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Autore: PiperMcLean    04/05/2015    0 recensioni
Rachel è una quattordicenne con una vita difficile. Suo padre, ubriaco e violento, picchia costantemente sua madre, che è più fredda e gelida del ghiaccio. Per destino Rachel incontrerà Jack, un ragazzo che ha pochi anni più di lei e che l'aiuterà a uscire dalla sua vecchia vita per costruirsene una nuova.
Dal testo:
Rachel era distesa sul prato. Fissava il cielo. I capelli mori erano sparsi attorno a lei, gli occhi azzurri scrutavano il cielo come se fosse stato un dipinto meraviglioso. E per lei un po’ lo era. Incurvò le labbra in un dolce sorriso. Aveva quattordici anni, ma ne dimostrava almeno sedici. Era su una collina isolata, sulle Alpi, dal resto del mondo. Andava sempre lì quando non ne poteva più. Sua madre, suo padre… e tutto il resto. Non aveva amici. La sua unica consolazione era il cielo. Poteva restare ore a fissarlo. E a sognare.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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~~Rachel era distesa sul prato. Fissava il cielo. I capelli mori erano sparsi attorno a lei, gli occhi azzurri scrutavano il cielo come se fosse stato un dipinto meraviglioso. E per lei un po’ lo era. Incurvò le labbra in un dolce sorriso. Aveva quattordici anni, ma ne dimostrava almeno sedici. Era su una collina isolata, sulle Alpi, dal resto del mondo. Andava sempre lì quando non ne poteva più. Sua madre, suo padre… e tutto il resto. Non aveva amici. La sua unica consolazione era il cielo. Poteva restare ore a fissarlo. E a sognare. Ma purtroppo doveva andare al mercato in paese.
Suo padre era ubriaco e violento. Sua madre era completamente sottomessa a lui e costretta a stare in casa, uscendo pochissimo. Quello era compito di Rachel.
La ragazza a malincuore si alzò e raccolse lo zaino con i soldi, e si riassettò la maglietta e i jeans. Legò i capelli che aveva sciolto poco prima e ci rimise sopra il cappello da baseball. Poi cominciò a correre verso il paese. Era già tardi.
Rachel comprò tutto quello che i suoi genitori le avevano detto di prendere, poi tornò a casa, anche se le sarebbe piaciuto tornare al pascolo, ma era già tardissimo. Arrivò a casa che era quasi il tramonto. I suoi occhi, che durante il tragitto erano stati accesi e vivaci, si adombrarono e si incupirono. Rimase ferma davanti alla porta alcuni istanti prima di entrare e appoggiare la borsa con la spesa sul tavolo. Poi Rachel si chiuse nella sua stanza e si sedette sul davanzale a osservare la vita scorrere nei viali un piano sotto di lei. Ancora una volta, le lacrime premevano per uscire.
Ne sarebbe mai uscita? In uno scatto di rabbia, lanciò alcuni cuscini contro il muro per poi iniziare a prenderli a pugni.
Rachel sognava grandi avventure, viaggi, ma la cosa che avrebbe voluto più di qualsiasi altra cosa erano un paio di ali. Per volare via senza potersi fare prendere. Strinse gli occhi cercando di non piangere, inutilmente.
-Rachel! Vieni qui immediatamente! – sua madre la stava chiamando, Rachel spaventata si asciugò le lacrime sulle guance e scese in cucina.
-Devi tornare al mercato, servono anche il latte e le salsicce - la informò.
-Ma… il sole è tramontato da un pezzo, c’è buio… -
Senza ascoltarla, sua madre le mise un cestino in mano e ci buttò dentro dei soldi con malagrazia.
-Sbrigati! –
Rachel si trovò da sola, a correre prima che togliessero le bancarelle, terrorizzata dalla città buia. Corse come una pazza fino alla bancarella che vendeva le salsicce e fece appena in tempo a prenderle. Non fu altrettanto fortunata per il latte. Avevano smontato tutto.
Rachel si guardava in giro con occhi sgranati. Aveva molta paura di tornare a casa. Non aveva mai commesso un errore. Era sempre stata perfetta. Nemmeno quella volta sarebbe stata colpa sua, ma ne avrebbe subito le conseguenze. Si sedette in un vicolo tenendosi la testa tra le mani, mentre di nuovo le veniva da piangere. Si abbracciò le gambe e iniziò a singhiozzare.
Rachel non seppe quanto tempo passò, sapeva solo che un ragazzo comparve davanti a lei, fissandola con aria stranita.
-Va tutto bene?... –
-Sì. Sì, sì, non si preoccupi –
-Ma è sicura? –
-Ho detto di sì – era questa la Rachel che mostrava al mondo. Acida e superiore a tutti. Lui la guardò sollevando un sopracciglio e sorridendo.
-Mi dica cosa la turba –
-Nulla! – gridò lei ormai veramente seccata dal modo di fare di quel biondino.
-So tenere i segreti –
-Mi prenderebbe per una pazza – non poteva dirgli che il suo problema era che aveva bisogno di latte.
-No… sono già io il pazzo. Nessuno può battermi, nemmeno tu –
-No, davvero – disse lei cominciando però a ridere. Erano passati al tu senza neanche accorgersene.
-Come ti chiami? –
-Rachel. Tu? –
-Jack –
Sorrisero.
-Quanti anni hai, Rachel? Quindici? Sedici? –
-Quattordici. E tu? –
-Sedici. Ora che ci siamo presentati come si deve, vuoi dirmi che ti succede? –
-Davvero, va tutto bene… solo, sapresti dirmi dove posso trovare del latte? –
-Latte. Tutta questa disperazione, per del latte –
-Jack… ti prego, è importante –
-Se lo dici tu – rispose lui scrollando le spalle –seguimi –
-Dove andiamo? –
-Vedrai –
La prese per mano cominciando a correre per la città. Rachel non riusciva ad avere paura di Jack. Dopotutto era un perfetto sconosciuto. Ma si fidava. Uscirono dal villaggio e continuarono a correre. Jack si fermò a una piccola fattoria. Spinse la porta e la condusse dentro.
-Jack, io non voglio rubare! –
-Tranquilla, questa è casa mia –
-Ah, scusa… ehm… perfetto –
-Se hai fretta, qui ho un paio di bottiglie di latte già munto. Quante ne vuoi? –
-Ne basta una, grazie. Quanto ti devo? –
-Cosa? No, no, è un regalo –
-Non posso accettare –
-Devi. Altrimenti non te lo do –
-Va bene. Ma un giorno ricambierò –
Jack le sorrise e lei contraccambiò.
Poi si accorse che era veramente tardi. Si scusò e corse via alla velocità della luce. Arrivata a casa, trovò i suoi genitori arrabbiati: suo padre era ubriaco e in uno scatto d’ira le tirò un pugno sulla tempia così forte che la fece cadere a terra. Il livido iniziò immediatamente a pulsare, come i punti del corpo che aveva sbattuto contro i mobili cadendo.
-DOVE SEI STATA?! – le urlò.
-La bancarella che vendeva il latte aveva già chiuso… un ragazzo mi ha portato in un altro posto… - Rachel aveva nascosto i soldi che avrebbe dovuto spendere per il latte e aveva deciso di dire che li aveva spesi.
-Era lontano… ci ho messo un po’ più di tempo… - finì di borbottare tenendo una mano sul punto in cui suo padre l’aveva colpita, ancora stesa a terra. Suo padre sembrava leggermente più calmo, ma lo sguardo di sua madre era ancora di ghiaccio.
-Va’ di sopra, stasera non cenerai –
Rachel fece una faccia sbalordita.
-Mi hai sentito?! – urlò suo padre, così lei si affrettò ad assentire e corse su per le scale nella sua stanza. Chiuse la porta a chiave e si gettò sul letto, portando una mano sul livido sulla tempia. Si specchiò. Era grosso, viola e rosso con un piccolo taglio al centro. All’improvviso ebbe davvero paura di suo padre. L’aveva picchiata e non l’aveva fatta mangiare. Iniziò a tremare. L’aveva visto molte volte picchiare sua madre, ma su di lei non aveva mai alzato un dito.
Senza pensare aprì la finestra e guardò giù. Non era molto alto. Prese uno zainetto e ci mise dentro dei vestiti puliti e i suoi rispiarmi che aveva rubacchiato dai soldi che usava per andare a fare compere dai suoi genitori. Era da molto che programmava quel momento, ma ora non poteva più aspettare.
Prese un respiro profondo, valutando le possibilità. Poteva saltare. In quel caso, difficilmente sarebbe morta, era troppo basso, ma se si fosse rotta una gamba i suoi genitori l’avrebbero trovata e addio sogni di libertà. Però non vedeva altra scelta. Salì in piedi sul davanzale, poi ci fu l’impatto, che fu doloroso, più di quanto non si aspettasse. Si riprese in fretta, ma probabilmente aveva fatto rumore, perché appena svoltò
l’angolo la porta di casa si aprì e sua madre si affacciò fuori guardandosi intorno per poi richiudere la porta.
Rachel cadde sulle ginocchia, era tutta dolorante. Si prese alcuni secondi, poi si rialzò e riprese a correre. All’inizio non sapeva dove andare, poi le venne in mente. Jack.
“Lo conosci appena” si disse. Però non poté farne a meno. Era l’unico che conosceva. Arrivò da lui senza nemmeno aver paura della città buia.
Esitò un secondo, non sapendo se faceva bene a bussare alla porta. Poi ogni decisione venne annullata da Jack, che aprì la porta sorridendo.
-Ciao. Non andava bene il latte? –
-Ho bisogno di aiuto –
-Che c’è, mancano anche le uova in casa? Non ho galline purtroppo –
-Non è niente del genere. Io… -
-Cos’hai lì? – le chiese Jack improvvisamente serio, indicando il livido sulla tempia.
-Il motivo per cui ho bisogno di aiuto –
-Entra –

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Okay, gente! questa è la mia prima storia su efp, vi prego, siate clementi... l'ho scritta in un momento di depressione, ma prometto che diventerà più interessante. intanto potete lasciarmi una recensioncina, solo per farmi sapere se vi è piaciuta? vi ringrazio in anticipo, alla prossima!
   
 
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