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Autore: Alley    01/05/2015    4 recensioni
“Tranquillo, Tony ha già detto che pretende di assistere in diretta alla prima ninna nanna.
“Ninna nanna?" ripete, e non sa se sbuffare o scoppiare a ridere "Ho sempre pensato che non capisca la differenza tra Hulk e un bambino un po’ troppo vivace.”

[Brutasha] [pre Age of Ultron] [ad Eleonora, per ringraziarla dell'ispirazione e della splendida persona che è]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“È pericoloso.”
 
“Se avessi voluto una vita tranquilla avrei fatto la segretaria.”
 
“Non se ne parla.”
 
Natasha si sporge verso il bancone del laboratorio e poggia la tazza vacante accanto a quella che Bruce non ha ancora toccato – la conversazione gli ha tolto la voglia di bere, anche se, forse, il tè lo aiuterebbe a smaltire l’agitazione che sente dimenarglisi nel petto.
 
“Credi che non gli piaccia abbastanza?”
 
A ben pensarci, nemmeno i poteri taumaturgici del tè servirebbero.
 
“Non scherzare” la ammonisce, duro, e un volto dai lineamenti gentili emerge dal fondo della sua memoria e gli si staglia davanti, meraviglioso e crudele “Non voglio che tu lo faccia.” La bocca che non potrà mai più baciare si piega in un sorriso così bello da far male – era la cosa che più amava di Betty, il suo sorriso, sembrava capace di illuminare il mondo intero. “Ho già fatto del male a troppe delle persone a cui tengo.”
 
Bruce sbatte le palpebre e, quando riapre gli occhi, l’unico viso che vede è quello di Natasha. 
 
Vorrebbe che mandar via il senso di colpa fosse altrettanto facile.

Natasha emette un mezzo sospiro e Bruce si prepara all’ennesima filippica su quanto sia sbagliato addossarsi responsabilità che non gli appartengono – non sei stato tu, è stato L’Altro. Un ritornello a cui crede meno ogni volta che gli viene rifilato, perché sono sue le mani che spaccano demoliscono uccidono, sue le mani che hanno---
 
A dispetto delle aspettative, non arriva un rimprovero né alcuna parola scontata; Natasha gli si avvicina, gli prende le mani e le racchiude tra le proprie, troppo piccole per avvolgerle completamente. Sono così delicate, le sue mani; non le diresti mai capaci di togliere la vita. Non sembrano fatte per qualcosa di diverso dalle carezze.
 
“Tu l’hai fatto con me.”
 
*
 
Barton si fa spazio tra i mucchi di detriti accumulati davanti all’ingresso diroccato con un braccio avvolto attorno alle spalle di una ragazza piccola e sottile. 
 
“Era l’ultima.”
 
Da quando hanno cominciato a girare l’Europa con lo scopo di smantellare la rete nascosta mediante cui l’Hydra si dirama per l’intero continente, hanno stanato più di un covo come quello appena sgominato.

Il tempo è trascorso, ma i metodi dell’Hydra non sono cambiati; ragazze senza identità e senza nessuno al mondo vengono raccolte dalla strada e trasformate in armi, forgiate dal fuoco di addestramenti spietati e manipolazioni che avvelenano le loro menti.

Macchine da combattimento svuotate della loro umanità.  
 
“Bene, il momento shawarma è arrivato” annuncia Tony sfilandosi il casco, poi aggrotta la fronte “Vendono shawarma a Riga?”
 
Bruce si guarda intorno, setacciando i volti che lo circondano, e Barton dà voce alla domanda che lui stesso stava per porre. “Dov’è Natasha?”
 
*
 
Natasha si fa strada lungo il corridoio deserto, dando un’occhiata all’interno delle stanze che si susseguono per assicurarsi che non ci siano più ragazze da portare fuori.
 
Cerca di non pensare al fatto che la storia che ha letto negli occhi di ciascuna di loro sia la sua, che lo sguardo senz’anima di ognuna è lo stesso che lo specchio le restituiva in quei giorni lontani fatti di sangue e neve – lo stesso che le restituisce tutt’oggi.
 
È allora che lo sente. Un rumore di passi leggero, ma non abbastanza da sfuggire all’udito della Vedova Nera.

Natasha lo segue fino ad individuarne la fonte.

Il passato le piomba addosso travolgendola come una valanga.
 
*
 
Bruce rincorre la scia delle grida, la insegue fino a quando non le sente diventare tanto vicine da capire d’aver raggiunto il punto da cui provengono.
 
Si precipita nella stanza e la prima cosa che vede è il corpo di una ragazza riverso sul pavimento, gli occhi senza vita che fissano il soffitto senza vederlo e una rosa di sangue che sboccia al centro del petto immobile, privo di respiro.
 
Nel frattempo, l’uomo ha smesso di gridare.
 
*
 
Natasha colpisce
 
(ogni volta che glielo ordinano)
 
fino a quando il volto dell’uomo non diventa una maschera di sangue e
 
(vorrebbe fermarsi perché detesta uccidere, detesta quello che sta diventando, quello che la stanno facendo diventare)
 
non accenna a fermarsi, non sa come si faccia, le hanno insegnato a infierire ammazzare ubbidire e quando prova a dire di no
 
(la chiudono in una stanza e la lasciano sola al buio per giorni)
 
il suo corpo la ignora e continua a colpire ancora e ancora e ancora perché
 
(la costringono a farlo)
 
vuole farlo, deve farlo, colpire è l’unico modo per
 
(dimostrare che è abbastanza forte)
 
portare a termine la missione e—
 
“Natasha.”
 
Natasha continua imperterrita, una furia cieca nei pugni e nello sguardo.  
 
“Natasha, basta.”
 
Bruce si frappone tra lei e l’uomo, che è franato a terra. Le prende le mani e le racchiude tra le proprie, così grandi da riuscire ad avvolgerle fino a farle scomparire completamente. Sono così delicate, le sue mani; non le diresti mai capaci di distruggere. Non sembrano fatte per qualcosa di diverso dalle carezze.
 
“Va tutto bene” le sussurra, tracciando piccoli cerchi lungo i dorsi macchiati di sangue, e i ricordi sbiadiscono e si dissolvono al suono della sua voce “Va tutto bene.”
 
Il passato torna ad annidarsi nell’angolo di cuore da cui non riuscirà mai a scacciarlo.
 
*
 
Dalla tazza che Bruce le porge si alzano spire di vapore e un aroma invitante. 
 
“Lo prendo per calmarmi.”
 
“E funziona?”
 
“Spesso.”
 
Natasha alza lo sguardo su di lui e solleva un sopracciglio.
 
“Qualche volta” rettifica Bruce, e lei afferra la tazza con un sorriso. “Ma è piacevole prenderlo in compagnia, anche se non è una soluzione.”
 
“Suppongo che non esista una soluzione.”
 
“Se esiste, non l’ho ancora trovata.”
 
Bruce prende posto accanto a lei e si porta la tazza alle labbra. Natasha si limita a fissare la propria come se potesse trovare sul fondo una risposta a tutte le domande che le attraversano la mente.
 
“Le ragazze sono state portate in un centro riabilitativo. Staranno bene.”
 
Comincia a bere, ingoiando insieme al tè le obiezioni che l’affermazione le suscita. Non puoi stare bene dopo aver vissuto quello; certe esperienze sono un marchio impossibile da rimuovere.  
 
“E lui?”
 
Meritava di morire, lo meritava più di tanti altri che ha ammazzato senza pietà nè rimorsi. È da quel giorno che se lo ripete, ma non serve a nulla. Non è lui, il punto, il punto non è mai stato il bersaglio assegnatole; il punto è quello che accadeva a lei dopo averlo colpito.
 
“È morto?”
 
Bruce la fissa per un lungo attimo prima di parlare. “No.”
 
Natasha abbassa lo sguardo. In fondo, ha superato il limite da troppo tempo perché la cosa faccia differenza.
 
“Lui è ancora vivo e lei è morta. Immagino sia retorico dire che è maledettamente ingiusto” dice, una tristezza amara a incrinarle la voce.
 
“Non è retorico” Negli occhi di Bruce c'è così tanta comprensione che, per la prima volta nell’arco di un’intera vita, si sente capita davvero. “È vero.”
 
“È stato lui ad ucciderla?”
 
Bruce annuisce, dandole una conferma di cui non aveva davvero bisogno. “Ha confessato durante l’interrogatorio, ma non ha detto il perché.”
 
È qualcosa che Natasha si porta dentro da troppo tempo perchè ci sia bisogno di un'ammissione a rivelarglielo. “Non era abbastanza forte.”
 
 
*
 
“Tu non sei Hulk.”
 
“Pensi che non sarei stata capace di ridurti in poltiglia quel giorno?”
 
Bruce si prende qualche istante per contemplare le loro dita intrecciate. Si chiede come sarebbe se le cose fossero diverse, se loro non fossero le persone che sono. Porsi domande destinate a restare irrisolte è un supplizio a cui non smetterà mai di sottoporsi.
 
“Natasha, dico sul serio—“
 
“Bruce” lo interrompe, e Bruce s’incanta a seguire la curva che tracciano le sue labbra nel disegnare il suo nome “anch’io dico sul serio. So quello che faccio. Userò una sorta di…codice. Gesti e parole prestabiliti. Hulk sarà in grado di capire. Tu sarai in grado di capire” la presa delle sue mani aumenta, a infondergli fiducia e coraggio “Può funzionare. Funzionerà. Permettimi di provare.”
 
Bruce sospira e storce la bocca, combattuto. La verità è che lo vuole. Vuole concedersi un’opportunità, malgrado ritenga di non meritarla.
 
“Solo se ci saranno gli altri pronti ad intervenire.”
 
Vuole provare a credere che ci sia qualcosa di meglio di una gabbia di dolore e rimpianto nel suo futuro.
 
“Tranquillo, Tony ha già detto che pretende di assistere in diretta alla prima ninna nanna.”
 
“Ninna nanna?" ripete, e non sa se sbuffare o scoppiare a ridere "Ho sempre pensato che non capisca la differenza tra Hulk e un bambino un po’ troppo vivace.”
 
Natasha ride, ed è il suono più bello che Bruce abbia mai ascoltato – bello come la risata di Betty, che non smetterà mai di riecheggiare nei suoi ricordi.
 
“Grazie.”
 
“Aspetta a ringraziarmi.”
 
“Non per questo. Per quel giorno.”
 
Questa volta è lui a stringerle più forte le mani. 























Note
La storia è sfacciatamente ispirata all'ultimo aggiornamento di Start again di Lady Atena, una raccolta meravigliosa che vi ordino di leggere consiglio caldamente. Visto che sono stata io a trascinarla nel tunnel della Brutasha le dedico questa one shot, nella speranza che possa ricambiare almeno in parte la gentilezza e la premura che lei ha sempre dimostrato nei miei riguardi.
Grazie a tutti coloro che hanno avuto l'ardire di arrivare fin qui, spero che la lettura sia stata piacevole!
  
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