cosa farsene, e di certo ha più spie di tutto il casato Barma. Non ha bisogno di un amante, specie quando conosce benissimo i sentimenti che all’epoca provava per Lacie.
Glen Baskerville ha bisogno solo di una cosa, per di più piuttosto complicata.
Ha bisogno di un migliore amico.
Ed un amico è qualcosa di impegnativo, Jack gliene dà atto. Sono passati anni dal loro primo incontro ed ogni giorno l’altro si nutre dei suoi sogni e delle sue idee, esce da quel mondo di luci e voci che lo attanaglia e parla con lui di tutto come un uomo comune, non come colui che porta sulle spalle il peso del potere di Abyss. Specchiandosi nei suoi occhi Glen deve vedere qualcosa di davvero bello, perché solo con lui riesce ancora a mostrare il sorriso che gli era scomparso dalle labbra il giorno del Passaggio: ed il capo dei Baskerville non è uno sciocco credulone al pari di Arthur Barma, quegli occhi scuri sono pozze strappate ad Abyss che potrebbero strappargli la maschera dal volto e scoprire ogni cosa. Ma, quando c’è lui, Oswald sembra gettare qualsiasi preoccupazione nel lago, abbandona ogni circospezione e si lascia guidare nel grande ballo dove ormai Jack ha posizionato tutti gli ospiti; lui si limiterà ad appoggiarsi ad una colonna e guardarli uno per uno fino a quando tutto sprofonderà, i Baskerville, i Vessalius, i Barma, i Rainsworth ed il resto del mondo, tutto tornerà da Lacie e lui potrà finalmente lasciare che sia lei a bere quell’acqua limpida e farlo suo.
Oswald è solo l’ospite di riguardo. Per aprire i portali di Abyss ha bisogno della conoscenza di Miranda, e Oswald è il prezzo che la donna rossa ha chiesto per sé. Vuole stringere tra le mani quel volto, baciarlo e baciarlo di nuovo finché le labbra non saranno diventate livide e la lingua fredda, vuole scorrere le dita su quelle guance pallide chiamandolo per nome sapendolo che sarà soltanto suo, l’uomo che tutti definiscono immortale finalmente solo con lei. Vuole trascorrere il resto dei suoi giorni con quella testa tra le mani.
Solo la testa. Nient’altro attaccato.
Non è da lui questionare i desideri della sua alleata. L’unica cosa che conta è ciò che lei ha da offrirgli. E, fino al giorno in cui Abyss aprirà il suo cuore al mondo, sarà per Glen l’amico migliore che ci sia.
Sì, la maschera del “migliore amico” è la più bella che abbia mai indossato. La lascia scivolare di nuovo sulla propria pelle, guardando di nuovo il delicato sorriso che si riflette nel lago e gli occhi carichi di gioia.
“Ehi, Glen, si può sapere che ci fai sotto un albero? Suvvia, è una giornata fantastica, che ne diresti di fare quattro passi?”
  
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