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Autore: Schwarzfreiheit    30/12/2008    2 recensioni
Mi sdraio, incazzato. Lui sta seduto davanti allo schermo del p.c., gli occhi sgranati, le labbra dischiuse. Posso vedere il suo profilo. Si sente fe4rito, offeso, deriso … Lui, che da anni lotta per poter essere ciò che è ...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non Ci Sarà La Neve Mi sdraio, incazzato.
Lui sta seduto davanti allo schermo del p.c., gli occhi sgranati, le labbra dischiuse.
Posso vedere il suo profilo.
Si sente fe4rito, offeso, deriso …
Lui, che da anni lotta per poter essere ciò che è, che fin da bambino ha dovuto combattere con la gretta ignoranza delle persone che lo circondavano, con i loro pregiudizi.
Ma credeva, ci credeva davvero, che quei tempi fossero finiti.
E adesso, questo …
Certo, è abituato a certe parole, a quelle parole di giornalisti ruffiani che usano la sua faccia solo per vendere i loro stupidi giornali, che mettono la sua immagine in copertina solo per attirare l’ attenzione, come si fa con quella gente che non sa fare nulla.
E’ diventato un cover-boy e  non sa più nemmeno lui come sia successo, quando sia successo.
Neanche io lo so, so solo che i fotografi tendono a concentrarsi su di lui.
Non che mi dispiaccia, è stata una responsabilità in meno, e una noia e una fatica in meno, quando hanno  cominciato  a richiedere quasi sempre lui per i servizi fotografici.
Ma per lui non è facile.
Reprimo un sospiro, cerco di guardare indietro.
Alla fine, è sempre stato così, ma, all’ inizio, l’ essere tirato in ballo solo per il suo look non gli pesava molto.
Sapeva di suscitare curiosità, a volte, la maggior parte delle volte, malcelato disprezzo camuffato da interesse, coperto da sorrisi al veleno.
Ma era un veleno dolce, che dava visibilità ai Tokio Hotel e al quale lui si era finito per abituare.
Ma ormai sono passati anni, il suo look non è affatto cambiato, lui è lo stesso di sempre, eppure la gente riesce ancora a trovare le parole per parlarne.
Durante le interviste riesce a trattenere a stento i sospiri annoiati che, mi accorgo, gli nascono in petto, altre volte soffoca a malapena la frustrazione che vorrebbe farlo gridare.
Sin da bambino ciò che amava era la musica, era il poter essere sé stesso attraverso essa, era la libertà di esprimersi che gli regalava, e sapeva che le attenzioni sul loro aspetto, sul suo in particolare, erano solo un prezzo da pagare.
Ma, già allora, sperava davvero che con gli anni tutto questo sarebbe finito, che la gente si sarebbe abituata a lui e che finalmente le domande che si sarebbe sentito rivolgere sarebbero state indirizzate al nostro lavoro.
Io lo so bene, io so che queste erano le sue speranze, la notte mi teneva sveglio fino ad ore improponibili spiegandomi i suoi sogni e desideri, fino nei più piccoli dettagli.
Crollavo dal sonno, ma lo ascoltavo con attenzione.
Sapevo che era soprattutto un modo per allontanare l’ amarezza di certe occhiate, di certe domande, di certe allusioni che lo inseguivano sin dai tempi della scuola.
Sempre le stesse.
E lo sono ancora, mio Dio, non è cambiato nulla …
Ohhhhhhhh, non che a Bill non piaccia stupire, o essere al centro dell’ attenzione.
Il suo essere naturalmente diva traspare da ogni suo gesto.
C’è chi crede sia una posa, io so che lui è sempre stato così :
un bambino che non vuole crescere, ma con una sensibilità adulta, un ragazzino viziato ma anche molto generoso, una prima donna ma anche attento agli altri e premuroso e dolce.
Fragile, eppure forte.
Ma questa volta è troppo anche per lui.
Si volta verso di me con gli occhi sbarrati.
Io resto disteso sul letto, immobile, il cappellino calcato un po’ più sugli occhi.
Sono arrabbiato.
Gli avevo detto di non leggere quelle cavolate, di non dar peso a quelle che erano solo stupide, vuote parole, ma lui non aveva voluto darmi retta, e adesso se ne sta lì a fissarmi, come in attesa che io ponga rimedio a tutto questo.
<< Che cosa abbiamo fatto ? >> Mi chiede con voce tremante : << Tu hai idea di cosa abbiamo creato ? … >>
Da tremante la voce si alza di un’ ottava, diviene stridula.
Mi metto a sedere, allarmandomi.
C’ erano stati altri momenti come quelli, altre sere in cui lui si metteva a capo chino su quelle riviste - spazzatura a leggere tutte le cazzate che dicevano di noi, altre discussioni
che mutavano in fretta in  interminabili monologhi in cui lui, i8l mio augusto fratellino, strillava come un’ aquila, maledicendo e sparando a zero su tutta quella feccia, su tutta quella gente meschina e vile, sfogando così la sua rabbia e la sua frustrazione, per tornare ad essere il solito dolce, tenero, divertente Bill di sempre, poco dopo.
Ma questa sera qualcosa nella sua espressione mi spaventa.
Ha il viso così pallido, le labbra gli tremano, lo sguardo vitreo, le mani scosse da un tremito che non riesce a frenare.
E’ giunto il momento.
E’ sull’ orlo di una crisi di nervi, ed io sono solo e non ho la più pallida idea di quello che devo fare.
Tendo una mano verso di lui per sfiorarlo, ma si allontana di colpo da me, come se la mia mano bruciasse.
<< Dei mostri … Ecco cosa abbiamo creato … Noi volevamo unire le persone ! Continuavamo come degli stupidi, ad affermare che le differenze si potessero superare grazie alla musica … Volevamo creare un’ unica realtà … E guarda … Guarda, per Dio ! … >>
Urla indicando con l’ indice dal unghia perfettamente curata, lo schermo luminoso del pc.
Quell’ unica luce, nella stanza, rende la pelle di Bill mortalmente bianca.
Sento un fremito lungo la schiena.
Rimango in silenzio, so bene cosa c’è scritto, so quello che succede, quello che pensano di noi, quello che dicono di noi … tutti …
Ma io … Io sono Tom lo stronzo, quello a cui non interessa un cazzo di nessuno se non di me stesso.
Non credo ci sia nulla di male in questo, non sono il mostro che ho appena dipinto, ma una sana dose di egoismo credo sia quella che ci permette di andare avanti, di fregarcene di quello che pensa la gente, di essere sempre noi stessi, e non quello che la gente si aspetta da noi.
Io me ne frego sul serio, ma Bill …
Lui nasconde fin troppo bene quello che prova, e poi deve tirarlo fuori, altrimenti sta male.
Adesso sta urlando, ma il tono della sua voce cala, diventa quasi un sussurro disperato e rassegnato, e la cosa non mi piace per nulla :
<< Hai letto ? Ragazze che si picchiano in nome di un nostro sorriso, che si insultano con le peggiori parole per il semplice fatto di avere opinioni diverse … Che insultano altri artisti … E poi …  …  …  >>
Abbassa gli occhi  a proteggere quel briciolo di dignità che sente di avere ancora :
<<  … Non avrei mai creduto di  venire così duramente criticato da ragazzi giovani, da quella  generazione che anche la mia, o quella subito dopo di me … Credevo che certe parole, che certe idee, il razzismo, fossero lasciate alle spalle, o che per lo meno i giovani stessero lottando per farlo, per superare tutto questo odio … E invece .. Eccolo qui, davanti al mio naso … Sbattuto sulla mia bella faccia da copertina … Ragazze e ragazzi che magari si indignano davanti a chi urla “ sporco negro”  al marocchino, professando per lo straniero tutta la loro comprensione e la loro solidarietà, sono gli stessi che poi si siedono davanti al p.c a giudicare gente che nemmeno conoscono, che non vogliono conoscere, solo in base al loro aspetto … Senza capire che il razzismo  ha molte facce …  >>
Io continuo ad osservarlo in silenzio, provo ad avvicinarmi nuovamente a lui, questa volta riesco a stringerlo tra le mie braccia :
<<  Sono così … Stanco, Tomi …  >>
I suoi singhiozzi mi straziano, ma devo reagire, e deve farlo anche lui.
<<  Dai Bibi, passerà anche questa volta … Non te la devi prendere così …  >>
Ho commesso un errore, un grave errore.
Forse non me ne rendo completamente conto, ma è così.
Sento il suo corpo irrigidirsi tra le mie braccia, ma è solo un istante.
Un attimo dopo lui mi respinge con tutta la forza che ha, e non credevo potesse averne tanta, si alza di scatto, comincia ad urlare come un pazzo, gli occhi fuori dalle orbite, attraversando la stanza a  grandi falcate delle sue lunghe gambe, agitando le braccia.
Ho paura.
<<  Non devo prenderla così ? NON DEVO PRENDERLA COSI’ ? ! ?  >>
Una risata amara e spaventosa esce dalle sue labbra :
<<  E come dovrei prenderla ? Sentiamo ! Sentiamo cosa ha da dire il mio saggio, deciso fratellino, talmente fottutamente sicuro di sé , da potersi permettere di fregarsene !  >>
Non mi dà il tempo di rispondere :
<<  Ma certo ! Non sei tu quello perennemente bersagliato da tutti ! Il massimo che ti possano dire è che sei uno stronzo egoista che passa di donna in donna, ed è la verità in fondo, e poi ti perdonano con un mezzo sorriso, scuotendo la testa … Ma Bill … NO !  >>
Continuando a gridare, si strappa di dosso la sua bella camicia nera, graffiandosi la pelle candida del petto che si alza e abbassa spasmodicamente, si passa una mano sul viso, rovinandosi il perfetto make - up di cui va tanto fiero, l’ ombretto e la matita nera ora sono una macchia indistinta che si estende sul suo zigomo, si tira i capelli, gliene rimangono alcuni tra le dita delle belle mani perfette.
Le sue urla sono strazianti per i miei timpani, ma soprattutto per il mio cuore.
Sono atterrito, terrorizzato, spero che arrivi qualcuno attirato da questo casino.
Come cazzo è possibile che nessuno si sia ancora accorto di quello che sta succedendo ?
Lui continua .
<<  NO ! Bill non può essere perdonato ! Bill deve essere GIUDICATO E POI CONDANNATO per essere quello che è ! Per non essere come tutti gli altri ! Per il suo non sapersi adattare alla massa !  >>
Aveva detto tutto di un fiato, senza prendere respiro.
Vedo il suo volto diventare sempre più paonazzo, i bei lineamenti del viso trasfigurati dalla rabbia e il dolore, le vene sulla gola e sulle tempie pulsare pericolosamente.
Mi alzo di scatto, prima ancora di sapere cosa sta succedendo, ma non faccio in tempo ad arrivare da lui.
Si accascia al suolo, senza emettere neppure un gemito.
Mi getto a terra accanto al suo corpo privo di sensi …
Sto impazzendo, muovo le labbra ma non ne esce nessun suono :
<<  Bill … Bill …  >>
Non mi sente, e anche se volesse non ptrebbe.
La mia disperazione, il mio terrore, non hanno voce.
Lo scuoto leggermente, ma le mani mi tremano talmente forte che non riesco ad essere delicato come vorrei.
Poi un urlo prorompe dalle mie labbra, un suono inarticolato, senza alcun senso, ma qualcuno lo sente, qualcuno si accorge di me, finalmente.
<<  Sono appena rientrato, che cazzo sta succeden …  >>
Le parole muoiono sulle labbra di Georg improvvisamente impallidite, alle sue spalle sento i passi di Gustav che si sta avvicinando di corsa.
Per un attimo, un solo attimo, dimentico tutto, ringraziando il cielo per avere degli Amici così.
Nel frattempo Georg ha preso in mano la situazione, sta chiamando qualcuno, un ambulanza suppongo, ma la testa mi gira inesorabilmente :
<<  Non svenire anche tu ! Aiutami a mettere Bill sul letto, dai !  >>
La voce ferma di Gustav mi arriva da lontano, ma ha la capacità di riportarmi alla realtà.
Solleviamo delicatamente Bill, lo stendiamo sul letto, mi siedo sul suo cuscino, tenendo la sua testa sulle mie gambe, gli accarezzo i capelli, cerco di sistemargli la camicia strappata a coprire quei graffi.
<<  Che cosa è successo ?  >>
Georg ha un tono distaccato, vuole capire, ma intravedo la paura nei suoi occhi verdi, come in quelli scuri di Gustav.

In attesa dell’ ambulanza, cerco di spiegare quello che è successo, cerco di trovare le parole giuste.
Georg si guarda attorno, il suo sguardo si posa sullo schermo del p.c. :
<<  Sa che non deve dar peso a quella robaccia …  >>
Scuote mestamente il capo, so che ha capito, hanno capito entrambi.

Adesso ci troviamo in questo maledetto posto, in questo maledetto corridoio bianco di questo maledetto ospedale asettico.
Mi rosicchio le unghie, osservo i medici andare avanti e indietro e nessuno di loro si ferma davanti a me, come se fossi improvvisamente trasparente, un perfetto signor nessuno.
E’ da tanto tempo che non mi sento così.
La fama è stata spesso una scocciatura, e adesso che mi serve sembra essere scomparsa, probabilmente è restata in quella stanza di albergo, e fin qui è arrivato semplicemente Tom : un anonimo ragazzino spaurito.
Impreco.
Due occhi verdi, trasparenti, si fissano nei miei, imponendomi il silenzio.
Lo detesto.
Voglio solo urlare.
Un uomo alto, brizzolato dall’ aria seria, si avvicina, mi alzo tallonato da Georg e Gustav, lo ascolto col volto imperturbabile quanto la sua voce :
<<  Suo fratello ha avuto un crollo psicologico e il fisico non ha retto, adesso sta meglio, gli abbiamo somministrato un sedativo, sta dormendo. Lo terremo sotto osservazione per un paio di giorni. Non appena si sveglia potrete andare da lui, uno alla volta, un infermiera vi terrà informati.  >>
Detto questo si volta, si allontana lasciandoci qui come tre imbecilli, ognuno con i propri pensieri, ognuno a dare un diverso significato alle parole appena udite, ognuno con diversi sentimenti  che si agitano dentro, ma tutti ugualmente rivolti a Bill.
Ci sediamo.
Sono distrutto.
Chiudo gli occhi.
Respiro piano e un caldo profumo di caffè raggiunge le mie narici .
Apro gli occhi  e un bicchiere sorretto dalla mano di Georg mi appare davanti al naso, accanto una seconda mano, mi porge una brioches … Gustav.
Mi alzo, li abbraccio.
E’ terribilmente confortante sapere di poter contare su di loro, sempre.
Questi pochi giorni passano in fretta.

Ora Bill è qui, a casa, con me …
Ma non è più Bill.
Insieme ai ragazzi abbiamo deciso di prenderci una pausa, una vacanza, abbiamo fatto tanto.
Io e Bill rimaniamo in casa, non voglio esporlo al rischio di essere braccato da quei fottuti paparazzi.
Ma sono preoccupato, lo sono anche Georg e Gustav, infatti non si sono allontanati troppo da noi e vengono spesso a trovarci per vedere come vanno le cose.
Come vanno ?
Vanno male, cazzo, male.
Bill gira per casa in una condizione pietosa.
Ieri mattina, quando me lo sono trovato davanti, per poco non mi sono sentito male, mi stavo guardando in uno specchio dove avrebbe dovuto esserci la porta del bagno :
Indossa un paio di pantaloni enormi e una maglietta … Miei, i più vecchi che è riuscito a trovare, non sapevo nemmeno più di averli.
Ha fatto qualcosa ai capelli, li ha decolorati o che diavolo ne so, so solo che ora sono maledettamente uguali ai miei, legati malamente in una coda spettinata, nascosti da un cappellino, mio … Niente trucco, non c’è più lo smalto … Mi osserva per un momento come valutandomi o valutando l’ immagine di sé stesso che vede riflessa nei miei occhi, si porta le dita alla bocca …
Si sta rosicchiando le unghie !
Provo ad aprire la bocca, ma lui mi passa oltre, senza dire una parola.
Non ha più parlato da quando è stato dimesso dall’ ospedale.
Ho paura.
Sembra che stia cancellando sé stesso, come se non sopportasse più esserlo, come se cercasse di essere qualcun’ altro, come se volesse essere quello che gli altri pensano che sia normale, qualcuno che non viene giudicato di continuo, come se volesse essere … Me …
Sono terrorizzato, vorrei urlare …
-  Tu non sei me !  -   Ma è solo un pensiero, dalla bocca non esce un suono, non riesco, non potrei mai, non voglio ferirlo …
E’ già spezzato dentro …
Il mio piccolo Bill ferito, solo, perso …
Io posso solo stargli accanto, nonostante i freddi brividi che sento corrermi lungo la schiena.
Gira per casa come uno zombie.
Georg oggi lo ha visto, io non credo di aver mai visto lui più preoccupato.
Gustav sta zitto, gli occhi bassi, come se quella vista fosse troppo destabilizzante per lui.
Lo capisco.

I giorni passano inesorabili, pesanti come macigni, senza senso, ne perdo il conto.
Non riesco a farlo parlare.
Lo guardo dimagrire a vista d’ occhio, lo ascolto piangere ogni stramaledetta notte e quelle lacrime, per quanto mi facciano male, mi fanno sperare che in lui ci sia ancora un barlume di lucidità, che le cose possano ancora cambiare.
Ma forse non dovrei desiderarlo.

Questa notte fa freddo.
La neve ha smesso da poco di scendere, guardo fuori dalla finestra, il cielo è nero, la notte è così intensa, l’ aria è limpida.
Un brivido mi scorre lungo la schiena, mio sento così strano e anche Georg e Gustav sembrano stranamente tesi …
D’un tratto due braccia mi cingono la vita.
Mi volto.
Bill è qui, davanti a me, i suoi capelli sono nuovamente corvini, gli occhi dolcissimi, gli occhi del mio Macky, truccati perfettamente, ha aggiustato le sue unghie, le ha dipinte di nero in una perfetta french.
Indossa i suoi pantaloni e la sua maglietta preferiti, le sue collane, i polsini, i bracciali.
Il mio cuore sta esultando, non credo di averlo mai visto più bello di così, o forse è solo perché mi è mancato così tanto, perché ho avuto così tanta paura :
<<  Bill … Sei tornato !  >>
Gli sorrido e finalmente vedo il mio sorriso riflettersi nei suoi occhi, sul suo volto, solo che il suo sorriso è più dolce, più malinconico.
Non mi importa adesso.
Lo abbraccio di slancio, so quanto gli fanno piacere questi miei rari slanci d’ affetto.
Ma dopo il periodo che ho passato non posso proprio evitarmelo e non voglio.
Voglio solo stringerlo a me e dirgli :
<<   Ti voglio bene Bill …  Vedrai, metteremo tutto a posto …  >>
Lui si allontana appena da me, mi guarda dritto negli occhi, il sorriso non ha abbandonato il suo bel viso ed io riesco solo a pensare che non sarò mai stanco di osservarlo.
<<  Ricorda … Tu sei tutto ciò che io sono, tutto ciò che mi scorre nelle vene … Non importa quanto lontani saremo, cosa ci dividerà … Nulla potrà mai cambiare tutto questo …   Ti Voglio bene Tomi … >>
Poi il suo sorriso si allarga un po’, si estende ai suoi occhi luminosi, che volge anche verso Georg e Gustav.
Ci avvolge tutti in quello sguardo caldo e dolce :
<<  Vi voglio bene ragazzi … A tutti voi …  >>
Poi si dirige verso la sua camera.
Lo osservo, non riesco a distogliere lo sguardo da lui, dalla sua schiena che si allontana piano da me.
Lo vedo scomparire su per le scale.
Un brivido freddo mi trafigge il cuore, un tremore che non riesco a spiegare né a frenare mi sta scuotendo.
Sento una musica.
Ha acceso lo stereo.
La voce intensa di Bill e le dolci note di “ In Die Nacht” invadono tutta la casa.
Corro.
Corro con tutto il fiato che ho in corpo.
Corro come non ho mai corso.
Sento il cuore scoppiarmi nel petto.
Bill …  …  …  …  Bill …  …  … …
Riesco a vedere solo un suo stivale sparire oltre la finestra.
No …  …  …  …
<<  NO !  >>
Un grido dalla mia bocca.
Credo che non mi muoverò mai più, ma sto già correndo giù per le scale :
-  La neve ! … La neve avrà sicuramente attutito la caduta ! Non è successo niente …  -
Georg e Gustav, gli occhi pieni di un muto terrore mi corrono dietro in giardino, dietro l’ angolo della casa, siamo sotto la finestra della camera di Bill …
Bill ! …
Il suo corpo composto, il braccio piegato in una posizione innaturale.
Mi butto sulla neve, lo volto piano, so che gli urlerò in faccia le peggiori cose.
Ma le parole mi muoiono in gola, sotto la sua testa mentre lo sto voltando, sento un calore vischioso e bagnato.
Non voglio guardare.
So cosa è.
Non voglio guardare.
Non voglio …
Poso gli occhi sulla macchia di sangue che si allarga sulla neve di un bianco purissimo.
Penso al contrasto forte di quei due colori …
Penso ?
No.
Giro gli occhi su Bill :
<<  Bill … Bill cucciolo, arriverà presto un’ ambulanza, non ti preoccupare …  >>
Non ci credo, non ci crede nemmeno lui.
Ha gli occhi socchiusi, mi vede, mi sente ancora, lo so, lo sento.
<<  Bill … Bibi … Cosa hai fatto ? … Perché ? …  >>
Le mie lacrime bagnano il suo dolce, bel viso, non so più quali siano le mie, quali le sue, non più di quanto io abbia mai saputo dove finisse la mia anima e iniziasse la sua.
Forse perché una divisione non c’era mai stata.
Con un ultimo sforzo volta il braccio, posso vedere il suo tatuaggio :
FREIHEIT 89.
<<  Ho provato, davvero … Non ce la facevo più … Ora sono … Libero …  >>
Un sospiro che non avrei sentito mai più.
Il viso gli ricade di lato.
Sulle sue ciglia brilla un’ ultima lacrima, sulle sue labbra un ultimo lieve sorriso.
Bill.
Bill.
Niente …
So che non mi risponderà mai più …


Questo è quello che è successo all’ incirca un anno fa.
E’ stato un anno frenetico, eppure lento.
I giorni mi si sono trascinati addosso come macigni.
Due settimane dopo quella notte, David ha tenuto una conferenza stampa, per annunciare lo scioglimento dei Tokio Hotel, per dare la notizia a quegli sciacalli.
Nessuno di noi tre era presente.
Per noi i Tokio Hotel sono morti quella notte, giacevano distrutti accanto al corpo di Bill, su quella neve candida.
Come i nostri cuori.
Non ci mostrammo più alle nostre fan, allora come ancora oggi.
Semplicemente siamo tornati ad essere dei perfetti sconosciuti, anche se nessuno di noi sarà più lo stesso.
Mai più.
Georg si è iscritto all’ università, Psicologia.
Gustav si è sposato da poco, aspetta un figlio, fa un lavoro normale.
Si sono trasferiti altrove, ma li sento praticamente ogni giorno e soprattutto li sento vicini proprio come allora, come sono sempre stati.
Sempre.
Ed io ?
Io sono rimasto io, lo stronzo menefreghista di sempre.
O forse no …
Forse dentro di me qualcosa si è spezzato.
Cosa sono io ?
Guardo il cielo, lo chiedo a queste stelle che brillano indifferenti sopra la mia testa.
Indifferenti al dolore che travolge il cuore degli uomini, che lo distrugge, che spezza le loro vite, anche quelle più giovani, anche quelle più belle, anche quelle più pure.
Indifferenti a quel dolore, a quella infelicità che spegne anche gli sguardi e i sorrisi più caldi e luminosi.
Le risate più cristalline e le voci più melodiose.
Prendo il cellulare : “  Vi voglio bene ragazzi … Grazie … Di tutto … ”
Premo invio. Lo poso a terra.
Chiudo gli occhi.
Non voglio più vedere queste stelle.
Una lacrima solitaria scivola sul mio viso.
Muore vicino alle mie labbra che si muovono leggere :
<<  … Bill … Ti Voglio Bene …  …   …   … Bill …  >>
L’aria è fredda, come un anno fa, ma questa volta non ci sarà la neve, laggiù, ad aspettarmi …  …  …  …  …






   
 
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