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Autore: Phedwa    02/05/2015    5 recensioni
"[...] Mentre fisso quel cerchio perfetto di luce stampato sul parquet, tra le mie mani rigiro nervosamente alcuni petali di giglio che sfumano da un bianco puro a un giallo pastello. Sposto il mio sguardo su quelle creature dolci ormai bagnate dalle mie lacrime salate contemplando silenziosamente la loro fragilità. Già, la loro fragilità..."
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Per scrivere questa breve storia (se così possiamo definirla breve) ho preso ispirazione dall’ultimo MV dei Bangtan (I NEED U) affidandomi di conseguenza a un’interpretazione sulla quale Jin è, come dire, depresso per la morte degli altri sei. Il giglio, di cui egli ne tiene solo i suoi petali, è il tipico fiore che viene mostrato ad un funerale.
Per un tema così forte e delicato mi scuso già adesso se potrebbe risultare” banale”, ma abbiate pietà, devo ancora migliorare la mia scrittura~
Buona lettura!

 
 
Rimango seduto ed immobile sul bordo del letto a fissare un piccolo spiraglio di luce creato da un raggio di sole che cerca timidamente di farsi strada tra le persiane della finestra. La mia stanza, all'apparenza vuota, sembra affollata di parole e pensieri di ogni genere che escono ed entrano nella mia mente, escono ed entrano... Mentre fisso quel cerchio perfetto di luce stampato sul parquet, tra le mie mani rigiro nervosamente alcuni petali di giglio che sfumano da un bianco puro a un giallo pastello. Sposto il mio sguardo su quelle creature dolci ormai bagnate dalle mie lacrime salate contemplando silenziosamente la loro fragilità. Già, la loro fragilità... Stringo lentamente quello che per me aveva dato un senso alla mia vita e che ora tutto quel senso non appartiene più alla mia esistenza. Prendo ad accarezzarle con un sorriso fatto della stessa consistenza di un foglio di carta lasciato per strada sotto una persistente pioggia di autunno. Sospiro. Ogni sospiro che emano lo sento più pesante, sembra quasi che trasporti con sé una nuova ondata di rimorsi e altri pensieri nuovi. Appoggio con cautela cinque petali sulle mie cosce come se avessi a che fare con un qualcosa di estremamente fragile e ne lascio uno dondolare sul palmo della mia mano. E' il petalo più piccolo fra tutti. Sorrido di nuovo perché mi ricorda vagamente il mio piccolo amico, Jungkook. Benché egli raggiungesse quasi la mia altezza, è piuttosto paradossale definirlo piccolo. Amplio il mio sorriso. Beh, ovviamente non mi riferisco alla sua statura ma al suo modo di essere che aveva ideato senza che nessuno lo venisse a sapere. E questo lo scoprì a mie spese e molto tardi. Anzi, troppo tardi... In tutti questi anni dentro di sé aveva coltivato un mondo così stretto da farlo sentire piccolo e soffocato. Ecco perché di notte usciva spesso di casa. Era convinto che il mondo reale potesse in qualche modo regalare un po' della sua immensa grandezza al suo, quello interiore. Anche se in realtà quello che otteneva da quelle passeggiate notturne erano solo lividi che contornavano il suo viso.

"Hyung non ho niente, sono solo caduto..."

Solo che l'ultima passeggiata notturna non gli costò solo qualche livido. Ma la sua vita.
Se solo... se solo quel giorno fosse rimasto a casa, maledizione! Penso piegando il capo verso il mio petto stringendo i miei denti e i miei occhi cercando invano di fermare le lacrime che non percepisco quasi più da quante volte sono cadute in questi giorni. E' colpa mia infondo, sono io che non ho avuto il coraggio di aprire il cancello socchiuso che divideva il mondo da questo...
Afferro un altro petalo dai colori leggermente più vivaci. Un altro che si parava costantemente dietro a delle illusioni concrete, Hoseok. Ogni volta si presentava con una tonalità del viso sempre più pallida e due occhi talmente rossi che le sue iridi parevano affogare in un mare di sangue. Inizialmente era pieno di energie e devo dire anche molto sorridente ma piano piano le cose si rivoltarono da un verso all'altro. Giorno dopo giorno diventava sempre più debole e i suoi movimenti spenti e calmi, quasi non si reggeva in piedi da solo e ricorreva molto al nostro aiuto anche solo per imboccargli una porzione di kimchi dato che non riusciva ad afferrare le bacchette. Mi preoccupai ovvio, ma ogni qual volta che gli chiesi cosa avesse, lui si garantiva una specie di protezione dalla vera verità con una qualche scusa.

"Hyung sto... bene, sono solo... un po' stanco..."

Altre stronzate. E io questo lo sapevo benissimo.
Se lo sapevi perché non hai fatto niente per aiutarlo?
Una fitta mi stringe il cuore e un’insopportabile vocina m’incolpa di un reato inesistente. Perché è quello che facevo ultimamente, riversarmi tutte le colpe.
Prendo il terzo petalo che è più bianco che giallo. Questo è sicuramente Yoongi, quel testardo di uno! Sapete, prima che decise di porre fine alla sua breve vita, io e lui non viaggiavamo in acque pacifiche. Aveva da poco perso il lavoro e la cosa mi puzzava. Era un dipendente bravo e attento ai dettagli e il capo non se ne tornava a casa se prima non lo riempiva di complimenti. Un giorno, per caso, lo vidi dirigersi verso un motel e da lì scoprì che quella era diventata la sua destinazione fissa nonché il motivo del licenziamento. Trascorreva quasi tutte le notti in quel dannato edificio facendo tardi il mattino seguente alla sua postazione di lavoro. Gli dissi quindi che ero venuto a conoscenza di tutto e che forse era meglio se abbandonava quella che era diventata la sua prioritaria abitudine.  Lui perse il controllo e si sfogò contro di me.

"HYUNG FATTI I CAZZI TUOI, DIO SANTO!"

Da quel momento non proferimmo più parola. E il bello è che adesso non possiamo più fare... pace... Altre lacrime decidono di solcare quella strada perpetua fra le mie guancie e le asciugo con il dorso della mia mano che riprende a tremare.
Poi c'è il quarto petalo che sembra il più resistente e il più forte di tutti gli altri cinque. In realtà non è per niente così, vero Jimin? Era forse l'unico che non prestava attenzione a quello che gli dicevo perché intento a raccogliere ed elaborare pensieri per poi tradurli su un foglio che spediva non so dove. Mi ricordo anche di quando ogni settimana aveva una lettera diversa infilata nella tasca posteriore dei suoi jeans e di quando approfittava della noia per rileggerli. Ora come ora non so descrivervi la felicità immensa che aveva quando li leggeva e li rileggeva. Dopo l'undicesima volta che lo vidi immerso in carta e penna, curioso com’ero, gli chiesi a chi fossero destinate quelle lettere.

"Ah hyung, te lo dirò un'altra volta, ok?"

Ma ovviamente quella volta non arrivò mai. La tredicesima lettera che trasportava nella tasca era decisamente diversa dalle altre, dipinta di un giallo ocra che infondeva un senso di serietà e tristezza sul suo volto. Distolgo lo sguardo dai petali e sposto l'attenzione verso un piccolo bocciettino posto sopra la mia scrivania. Eccola là, la tredicesima lettera. Voglio dire, quello che ne rimane della tredicesima lettera. Cenere.
Riprendo quello che stavo facendo ed estraggo il penultimo petalo. Questo è molto ruvido al tatto e allo stesso tempo liscio. Non riesco a spiegarmi come sia possibile. Fatto sta che mi ricorda la doppia personalità che aveva dato vita e carattere a quella persona, Taehyung. Fui invitato un giorno a casa sua poiché mi propose di venire a bere qualcosa con lui. Così accettai. Abitava in un quartiere malfamato e piuttosto povero ma la cosa non m’impressionava più di tanto dato che in precedenza mi aveva raccontato della sua triste esperienza legata alla sua famiglia. E nonostante tutto riusciva a sorridere in qualsiasi situazione cercando di nascondere le ferite che il passato gli aveva lentamente procurato. Che tipo che era! Ricordo che la sua dimora era tappezzata di foto. Anche questa volta chiesi chi fosse quella persona e lui, dopo la seconda bottiglia di whisky, mi rispose che era la ragione ma soprattutto la rovina della sua vita. E, infatti, l'ultima opzione fu quella che prevalse dall'altra.

"Hyung se vuoi puoi rimanere a dormire..."

E indovinate invece, me ne andai dicendo che avevo delle faccende da sbrigare. Se fossi rimasto, forse tutto quel casino non avrebbe avuto modo di succedere...  Altri sensi di colpa s’infiltrano e si stabiliscono nella mia mente, Dio che fastidio!
Ecco l'ultimo petalo. Lo avvicino al mio naso e annuso il suo odore. Profuma ancora ma l'odore è molto fievole e quasi impercettibile. Quella creatura, anch'essa fragile, emana un dolce profumo che pareva nascondere l'odore vero del giglio. Un po' come Namjoon che cercava di celare il fatto che fumasse roba pesante con caramelle e dolci vari. Che stupido. Quella volta l'avevo visto gettare il chupa chupa a terra in un distributore di benzina dove egli lavorava part-time poiché doveva pagare le spese medicinali di sua madre, riprendendo in seguito a fumarsi una sigaretta; molto probabilmente la ventesima del giorno. E' da lì che seppi di questo suo vizio chiedendomi da quanto tempo andava avanti così in questo modo. Ma non fu tanto la preoccupazione del fumo quanto il fatto che fumasse in un posto così pericoloso, così vicino a liquidi altamente infiammabili.

"Hyung non ti preoccupare!"

Ma niente, neanche lui mi diede ascolto.
Nessuno mi ha dato ascolto, nessuno! Sono forse invisibile? O forse è perché la mia vita non è così problematica e triste come la loro e quindi di conseguenza non potevo... davvero capirli. Non riesco a capacitarmi del fatto che i miei amici in tutto questo tempo mi avessero riempito di bugie e scuse per mascherare quello che definisco l'inferno interiore. No, il vero inferno è quello che sentirò presto io. Sospiro, ancora, dando una fugace occhiata alla tasca destra dei miei pantaloni.
Mi accorgo che lo spiraglio di luce si è spostato di qualche centimetro più a destra, risultando quella sagoma di cerchio perfettamente davanti a me. Molto probabilmente è passata qualche ora... Decido di alzarmi tenendo con entrambe le mani i petali sempre con l'estrema cauzione, mi chino davanti a quella piccola luce e li poggio gentilmente proprio al centro di quello che sembra essere un piccolo palcoscenico illuminato da riflettori. Sfilo l'accendino dalla tasca dei miei pantaloncini e appicco un fuocherello sopra i petali. Mi rialzo e torno a sedermi fissando quella fiamma che sapevo sarebbe diventata sempre più imponente e più accesa, inghiottendo forse anche me. Comincio a piangere più forte di prima incollandomi con la schiena contro la finestra, stringendo le mie gambe e affondando il mio viso tra le ginocchia. Davvero Dio, questa è la mia punizione? Uccidermi lentamente coprendo il mio cuore con uno strato di sensi di colpa, come se non volessi far passare nessun'altra emozione? A parte la rabbia e la tristezza…

Beh ma non ti preoccupare perché io sto bene.

Sorrido aspramente tra le lacrime: adesso è arrivato il mio turno di oscurare il mio stato d'animo, eh? La stanza si fa sempre più calda e il fumo mi fa lacrimare di più gli occhi provocando tosse in contemporanea con i miei pianti. Ma Dio, sai benissimo che non posso avvinghiarmi a questa  vita che hai deciso di costruire per me perché, come fossi uno stelo, non valgo niente senza i miei petali.
   
 
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