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Autore: whitemushroom    03/05/2015    6 recensioni
[...] suo fratello non glielo vuole dire, ma lui ha capito che se sono tutti e due in quel brutto posto è solo per colpa del suo occhio malvagio. Si era addormentato felice, le immagini degli alberi e delle case che scorrevano sotto i suoi occhi e Gilbert in mezzo a loro, le braccia aperte come un magnifico corvo nero in grado di spiccare il volo fino al cielo.
Ho scritto su Elliot, ho scritto su Leo, ho scritto su Jack e quindi sembrava brutto non lasciare due righe sui due teneri fratellini. Il problema è che vorrei scrivere di tutti, ma il tempo e lo spazio non sono a mio favore.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gilbert Nightray, Vincent Nightray
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Broken Clock'
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His Lucky Charm

“Dai mamma, posso? Non lo tocco, promesso!”
La signora ha in mano un cartoccio pieno di castagne calde. Fumano ancora, gli piacerebbe tanto assaggiarne una. Solo una.
La bambina sorride al tacito assenso della donna e si ferma davanti alla sua gabbia, guardandogli l’occhio. Lui si lascia ammirare: anche perché se non lo fa sono bastonate. Lei apre il borsello e gli porge un nastrino: rosa, elegante, con un bel campanellino attaccato al centro. Le sue dita rimangono dall’altra parte, fisse sulle sue come se si trattasse di un gioco. “Mi raccomando, attaccagli taaaaaaaaaaanta sfortuna! Isabel ha detto alla maestra che sono stata io a spingerla, ma non è vero! E gliela farò pagare a quella bugiarda!”
La verità è che vorrebbe tanto una di quelle castagne. Qualche volta succede, la gente non è sempre cattiva. Basterebbe solo la buccia, almeno per sentire per qualche minuto quel profumino sui suoi vestiti. Ma deve averla guardata troppo a lungo, perché la signora prende la bambina di scatto e la allontana da lui, gli urla qualcosa ed il profumo se ne va.
Se lo dice al direttore stasera andrà a dormire senza cena.
Non deve fissare la gente, ma stavolta non è colpa sua. Voleva solo una castagna calda.
La donna-lucertola, quella nella gabbia grande, gli ha detto che non fa troppo male. Lei lo ha fatto perché le bruciava, le era entrato un insetto dentro e non sapeva cosa fare, ma la donna-lucertola è tutta matta e Gil gli ha detto di non starla a sentire. Serve un cucchiaio, perché con le dita è difficile.
Ci vuole un po’ di coraggio, è ovvio, ma Gil gli ripete sempre che è molto coraggioso e ce la può fare.
Senza quell’occhio rosso le cose andranno meglio, non porterà più sfortuna. La mamma tornerà a prenderli e Gil non sarà costretto a pulire le gabbie del circo tutti i giorni. Se la signora delle castagne non si lamenterà con il direttore stasera arriveranno il brodo ed il cucchiaio. Deve essere bello non essere più sfortunati.
“Ehi, hai fatto colpo?”
Gil cammina sotto un carico di secchi dall’acqua color verdastro. Deve appena aver pulito la stalla del padrone, perché quella cosa marrone che puzza sulle sue scarpe sembra proprio la robaccia di un cavallo. Solo seguendo i suoi occhi si accorge di avere ancora il nastrino rosa in mano, un’estremità che pende fuori dalle sbarre ed in campanellino per terra. “Ma guardati, io sgobbo tutto il giorno e tu te ne stai qui a farti guardare dalle ragazze! Ti sembra giusto?”
“Gil, io …”
“Sto scherzando, scemo …”
Le braccia di Gil sono bellissime. Vi si tufferebbe tutto intero, come faceva sempre prima di essere rinchiuso lì dentro; ci si può affondare dentro, la testa entra benissimo nella sua spalla. Ora però non riesce ad entrarci, le sbarre della gabbia lo fermano ed il suo petto stringe solo il metallo, per quanto cerchi di spingersi c’è un muro di freddo tra lui e suo fratello che non se ne vuole andare. Gil fa scivolare il braccio sinistro nella sua prigione, e si ritrova con una mano che raccoglie delle lacrime che non capisce da dove vengano. L’occhio rosso non piange mai. “Non piangere, Vince. Sei molto più forte di così!”
Un oggetto piccolo e rotondo passa tra le loro dita. È tutto blu ed ha delle belle strisce bianche; ha quasi paura che il suono dell’incarto arrivi oltre il silenzio di quel posto, ma la caramella che esce e rimane sul suo palmo è un tesoro più buono di qualsiasi castagna. È un po’ appiccicosa e vecchia, ma così ne rimarrà un po’ sulle mani da leccare domani. Ha paura di chiedere a Gil come se la sia procurata, ma non può deludere il suo sguardo soddisfatto e la mette subito in bocca. “Non temere, le cose cambieranno! Vedrai, un giorno saremo ricchissimi, tu ed io! Diventeremo forti come dei Baskerville e le ragazze faranno la fila per ballare con noi, garantito!”
“Gil …”
Sono così belle quelle parole. Gli piacciono, gli sembrano calde come le carezze che adesso passano da una guancia all’altra; se chiude gli occhi riesce quasi a vedersi ed a vederlo, alti e forti come due principi davanti ad un banchetto pieno di torte e caramelle e con dei vestiti bellissimi, più belli di quelli di tutti i signori che passano davanti alla sua gabbia ogni giorno. Può permettersi per qualche istante di crederci, perché suo fratello lo sta guardando.
Ma solo per qualche istante.
È una bellissima tortura, una di quelle che ti lacerano dall’interno ma ti lasciano col sorriso sulle labbra. È il sapore che senza dubbio quella caramella gli lascerà, perché implorerà un sorso d’acqua che non potrà arrivare prima del tramonto, un dolce implacabile. Perché lo ha visto.
Gilbert credeva che dormisse, ieri sera; ha controllato perfino per qualche istante, ed ancora non sa perché ha chiuso le palpebre davanti a suo fratello fingendosi profondamente addormentato. Lo ha visto lanciare del cibo ai cani di guardia per distrarli, salire sulle casse e oltrepassare con un salto la recinzione.
Libero.
Ieri sera non ha avuto il coraggio di gridargli nulla. È rimasto immobile a fissarlo, ad immaginare i suoi passi correre a più non posso lontano da lì sul selciato, poi sulla strada, poi sempre più distante fino alla campagna. Ed era giusto così, perché ha rovinato fin troppo la vita di Gil; suo fratello non glielo vuole dire, ma lui ha capito che se sono tutti e due in quel brutto posto è solo per colpa del suo occhio malvagio. Si era addormentato felice, le immagini degli alberi e delle case che scorrevano sotto i suoi occhi e Gilbert in mezzo a loro, le braccia aperte come un magnifico corvo nero in grado di spiccare il volo fino al cielo.
Eppure quella mattina si era svegliato con la mano di Gil nella sua, proprio come tutte le mattine.
Non ha avuto la forza di chiedere. Ha paura di conoscere la risposta. Di sentirsi dire per quale motivo il suo fratellone non ha spiegato le ali.
“E ho un’altra sorpresina!”
L’oggetto tintinna contro le sbarre. Compare per un istante sotto i suoi occhi e poi scivola di nuovo nella manica. “Il direttore ha dimenticato le chiavi nella sacca del cavallo. Io mi sono limitato a ripulire tutto come mi ha ordinato!” sorride e gli porta un dito sulle labbra. “Stasera ce la filiamo, solo tu ed io! Con un pizzico di fortuna domani mattina saremo liberi”.
“Allora forse non dovrei venire …”
“Smettila di dire queste idiozie! La gente che lo pensa è tutta scema, non è vero che porti sfortuna!”
E la tortura ricomincia. Calda e dolce, piena di misericordia. Vorrebbe non vedere, non sentire, non rendersi conto che la catena che lega quel bellissimo rapace è la sua stessa esistenza. Vorrebbe essere stupido e non capire perché quelle parole gli fanno così male. “Anzi, qui occorre prendere delle precauzioni …”
La mano destra gli atterra sulla testa ed inizia a strofinarla. Più che una carezza gli sembra che Gil gli stia staccando la pelle, ma lo lascia fare finché i suoi capelli si sono trasformati in un cespuglio informe che gli impedisce di vedere del tutto il sorriso di suo fratello. Ma c’è, lo sente, perché non ha bisogno di nessuno dei suoi occhi per sapere cosa succede in quel cuore grande, grande, bello e forte che può volare persino con un mostro come lui avvinghiato al petto. È un dolore così bello che non può fare altro che abbandonarcisi. “Tu sei il mio portafortuna, Vince. E qualunque cosa accada, io non ti lascerò mai”.
  
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