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Autore: gemini    23/06/2003    12 recensioni
Tre ragazze decidono di partire per un viaggio, per capire meglio se stesse e cosa vogliono realmente dalla loro vita...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Yayoi Aoba/Amy, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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p class=MsoBodyText>Intro: Non so come mi sia venuta l’ispirazione per questa fic, che tra l’altro si preannuncia lunghissima(poveri voi…e povera me J ) e che non so quanto mi ci vorrà a finirla…So solo che me la sono sentita nascere e crescere dentro,e che man mano che scrivevo mi ritrovavo a vivere in prima persona i pensieri dei vari personaggi.Spero che vi piaccia…aspetto come sempre opinioni,e anche critiche J

Grazie a tutti e buona lettura!! Gemini

 

CAPITOLO PRIMO:LA PARTENZA

 

Fujisawa,21 giugno,ore 9. Primo giorno d’estate.Infilo l’ultima maglia nel mio borsone da viaggio,e lo richiudo.Fuori dalla finestra il sole è altissimo e cocente,gli uccellini cinguettano e i bambini corrono per strada rincorrendo un pallone.Li osservo,e per un istante ripercorro con la memoria gli ultimi anni della mia vita,e penso a quanto quel piccolo,insignificante pallone abbia avuto tanta importanza anche per me.E’ soltanto un oggetto,ma che sono arrivata prima ad amare e poi ad odiare con tutte le mie forze.Mi siedo un attimo sul letto,di nuovo in preda ad un attacco di confusione e di ansia.Guardo l’orologio:stanotte non ho chiuso occhio,il pensiero di quello che stavo per fare non mi lasciava pace.Continuavo a chiedermi e richiedermi se fosse la scelta giusta,se non ci fosse davvero un’altra via di uscita.Ma non c’era,semplicemente.Era giunto il momento di riprendere in mano la mia vita,tutto qui.Mi sono alzata dal letto all’alba,e ho fatto una doccia,sperando che potesse aiutarmi a rilassarmi un po’:ma niente da fare,i miei muscoli non volevano saperne di sciogliersi,e il mio cuore era sempre in tumulto.Ho disfatto e rifatto le valige almeno un milione di volte,come se dovessi andare via per sempre.

Ai miei genitori ho detto che andavo a fare un viaggetto con le mie amiche.Si sono un po’ meravigliati,ma non hanno fatto molte domande.Del resto,visto dall’esterno è proprio quello che sto per fare:un semplice viaggio di qualche giorno con delle amiche.In realtà,più che un viaggio è una fuga.Forse usare il termine fuga è esagerato,anche perché non c’è nulla da cui fuggire,non c’è nessuno che vuole farci del male,e poi se si potesse scappare dai propri sentimenti,forse me ne sarei andata via già tanto tempo fa.

Qualcuno potrebbe pensare che sono una stupida:ho spasimato dietro a lui per tutti questi anni,e adesso che finalmente posso dirlo mio,me ne vado alla ricerca…di non so nemmeno io cosa.Ma posso veramente dirlo mio?Posso veramente dirmi una ragazza felice e soddisfatta?

No,altrimenti non me ne andrei.

Guardo la fotografia che tengo sul comodino,in cui siamo ritratti insieme dopo la finale di Parigi:lui con in mano la coppa del mondo,e il sorriso più raggiante che gli abbia mai visto in volto,ed io altrettanto felice ed emozionata,con l’immancabile bandiera da tifosa.Poi apro il cassetto,e osservo per un istante l’anello che mi ha regalato,nel momento più bello della mia vita,quando credevo di vivere in un sogno e credevo di morire per la troppa felicità.Ho riflettuto a lungo se portarlo con me,ma alla fine ho deciso che non era il caso:non potevo pensare serenamente al mio presente,e soprattutto al mio futuro,con qualcosa che mi ricordava lui ogni istante della giornata.

L’unica certezza che ho è che il mio amore non è diminuito:i miei sentimenti sono rimasti gli stessi di quel giorno ormai così lontano in cui lo incontrai per la prima volta e mi chiese la strada per arrivare al campo da calcio,semmai sono cresciuti,sono diventati più forti,più intensi.Ma certo non si sono affievoliti.Non me ne vado per domandarmi se lo amo ancora:non ho bisogno di chiedermelo.

Quello su cui devo riflettere è se sono soddisfatta della vita che sto conducendo.Lui adesso è qui,a Fujisawa,ma presto ripartirà per il Brasile.Forse mi chiederà di andare con lui.Non so se sono pronta per un passo simile:per abbandonare il mio paese,la mia famiglia,i miei amici,tutta la vita a cui sono abituata.Ma potrei farlo,se solo fossi certa…

Non so nemmeno io di cosa vorrei essere certa.So solo che mi sono resa conto di non aver fatto niente per me stessa in tutti questi anni.Ho vissuto con lui e per lui,gioendo per i suoi successi e soffrendo per le sue delusioni.L’unico lavoro che ho fatto è stato per avere i soldi per andare da lui,in Brasile.L’unico obiettivo che mi ponevo era farmi amare da lui.

Chi sono io?

Chi sono io? La tifosa scatenata,la manager efficiente,la fidanzata devota.Certo,io sono tutte queste cose.Ma lo sono in relazione a lui.Al di fuori di lui,io non sono niente.

Lui invece è tante cose,tante cose in cui io non faccio minimamente parte.E questo è sbagliato.

Devo scoprire chi sono,trovare la mia identità.Scoprire chi è Sanae,ma non come tifosa o altro,come Sanae.Come persona.Come donna.E per fare questo devo andarmene,in un posto lontano dove non ci sia niente e nessuno che mi ricordi il passato.Andarmene per tornare,quando finalmente avrò scoperto chi sono.

Ho pensato a lungo se fosse il caso di lasciargli una lettera,in cui spiegare come mi sento e perché ho deciso di partire.Ho provato tante volte a parlargli dei miei sentimenti,nell’ultimo periodo.Speravo che adesso che si trova qui a Fujisawa avremmo potuto starcene un po’ insieme da soli,invece è tutto preso dagli allenamenti.Praticamente passa più tempo con Misaki e gli altri che con me,e questo mi è insopportabile.Ogni volta mi rendo conto che il calcio è tutto per lui,mentre io rappresento solo un optional di scarsa importanza.E questo mi fa male,perché invece io ho fatto di lui il centro della mia esistenza.

Basta,devo smetterla di rimuginare.Rischio di arrivare in ritardo all’appuntamento con le altre.Anche se non c’è nessuna importanza di essere puntuali:non ci aspetta nessuno,non abbiamo né una meta né una destinazione precisa,solo tanta voglia di allontanarci,e di stare sole a pensare.

Prendo la mia borsa,saluto i miei genitori ed esco di casa.Lì mi aspetta la mia auto,che i miei mi hanno regalato per il diploma:è un’automobile usata,e anche un po’ scassata,ma per me va benissimo.Metto la borsa nel bagagliaio,salgo al volante e accendo il motore.Saranno i miei genitori a dirgli che sono partita.Ho chiesto loro di riferirgli che tornerò presto,e che comunque mi farò viva con lui prima possibile.

Comincia il mio viaggio.

 

Sapporo,21 giugno,ore 9.

Questo maledetto aereo proprio non vuole saperne di arrivare.Ha già due ore di ritardo,e l’appuntamento con le altre è fissato tra un’ora e mezza.Ma del resto,di cosa mi preoccupo?Non abbiamo nessun posto in mente in cui andare,e partire un’ora prima o un’ora dopo non fa differenza.

Quest’attesa però mi distrugge,mi logora l’anima.Ogni attimo che passa mi assale il dubbio di aver preso una decisione assurda,di stare commettendo un’enorme sciocchezza,e mi viene voglia di risalire sul primo treno e tornarmene a casa,a Furano.Ma non servirebbe a niente farlo,non risolverebbe i miei problemi.Continuerei a comportarmi come ho fatto fin ora,a fingere che tutto vada bene e che la mia vita sia perfettamente felice,e me li trascinerei dietro fino ad arrivare al punto di rottura:e certamente questo non è quello che voglio.

E’ buffo,ma fino a non molto tempo fa credevo veramente di essere felice,di avere tutto quello che desideravo dalla vita,anzi,di avere molto di più di quello che avrei mai potuto aspettarmi, o meritarmi.Finalmente ero riuscita a tornare a casa,nel paese che non avevo mai dimenticato e in cui avevo lasciato la parte più importante del mio cuore,nel paese dove c’era il ragazzo che amavo,il ragazzo che per me rappresentava tutto.In quei lunghi,infiniti anni negli Stati Uniti credevo di morire,ero convinta che prima o poi sarei diventata pazza.Mia madre e mio padre continuavano a ripetere che era solo questione di tempo,che mi sarei ambientata prestissimo e avrei fatto a New York una vita meravigliosa,con tanti nuovi amici,tante nuove esperienze.Io invece non avevo voglia di vedere nessuno,di conoscere nessuno,avevo solo voglia di piangere e di sfogliare il mio album di fotografie,desiderando fino allo spasimo di poter entrare dentro una di loro,solo per poterlo riabbracciare almeno una volta.Solo a ripensarci mi sembra di ritornare in quel tunnel senza fine,nel quale non vedevo uno spiraglio di luce.I miei genitori erano preoccupatissimi per me,visto che mangiavo pochissimo e passavo quasi tutto il tempo chiusa nella mia stanza a piangere.Piano piano riuscii a farmene una ragione,ma non trovai mai la serenità.Non ricordo di aver vissuto un solo giorno sereno a New York,un solo giorno di tregua da quel dolore che mi distruggeva l’anima.Ricominciai a vivere solo quando mi dissero che saremmo tornati a casa,in Giappone.Piansi,ma per la prima volta erano lacrime di gioia.Credevo di impazzire per la felicità quando finalmente lo rividi.Era come se finalmente avessi ritrovato l’aria che mi serviva per respirare.Da allora fu tutto perfetto,meraviglioso,incomparabile….fino al giorno dell’incidente.

Solo chi ci è passato può comprendere cosa significa.Trovarsi improvvisamente faccia a faccia con la morte ti porta a riconsiderare tutta la tua vita con occhi diversi,anche se lì per lì non te ne rendi conto.Quando mi sono svegliata dal coma ho visto un infinito sollievo nei suoi occhi,e mi sono sentita amata come forse mai prima di allora.Anche se ero incosciente,potevo percepire la sua disperazione all’idea di perdermi,e sicuramente era stato proprio questo a tenermi attaccata alla vita.Ma poi,qualcosa dentro di me è cambiato.Insomma,mi guardavo intorno e pensavo “ma accidenti,a quest’ora potevo essere morta…non avrei più potuto fare questo,o quello,e nemmeno quest’altro”,e quest’idea mi atterriva.Mi rendevo conto che potevo essere morta senza aver concluso niente nella mia vita,senza aver lasciato alcuna traccia di me nel mondo tranne una fascetta con un numero 10 ricamato,e il dolore di un ragazzo che mi amava.

Non ci dormivo la notte a questo pensiero.Tutti si sono accorti del fatto che ero strana.Mia madre ha persino pensato di portarmi da uno psicologo,ma poi mio padre le ha detto che era una reazione normale visto quello che avevo passato,e allora ha lasciato perdere.Io continuavo a pensare e ripensare,pensavo alla mia vita e a quanto poco avessi concluso,a quanto poco avessi realizzato.E anche il mio rapporto con Hikaru ne risentiva,perché guardavo anche lui con occhi diversi.In altre parole,quello che avevo,e che fino a poco tempo fa mi sembrava tutto quello che potevo mai desiderare,non mi bastava più.

E’ per questo che ho accettato quando Sanae mi ha chiamato,e mi ha proposto di partire per un breve viaggio,per riflettere.Non sto scappando,sarebbe assurdo.Ho solo bisogno di stare da sola con me stessa,di capire cosa voglio veramente,per quale motivo mi sento insoddisfatta di me stessa,della mia vita.

E’ arrivata la chiamata per il mio volo,e lentamente mi avvio all’imbarco.Gli ho lasciato una lettera.Spero che capirà,anche se le mie spiegazioni sono sicuramente un po’ confuse,perché nemmeno io capisco bene cosa mi sta succedendo.

 

Tokyo,21 giugno,ore 9.

Mi guardo allo specchio,e stento a riconoscermi nell’immagine che esso mi rimanda.Quella ragazza pallida,ansiosa,con profonde occhiaie che le cerchiano il volto,sono io?

Sono qui seduta davanti allo specchio,tremando di paura all’idea che si svegli e che mi veda mentre vado via di nascosto,senza una spiegazione,come una ladra.

Non sarei dovuta rimanere a dormire qui stanotte.E’ stato l’ultimo di una lunga serie di errori.

Suo padre è partito per uno dei suoi soliti viaggi di lavoro,e anche sua madre è andata con lui.Jun è rimasto solo a casa e,come capita sempre quando i suoi genitori sono via,mi ha invitato a passare la notte a casa sua.Era una cosa talmente normale e scontata che non sapevo nemmeno a cosa aggrapparmi per rifiutare.E,cosa ancora più grave forse(e penso purtroppo il vero motivo per cui sono rimasta),non avevo nessuna voglia di rifiutare.Anche se sapevo che stamattina sarei partita.Anche se non sapevo come avrei giustificato questa mia decisione,cosa avrei potuto dirgli.

Adesso mi sento terribilmente in colpa,come se questa notte gli avessi mentito.In fondo non è quello che ho fatto?

Ho cercato di soffocare il mio tormento buttandomi tra le sue braccia,facendogli credere che tutto andava bene,che era tutto come al solito,quando invece tutto sta cambiando,dentro di me.

Ho usato il suo corpo,i suoi baci,le sue carezze,come una droga,per tenere addormentata quella vocina che mi domandava dentro se non stessi facendo un clamoroso errore ad andarmene via da sola anziché tentare di spiegargli come mi sentivo dentro.

Non ho chiuso occhio tutta la notte.Lui dormiva tranquillo vicino a me e io lo guardavo,domandandomi dove ci avrebbe portato tutto questo.Era sicuramente ignaro di quello che si stava agitando nella mia testa…quante volte,invece,avrei desiderato che si rendesse conto che qualcosa non andava,che io ero strana,non ero quella di sempre.Ma dei due,ero sempre io quella a preoccuparmi,ad angosciarmi,a domandargli in continuazione se tutto andasse bene.E così ho cominciato a sentirmi data per scontata,come se per lui fossi una presenza immutabile che non si allontanerà mai,che ci sarà sempre,su cui potrà contare in ogni momento.

E’ sempre stato così:c’ero per affrontare i suoi problemi,per soffrire per le sue sofferenze e per gioire dei suoi successi.Mi preoccupavo più di lui che di me stessa.E di me invece,chi si prendeva cura di me?Quando stavo male,quando soffrivo,quando ero angosciata,affrontavo tutto da sola,tenendo tutto dentro di me,perché non volevo angustiarlo addossandogli anche i miei problemi.Ma ho sbagliato,perché in fondo in un rapporto bisogna saper condividere tutto,ed io della mia vita non gli ho fatto condividere niente:anche perché,a voler ben guardare,io non avevo una mia vita,visto che esistevo solamente in funzione di lui.

Forse sto sbagliando ancora,ma ho provato mille volte a iniziare il discorso,mi sono sforzata di trovare le parole adatte per spiegargli come mi sentivo,ma non ci sono mai riuscita.Alla fine sopraggiungeva sempre un problema suo,e io mi sentivo quasi in colpa per aver pensato a me stessa trascurando le sue esigenze.Ma così non posso più andare avanti,faccio del male a me stessa e in fondo è come se lo stessi ingannando,perché quella che ha al suo fianco non sono io,è solo un’immagine che mi sono costruita e che continuo a mostrare agli altri.Qualche giorno fa Sanae mi ha telefonato:era piuttosto giù,e mi ha proposto di partire per un viaggetto per rilassarci e riflettere un po’ sui nostri problemi.Io,lei e Yoshiko.

Inizialmente ero dubbiosa,mi sembrava di scappare anziché affrontare di petto la situazione,ma poi ho capito che restando qui non risolvevo niente,perché semplicemente non trovavo il coraggio di spezzare la catena di dubbi in cui mi trovo.E allora ho accettato.Forse servirà a dare una scossa alla situazione,e sia io che lui ci renderemo finalmente conto di cosa non va.Ma ancora una volta mi sono comportata da vigliacca:non gli ho detto niente,e me ne sto andando di nascosto come se la mia fosse veramente una fuga.Sono molto delusa da me stessa…

Gli ho scritto una lettera,e ora la lascio sul comodino.Troverà quella al mio posto,quando si sveglierà.Lo guardo ancora…Dio,quanto lo amo…delle volte mi sembra perfino troppo…e mi sembra di impazzire al solo pensiero che potrei perderlo,un giorno.

Vorrei restare,e dargli il buongiorno con un bacio,ma poi mi sentirei di nuovo peggio.Devo andare…apro la porta,e la richiudo lentamente alle mie spalle,cercando di non fare rumore.

 

Per strada,ore 10.15

Sanae abbassò il finestrino dell’auto,e lasciò che il vento le scompigliasse i capelli.Tra poco sarebbe arrivata all’aeroporto di Narita(in realtà non ho la minima idea di quanto ci voglia da Fujisawa a Tokyo…) dove l’aspettava Yoshiko,e poi sarebbe andata a casa di Yayoi a prenderla.Era sicura che anche le due amiche si sentissero tese e nervose esattamente come lei.Mille volte durante quella prima ora di viaggio aveva avuto la tentazione di lasciar perdere tutto,e tornare indietro,ma poi si era chiesta cosa sarebbe successo dopo.E la risposta era stata ovvia:assolutamente niente,tutto sarebbe rimasto identico a prima.Tsubasa ad allenarsi con Misaki e gli altri,a dedicarsi al suo amico pallone anima e corpo,e lei a tormentarsi chiedendosi se era davvero felice così e se quello che lui le stava dando le bastava.

“Caspita!Ho il cellulare spento!”,si ricordò solo in quell’istante.Accostò un attimo l’auto,prese la borsa e accese il cellulare.U messaggio sul display l’avvisava che c’erano messaggi per lei nella segreteria telefonica.Per un secondo il cuore le balzò in gola,temendo che fosse Tsubasa a cercarla,o magari una delle amiche che l’avvisava di aver cambiato idea.

Il messaggio era di Yoshiko,che l’avvisava che l’aereo che doveva prendere a Sapporo era in ritardo,e che quindi sarebbe arrivata circa un’ora dopo l’orario previsto.Sanae sospirò con disappunto,ma poi pensò “In fondo,non c’è nessuno che ci aspetta,partire un’ora dopo non ci cambia nulla”,e si rilassò.Rimise l’auto in moto e svoltò in direzione della casa di Yayoi.

Trovò l’amica ad attenderla davanti al cancello,con una valigia in mano e il volto tirato.Gli occhi erano cerchiati da profonde occhiaie e l’espressione decisamente abbattuta,e anche lei dava l’impressione di non aver dormito molto quella notte.

-Dov’è Yoshiko?Non è venuta?-,chiese ansiosamente quando vide che Sanae era sola.

-L’aereo è in ritardo,sarà a Narita tra un’ora-,la tranquillizzò l’amica scendendo dalla macchina.

Prese il borsone di Yayoi e lo mise nel bagagliaio,poi aprì la portiera di fianco al suo sedile,e la ragazza si accomodò.

-Non hai un gran bell’aspetto-,le fece notare Sanae.

-Nemmeno tu-,rispose l’amica in tono incolore,tenendo lo sguardo fisso verso il basso.

-Non ho chiuso occhio stanotte-,ammise Sanae.

Yayoi annuì.-Non sei la sola,allora-.

-Ho provato a chiamarti ieri sera,ma a casa tua non rispondeva nessuno.Dimmi la verità…-

L’amica la interruppe.-Vuoi sapere se ho passato la notte con Jun?-.

Sanae annuì.

-Sì,sono stata a casa sua-,ammise la ragazza un po’ imbarazzata.

Sanae rimase in silenzio per un lungo istante.-Sei sicura di aver fatto la cosa giusta?-,le chiese dopo aver riflettuto.

-A cosa ti riferisci?A stanotte o al nostro viaggio?-

-Veramente,a tutti e due-

Yayoi si passò nervosamente le dita tra i capelli,poi iniziò a giocherellare con una ciocca.-Sinceramente,non so cosa dirti.Mi sono sentita in colpa per essere stata con lui stanotte,mi è sembrato…di averlo ingannato,ecco.Ma non ho saputo dire di no.Penso che tu possa capirmi…-

L’amica la guardò con aria un po’ sconsolata.-Non fino in fondo…sai che io e Tsubasa non siamo mai arrivati a fare certe cose…-,disse un po’ imbarazzata.

La ragazza arrossì.-Non intendevo in quel senso…ti fa stare male?-

-Cosa?-

-Che non ti abbia mai chiesto di fare l’amore con lui-

Sanae divenne rossa come un gambero,ma la sua espressione era sempre triste.-Beh ecco…insomma,non pensare chissà cosa di me,ma….sì,un po’ mi dispiace.Voglio dire…non è che poi abbia per me tutta questa importanza ma…in fondo,sarebbe stato un modo per dimostrarmi che ci tiene a me,che gli interesso….che mi ama-,disse malinconicamente.

Yayoi annuì tutta seria.-Non preoccuparti,non c’è niente di male.E’ una cosa perfettamente naturale-

-Per te,forse.Per lui purtroppo non lo è affatto-

L’amica si mise a ridere.-Probabilmente si tratta solo di timidezza…forse avresti dovuto spronarlo un po’ tu-

-E credi che non ci abbia provato?-,esclamò Sanae non riuscendo a trattenere un sorriso.-Cos’altro potevo fare,violentarlo?-

-E perché no?-,fece l’amica serissima.

Le due ragazze si guardarono con espressione stupita,e poi scoppiarono in una fragorosa risata.

-Se me lo davi prima questo consiglio,forse non eravamo qui-,disse Sanae senza smettere di ridere.

-Da retta a me,non sarebbe stato quello a risolvere i tuoi problemi-,replicò Yayoi tornando seria.

-Lo so,la mia era soltanto una battuta.Comunque….senti,per quel discorso….non so,forse è l’ennesima prova che in fondo di me non gliene importa nulla…capisco la timidezza,l’imbarazzo e tutto il resto ma…-

-Vedi,per un ragazzo secondo me è più difficile che per una ragazza,perché da lui ci si aspetta che prenda l’iniziativa.Probabilmente Tsubasa non sapeva nemmeno da che parte cominciare,poverino….-,insistette l’amica.

-Ma solo per lui è un problema?Tu non hai avuto casini di questo genere-,replicò l’altra ragazza.

-Beh ecco…boh,non so cosa dirti.Per me è stata una cosa assolutamente naturale,posso dirti solamente questo.E’ successo come se fosse la cosa più ovvia e normale di questo mondo-,disse Yayoi arrossendo un po’ imbarazzata.

Sanae sospirò profondamente.-E così deve essere per due persone che si vogliono bene,almeno credo.Ma questo è solo una minima parte del problema.Due sere fa l’ho invitato ad uscire…io e lui da soli.Sai cosa mi ha risposto?-

-No-,disse l’amica.

-Aveva un impegno con Misaki e gli altri.Avevano un’amichevole con la squadra di Nitta,e poi sarebbero andati tutti insieme a festeggiare.La sera prima,stessa cosa.Capisco che non vede gli amici da un sacco di tempo e che vuole stare con loro,ma non vedeva nemmeno me da un sacco di tempo.Sta tutto il santo giorno a quel dannato campo di calcio,e per me rimangono solo le briciole-,raccontò la ragazza tristemente,tormentandosi una ciocca di capelli.

-Dev’essere durissimo per te-,commentò tristemente Yayoi.

-Mi sento…una nullità capisci?Come se non contassi niente.Tante belle parole e poi….poi,alla prova dei fatti,il calcio è sempre davanti a me.Mi sentirei quasi meglio se il mio rivale fosse un’altra ragazza….almeno saprei come comportarmi.Ma come diavolo faccio contro la passione della sua vita?-,sbottò.

-Hai provato a parlargli?-

-E credi che non l’abbia fatto?Ma poi lui si scusa,mi dice che tiene a me,che mi ama,e che sono l’unica ragazza della sua vita.E che non devo sentirmi trascurata dal calcio,perché so quanto conta per lui,ma siamo due cose distinte.Ed entrambe importanti allo stesso modo,da quello che dice.Ma dai fatti non si direbbe proprio-,rispose Sanae.

L’amica sospirò.-Come credi che reagirà quando saprà che te ne sei andata?Gli hai lasciato una lettera?-

Sanae scosse il capo.-No,non sapevo cosa scrivergli,e ho preferito non fare nulla.Quando,e se mi cercherà,i miei genitori gli diranno che sono partita-.

Yayoi la guardò meravigliata.-Non gli hai lasciato nemmeno due righe?-

-No,te l’ho detto.Tu invece?-

La ragazza tirò un respiro profondo.-Gli ho scritto una lettera.Ho detto che mi sento in crisi,che non so più chi sono.Che ho bisogno di starmene un po’ da sola a riflettere,e che mi sarei fatta viva io.Sanae,mi sento una vigliacca-

L’amica la guardò intensamente.-Davvero?-

-Sì-,mormorò Yayoi con un filo di voce.-So di aver tentato di parlargli dei miei problemi,senza però trovare mai il coraggio di andare fino in fondo.Mi sono chiusa in me stessa,ho indossato una maschera fingendo che andasse tutto bene.In questi ultimi tempi non ho fatto altro che fingere,e mentire.E anche stanotte….anche stanotte l’ho ingannato,e poi sono sgattaiolata via come una ladra.Mi vergogno tantissimo-,disse scoppiando in lacrime.

Sanae le accarezzò lievemente i capelli.-Su,non fare così.Avevamo bisogno di andare via a riflettere.Ma comunque…se ti sei pentita,puoi anche tornare indietro-.

L’amica sollevò la testa.-No.Continuerei a ingannarlo,e non voglio.Stanotte non dovevo rimanere lì,è stato l’ultimo atto di una farsa assurda-.

-E’ inutile piangere sul latte versato,Yayoi.Se sei rimasta,vuol dire che lo desideravi-.

La ragazza annuì,senza riuscire a frenare le lacrime.-E questo dimostra che sono una vigliacca-,insistette.

-No,questo dimostra soltanto che lo ami-,cercò di tranquillizzarla Sanae.

-No,io sono una vigliacca e un’egoista.E forse mi manderà al diavolo quando tornerò a casa.Ma non posso tornare indietro,non posso….-,mormorò con voce rotta dai singhiozzi.

Sanae la lasciò sfogare,limitandosi ad accarezzarle dolcemente la testa.Anche lei si sentiva il cuore stretto in una morsa di angoscia e profonda tristezza.

-Chissà cosa sta facendo lui in questo momento….-,non poté trattenersi dal pensare.

 

Cosa accadrà alle nostre amiche?Torneranno a casa o proseguiranno con il loro viaggio?E,in fondo,cosa stanno cercando veramente?E come reagiranno Tsubasa,Hikaru e Jun quando scopriranno cos’è accaduto?

L’appuntamento è al secondo capitolo di “ON THE ROAD”! J

 

 

 

  
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