Grazie a tutti e buona lettura!! Gemini
CAPITOLO PRIMO:LA PARTENZA
Fujisawa,21 giugno,ore 9. Primo giorno d’estate.Infilo l’ultima maglia nel mio borsone da
viaggio,e lo richiudo.Fuori dalla finestra il sole è altissimo e cocente,gli
uccellini cinguettano e i bambini corrono per strada rincorrendo un pallone.Li
osservo,e per un istante ripercorro con la memoria gli ultimi anni della mia
vita,e penso a quanto quel piccolo,insignificante pallone abbia avuto tanta
importanza anche per me.E’ soltanto un oggetto,ma che sono arrivata prima ad
amare e poi ad odiare con tutte le mie forze.Mi siedo un attimo sul letto,di
nuovo in preda ad un attacco di confusione e di ansia.Guardo
l’orologio:stanotte non ho chiuso occhio,il pensiero di quello che stavo per
fare non mi lasciava pace.Continuavo a chiedermi e richiedermi se fosse la
scelta giusta,se non ci fosse davvero un’altra via di uscita.Ma non
c’era,semplicemente.Era giunto il momento di riprendere in mano la mia
vita,tutto qui.Mi sono alzata dal letto all’alba,e ho fatto una doccia,sperando
che potesse aiutarmi a rilassarmi un po’:ma niente da fare,i miei muscoli non
volevano saperne di sciogliersi,e il mio cuore era sempre in tumulto.Ho
disfatto e rifatto le valige almeno un milione di volte,come se dovessi andare
via per sempre.
Ai miei genitori ho detto
che andavo a fare un viaggetto con le mie amiche.Si sono un po’ meravigliati,ma
non hanno fatto molte domande.Del resto,visto dall’esterno è proprio quello che
sto per fare:un semplice viaggio di qualche giorno con delle amiche.In
realtà,più che un viaggio è una fuga.Forse usare il termine fuga è esagerato,anche
perché non c’è nulla da cui fuggire,non c’è nessuno che vuole farci del male,e
poi se si potesse scappare dai propri sentimenti,forse me ne sarei andata via
già tanto tempo fa.
Qualcuno potrebbe pensare
che sono una stupida:ho spasimato dietro a lui per tutti questi anni,e adesso
che finalmente posso dirlo mio,me ne vado alla ricerca…di non so nemmeno io
cosa.Ma posso veramente dirlo mio?Posso veramente dirmi una ragazza felice e
soddisfatta?
No,altrimenti non me ne
andrei.
Guardo la fotografia che
tengo sul comodino,in cui siamo ritratti insieme dopo la finale di Parigi:lui
con in mano la coppa del mondo,e il sorriso più raggiante che gli abbia mai
visto in volto,ed io altrettanto felice ed emozionata,con l’immancabile
bandiera da tifosa.Poi apro il cassetto,e osservo per un istante l’anello che
mi ha regalato,nel momento più bello della mia vita,quando credevo di vivere in
un sogno e credevo di morire per la troppa felicità.Ho riflettuto a lungo se
portarlo con me,ma alla fine ho deciso che non era il caso:non potevo pensare
serenamente al mio presente,e soprattutto al mio futuro,con qualcosa che mi
ricordava lui ogni istante della giornata.
L’unica certezza che ho è
che il mio amore non è diminuito:i miei sentimenti sono rimasti gli stessi di
quel giorno ormai così lontano in cui lo incontrai per la prima volta e mi
chiese la strada per arrivare al campo da calcio,semmai sono cresciuti,sono
diventati più forti,più intensi.Ma certo non si sono affievoliti.Non me ne vado
per domandarmi se lo amo ancora:non ho bisogno di chiedermelo.
Quello su cui devo
riflettere è se sono soddisfatta della vita che sto conducendo.Lui adesso è
qui,a Fujisawa,ma presto ripartirà per il Brasile.Forse mi chiederà di andare
con lui.Non so se sono pronta per un passo simile:per abbandonare il mio
paese,la mia famiglia,i miei amici,tutta la vita a cui sono abituata.Ma potrei
farlo,se solo fossi certa…
Non so nemmeno io di cosa
vorrei essere certa.So solo che mi sono resa conto di non aver fatto niente per
me stessa in tutti questi anni.Ho vissuto con lui e per lui,gioendo per i suoi
successi e soffrendo per le sue delusioni.L’unico lavoro che ho fatto è stato
per avere i soldi per andare da lui,in Brasile.L’unico obiettivo che mi ponevo
era farmi amare da lui.
Chi sono io?
Chi sono io? La tifosa
scatenata,la manager efficiente,la fidanzata devota.Certo,io sono tutte queste
cose.Ma lo sono in relazione a lui.Al di fuori di lui,io non sono niente.
Lui invece è tante
cose,tante cose in cui io non faccio minimamente parte.E questo è sbagliato.
Devo scoprire chi
sono,trovare la mia identità.Scoprire chi è Sanae,ma non come tifosa o
altro,come Sanae.Come persona.Come donna.E per fare questo devo andarmene,in un
posto lontano dove non ci sia niente e nessuno che mi ricordi il
passato.Andarmene per tornare,quando finalmente avrò scoperto chi sono.
Ho pensato a lungo se
fosse il caso di lasciargli una lettera,in cui spiegare come mi sento e perché
ho deciso di partire.Ho provato tante volte a parlargli dei miei
sentimenti,nell’ultimo periodo.Speravo che adesso che si trova qui a Fujisawa
avremmo potuto starcene un po’ insieme da soli,invece è tutto preso dagli
allenamenti.Praticamente passa più tempo con Misaki e gli altri che con me,e
questo mi è insopportabile.Ogni volta mi rendo conto che il calcio è tutto per
lui,mentre io rappresento solo un optional di scarsa importanza.E questo mi fa
male,perché invece io ho fatto di lui il centro della mia esistenza.
Basta,devo smetterla di
rimuginare.Rischio di arrivare in ritardo all’appuntamento con le altre.Anche
se non c’è nessuna importanza di essere puntuali:non ci aspetta nessuno,non
abbiamo né una meta né una destinazione precisa,solo tanta voglia di
allontanarci,e di stare sole a pensare.
Prendo la mia borsa,saluto
i miei genitori ed esco di casa.Lì mi aspetta la mia auto,che i miei mi hanno
regalato per il diploma:è un’automobile usata,e anche un po’ scassata,ma per me
va benissimo.Metto la borsa nel bagagliaio,salgo al volante e accendo il
motore.Saranno i miei genitori a dirgli che sono partita.Ho chiesto loro di
riferirgli che tornerò presto,e che comunque mi farò viva con lui prima
possibile.
Comincia il mio viaggio.
Sapporo,21 giugno,ore 9.
Questo maledetto aereo
proprio non vuole saperne di arrivare.Ha già due ore di ritardo,e
l’appuntamento con le altre è fissato tra un’ora e mezza.Ma del resto,di cosa
mi preoccupo?Non abbiamo nessun posto in mente in cui andare,e partire un’ora
prima o un’ora dopo non fa differenza.
Quest’attesa però mi
distrugge,mi logora l’anima.Ogni attimo che passa mi assale il dubbio di aver
preso una decisione assurda,di stare commettendo un’enorme sciocchezza,e mi
viene voglia di risalire sul primo treno e tornarmene a casa,a Furano.Ma non
servirebbe a niente farlo,non risolverebbe i miei problemi.Continuerei a comportarmi
come ho fatto fin ora,a fingere che tutto vada bene e che la mia vita sia
perfettamente felice,e me li trascinerei dietro fino ad arrivare al punto di
rottura:e certamente questo non è quello che voglio.
E’ buffo,ma fino a non
molto tempo fa credevo veramente di essere felice,di avere tutto quello che
desideravo dalla vita,anzi,di avere molto di più di quello che avrei mai potuto
aspettarmi, o meritarmi.Finalmente ero riuscita a tornare a casa,nel paese che
non avevo mai dimenticato e in cui avevo lasciato la parte più importante del
mio cuore,nel paese dove c’era il ragazzo che amavo,il ragazzo che per me
rappresentava tutto.In quei lunghi,infiniti anni negli Stati Uniti credevo di
morire,ero convinta che prima o poi sarei diventata pazza.Mia madre e mio padre
continuavano a ripetere che era solo questione di tempo,che mi sarei ambientata
prestissimo e avrei fatto a New York una vita meravigliosa,con tanti nuovi
amici,tante nuove esperienze.Io invece non avevo voglia di vedere nessuno,di
conoscere nessuno,avevo solo voglia di piangere e di sfogliare il mio album di
fotografie,desiderando fino allo spasimo di poter entrare dentro una di
loro,solo per poterlo riabbracciare almeno una volta.Solo a ripensarci mi
sembra di ritornare in quel tunnel senza fine,nel quale non vedevo uno
spiraglio di luce.I miei genitori erano preoccupatissimi per me,visto che
mangiavo pochissimo e passavo quasi tutto il tempo chiusa nella mia stanza a
piangere.Piano piano riuscii a farmene una ragione,ma non trovai mai la serenità.Non
ricordo di aver vissuto un solo giorno sereno a New York,un solo giorno di
tregua da quel dolore che mi distruggeva l’anima.Ricominciai a vivere solo
quando mi dissero che saremmo tornati a casa,in Giappone.Piansi,ma per la prima
volta erano lacrime di gioia.Credevo di impazzire per la felicità quando
finalmente lo rividi.Era come se finalmente avessi ritrovato l’aria che mi
serviva per respirare.Da allora fu tutto
perfetto,meraviglioso,incomparabile….fino al giorno dell’incidente.
Solo chi ci è passato può
comprendere cosa significa.Trovarsi improvvisamente faccia a faccia con la
morte ti porta a riconsiderare tutta la tua vita con occhi diversi,anche se lì
per lì non te ne rendi conto.Quando mi sono svegliata dal coma ho visto un
infinito sollievo nei suoi occhi,e mi sono sentita amata come forse mai prima
di allora.Anche se ero incosciente,potevo percepire la sua disperazione
all’idea di perdermi,e sicuramente era stato proprio questo a tenermi attaccata
alla vita.Ma poi,qualcosa dentro di me è cambiato.Insomma,mi guardavo intorno e
pensavo “ma accidenti,a quest’ora potevo essere morta…non avrei più potuto fare
questo,o quello,e nemmeno quest’altro”,e quest’idea mi atterriva.Mi rendevo
conto che potevo essere morta senza aver concluso niente nella mia vita,senza
aver lasciato alcuna traccia di me nel mondo tranne una fascetta con un numero
10 ricamato,e il dolore di un ragazzo che mi amava.
Non ci dormivo la notte a
questo pensiero.Tutti si sono accorti del fatto che ero strana.Mia madre ha
persino pensato di portarmi da uno psicologo,ma poi mio padre le ha detto che
era una reazione normale visto quello che avevo passato,e allora ha lasciato
perdere.Io continuavo a pensare e ripensare,pensavo alla mia vita e a quanto
poco avessi concluso,a quanto poco avessi realizzato.E anche il mio rapporto
con Hikaru ne risentiva,perché guardavo anche lui con occhi diversi.In altre
parole,quello che avevo,e che fino a poco tempo fa mi sembrava tutto quello che
potevo mai desiderare,non mi bastava più.
E’ per questo che ho
accettato quando Sanae mi ha chiamato,e mi ha proposto di partire per un breve
viaggio,per riflettere.Non sto scappando,sarebbe assurdo.Ho solo bisogno di
stare da sola con me stessa,di capire cosa voglio veramente,per quale motivo mi
sento insoddisfatta di me stessa,della mia vita.
E’ arrivata la chiamata
per il mio volo,e lentamente mi avvio all’imbarco.Gli ho lasciato una
lettera.Spero che capirà,anche se le mie spiegazioni sono sicuramente un po’
confuse,perché nemmeno io capisco bene cosa mi sta succedendo.
Tokyo,21 giugno,ore 9.
Mi guardo allo specchio,e
stento a riconoscermi nell’immagine che esso mi rimanda.Quella ragazza
pallida,ansiosa,con profonde occhiaie che le cerchiano il volto,sono io?
Sono qui seduta davanti
allo specchio,tremando di paura all’idea che si svegli e che mi veda mentre
vado via di nascosto,senza una spiegazione,come una ladra.
Non sarei dovuta rimanere
a dormire qui stanotte.E’ stato l’ultimo di una lunga serie di errori.
Suo padre è partito per
uno dei suoi soliti viaggi di lavoro,e anche sua madre è andata con lui.Jun è
rimasto solo a casa e,come capita sempre quando i suoi genitori sono via,mi ha
invitato a passare la notte a casa sua.Era una cosa talmente normale e scontata
che non sapevo nemmeno a cosa aggrapparmi per rifiutare.E,cosa ancora più grave
forse(e penso purtroppo il vero motivo per cui sono rimasta),non avevo nessuna
voglia di rifiutare.Anche se sapevo che stamattina sarei partita.Anche se non
sapevo come avrei giustificato questa mia decisione,cosa avrei potuto dirgli.
Adesso mi sento
terribilmente in colpa,come se questa notte gli avessi mentito.In fondo non è
quello che ho fatto?
Ho cercato di soffocare il
mio tormento buttandomi tra le sue braccia,facendogli credere che tutto andava
bene,che era tutto come al solito,quando invece tutto sta cambiando,dentro di
me.
Ho usato il suo corpo,i
suoi baci,le sue carezze,come una droga,per tenere addormentata quella vocina
che mi domandava dentro se non stessi facendo un clamoroso errore ad andarmene
via da sola anziché tentare di spiegargli come mi sentivo dentro.
Non ho chiuso occhio tutta
la notte.Lui dormiva tranquillo vicino a me e io lo guardavo,domandandomi dove
ci avrebbe portato tutto questo.Era sicuramente ignaro di quello che si stava
agitando nella mia testa…quante volte,invece,avrei desiderato che si rendesse
conto che qualcosa non andava,che io ero strana,non ero quella di sempre.Ma dei
due,ero sempre io quella a preoccuparmi,ad angosciarmi,a domandargli in
continuazione se tutto andasse bene.E così ho cominciato a sentirmi data per
scontata,come se per lui fossi una presenza immutabile che non si allontanerà
mai,che ci sarà sempre,su cui potrà contare in ogni momento.
E’ sempre stato così:c’ero
per affrontare i suoi problemi,per soffrire per le sue sofferenze e per gioire
dei suoi successi.Mi preoccupavo più di lui che di me stessa.E di me invece,chi
si prendeva cura di me?Quando stavo male,quando soffrivo,quando ero
angosciata,affrontavo tutto da sola,tenendo tutto dentro di me,perché non
volevo angustiarlo addossandogli anche i miei problemi.Ma ho sbagliato,perché
in fondo in un rapporto bisogna saper condividere tutto,ed io della mia vita
non gli ho fatto condividere niente:anche perché,a voler ben guardare,io non
avevo una mia vita,visto che esistevo solamente in funzione di lui.
Forse sto sbagliando
ancora,ma ho provato mille volte a iniziare il discorso,mi sono sforzata di
trovare le parole adatte per spiegargli come mi sentivo,ma non ci sono mai
riuscita.Alla fine sopraggiungeva sempre un problema suo,e io mi sentivo quasi
in colpa per aver pensato a me stessa trascurando le sue esigenze.Ma così non
posso più andare avanti,faccio del male a me stessa e in fondo è come se lo
stessi ingannando,perché quella che ha al suo fianco non sono io,è solo un’immagine
che mi sono costruita e che continuo a mostrare agli altri.Qualche giorno fa
Sanae mi ha telefonato:era piuttosto giù,e mi ha proposto di partire per un
viaggetto per rilassarci e riflettere un po’ sui nostri problemi.Io,lei e
Yoshiko.
Inizialmente ero
dubbiosa,mi sembrava di scappare anziché affrontare di petto la situazione,ma
poi ho capito che restando qui non risolvevo niente,perché semplicemente non
trovavo il coraggio di spezzare la catena di dubbi in cui mi trovo.E allora ho
accettato.Forse servirà a dare una scossa alla situazione,e sia io che lui ci
renderemo finalmente conto di cosa non va.Ma ancora una volta mi sono
comportata da vigliacca:non gli ho detto niente,e me ne sto andando di nascosto
come se la mia fosse veramente una fuga.Sono molto delusa da me stessa…
Gli ho scritto una
lettera,e ora la lascio sul comodino.Troverà quella al mio posto,quando si
sveglierà.Lo guardo ancora…Dio,quanto lo amo…delle volte mi sembra perfino
troppo…e mi sembra di impazzire al solo pensiero che potrei perderlo,un giorno.
Vorrei restare,e dargli il
buongiorno con un bacio,ma poi mi sentirei di nuovo peggio.Devo andare…apro la
porta,e la richiudo lentamente alle mie spalle,cercando di non fare rumore.
Per strada,ore 10.15
Sanae abbassò il
finestrino dell’auto,e lasciò che il vento le scompigliasse i capelli.Tra poco
sarebbe arrivata all’aeroporto di Narita(in realtà non ho la minima idea di
quanto ci voglia da Fujisawa a Tokyo…) dove l’aspettava Yoshiko,e poi sarebbe
andata a casa di Yayoi a prenderla.Era sicura che anche le due amiche si
sentissero tese e nervose esattamente come lei.Mille volte durante quella prima
ora di viaggio aveva avuto la tentazione di lasciar perdere tutto,e tornare
indietro,ma poi si era chiesta cosa sarebbe successo dopo.E la risposta era
stata ovvia:assolutamente niente,tutto sarebbe rimasto identico a prima.Tsubasa
ad allenarsi con Misaki e gli altri,a dedicarsi al suo amico pallone anima e
corpo,e lei a tormentarsi chiedendosi se era davvero felice così e se quello
che lui le stava dando le bastava.
“Caspita!Ho il cellulare
spento!”,si ricordò solo in quell’istante.Accostò un attimo l’auto,prese la
borsa e accese il cellulare.U messaggio sul display l’avvisava che c’erano
messaggi per lei nella segreteria telefonica.Per un secondo il cuore le balzò
in gola,temendo che fosse Tsubasa a cercarla,o magari una delle amiche che
l’avvisava di aver cambiato idea.
Il messaggio era di
Yoshiko,che l’avvisava che l’aereo che doveva prendere a Sapporo era in
ritardo,e che quindi sarebbe arrivata circa un’ora dopo l’orario previsto.Sanae
sospirò con disappunto,ma poi pensò “In fondo,non c’è nessuno che ci
aspetta,partire un’ora dopo non ci cambia nulla”,e si rilassò.Rimise l’auto in
moto e svoltò in direzione della casa di Yayoi.
Trovò l’amica ad
attenderla davanti al cancello,con una valigia in mano e il volto tirato.Gli
occhi erano cerchiati da profonde occhiaie e l’espressione decisamente
abbattuta,e anche lei dava l’impressione di non aver dormito molto quella
notte.
-Dov’è Yoshiko?Non è venuta?-,chiese
ansiosamente quando vide che Sanae era sola.
-L’aereo è in ritardo,sarà a Narita tra un’ora-,la tranquillizzò l’amica scendendo dalla macchina.
Prese il borsone di Yayoi
e lo mise nel bagagliaio,poi aprì la portiera di fianco al suo sedile,e la
ragazza si accomodò.
-Non hai un gran bell’aspetto-,le fece notare Sanae.
-Nemmeno tu-,rispose l’amica in tono incolore,tenendo lo sguardo fisso verso il basso.
-Non ho chiuso occhio stanotte-,ammise Sanae.
Yayoi annuì.-Non sei la
sola,allora-.
-Ho provato a chiamarti ieri sera,ma a casa tua non rispondeva nessuno.Dimmi la verità…-
L’amica la
interruppe.-Vuoi sapere se ho passato la notte con Jun?-.
Sanae annuì.
-Sì,sono stata a casa
sua-,ammise la ragazza un po’ imbarazzata.
Sanae rimase in silenzio
per un lungo istante.-Sei sicura di aver fatto la cosa giusta?-,le chiese dopo
aver riflettuto.
-A cosa ti riferisci?A stanotte o al nostro viaggio?-
-Veramente,a tutti e due-
Yayoi si passò
nervosamente le dita tra i capelli,poi iniziò a giocherellare con una
ciocca.-Sinceramente,non so cosa dirti.Mi sono sentita in colpa per essere
stata con lui stanotte,mi è sembrato…di averlo ingannato,ecco.Ma non ho saputo
dire di no.Penso che tu possa capirmi…-
L’amica la guardò con aria
un po’ sconsolata.-Non fino in fondo…sai che io e Tsubasa non siamo mai
arrivati a fare certe cose…-,disse un po’ imbarazzata.
La ragazza arrossì.-Non
intendevo in quel senso…ti fa stare male?-
-Cosa?-
-Che non ti abbia mai chiesto di fare l’amore con lui-
Sanae divenne rossa come
un gambero,ma la sua espressione era sempre triste.-Beh ecco…insomma,non
pensare chissà cosa di me,ma….sì,un po’ mi dispiace.Voglio dire…non è che poi
abbia per me tutta questa importanza ma…in fondo,sarebbe stato un modo per
dimostrarmi che ci tiene a me,che gli interesso….che mi ama-,disse
malinconicamente.
Yayoi annuì tutta
seria.-Non preoccuparti,non c’è niente di male.E’ una cosa perfettamente
naturale-
-Per te,forse.Per lui
purtroppo non lo è affatto-
L’amica si mise a
ridere.-Probabilmente si tratta solo di timidezza…forse avresti dovuto
spronarlo un po’ tu-
-E credi che non ci abbia provato?-,esclamò Sanae non riuscendo a trattenere un sorriso.-Cos’altro potevo fare,violentarlo?-
-E perché no?-,fece l’amica serissima.
Le due ragazze si
guardarono con espressione stupita,e poi scoppiarono in una fragorosa risata.
-Se me lo davi prima questo consiglio,forse non eravamo qui-,disse Sanae senza smettere di ridere.
-Da retta a me,non sarebbe stato quello a risolvere i tuoi problemi-,replicò Yayoi tornando seria.
-Lo so,la mia era soltanto una battuta.Comunque….senti,per quel discorso….non so,forse è l’ennesima prova che in fondo di me non gliene importa nulla…capisco la timidezza,l’imbarazzo e tutto il resto ma…-
-Vedi,per un ragazzo secondo me è più difficile che per una ragazza,perché da lui ci si aspetta che prenda l’iniziativa.Probabilmente Tsubasa non sapeva nemmeno da che parte cominciare,poverino….-,insistette l’amica.
-Ma solo per lui è un problema?Tu non hai avuto casini di questo genere-,replicò l’altra ragazza.
-Beh ecco…boh,non so cosa dirti.Per me è stata una cosa assolutamente naturale,posso dirti solamente questo.E’ successo come se fosse la cosa più ovvia e normale di questo mondo-,disse Yayoi arrossendo un po’ imbarazzata.
Sanae sospirò
profondamente.-E così deve essere per due persone che si vogliono bene,almeno
credo.Ma questo è solo una minima parte del problema.Due sere fa l’ho invitato
ad uscire…io e lui da soli.Sai cosa mi ha risposto?-
-No-,disse l’amica.
-Aveva un impegno con Misaki e gli altri.Avevano un’amichevole con la squadra di Nitta,e poi sarebbero andati tutti insieme a festeggiare.La sera prima,stessa cosa.Capisco che non vede gli amici da un sacco di tempo e che vuole stare con loro,ma non vedeva nemmeno me da un sacco di tempo.Sta tutto il santo giorno a quel dannato campo di calcio,e per me rimangono solo le briciole-,raccontò la ragazza tristemente,tormentandosi una ciocca di capelli.
-Dev’essere durissimo per te-,commentò tristemente Yayoi.
-Mi sento…una nullità capisci?Come se non contassi niente.Tante belle parole e poi….poi,alla prova dei fatti,il calcio è sempre davanti a me.Mi sentirei quasi meglio se il mio rivale fosse un’altra ragazza….almeno saprei come comportarmi.Ma come diavolo faccio contro la passione della sua vita?-,sbottò.
-Hai provato a parlargli?-
-E credi che non l’abbia fatto?Ma poi lui si scusa,mi dice che tiene a me,che mi ama,e che sono l’unica ragazza della sua vita.E che non devo sentirmi trascurata dal calcio,perché so quanto conta per lui,ma siamo due cose distinte.Ed entrambe importanti allo stesso modo,da quello che dice.Ma dai fatti non si direbbe proprio-,rispose Sanae.
L’amica sospirò.-Come
credi che reagirà quando saprà che te ne sei andata?Gli hai lasciato una
lettera?-
Sanae scosse il
capo.-No,non sapevo cosa scrivergli,e ho preferito non fare nulla.Quando,e se
mi cercherà,i miei genitori gli diranno che sono partita-.
Yayoi la guardò
meravigliata.-Non gli hai lasciato nemmeno due righe?-
-No,te l’ho detto.Tu invece?-
La ragazza tirò un respiro
profondo.-Gli ho scritto una lettera.Ho detto che mi sento in crisi,che non so
più chi sono.Che ho bisogno di starmene un po’ da sola a riflettere,e che mi
sarei fatta viva io.Sanae,mi sento una vigliacca-
L’amica la guardò intensamente.-Davvero?-
-Sì-,mormorò Yayoi con un filo di voce.-So di aver tentato di parlargli dei miei problemi,senza però trovare mai il coraggio di andare fino in fondo.Mi sono chiusa in me stessa,ho indossato una maschera fingendo che andasse tutto bene.In questi ultimi tempi non ho fatto altro che fingere,e mentire.E anche stanotte….anche stanotte l’ho ingannato,e poi sono sgattaiolata via come una ladra.Mi vergogno tantissimo-,disse scoppiando in lacrime.
Sanae le accarezzò
lievemente i capelli.-Su,non fare così.Avevamo bisogno di andare via a
riflettere.Ma comunque…se ti sei pentita,puoi anche tornare indietro-.
L’amica sollevò la
testa.-No.Continuerei a ingannarlo,e non voglio.Stanotte non dovevo rimanere
lì,è stato l’ultimo atto di una farsa assurda-.
-E’ inutile piangere sul
latte versato,Yayoi.Se sei rimasta,vuol dire che lo desideravi-.
La ragazza annuì,senza
riuscire a frenare le lacrime.-E questo dimostra che sono una
vigliacca-,insistette.
-No,questo dimostra soltanto che lo ami-,cercò di tranquillizzarla Sanae.
-No,io sono una vigliacca e un’egoista.E forse mi manderà al diavolo quando tornerò a casa.Ma non posso tornare indietro,non posso….-,mormorò con voce rotta dai singhiozzi.
Sanae la lasciò
sfogare,limitandosi ad accarezzarle dolcemente la testa.Anche lei si sentiva il
cuore stretto in una morsa di angoscia e profonda tristezza.
-Chissà cosa sta facendo lui in questo momento….-,non poté trattenersi dal pensare.
Cosa accadrà alle nostre amiche?Torneranno a casa o proseguiranno con il loro viaggio?E,in fondo,cosa stanno cercando veramente?E come reagiranno Tsubasa,Hikaru e Jun quando scopriranno cos’è accaduto?
L’appuntamento è al secondo capitolo di “ON THE ROAD”! J