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Autore: latour    04/05/2015    6 recensioni
Kouyou voleva un bene dell'anima ad Akira, nonostante lo invidiasse parecchio. Perché Akira era il suo unico vero amico, l'unica vera persona su cui potesse contare. Lo invidiava per il suo carattere estroverso e testardo, per il suo atteggiamento determinato e ambizioso e, soprattutto, per quel bel corpo che poco alla volta sembrava sbocciare nel suo splendore, rivelandosi poco alla volta. Anche Kouyou voleva la sua voce roca e profonda che stava cambiando, anche lui voleva il suo mento che cominciava a squadrarsi, le sue mani grandi, il pomo d'Adamo che cominciava a pronunciarsi e quella peluria scura che gli era spuntata in posti improbabili.
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Takashima Kouyou, 14 anni. Meglio conosciuto come “il bambino più felice sulla faccia della Terra” nonché “principessina del principe Suzuki Akira, erede al trono nel regno del budino di riso”.
[Reituha esageratamente fluff, siete avvertiti!]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Reita, Uruha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Teenage bluely days'
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juuyon-sai

十四歳



«Mamma, devo proprio andare da Akira dopo l'allenamento? Perché non posso andare da Komatsu o da Tooru?»
«Kouyou, basta lamentarti. Tornerò presto a prenderti. E poi, tu e Akira non siete migliori amici? Quindi fila a preparare il borsone, o arriverai in ritardo.»
Il piccolo Kouyou non poté far altro che annuire e obbedire, tenendo il capo chino in segno di sconfitta. Certo, lui e Akira erano ottimi amici, se non – come aveva appena detto la sua cara madre – migliori amici. Però... in quell'ultimo periodo, tutto stava cambiando. O meglio, Akira stava cambiando – in tutti i sensi. Sia lui che Kouyou avevano da poco compiuto i quattordici anni, eppure c'era qualcosa che era andato storto. Akira aveva cominciato a svilupparsi all'improvviso, da un giorno all'altro, lasciando tutti a bocca aperta, mentre Kouyou sembrava il solito ragazzino efebico e effeminato di sempre, con le sue labbra rosee e carnose e le sue guance ancora tonde e morbide, con la pelle simile a quella di una pesca. Ad Akira cominciavano a spuntare peli ovunque – sulle gambe, sotto le ascelle e soprattutto in quella zona dove quello che lui e il suo migliore amico chiamavano scherzosamente “cetriolino” cominciava a diventare sempre più grande e sensibile – mentre Kouyou rimaneva il solito bambino di sempre, con la pelle liscia e delicata.
Si recò in camera sbuffando sonoramente, preparando il borsone per andare all'allenamento di calcio. Gli vennero i brividi al solo pensiero di dover far la doccia in compagnia degli altri compagni di squadra. Se non altro, a differenza dei compagni di classe, i vari membri della squadra erano parecchio uniti e non se la prendevano con Kouyou per il suo aspetto non proprio mascolino e virile. Anzi, a dire il vero, gli avevano anche affibbiato un soprannome affettuoso e scherzoso che piacque subito a tutti, nonché al diretto interessato stesso: “principessa”. Ecco, Kouyou era la principessa della squadra. Gli mancavano solamente un paio di scarpette con tacchetti di cristallo, poi sarebbe stato perfetto. Per fortuna che Akira, che non poteva che essere capitano della squadra, arrivava sempre a difenderlo quando qualche avversario si metteva a commentare il suo aspetto o a prenderlo in giro. A Kouyou sarebbe tanto piaciuto potersi difendere da solo, ma chissà perché, allo stesso tempo, desiderava anche che fosse Akira a proteggerlo da ogni male e guaio.
Kouyou voleva un bene dell'anima ad Akira, nonostante lo invidiasse parecchio. Perché Akira era il suo unico vero amico, l'unica vera persona su cui potesse contare. Lo invidiava per il suo carattere estroverso e testardo, per il suo atteggiamento determinato e ambizioso e, soprattutto, per quel bel corpo che poco alla volta sembrava sbocciare nel suo splendore, rivelandosi poco alla volta. Anche Kouyou voleva la sua voce roca e profonda che stava cambiando, anche lui voleva il suo mento che cominciava a squadrarsi, le sue mani grandi, il pomo d'Adamo che cominciava a pronunciarsi e quella peluria scura che gli era spuntata in posti improbabili.
Mentre preparava il borsone mettendo tutto in ordine, Kouyou si sentì avvampare a causa di quei pensieri. La crescita gli stava giocando dei brutti scherzi – era forse a quello che servivano i tanto famigerati “ormoni della crescita”, a fargli pensare cose sulle quali forse era meglio non soffermarsi? Sorrise timidamente fra sé e sé, aggiungendo a tutto il necessario che aveva messo in quella grande borsa anche un paio in più di mutande che molto probabilmente avrebbe indossato sotto la doccia, per non farsi vedere da nessuno completamente nudo. Era già da un po' che cercava di superare quel suo grande imbarazzo – dopotutto erano tutti uomini, che problema c'era nel farsi vedere nudo dagli altri compagni di squadra? – ma ora che gli altri si stavano sviluppando mentre lui ancora rimaneva indietro, aveva una ragione in più per non mostrarsi come mamma l'aveva fatto. Borbottando qualcosa fra sé e sé e maledicendo Akira con tutta la dolcezza e l'affetto che provava nei suoi confronti, chiuse il borsone e se lo mise in spalla, pronto ad andare all'allenamento.
Andò in salotto dove sua madre lo aspettava insieme alle sorelle. «Allora, Kou, possiamo andare?» domandò lei in tutta calma, dandogli poi un sacchettino di carta con dentro una bottiglietta d'acqua fresca e un panino imbottito. «La merenda... e vedi di mangiare, altrimenti non cresci più!» scherzò lei dolcemente, scompigliandogli appena i capelli sottili e sbarazzini.
Lui annuì, convinto che quel panino lo aiutasse veramente a crescere. Chissà, magari dopo un morso gli sarebbero spuntati i peli su una gamba, un altro morso e peli anche sull'altra gamba, un altro ancora e peli sotto le ascelle e, una volta finito, ecco che gli sarebbero cresciuti i peli anche fra le gambe. Magari con un secondo panino gli sarebbe cresciuto anche il cetriolino e il pomo d'Adamo. Fu quasi tentato dal chiedere a sua madre di fargli un altro panino, ma era già ora di andare.
Mise il borsone nel baule della macchina e, rimanendo dietro insieme alla sorella mentre quella maggiore era davanti con sua madre, si limitò ad osservare distrattamente il paesaggio che si stagliava al di fuori del finestrino, senza soffermarsi sui dettagli.
Non ci misero molto ad arrivare al campetto. Scendendo dall'auto per aprire il baule e prendere il borsone, prima di andare negli spogliatoi, Kouyou diede un bacio a sua mamma dal finestrino.
«Non verrò a prenderti tardi, va bene? Promettimi di fare il bravo... e salutami tanto la mamma, la nonna e la sorella di Akira, ok?» raccomandò lei al figlio, carezzandogli gentilmente una guancia. «A presto, piccolino.» lo salutò infine, dandogli ancora un bacio prima di allontanarsi.
Voltandosi verso il cancello d'ingresso del campetto, Kouyou riuscì a vedere l'allenatore salutarlo con un cenno della mano. «Takashima, pronto per l'allenamento di oggi?» gli domandò, battendogli il cinque non appena lo vide passargli di fianco.
Il piccoletto annuì timidamente, arrossendo un poco dall'imbarazzo. «Ce la metterò tutta!» esclamò, ritrovando parte della grinta racchiusa dentro di sé.
«Sì, principessina! Così ti voglio – aggressivo!» disse il coach fiero di quel ragazzino, dandogli qualche pacca sulle spalle per farlo andare negli spogliatoi a cambiarsi.
Quando Kouyou entrò nello spogliatoio, ad un tratto, tutta la determinazione che gli parve d'aver accumulato andò bellamente a farsi un giro. Gli bastò vedere di sfuggita il torso nudo di Akira nell'atto di infilarsi la maglia per sentirsi il cuore salire in gola, rendendogli difficile anche solo respirare.
«Kou! Perché sei così silenzioso?» domandò squillante Komatsu, saltandogli letteralmente addosso mentre lo trascinava su una panchina, facendogli mettere il borsone in terra. «Lo sai che oggi nell'altro campetto si alleneranno le ragazze della squadra di lacrosse? Non sei emozionato?» ghignò maliziosamente il ragazzino, attirando l'attenzione negli altri compagni di squadra.
«Il capitano della squadra di lacrosse si più riconoscere subito – ha due tette che sembrano meloni!» esclamò Akito, il portiere, mettendosi entrambe le mani sotto la maglia ad imitare con un gesto esagerato le misure della ragazza in questione.
Tutti scoppiarono a ridere, Akira compreso. Kouyou diventò gelatina nel sentire quella voce in continuo cambiamento abbandonarsi ad una risata ancora infantile e innocente. Per di più, il sorriso di Akira era perfetto: i suoi denti erano tutti perfettamente allineati, bianchi come la porcellana, senza la minima imperfezione. Abbassando lo sguardo, Kouyou si sentì morire d'invidia nel vedere la sua peluria piuttosto scura ma ancora un po' rada spuntare dall'elastico dei calzettoni di spugna. Dovette ricorrere a tutto l'autocontrollo necessario per distogliere gli occhi da quelle gambe perfette e mascoline.
In fretta, sperando di non esser visto dagli altri, si mise la divisa dell'allenamento, legandosi i calzoncini e alzandosi le calze fino al ginocchio, controllando se per caso nel frattempo gli fosse spuntato qualche pelo, sospirando rassegnato quando s'accorse che non fu così. Quando si alzò dalla panchina portando con sé la bottiglietta d'acqua, notò d'esser rimasto solo con Akira nello spogliatoio. Il suo cuore perse un battito, per poi cominciare a palpitare sempre più velocemente, fino quasi a fargli male.
«Pronto?» gli domandò il capitano Suzuki, avvicinandosi a lui per dargli una pacca sulla spalla. «Sicuro di star bene ultimamente? Mi sembri sempre perso nel tuo mondo...» proseguì, sentendosi leggermente preoccupato nei confronti del suo miglior amico d'infanzia.
Kouyou annuì, facendosi coraggio e pattando a sua volta la spalla di Akira, sorridendogli docilmente. In fin dei conti cosa era cambiato fra di loro? Nulla. Era solo colpa sua se si faceva tutti quei problemi oltretutto inesistenti. Andava tutto bene. Doveva solamente cercare di autoconvincersene. «Tutto bene, davvero...» cercò di rassicurarlo, passandogli una mano fra i capelli senza pensarci troppo, scoprendogli la fronte pallida. «Perché hai deciso di aspettarmi? Gli altri avranno già sicuramente iniziato senza di noi, sono il solito ritardatario...» mormorò abbattuto, sentendosi in colpa al solo pensiero di far arrivare in ritardo anche Akira che non c'entrava niente.
«Un capitano deve sempre assicurarsi che tutti stiano bene e deve sempre aspettare gli ultimi.» spiegò quest'ultimo con tono alquanto altisonante, gonfiando il petto con fare teatrale, imitando a modo suo l'allenatore. Dopodiché, carezzò l'amico sulla testa, abbassando lo sguardo per incrociare i suoi occhi trasognanti e scuri. «Sono diventato ancora più alto! Ma qualcosa mi dice che tra non molto mi supererai ancora...» sospirò sconsolato, cominciando ad uscire dallo spogliatoio insieme a Kouyou.
«Dici...?» pigolò il più piccolo fra i due, non riuscendo a trovare tutta 'sta gran differenza d'altezza rispetto ad Akira. «Comunque... spero non ti dispiaccia se oggi sono da te...» mugolò con un certo impaccio, cercando in tutti i modi di non incrociare lo sguardo dell'amico. Si sentiva così insignificante al suo fianco... sperava tanto che quella brutta sensazione se ne andasse presto, altrimenti sarebbe certamente impazzito. Chissà come aveva fatto ad incasinarsi tanto la vita – per una spruzzata di peli poi! Questione di tempo e sarebbero cresciuti anche a lui, l'unica cosa era che gli pesava dover sempre essere ultimo in tutto. Forse a c'era una spiegazione logica a tutta quell'insensata sofferenza – in ogni caso, non ne voleva sapere. Doveva solo ritrovare la pace interiore e tornare ad essere il Kouyou Takashima di sempre, miglior amico di Akira Suzuki, principessina della squadra B dell'under 15.
«Dispiacermi? E perché mai? Mi è mai dispiaciuto una volta che tu fossi lì da me?» gli chiese scherzosamente il capitano, punzecchiandogli giocosamente un fianco mentre vedeva gli altri già intenti a fare i soliti giri di corsa del campo. Fece un cenno di saluto all'allenatore e, notando il suo buonumore, si sentì sollevato al pensiero di doversi risparmiare i giri di punizione. «Anzi, vuoi sapere una cosa? Mia mamma ha preparato il budino al riso con la salsa di mirtilli... so che ti piace tanto.» ghignò, facendogli solletico ai fianchi, vedendolo contorcersi tutto fra le proprie braccia, fino a ritrovarsi con la sua schiena poggiata contro il petto.
Kouyou, ridendo come un matto per il solletico, non riuscì a trattenere un gemito sorpreso quando si sentì abbracciare dalle braccia di Akira, diventando rosso come un gamberetto cotto. «Solo per sopportarti me ne servirebbe una doppia porzione...» scherzò, sfilandosi delicatamente dalla sua presa per poi entrare in campo, mettendo la bottiglietta d'acqua in panchina vicina all'asciugamano per tergersi il sudore a fine allenamento.
«Tutta quella che vuoi, Kou... ne ha fatta una vaschetta immensa!» lo informò Akira, cominciando insieme a lui a fare il riscaldamento.
Infine, come preannunciato da Komatsu, arrivarono anche le ragazze della squadra under 17 di lacrosse. Durante l'allenamento, mentre gli altri ragazzi erano impegnati ad osservare le creature del gentil sesso che si impegnavano duramente, gli unici a metterci tutte le forze e la buona volontà in ciò che facevano sembravano essere proprio Kouyou e Akira; uno perché voleva sempre superarsi, non volendosi dare per vinto proprio davanti al suo più grande amico e rivale, l'altro perché doveva dare il buon esempio da bravo capitano qual'era.
Inutile dire che quei pigroni che si divertivano tanto a sbavare dietro alle ragazze più grandi furono ripresi più volte, finendo col guadagnarsi anche qualche giro di punizione. Non che ne fossero tanto dispiaciuti, in fin dei conti valeva la pena farsi qualche giro di corsa in più per poter ammirare quelle natiche sode e quei seni ancora un po' acerbi che ballonzolavano sotto le maglie delle loro divise piuttosto larghe.
Alla fine, comunque, furono tutti convocati per la partita che si sarebbe tenuta nel fine-settimana in quello stesso campetto. Kouyou era al settimo cielo: nonostante alla fine venissero sempre convocati tutti, per lui era sempre un onore poter giocare in quella squadra. Insomma, non si riteneva certo il giocatore più bravo e abile di tutti, però era piuttosto veloce e sapeva fare qualche trucchetto coi piedi per confondere l'avversario. Ora che ci pensava, forse era proprio per quel motivo che lo facevano giocare volentieri, seppur non tentasse mai una volta a lanciare in porta. Un bel sorriso s'allargò sul suo volto. Era contento d'esser riuscito da solo a trovare una sua caratteristica forte. Chissà se anche Akira lo sapeva... forse sì. Ne era quasi certo.
«Bene, femminucce! Ora andate a farvi una bella doccia che siete tutti sporchi e sudati come animali. Ci vediamo dopodomani alla partita!» li salutò il coach, vedendoli schizzare negli spogliatoi mentre riordinava le ultime cose prima di lasciare il campo ai ragazzoni dell'under 21.


«Hey... ogni tanto non viene neanche a voi voglia di... come dire – di riempire di pisello una ragazza?»
«Eeeh? Ma cosa stai dicendo! Si dice fare sesso, non riempire di pisello!»
«Ma alla fine è sempre la stessa cosa no? L'ho detto in modo volutamente volgare per attirare la vostra attenzione, pervertiti.»
«Oh, ma sentite chi parla! Hai mai avuto esperienze del genere?»
«Non ancora, ma dammi il tempo di trovare la ragazza giusta e ti racconterò tutto! Però sono pronto a scommettere che il nostro Suzuki Akira ha qualcosa da nasconderci...»
«Cosa? Io? E cosa dovrei nascondervi? Ho solo quattordici anni, cosa credete?»
Kouyou, stretto stretto sotto la solita doccia posta nell'angolino più remoto del bagno, se ne stava col volto rivolto al muro, dando la schiena ai compagni. “Certo che hai solo quattordici anni, Akira – guai a te se mi nascondi qualcosa!” pensò fra sé e sé, sentendoglisi i capelli rizzare in testa dal tanto sangue gli era andato alla testa ascoltando quelle parole. “Oh, ma cosa mi preoccupo a fare di lui? Sono così ridicolo... come minimo passerà intere giornate a toccarsi sul capitano della squadra di lacrosse mentre io sono qua a rodermi il fegato per lui. Per cosa poi? Per niente!” si maledisse nuovamente, cercando di mantenere la calma.
Ad un tratto, sentì qualcuno sgattaiolargli alle spalle. Non fece neanche in tempo a girarsi che si trovò con le mutande abbassate e il sedere al vento, in bella mostra per i compagni. «Ngh!» mugolò, cercando in fretta di rimettersi a posto le mutande madide, almeno per coprirsi l'intimità.
«E dai, Takashima! Siamo tutti ragazzi, di cosa ti vergogni? Sei forse tu quello che ha qualcosa da nasconderci...?» ghignò Komatsu, punzecchiandolo alle spalle mentre Tooru e Akira lo ripresero a tono.
«Lascialo stare, sai che è timido.» ringhiò Akira, dando una pacca sulla nuca al compagno piuttosto vivace e curioso. «E comunque, posso assicurarti che non ha niente da nascondere. È come tutti noi. Anzi, il suo cetriolino è proprio bello.»
A quel punto, le gambe di Kouyou diventarono budino. Anzi, lui stesso diventò budino. Il buon budino al riso di mamma Suzuki con tanto di sciroppo di mirtillo a colorargli il volto ormai al culmine dell'imbarazzo.
«Ah, un cetriolino... come quelli sottaceto?» rise Komatsu, lasciando poi cadere il discorso. «Scusami, Kou. Non volevo offenderti. Non sei arrabbiato con me, vero?» mormorò poi timidamente, sapendo d'aver fatto uno sbaglio.
Quella era la cosa che a Kouyou più piaceva del carattere di Komatsu: seppur fosse impulsivo e tendesse spesso a sbagliare, alla fine ammetteva sempre i suoi errori, a costo di mettersi in ridicolo davanti agli altri. Gliene doveva essere davvero grado, altrimenti chissà dove sarebbe andata a sfociare quella discussione circa cetrioli e affini. «Non preoccuparti, Komachan...» sorrise Kouyou, voltandosi infine verso gli altri, cercando in tutti i modi di non far cadere lo sguardo fra le gambe di Akira. Era un uomo, non una femminuccia!
Alla fine, prendendo quella che gli sembrò la decisione più drastica di tutta la sua breve vita fino a quel punto, si tolse di punto in bianco le mutande, rimanendo col famoso cetriolino al vento. Si sentì gli occhi di tutti addosso, manco avesse fra le gambe una delle cose più rare di quel mondo.
«Non me lo ricordavo così... rosa!» esclamò Komatsu, meravigliato davanti a quella visione.
Anche Tooru, Akito e tutti gli altri rimasero sorpresi. «Non ha neanche un pelo...» «È così proporzionato e carino...» «Anche io voglio un cetriolino da principessa come quello di Kouyou, non questo fungo cardoncello tutto storto.»
Infine, tutti i ragazzi uscirono dalla doccia, andando a cambiarsi mentre parlavano di misure e forme, come al solito. Come sempre, gli ultimi erano ancora Akira e Kouyou. Quest'ultimo tornò a voltarsi col viso rivolto al muro, troppo timido per vedere e farsi vedere dall'amico. Cercò per quanto possibile di non sembrare un pervertito, ma ogni volta che chiudeva gli occhi non riusciva a vedere altro che la scura peluria disordinata che copriva l'inguine magro di Akira.
«Kou...?»
«Mh?»
«Non ti manca molto, vero?»
«No, non preoccuparti... se vuoi comincia pure a cambiarti, arrivo subito.»
«Figurati, ti aspetto volentieri. Non voglio rischiare che qualcuno rapisca la mia principessina e il suo prezioso cetriolino rosa.»

La mia principessina.”
La sua principessina.
La principessina di Suzuki Akira.

Kouyou, la principessina di Suzuki Akira.

 Doppia porzione di budino al riso con salsa di mirtillo in arrivo al tavolo Suzuki! –
«La tua principessina. Da quando sono diventato di tua proprietà, Suzuki?» cercò di ribattere il piccoletto, non riuscendo a nascondere il tremolio esitante della sua voce infantile, in perfetto contrasto con la risata profonda e mascolina dell'amico.
Akira, in punta di piedi, s'avvicinò a Kouyou da dietro, afferrandolo gentilmente verso i fianchi e tirandolo verso di sé, chiudendo il suo corpicino in un abbraccio. «La mia principessina calda, profumata e pulita!» esclamò scherzando, facendogli poi scorrere le mani sul petto, come se stesse cercando qualcosa di importante. «Oh, ma dove sono le tette della mia principessa?» disse a voce alta, con fare teatrale, attirando anche l'attenzione degli altri compagni di squadra che, dando un'occhiata dentro la stanza delle docce mentre tra di loro mormoravano “Oh, guardate! Suzuki e Takashima che si abbracciano – che sporcaccioni!”, assistettero alla scena con fare divertito.
Le mani di Akira erano grandi e calde, Kouyou si sentì letteralmente sciogliere sotto i suoi tocchi gentili e maliziosi, ma non volti a qualcosa di losco o cattivo. Quando poi giunsero fra le proprie gambe, carezzandogli l'intimità, non riuscì a trattenere un gemito imbarazzatissimo, sentendo dei brividi corrergli lungo la spina dorsale per poi riunirsi in quello stesso punto. «A-Aki, basta...!» lo implorò, sentendosi già ridicolo abbastanza.
«Ecco dove sono finite le tettine della mia principessina...» mormorò l'altro al suo orecchio, soppesandogli i testicoli mentre con le labbra gli baciava una tempia.
Takashima Kouyou, 14 anni. Meglio conosciuto come “il bambino più felice sulla faccia della Terra” nonché “principessina del principe Suzuki Akira, erede al trono nel regno del budino di riso”.


Alla fine Kouyou ottenne la sua ricompensa. Era già alla seconda scodellina di budino di riso con una colata abbondante di sciroppo di mirtillo quando Akira, saltando in piedi dalla sedia della cucina, si mise ad armeggiare col cuoci-riso elettrico. «Kou, sai per caso come funziona 'sto coso?» gli domandò, sbuffando sonoramente.
Siccome la mamma di Akira era dovuta andare all'ospedale con la nonna e la sorella era agli allenamenti di pallavolo, i due erano rimasti momentaneamente in casa da solo. Non che la cosa gli dispiacesse più di tanto, ma Kouyou si sentiva piuttosto in soggezione a rimanere in casa da solo con l'amico. Insomma, non che avesse qualcosa in particolare di cui preoccuparsi, però si sentiva in qualche modo schiacciato e dipendente dalla sua presenza.
Finendo il budino e ripulendo la ciotola dallo sciroppo di mirtillo, Kouyou si alzò e andò a vedere come funzionava quel cuoci-riso. Fortunatamente era uguale identico a quello che aveva a casa. «Sì che lo so usare... vuoi il riso bianco al vapore?» domandò, vedendosi materializzare come per magia un pacco di riso davanti agli occhi. «Va bene... quanto ne vuoi?» chiese ancora, aspettandosi stavolta una risposta.
«Tre scodelle. Abbondanti.»
«Eeeh? Non è troppo?»
«Nah... sto morendo di fame, sta sicuro che lo mangerò tutto.»
«Va bene... qualche minuto ed è pronto.»
Se non altro, Akira era un principe di parola: finì le tre ciotole colme di riso fino all'ultimo chicco, accompagnandole con la salsa curry avanzata la sera prima. Kouyou lo guardò stupefatto ogni volta che si riempiva ancora la scodella, chiedendosi dove mettesse tutta quella roba senza farsi esplodere lo stomaco. Forse era dovuto al fatto che stava crescendo e aveva bisogno di più energie e di più cibo per svilupparsi meglio, o forse aveva semplicemente dato troppo all'allenamento. Kouyou dovette riconoscere che si era veramente impegnato tanto – il suo viso sporco di sudore e di polvere gli balzò subito in mente, facendolo arrossire timidamente mentre teneva il capo chino a fissare il fondo della ciotola ancora lievemente macchiata dalla salsa di mirtilli. Avrebbe mangiato ancora volentieri una porzione di quel dolce squisito, ma si sentiva già scoppiare dal tanto ne aveva mangiato – per non parlare dell'enorme panino che sua madre le aveva preparato e che aveva mangiato nel tragitto per andare a casa di Akira, dividendolo anche con lui.
Fu riportato alla realtà solamente da un sospiro soddisfatto proveniente dall'amico. «Adesso sì che sono pieno... mi viene quasi sonno.» mormorò il più grande dei due – anche se di poco –, massaggiandosi il ventre con fare contento e pago.
«Non so quanto ti convenga stenderti adesso... hai mangiato tanto.» mormorò Kouyou, cercando qualcosa da fare per permettere ad Akira di non addormentarsi subito, volendo almeno dargli il tempo di mandar giù ciò che aveva appena finito di mangiare. «Non dovremmo lavare queste cose...?» disse, indicando tutto ciò che in quell'istante si trovava sul tavolo.
Akira scosse la testa, limitandosi solamente a mettere tutto nel lavandino. «Ci penserà mia mamma quando tornerà... voglio andare a stendermi un po'... vieni con me?» domandò, uscendo dalla cucina mentre Kouyou lo seguiva.
«Stai andando in camera a dormire?» chiese il piccoletto, grattandosi la nuca.
L'amico annuì, abbandonandosi ad un lungo sbadiglio contagioso.
Kouyou dovette pizzicarsi una coscia per non sbadigliare a sua volta. «Posso venire a fare un riposino con te?» disse con un filo di voce, facendosi piccolo piccolo mentre iniziava a sentire tutta la stanchezza post-allenamento appesantigli le gambe e la testa.
«E me lo chiedi pure? Certo che puoi.» rise lui, afferrandolo per il polso e trascinandolo letteralmente nella propria camera situata al piano superiore insieme con la camera di sua sorella, un piccolo studio e un bagno che non utilizzavano quasi mai. «Però non aspettarti che ti lasci tutto il letto, principessina.» ghignò, facendolo infine entrare nella propria camera un po' disordinata, ma comunque accogliente.
Kouyou perse qualche battito nel sentirsi chiamare ancora in quel mondo. Pensava fosse solo uno scherzo, ma a quanto pare Akira doveva averlo preso sul serio. Lo vide accomodarsi per primo sul letto, sdraiandosi supino. Lentamente, andò a sedersi sul bordo del letto, non prima d'essersi chiuso accuratamente la porta alle spalle. Ed eccolo immerso nella tranquillità e nella pace della cameretta del suo principe. Insomma, non aveva un aria molto regale, ma se non altro ci si stava bene. Tastò innocuamente il materasso, trovandolo incredibilmente soffice. «Hai un letto comodo...» pigolò flebilmente, tenendo lo sguardo basso mentre gli dava la schiena, non sapendo che fare.
Così, Akira si vide costretto ad afferrare l'amico per i fianchi, trascinandolo verso di sé e facendolo sdraiare accanto a sé. «Come se fosse la prima volta che ti sdrai nel mio letto...» ridacchiò spensieratamente, stringendoselo fra le braccia.
Kouyou andò in brodo di giuggiole – non riusciva a ragionare lucidamente con Akira così vicino. Inspirò profondamente ed espirò lentamente dalla bocca, tenendo gli occhi chiusi. Sarebbe andato tutto bene... erano i soliti amici di sempre, non era la prima volta che dormivano insieme. Anche se...
«Beh, in realtà è un po' come se fosse la prima volta, Aki...»
«Mh? In che senso...?»
«Non lo so nemmeno io... mi sembri cambiato tanto ultimamente... e io invece sono sempre lo stesso. Forse è solo una mia impressione, ma mi sento insignificante e impotente quando sono con te.»
«Kou... ma perché ti fai questi problemi? Sono il solito Akira di sempre, non mi sento cambiato. Forse è solo perché sto crescendo, ma ti assicuro che ti voglio bene come te ne ho sempre voluto.»
«T-tu... m-mi vuoi... b-bene?»
Kouyou non riuscì a trattenersi dal formulare quella domanda che gli scivolò dalle labbra sottoforma di balbettio confuso e impacciato. Akira aveva appena confessato di volergli bene. Akira Suzuki. Quell'Akira Suzuki – lo stesso che si rifiutava anche di baciare la guancia della sorella perché era troppo un duro per farlo. Non riuscendo ancora a credergli e pensando che quella fosse stata solamente una delle allucinazioni uditive più belle e reali della propria esistenza, si rigirò fra le sue braccia, facendosi coraggio e cercando infine il suo sguardo, rispecchiandosi nei suoi occhi piccoli e scuri. Contrasse le labbra in una smorfia sconcertata e attese una sua parola qualsiasi, pendendo dalle sue labbra.
«Certo che ti voglio bene, Kou.» confessò Akira con sincerità, andando a carezzargli una guancia morbida e rosea. «Oggi non scherzavo quando dicevo che eri la mia principessina, mia e basta.» continuò in un sussurrò, arrivando quasi a sfiorargli la fronte tiepida con la punta delle labbra. «Non so perché, ma quando sono con te sono felice... e non voglio che nessun altro ti faccia ridere come faccio io e neppure che ti carezzi o ti abbracci come faccio io... mi arrabbierei molto.»
Kouyou si morse il labbro inferiore, sentendosi gli occhi colmi di lacrime dalla gioia e dall'emozione. Stupido Suzuki Akira. Pur non avendo fatto niente, l'aveva portato sull'orlo di un pianto da femminuccia. Gliel'avrebbe fatta pagare in un futuro forse non tanto prossimo, ma quello non era il momento adatto. Facendosi forza, sollevò il busto quel tanto che gli bastò per potersi allungare a stampargli un dolcissimo e delicatissimo bacio sulla guancia, premendo le labbra nella carne morbida e profumata.
«Anche io ti voglio bene, Akira... te ne voglio tanto, tantissimo.» sussurrò a contatto con la sua pelle, prima che la voce gli si spezzasse a causa dei singhiozzi che non riuscì più a controllare. Infine, si rannicchiò su se stesso, stringendosi nel petto di Akira per abbandonarsi a un leggero pianto, sentendo la sua mano calda e grande carezzargli la schiena.
Akira gli baciò affettuosamente il capo, prima di tornare ad affondare comodamente la testa nel cuscino, chiudendo gli occhi che si erano fatti troppo stanchi. «Le principesse non piangono, Kou... poi va a finire che si rovina il trucco e inzuppano tutto il cuscino...» ridacchiò, lasciandosi poi andare a quel sonnellino che tanto sentiva d'essersi meritato.
Quando Kouyou smise di piangere, spuntò dal rifugio tranquillo che erano le braccia e il petto di Akira, sollevandosi per scrutare quest'ultimo: il suo viso era rilassato in una smorfietta infantile e beata e i suoi lineamenti, seppur momentaneamente, tornarono ad essere quelli del bambino di una volta, quel Suzuki Akira dalle guance paffute e dalle fossette che sapevano sempre strappare un sorriso a chiunque.
«Buonanotte, principe...» mormorò, posando la testa accanto alla sua, sul cuscino, mentre ancora si stringeva fra le sue braccia. “Mi chiedo quando mi porterai al primo ballo...” si domandò fra sé e sé, sperando che quelle parole potessero raggiungerlo nella dimensione dei sogni. “Il ballo di fine anno delle medie mi sembra una buona occasione, no...?”





E chi si aspettava un'altra mia one-shot a rating giallo, tutta dolce dolce e tenera? Ah, io non di certo. E pensare che m'è venuta in mente tutta stanotte, mentre mi giravo e rigiravo nel letto cercando di prender sonno, cosa che alla fine non ho fatto. Pazienza, per fortuna Madame Ispirazione è venuta a trovarmi e a farmi compagnia.
Partendo dal presupposto che non shippo la Reituha perché, per me, la loro non è un OPT ma un brOTP, devo dire che mi ha fatto senso scrivere una cosa del genere su quelle due belle creaturine. Però mi sono divertita parecchio e alla fine posso ritenermi più che soddisfatta del risultato. Un modo alternativo per festeggiare il “kodomo no hi”, anche se loro sono ormai più adolescenti che bambini... insomma, sempre di piccoli umani si parla, no? Non saprei che altro aggiungere... perdonatemi il linguaggio un po' strano, ma ho voluto cercare di utilizzare il linguaggio stupido che usano i bambini – o meglio, il linguaggio stupido che i bambini usavano, visto che adesso sono dei barilotti di parolacce e infamie a go-go... pazienza.
Ah, giusto. Il titolo significa “quattordicenne”.
Spero l'abbiate apprezzata! So che è un po' particolare, ma ho dovuto scriverla tutta d'un fiato. L'ispirazione m'è venuta di getto e non ho potuto far altro che coglierla al volo. E adesso, tutti a mangiare il buon budino di riso con lo sciroppo di mirtillo di mamma Suzuki!
Grazie ancora per aver anche solo letto e per essere giunti fino qui in fondo, significa molto per me.
Alla prossima!

- g.

   
 
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