PENSIERI…
Di Giulia-chan… alias Ilune Willowleaf!
Legal Disclaimer: Ovviamente, Inuyasha, Sesshomaru, Rin, e tutti i personaggi che compaiono in questa fanfiction non sono miei, sono una creazione della Somma Maestra Rumiko Takahashi (ave, Maestra! Ave, Divina!), e io li ho, come al solito, solo preso in prestito.
Mi ha sempre affascinato il rapporto tra l’algido e apparentemente privo di sentimenti Sesshomaru e la piccola e solare Rin. Se qualcuno avesse già letto “I ricordi dei nonni”, avrà capito come vorrei che si sviluppasse tra loro. Quindi, per la gioia e la felicità di tutti i sostenitori della coppia Sesshomaru-Rin, ecco un “cosa accadde poi”. È ambientato una decina di anni dopo la fine della storia (sempre che essa non finisca quando tutti i personaggi non avranno i capelli bianchi per la vecchiaia…), e, vi consiglio, leggetevi prima “Una storia di bambini”, poi questa, e infine “I ricordi dei nonni”, giusto per avere una “linea temporale” (è insomma un modo elegante per dire: leggete le mie opere!!! Sono proprio alla frutta, eh…), e soprattutto… scrivete scrivete e scrivete! Voglio commenti! Magari anche complimenti ^_^, quelli sono sempre benaccetti ^_- !
Legenda:
“(corsivo)” pensieri e punto di vista di Rin
*(corsivo)* pensieri e punto di vista
di Sesshomaru
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“Gli porgo le redini dei suoi destrieri demoniaci, mentre sale sul carro, come ogni giorno degli ultimi dieci anni a questa parte. Come dal giorno che mi ha riportata in vita. Mi domando spesso cosa, quella volta, abbia spinto il grande Sesshomaru-sama ad usare la Tenseiga su di me… quando mi svegliai, strappata alla morte sopraggiunta come fauci di lupo, e vidi il suo volto, i suoi capelli d’argento, poggiando contro la sericea e nivea coda… per un istante, pensai di essere giunta in paradiso.
-Rin , andiamo. -
Mi dice. La sua voce è morbida come la seta, con me… non
ricordo che abbia mai alzato la voce con me… Sesshomaru-sama, mio Signore, mio
padrone, anche se sono solo un essere umano, ogni giorno ringrazio gli Dei che
tu mi voglia ancora al tuo fianco.
Salgo sul carro, circondato da fiammeggianti nubi. Le prime volte avevo un po’ paura, mi aggrappavo alla sua veste, timorosa di cadere di sotto, ma adesso so che, se anche cadessi, lui mi riprenderebbe al volo.
Io ho fiducia in te, Sesshomaru-sama, ho fiducia anche se ogni essere umano scapperebe in preda al terrore al tuo cospetto, anche se so che non esiti a sterminare eserciti che ostacolano la tua strada, e gli stolti che pensano di poterti eliminare…”
*Prendo le redini con la mano destra, la sola che mi rimane dopo il terribile scontro contro il mio fratellastro, all’interno del cadavere di nostro padre. Non mi pesa quasi più, oramai, questa menomazione… sono sempre uno degli spettri più forti e potenti del Giappone. Con uno sguardo, mi assicuro che Rin sia sul carro, alla mia sinistra, abbastanza lontana dal bordo, prima di incitare le bestie demoniache che lo tirano. Alla mia destra, dietro, Jacken brontola che, ormai, con Rin così grande, sul carro non c’è quasi più posto per lui. Gli intimo di tacere, se non vuole fare un volo giù dal carro.
-Sesshomaru-sama, dove
stiamo andando?-
Mi chiede Rin.
-Nella casa di mio padre. - le rispondo. Posso leggere la sorpresa nello sbuffo di Jacken. Rin non dice nulla. Non fa mai domande superflue. Riesce a capire quando ho voglia di stare a sentire le sue chiacchiere, e quando invece ho bisogno di silenzio… strano, come un essere umano riesca a comprendermi persino meglio di quanto io non riesca a fare da solo…*
“Siamo arrivati. È una grande casa antica, il legno è scurito dagli anni, ma è ancora grande, imponente e solida. Sesshomaru-sama dice che sono settanta anni che nessuno ci mette più piede. Dalla morte di suo padre, per la precisione, quando la sposa umana abbandonò la dimora assieme al fratellastro del mio signore, Inuyasha, e tutta la servitù fu congedata. Scendiamo a terra. Sesshomaru-sama ordina a Jaken di andare a cercare della nuova servitù; gli dà tre giorni di tempo per reperire fedeli servi youkai, che possano rimettere a nuovo l’antica dimora. Rimaniamo soli nel giardino ormai trascurato, dove il muschio cresce selvaggio assieme alle felci su rocce e fontane, e l’erba è alta e lussureggiante, intorno a uno stagno ormai ridotto ad acquitrino. Entra nella casa, ma mi fa segno di aspettarlo nel giardino. Mi siedo nell’erba, dopo aver raccolto dei fiori. Voglio farmi una collana di fiori, come quando ero bambina.”
*La casa di mio padre. La casa dove sono nato. E che ho
abbandonato quando mio padre è morto. Il legno dei corridoi scricchiola in modo
familiare, le travi di pino emettono ancora il loro sentore resinoso. Costruito
di legno e magia, questo palazzo non si è deteriorato, malgrado i settanta anni
di abbandono.
Percorro silenzioso i corridoi che mi hanno visto correre
da bambino… camminare infuriato, quando mio padre annunciò il matrimonio con
quell’umana… barcollare in preda allo stupore e allo shock, alla notizia della
morte di mio padre…
Cosa provava, lui, per me? Orgoglio? Me lo disse tante
volte, prima di conoscere quella donna.
Affetto? Diceva che mi avrebbe voluto molto più bene, se
avessi smesso di essere così crudele con Inuyasha.
Guardando adesso, come youkai adulto e maturo, i miei
sentimenti di settanta anni fa, mi rendo conto che, più che odio, la mia era
gelosia. Si, sono sempre stato geloso di mio fratello. Geloso perché, malgrado
lui fosse un mezzosangue, era il preferito di mio padre. Lui mi aveva portato
via il posto di figlio prediletto, o almeno così pensavo. Ma… cosa mi disse
Rin, sei anni fa? Qualcosa che mi fece pensare profondamente… disse ‘i genitori
amano i loro figli in maniera uguale, allo stesso modo e con la stessa
intensità. Solo, talvolta lo manifestano in maniera differente tra un figlio e
l’altro’. Ci ho pensato molto. E ho capito che Rin aveva ragione. Mio padre mi
ha lasciato un’eredità pari alla Tessaiga, la Tenseiga. All’inizio, pensavo che
non avrei mai voluto usarla.
Ma grazie alla Tenseiga, ora ho qualcosa di molto più
prezioso di una spada, anche di una spada capace di abbattere cento spettri in
un colpo.
Entro in una stanza. Era lo studio di mio padre. Alle
pareti, scaffali colmi di rotoli, ormai deteriorati dal tempo e dall’umidità;
vasi, coperti di polvere e ragnatele; sui tatami, tappeti muffiti e foglie
secche. Non invidio coloro che dovranno ripulire. Si, perché ho deciso: tornerò
a vivere qui.
Mi affaccio al balcone.
Rin.
È seduta tra l’erba alta, ha i capelli intrecciati di
fiori, quei bellissimi e lunghissimi capelli neri… non li ha mai tagliati, in
questi dieci anni. Le scendono sulle spalle, sul fiocco dello yukata azzurro,
ricamato di candidi fiori di loto, cosparsi del bianco delle margherite e
dell’oro e dell’azzurro di fiorni di cui non conosco il nome.
Alza lo sguardo; mi vede alla finestra. Mi sorride.
Cosa c’è nel suo sorriso? Perché so che starei per ore a
fissarlo, perché non riesco a non rispondere con uno dei miei lenti, rari
sorrisi?
Scendo con un salto, come un semplice mortale scenderebbe un gradino. L’erba alta si piega sotto i miei calzari. Raggiungo Rin, e mi siedo accanto a lei. Sembra stupita: è raro che io mi sieda sull’erba.
-Ti piace qui?- le chiedo
-È molto bello. - è la sua risposta. Le sue dita sottili
tornano a intrecciare i fiori. Quando era piccola, talvolta, ne metteva anche
tra i miei capelli, e sulla mia coda. Io la lasciavo fare, anche se Jacken
avrebbe voluto sgridarla.
Mi pone sul capo una ghirlanda di fiori gialli. Sul mio viso dev’essere passata un’espressione di sorpresa.
-Una corona d’oro, per il mio Signore. - dice lei,
sorridendo. Non ha paura di me. Non ne ha mai avuta. Neanche quando mi vide, la
prima volta, con ancora gli occhi rossi di sangue, le zanne snudate, pronto a
sbranare qualsialsi cosa mi fosse capitata vicino, anche se non potevo muovere
un muscolo, a causa delle tremende ferite infertemi dalla Tessaiga…
Mia piccola Rin… cosa mi spinse quel giorno, a strapparti
alle fauci dei lupi, a ridarti la vita, facendomi usare per la prima volta la
Tenseiga? Non lo so. Forse quel tuo sorriso gentile, nel tuo viso gonfio per i
colpi ricevuti, punizione dei tuoi padroni umani per avermi aiutato…
Non parlavi mai… piccola e fragile come un uccellino, ma
muta… dopo che ti riportai in vita, cominciasti a parlare… e a ridere…
Mi hai cambiato, mia piccola Rin. Tu non lo sai, ma mi
hai cambiato in un modo molto più profondo di quanto io stesso riesca a
comprendere.
Non mi sono mai sentito così simile a mio padre come in
questo momento.
In questo momento, in cui le mie dita prendono delicatamente il tuo volto, facendoti voltare verso di me, mentre sfioro le tue labbra con la mia bocca, con queste zanne che tante vite hanno stroncato…*
“Ti siedi acanto a me. Sono stupita, piuttosto che
sederti sull’erba, preferisci stare in piedi. Invece, stavolta siedi a gambe
incrociate nell’erba alta e profumata, accanto a me. Le mie dita sfiorano una
collana di fiori che ho quasi terminato. Sono fiori gialli e lucenti, come i
tuoi occhi d’oro. Ti guardo. Tu non sei cambiato. Non sei cambiato in nulla, in
questi dieci anni, salvo forse i tuoi meravigliosi capelli d’argento,
ricresciuti… ricordo che, quando t’incontrai la prima volta, erano in parte
tranciati dal colpo di spada che ti aveva costretto a giacere, immobile, nella
foresta. Sapevo già, quando mi ringhiasti contro, e non fuggii, che il destino
mi aveva riservato un posticino, nella tua vita? Non lo so. So solo che,
nell’istante in cui ti vidi, decisi che dovevi vivere. Oh, ora so bene che non
avevi davvero bisogno del mio aiuto. Ma sei stato tu, il primo che mi ha parlato
con gentilezza, dalla morte dei miei genitori… quando avevo il viso pesto e
contuso, e tu mi chiedesti cosa mi era successo.
-Ti piace qui?- mi chiedi.
-È molto bello. - è la mia risposta. In realtà, per me
qualsialsi posto è bello, se sono con te. Mio Signore, i tuoi occhi sono il mio
sole e la mia luna. Non chiedo altro agli dei che concedermi di restare al tuo
fianco per tutta la mia vita.
Aggiungo altri fiori alla corona, poi chiudo l’intreccio.
Le mie mani si muovono quasi da sole, quando la poggio sul tuo capo.
-Una corona d’oro, per il mio Signore. -
Per il mio dio.
Vedo il suo braccio alzarsi. Per un istante, penso che voglia togliersela. Poi, le sue candide dita mi sfiorano il volto, gli artigli mi carezzano le guance… conosco il potere di quegli artigli, e il loro fatale veleno, ma non li temo, così come non temo il mio Signore. Mi attira a sé, vedo il suo volto vicino al mio, prima di chiudere gli occhi. Sento, sulle mie labbra, le sue labbra seriche, le sue zanne, la sua lingua che s’intreccia alla mia. La mia vita ti appartiene, Sesshomaru, la mia vita e il mio cuore…”
*…rispondi con passione al mio bacio. Sai che questo è il primo bacio della mia vita, mia piccola Rin?
Non opponi resistenza quando ti spingo delicatamente a
terra, mentre la mia mano scende sul tuo collo bianco, sul seno, sui fianchi
morbidi…*
“…la mia anima… e anche il mio corpo. Per un’ora, o per l’eternità, quale sia la tua volontà… mio Signore… Sesshomaru…”
Il tramonto infuocato indorava il cielo, e copriva di un alone d’oro tutto ciò su cui i raggi del sole si posavano: le foglie, l’acqua calma e riflettente… i capelli d’argento dell’inu-youkai, il suo corpo eburneo, e la coda candida, su cui giaceva la ragazza umana, tranquilla e sicura nel suo abbraccio.
*Sento il tuo esile, quasi impercettibile peso sul mio
corpo… il tuo volto poggiato sul mio petto… sei calda, e morbida e profumata,
mentre scosto le ciocche di capelli dal tuo viso, carezzando le tue spalle…
Le mie preziose vesti sono sparpagliate intorno, ma non me ne importa. Col mio unico braccio, ti stringo a me. *
“Sono stanca, ma è una stanchezza deliziosa. Sesshomaru,
mi permetti di riposare appoggiata a te, sulla tua morbida coda che tante volte
ha visto il mio risveglio, quando aprivo gli occhi in braccio a te, dopo essere
crollata, esausta e addormentata; quando accadeva ciò, ricordo che tu mi
prendevi, col tuo unico braccio, e mi trasportavi, finché non m’ero un po’
riposata.
Proprio il tuo braccio ora mi stringe, le unghie mi solleticano delicatamente la schiena. Ho un brivido, l’aria sta rinfrescando rapidamente, e mi rintano nella tua pelliccia calda e soffice…”
*Presto sarò il Signore del palazzo che s’innalza a pochi
metri da noi. Ma voglio che tu sia la Signora del palazzo. Voglio che tu sia la
mia sposa.
…
Te l’ho detto.
Il tuo volto s’alza, incredulo. Anche io sono stupito
delle parole che sono uscite da queste mie labbra. Ma è la verità. Ti bacio
ancora, e tu ancora rispondi con passione.
-Starai sempre con me, Rin? Resterai sempre al mio
fianco, anche se ciò significa rischiare la tua vita, esposta all’odio degli
youkai che odiano anche me?-
Tu mi rispondi.*
“-Sempre. Fino a che tu vorrai, mio Signore, Sesshomaru-sama.-
La mia risposta è una sola, ed eterna. La mia vita ti appartiene, così come il mio cuore e la mia anima. Per sempre…”
*…per sempre…*
FINE
Okkei, lo ammetto, ero in crisi da ho-bisogno-di-coccole-amore-e-di-un-fidanzato-che-non-riesco-a-trovare quando mi sono messa a scrivere questa roba… adesso però il ragazzo ce l’ho! ^__^
Questo racconto breve lo dedico a Lara, che probabilmente mi avrà data per dispersa (ciao Lara!), a Eternal Fantasy (anche se non legge Inuyasha, chissà, forse si “convertirà”), ad Ame-chan, che non mi conosce di persona, ma che forse ha letto il mio messaggio sul guestbook del suo sito come Ilune (ebbene si, sono nota anche come Ilune Willowleaf, cantrice mezz’elfa che narra gesta e avventure degli eroi di “The Slayers” [serie tristemente nota anche come “Un incantesimo dischiuso tra i petali del tempo”… quel giorno, qualche adattatore media$et si dev’essere fumato qualcosa…]), e naturalmente Zelas, Master dello Zelas Metallium Castle, e tutti i lettori che mi conoscono come Ilune e come Giulia-chan! E poi, naturalmente, al mio unico grande amore, Alex Blueriver ♥.♥! Che ha pensato bene di firmarsi in un forum anche come Samiel Radiant, e che tutti gli amici chiamano Della… amore, hai più nomi tu di un calciatore brasiliano!!
Grazie, grazie, troppo buoni…
* sileeeeenziooooo… balla di cespugli in background *
Ok, come non detto…
By
Giulia-chan, alias Ilune Willowleaf