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Autore: Eleanor95    05/05/2015    0 recensioni
Castiel non poteva dormire. A lui non era permesso.
-Destiel
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Più stagioni
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Mia prima fanfiction in questo fandom. Spero possiate apprezzare.
La storia si dilata nel tempo e ha come fattore comune il ''non-dormire'' di Cas.

Castiel non dormiva. Forse perché non gli era permesso.
Dio lo aveva creato così: Una macchina perfetta, pronta all'azione. Una macchina che non aveva bisogno né di carburante e né di spegnersi. Che obbedisse ad ogni ordine, senza mai replicare. A questo serviva Castiel.
Dormire era un atto umano ed a lui non era permesso, anche se lui un po' li invidiava, gli umani. Così deboli e allo stesso tempo così forti, che possedevano qualcosa che lui non avrebbe mai avuto: Il libero arbitrio. Ma questo non l'avrebbe mai detto, perché lui aveva un compito e doveva rimanere fedele a quest'ultimo, fino alla fine.

Castiel trovava che dormire fosse un atto inutile, una perdita di tempo. Eppure, non poteva fare a meno di guardare quell'umano, steso sul divano e che russava sommessamente: Dean.
L'uomo giusto, l'uomo che lui aveva salvato dalla perdizione.
Si muoveva inquieto nel sonno. Era un incubo, pensò Castiel, e poteva vedere l'inferno che egli viveva dietro a quelle palpebre serrate, nella sua mente, ovunque. 
Un senso di protezione crebbe in lui, così si avvicinò a quella debole creatura e gli toccò la fronte con le dita. E finalmente, l'umano potè dormire in pace. 

Castiel non poteva dormire, si sa, ma per la prima volta nella sua vita era stanco, stanco di ogni cosa. Così si poggiò allo schienale di pelle e si lasciò cullare dal rombo del motore dell'Impala e dalle voci dei due Winchester che ancora discutevano della fottuta Apocalisse, ma a lui non importava. Voleva solo dormire e non pensare più a nulla.
Si abbandonò al sonno per la prima volta nella sua intera esistenza. Quell'atto così umano era diventato anche suo, forse perché era diverso dall'angelo che era una volta. Non era più una macchina che obbediva ad ogni ordine. Era cambiato.

Lui non riusciva a dormire.
Disteso sul letto, fissava il soffitto con occhi spalancati.
Ogni notte era sempre la stessa storia: Rimaneva sveglio per ore ed ore, fino al mattino, senza mai chiudere occhio. Sua moglie non sapeva di questa storia, e forse era meglio così. Era trattato da tutti come un Santone, un guaritore, una persona fuori dal comune; non voleva essere visto anche come un mostro.
Doveva tanto a sua moglie: Lei lo aveva accolto, nonostante non avesse nessun ricordo, e lo aveva amato come il primo degli uomini. Ma ogni volta che lui la guardava, in quegli occhi marroni, si sentiva inadeguato, come se qualcosa mancasse. Tutto di quella vita lo faceva sentire inadeguato, persino il nome Emanuelle non gli si addiceva. Però lui aveva accettato a suo malgrado, per non rimanere solo.
Ed ogni notte insonne la passava a sforzarsi di ricordare qualcosa della sua vecchia vita, perché sapeva di non appartenere a quel posto, sapeva che non era come gli altri esseri umani.

Castiel non doveva dormire, non in in quel momento, anche se si sentiva terribilmente stanco.
La vita in purgatorio era un inferno, si potrebbe dire comicamente.
Passava il giorno a fuggire dai leviatani, mentre la notte, senza farsi vedere, ritornava da Dean e vegliava sul suo sonno. Non poteva rischiare, però, non poteva permettere che i leviatani lo trovassero e lo uccidessero. Era solo un umano, il suo umano, e lui doveva proteggerlo. Così rimaneva a vegliare su di lui, finché quest'ultimo non avrebbe aperto occhi, e l'angelo sarebbe sparito di nuovo nei meantri di quello strano luogo abitato da mostri.

Castiel ora poteva dormire, ma milioni di pensieri affollavano la sua testa e tutti avevano un fattore comune: Dean.
Dov'era Dean? Come stava? Cosa stava facendo?
Purtroppo non aveva più le sue ali e, per questo, non poteva teletrasportarsi da lui come faceva disolito. Comparire alle sue spalle e, magari, prendersi una ramanzina per la troppa vicinanza. Non poteva farlo.
Era sfinito, il corpo gli doleva e si sentiva così debole, così... umano. Lui era umano, concluse tristemente.
Provò a chiudere  gli occhi e contare le pecore come gli aveva suggerito quel senzatetto, ma fu tutto inutile. Si sentiva solo, perduto e inesperto. Un vero e proprio bambino senza trenchcoat.

Castiel non aveva bisogno di dormire, ma per Dean avrebbe fatto qualsiasi cosa.
E si ritrovò steso su quel letto con il suo prezioso tesoro tra le braccia, che piangeva e si malediceva. L'angelo lo stringeva di più a sé, accarezzandogli la testa bionda e sussurandogli parole di conforto.
Lo amava, pensò, lo amava così tanto che avrebbe fatto  devvero qualsiasi cosa pur di togliere quel maledetto marchio dal braccio. Con questa consapevolezza sfiorò le labbra di Dean con le proprie e insieme si addormentarono, stretti in un tenero abbraccio.


 
  
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