Una
poltrona per due
La
poltrona di pelle marrone culla i tuoi
pensieri mentre fissi la città dalla vetrata dello studio
alle due di notte.
La
settimana precedente era Castle quello
che non riusciva a riposare serenamente e da quello che avete scoperto
insieme,
ne aveva tutti i motivi.
Ma
quando ti sei alzata dal letto, un’ora
prima, sembrava tranquillo.
Tu
no. Non sei realmente agitata o
preoccupata.
Solo
invasa dai pensieri.
Certe
volte ti sembra che il tuo cervello
non riesca mai a smettere di girare vorticosamente.
Rick
è l’unico che riesce a placarlo
solitamente. Lui sa infonderti calma e sicurezza.
Qualunque
sia il problema che ti angustia
lui ti sorride e insieme a te sistema ogni cosa.
Vorresti
essere più sciolta. Vivere alla
giornata. Ma sei fatta così.
Se
ti succede una cosa oggi, pensi
immediatamente alle ripercussioni che avrà su di te tra un
anno.
Ci
pensi e ci ripensi, perdendo il sonno.
Ti
rannicchi stringendo al petto il libro
che stai studiando per l’esame da Capitano.
“Tutto
bene?”, ti volti nell’udire la voce
di Castle alle tue spalle.
Ha
una mano appoggiata sulla sommità dello
schienale e l’altra tesa verso di te.
La
afferri e ti alzi, lasciando che sia
lui ad occupare la poltrona mentre tu ti siedi sulle sue gambe e la tua
testa trova
posto sulla sua spalla “Ora va meglio”.
“Sei
preoccupata per l’esame?”, ti domanda
toccando il libro che ancora hai tra le mani.
“No,
manca ancora molto”, rispondi.
Restate
così. Senza aggiungere altro.
Poi
domandi “Tu perché non dormi?”.
“Pensieri…”,
ti dice, lasciandosi sfuggire
un piccolo sospiro.
Sollevi
un istante la testa per guardarlo
in volto.
Ti
sorride lievemente.
Tu
ricambi e ritorni nell’incavo del suo
collo.
“Anche
io”, sussurri immobile, respirando
l’odore della sua pelle.
“Ma
non riguardano l’esame”, afferma
Castle, riprendendo le tue parole.
“No.
Non sull’esame in sé. Sul diventare Capitano
in generale”, ammetti per la prima volta.
Lui
ti toglie il libro dalle mani e lo
appoggia in terra “Mi sembravi decisa”, commenta
iniziando ad accarezzarti i
capelli.
“Lo
ero. Lo sono”, rispondi “Non lo
so…”.
“Cosa
pensi?”, domanda dopo averti dato un
leggero bacio sulla testa.
“Ai
pro e ai contro. Non faccio altro”,
spieghi “Non sono più così convinta che
sia una buona idea”.
Passano
altri attimi di silenzio in cui
senti solo le sue dita farsi largo tra i tuoi capelli rilassando ogni
tua
cellula cerebrale, prima che lui ti chieda
“Perché?”.
Bella
domanda. È quello che stai cercando
di capire, sbrogliando i tuoi pensieri.
“Non
lo so spiegare”, prendi un respiro e
cerchi di confidarti, cosa che per te resta ancora molto difficile da
fare
anche se Castle te lo rende ogni giorno più facile.
“Sento
di volere un avanzamento di
carriera. Non credo di essere presuntuosa a pensare di
meritarlo”.
“Non
lo sei affatto”, conferma lui
“Però?”, ti domanda sapendo bene che ci
deve essere dell’altro.
“Sarebbe
un lavoro quasi completamente
d’ufficio. Dovrei sottostare ai pezzi grossi
del One Police Plaza come
fa la Gates e mi conosci… non mi sta bene. Io devo fare
quello che è giusto e
non quello che mi dicono di fare. Non so scendere a compromessi quando
si
tratta di mettere un assassino dietro le sbarre e dare giustizia alla
famiglia
delle vittime”, spieghi tutto d’un fiato.
Castle
ascolta in silenzio. Ti lascia
parlare.
Senti
solo un piccolo gemito di assenso
provenire dalla sua gola e immediatamente capisci.
“Lo
sapevi già, vero?”, probabilmente l’ha
capito prima di te.
“Quando
hai detto che volevi provare a diventare
capitano ero sinceramente felice per te. Ma poi mi sono ricordato di
come hai
perso il posto all’FBI…”, racconta
storcendo la bocca al ricordo di come ti
avessero licenziata senza tanti problemi solo per aver fatto la cosa
più
giusta.
“Già,
è esattamente quello che temo possa
accadere di nuovo”, affermi “Non potrei mai
chiudere un occhio, non dopo averlo
vissuto sulla mia stessa pelle”.
La
sua mano si sposta dai capelli e
seguendone le lunghezze arriva sulla tua spalla, accarezzandola
“Potrebbe anche
essere che tu riesca a cambiare le cose. Riuscire a onorare le vittime
e dare
pace alle loro famiglie anche da dietro una scrivania. E se fai uno dei
tuoi
meravigliosi sorrisi ai grandi capi della polizia sono sicuro che li
stenderesti tutti in un colpo solo”.
Sollevi
nuovamente la testa e gli sorridi.
“Ecco,
proprio di questo stavo parlando”,
ti dice prima di baciarti delicatamente sulle labbra.
“Non
potrò mai fare la differenza, da
Capitano”, prosegui poi.
“Ma
non è da te non provarci
nemmeno”, era vero anche questo.
“In
ogni caso, saresti il capitano di un
distretto tutto tuo, potresti fare la differenza eccome. Forse non ai
piani
alti del sistema ma… tutti quei poliziotti che si occupano
dei casi
superficialmente? Quelli di cui ti lamenti sempre e che non tengono
conto di
quello che provano le famiglie delle vittime… potresti
essere un esempio
fondamentale per loro. Avresti molto da insegnare Kate Beckett e loro
molto da
imparare. Tu fai già la differenza in effetti. Puoi non
accorgertene ma in questi
anni ho visto come sei rispettata e ammirata da tutti”, lui
parla e tu lo
guardi come se ti stesse dichiarando amore eterno.
Ami
il modo in cui ti ama e sostiene.
Il
cuore che rimbalza nel petto come se
fossi ancora una adolescente ti ricorda l’altro motivo che ti
fa dubitare sulla
tua carriera da Capitano.
“Grazie”,
rispondi alle sue parole
accarezzandogli la linea della mascella “Ma non è
solo per quello”.
Ti
guarda in attesa che tu prosegua,
così lo accontenti “Ricordi che ti ho detto che
stavo pensando all’idea di
avere un bambino?”, domandi retorica.
Castle
infatti annuisce vistosamente
sfoggiando un sorrisone adorabile che ti fa subito ridere
“Beh, pensavo che
diventare Capitano fosse più sicuro e adatto ad una mamma.
Ma poi ho pensato a
Montgomery o alla Gates… lei trascorre pochissime ore a
casa, sempre sommersa
da files, programmi da redigere, budget e scartoffie varie. Per non
parlare
delle riunioni interminabili. Non rischierei la vita, certo, ma nemmeno
riuscirei a passare del tempo con nostro figlio”, e nel
sentire le parole nostro
figlio sei sicura di aver visto i suoi occhi brillare.
“Anche
questo è vero”, ammette annuendo
leggermente “Ma io sarei un papà già
collaudato che avrebbe molto tempo libero
per portare il piccolo Cosmo in ufficio a trovare la sua mamma nella
pausa
pranzo o nelle lunghe serate scartoffiose.
E alcune volte potresti
portare il lavoro a casa così noi ti potremmo
aiutare”, risponde
semplicemente, con occhi sognanti come se già stesse
immaginando la scena.
Esiste
il premio ‘marito dell’anno’?
Perché
glielo consegneresti molto volentieri in questo momento.
“Sarebbe
meraviglioso”, la tua voce
tradisce un po’ di commozione.
Rituffi
il volto nell’incavo del suo collo
e lo stringi forte. Nel caso non sapesse quanto lo ami lo potrebbe
evincere ora
dalla forza della tua presa.
“Pensa
anche a queste possibilità prima di
prendere una decisione definitiva, ok?”, ti sussurra con le
labbra immerse nei
tuoi capelli.
La
tua risposta affermativa arriva
attraverso un piccolo bacio sul collo.
Ripiombate
nel dolce suono del silenzio,
con le sole luci della città a creare atmosfera.
Sei
in uno stato di totale beatitudine che
non vorresti di certo rovinare ma ora tocca a te ascoltare i suoi
pensieri “Tu
invece? Sembravi dormire tranquillo. Cosa non va?”.
Senti
il suo respiro cambiare. Esita. Ed è
strano perché di solito lui è quello che si
confida più facilmente.
“È
stupido…”, mormora “E probabilmente
infantile”.
“Non
importa, dimmelo”, lo sproni.
“Mi
sento come un bambino di otto anni che
ha litigato con il suo amichetto”, e se in qualunque altra
situazione avresti
avuto la battuta pronta ricordandogli che lui è ancora un
adorabile bambinone
di otto anni, capisci che questa volta non è il momento.
“Con
chi hai litigato?”, domandi non
capendo immediatamente a cosa si riferisca.
“Non
direi proprio litigato… c’è stato uno
sgradevole scambio di opinioni l’altro giorno… con
Esposito”.
Esposito.
Giusto. Sai bene che è quello
più scettico in merito alla sparizione di Castle.
“So
che è tutto complicato e ancora non
abbiamo le risposte e so che per natura avete bisogno di fatti e prove
schiaccianti per fugare ogni dubbio ma, non lo so… si
comporta come se fosse
colpa mia. Come se l’avessi fatto apposta”.
Non
sai cosa dire. Tu stessa hai avuto la
tua dose di dubbi, ma sei anche quella che si è vista
sfumare davanti agli
occhi il giorno più bello della sua vita e che ha perso il
compagno per due
mesi. Hai passato in rassegna una vasta gamma di sentimenti in quel
periodo.
Dalla frustrazione, passando per la rabbia, la speranza e la
rassegnazione. A
volte li hai persino provati tutti insieme.
Ma
gli credi quando dice che non ricorda.
E
gli credi quando dice che se avesse
potuto, certamente avrebbe evitato di farti soffrire così.
“So
che stai pensando che anche tu eri
dubbiosa. E lo capisco. Anche Ryan lo era. Andiamo, io stesso non ho la
minima
idea di cosa abbia fatto per due mesi dopo essere stato in Thailandia.
Ma non è
la stessa cosa. Tu e Ryan mi sostenete e cercate di venirne a capo con
me”.
“Sempre”,
sussurri. Sarai sempre al suo
fianco, qualunque cosa accada.
Gli
accarezzi la guancia. La sua
espressione triste ti strazia il cuore.
“Mi
ha detto che non ha mai creduto alla
storia della mia scomparsa. Come se fossi andato a Las Vegas a
divertirmi”, e
lo sai bene, Esposito espresse la sua opinione anche
all’inizio delle indagini,
quando di Castle ancora non si aveva traccia.
“Sarò
egoista, ma mettiamo da parte un
attimo l’essere un poliziotto, non si suppone che si fidi di
me? Che mi creda?
Non è questo che dovrebbe fare un amico?”, domanda.
Annuisci
con la gola serrata e gli occhi
umidi.
Neanche
immagini cosa voglia dire non
ricordarsi due mesi di vita e domandarsi in continuazione cosa sia
successo e
vedere che nessuno ti crede.
“Non
sei egoista”, la tua mano ancora
sulla sua guancia cerca di infondergli conforto spostandosi sulla nuca
“Mi
dispiace”, concludi sincera.
“Vorrei
smettere pensarci, ma non ci
riesco”, ti confida.
“E
io vorrei tanto dirti che sarà lui a
venire da te, ma non credo lo farà”, negli anni
hai imparato che anche Espo in
quanto ad orgoglio non scherza, soprattutto se è convinto
delle sue azioni “Se
ti turba così tanto da perdere il sonno, e ne hai
già perso abbastanza,
dovresti affrontarlo”, gli consigli.
Non
sembra molto convinto.
“Non
mi va di litigare”, ammette “So già
come la pensa e non credo cambierà idea tanto
presto”.
“Ma
lui non sa come ti fa sentire il suo
atteggiamento. È tuo amico, Castle. Lo sai. E gli amici
restano amici anche
quando uno dei due si comporta da idiota”.
Vedi
che sta cercando di abbracciare
l’idea. Annuisce debolmente.
“Ma
l’idiota è lui questa volta, vero?”,
domanda poi, cercando di scherzarci su.
Sorridi
baciandogli la guancia
“Totalmente”.
Lui
sospira pesantemente “Facciamo così:
io domani sera invito Espo all’Old Haunt e cerco di parlagli,
tu invece
potresti cenare con la Gates e capire come funziona realmente il ruolo
di
Capitano. Poi ci ritroviamo qui, in questo punto, su questa poltrona a
scambiarci i resoconti della serata”, allunga la mano verso
di te e aspetta che
tu sancisca l’accordo.
“Affare
fatto”, sorridi, contenta di
quell’idea e gli stringi la mano suggellando il patto.
Ce
la farete come sempre.
Supererete
ostacoli piccoli e grossi.
Perché
finchè combatterete insieme, niente
vi potrà abbattere.
Di
comune accordo tornate in camera da
letto.
Con
il cuore e, soprattutto, con la testa
più leggera finalmente riuscite a dormire.
Ivi’s Corner:
Ci
sono cose che gli autori di Castle non
ci spiegheranno mai, ho pensato di far sì che i Caskett
almeno parlassero del
nuovo progetto di Kate e della reazione di Espo alla sparizione di
Castle.
Quest’ultima mi infastidisce parecchio perché
invece quando c’è da chiedere in
prestito la Ferrari, Espo è un amicone -_-‘
Ovviamente
non ho risposte, e in questo
momento non le hanno nemmeno i Caskett, ma almeno ne hanno parlato! xD
Buona
settimana a tutte :-*
Ivi87