Questa storia è stata scritta per
l’iniziativa “Ready, Set, Prompt!” indetta dal gruppo Facebook
“The Capitol”.
Il prompt è: “Scrivi
una storia in cui uno dei personaggi si
prende l’influenza e l’altro lo accudisce”. Questa storia si ispira anche
al prompt “Posy/Hazelle – “Oggi faccio io la mamma” lasciatomi da Macy McLaughlin
per l’iniziativa Girotondo di Prompt e al prompt “carezze impacciate” della tabella caress della challenge 30 modi di
amare, più qualche delizia indetta da Eireen_23.
Oggi faccio
io la mamma!
Hazelle cercò,
senza successo, di trattenere l’ennesimo starnuto. Si portò al volto le mani
insaponate, prima di sospirare e scoccare un’occhiata rassegnata alla tinozza
piena d’acqua che aveva di fronte. C’erano ancora diverse ceste di biancheria
da lavare e doveva preparare la cena per i ragazzi, ma il mal di testa stava
incominciando ad avere la meglio su di lei. Si sentiva debole e i brividi le
percorrevano la schiena ogni qualvolta sfiorasse l’acqua. Continuò ugualmente a
lavorare, cercando di sbrigarsi per finire più in fretta.
Quella non
era affatto la settimana migliore per ammalarsi: tramite la figlia della lattaia
– Eileen – che era amica di Rory, Hazelle era
riuscita a rimediare un paio di nuovi
clienti e non poteva consegnare la biancheria in ritardo proprio il primo
giorno di lavoro.
Era
abituata a lavorare con l’influenza e fortunatamente non faceva nemmeno così
freddo, così riuscì a riprendere e a mantenere il ritmo con cui lavava di
solito, interrompendosi solo per soffiarsi il naso.
Al quarto
starnuto di fila, i suoi tre figli più piccoli fecero capolino dalla camera da
letto. Rory e Vick si scambiarono un’occhiata preoccupata.
“Hai
bisogno di medicine, mamma?” chiese il maggiore dei due, appoggiando una spalla
alla parete, come faceva spesso Gale. “Posso fare un salto da Prim e chiedere a sua madre se ha qualcosa per te.”
“Che ne dici
se ti aiutiamo con il bucato?” chiese Vick, prendendo uno sgabello per sedersi
di fianco alla madre. Posy balzò subito sulle sue ginocchia, per poter
raggiungere meglio il catino in altezza. Immerse le dita nell’acqua insaponata
e se le portò al volto per soffiarci dentro, cercando di fare delle bolle di
sapone.
Hazelle rivolse
un sorriso stanco ai due figli più piccoli.
“Non ce
n’è bisogno, ho quasi finito” rassicurò i tre ragazzini, prima di rivolgersi a
Rory. “Sto bene, amore, è solo un po’ di
influenza. Però avrei bisogno di una mano con la cena: potresti mettere a
scaldare la zuppa mentre me la vedo con questo lenzuolo? C’è una macchia che
non vuole proprio sapere di andare via” commentò, sfregando un po’ più forte
sul tessuto.
“Va
bene” acconsentì Rory, raggiungendo i
fornelli. Mentre la madre non guardava, incrociò lo sguardo di Vick e gli
indicò la donna con un gesto del capo, come a volergli suggerire di tenerla
d’occhio; il ragazzino annuì.
“Ma
mamma…” intervenne in quel momento Posy, scendendo dalle ginocchia del fratello
maggiore. “… Se hai l’influenza devi dormire. E bere il brodo caldo e ascoltare
una favola e farti fare le carezze. Io, quando ho l’influenza, faccio tutte
queste cose.”
Hazelle sorrise
intenerita; le sarebbe piaciuto dare un bacio sulla fronte alla figlioletta, ma
non voleva rischiare di attaccarle il raffreddore. Fece per risponderle, ma fu
costretta a interrompersi per starnutire di nuovo.
“Sul serio
mamma, dovresti andare di là a riposarti” intervenne a quel punto Vick,
appoggiandole una mano sulla spalla. “Il bucato lo puoi finire dopo e alla cena
ci pensiamo io e Rory.”
“Tanto
adesso dovrebbe tornare anche Gale”
s’introdusse nel discorso Rory, mentre sistemava la pentola di zuppa sul
fornello. “Se ha fatto così tardi è perché ha rimediato qualcosina di buono;
probabilmente saremo a posto per un paio giorni.”
“Ragazzi,
sto bene. Davvero” ripeté con voce ferma la donna, ignorando il cerchio alla
testa che avvertiva. “Ci sono donne che sono costrette ad andare in miniera
tutti i giorni anche con bronchiti e polmoniti; io ho solo un po’ di
raffreddore, due linee di febbre non mi renderanno di sicuro moribonda.”
“Che vuol
dire morebionda?”
chiese subito Posy, appoggiandosi allo schienale della sua sedia.
“Che ha
mangiato tante more ed è diventata bionda” rispose con un sorrisetto Rory,
facendo ridere il fratello minore. Anche Hazelle
sorrise, mentre osservava con tenerezza l’espressione confusa della bambina.
“Io non
voglio far diventare la mamma bionda, è già bella così!” esclamò Posy, dopo
aver riflettuto sulla questione.
“Allora
convincila a mettersi a letto” le rispose Rory, indicando la madre con il
mestolo. Fece una smorfia, quando si rese conto che aveva gocciolato
dappertutto.
“Proteggiamo
i suoi capelli neri!” gli diede corda il fratello, sfilando con delicatezza il
lenzuolo dalle mani della madre.
“Ragazzi…”
li ammonì debolmente Hazelle. Quando Posy cercò di
farla alzare sospirò, ma non oppose resistenza.
“Vieni, ti
proteggo io!” esclamò a quel punto la bambina, guidandola fino alla camera da
letto. “Oggi faccio io la mamma” aggiunse con fare serio, gonfiando orgogliosa
il petto.
Hazelle si voltò
per tornare al catino, ma il suo posto l’aveva già occupato Vick.
“Non
voglio che resti troppo tempo con le mani a mollo” gli ricordò la donna, il cui
viso era tornato a farsi preoccupato. “Lo sai, Vick. Ti ammaleresti un’altra
volta.”
“Finisco
solo questo lenzuolo” la rassicurò il ragazzino, prima di venire interrotto da
due manine appoggiate sulle guance. Posy gli mise le dita sul volto per
attirare la sua attenzione.
“Non devi
stare con le mani nel mollo!” lo
rimproverò, cercando di utilizzare un tono di voce severo. “Ti ammali un’altra
volta, poi!”
Hazelle si mise a
ridere.
“Non ti
preoccupare, tolgo subito le mani dal mollo!”
scherzò Vick, asciugandosi le dita nella felpa e chinandosi per darle un bacio sui
capelli.
Rory smise
di occuparsi della zuppa e sorrise malandrino in direzione della mamma.
“Lo vedi?
Puoi andare a dormire tranquilla, hai già una perfetta sostituta!”
Hazelle si portò
le mani sui fianchi.
“Volete
proprio liberarvi di me, eh?” scherzò, mentre i due figli maggiori si
scambiavano sguardi complici.
“Dai,
vieni a dormire, bambina mia!” esclamò a quel punto Posy, trascinando per mano
la madre fino alla camera da letto.
Rory
aggrottò le sopracciglia.
“Bambina
mia?”
“Cappuccetto
Rosso” si limitò a rispondergli Vick, dando una scrollata di spalle. “Il lupo,
quando si traveste da nonna, parla più o meno così.”
Rory fece
una smorfia.
“Ho
capito, bambino mio” borbottò facendo la voce grossa. Vick sorrise e gli lanciò
uno strofinaccio, dando il via a una turbolenta battaglia di stoffa e pezze per
pulire.
Nel
frattempo, nella stanza a fianco, Posy aveva convinto la madre a stendersi sul
letto.
“Il brodo,
però, non lo so fare” spiegò la bambina, facendo del suo meglio per rimboccarle
le coperte. “Ma quanto torna Gale gli dico di prepararlo, tanto lui sa fare
tutto!”
Hazelle sorrise.
Fece segno alla piccola di sedersi di fianco a lei e Posy si arrampicò sul
letto.
“In realtà
mi sento già un po’ meglio” rivelò in un sussurro la madre, sistemando qualche
ciocca di capelli dietro l’orecchio alla bambina. “Sei proprio brava a fare la
mamma.”
Posy
sorrise allegra e il suo sguardo si accese di orgoglio.
“Posso
raccontarti una storia, adesso?” chiese, mettendosi a gambe incrociate sul
materasso.
La madre
starnutì un paio di volte, prima di riuscire ad annuire.
Posy
incominciò ad accarezzarle i capelli con gesti leggeri, ma un po’ impacciati,
da bambina. Infine si mise a raccontare, parlando sottovoce come faceva Hazelle quando la figlia era malata e lei cercava di
addormentarla.
“C’era una
volta una bambina che si chiamava Cappuccetto Rosso. E aveva una mamma. E una
nonna. Un giorno, la mamma gli dice: ‘Bambina mia, porta queste cose alla nonna
che sta male.’ E Cappuccetto dice di sì…”
Hazelle socchiuse
gli occhi, divertita e intenerita al tempo stesso dalla parlantina della
piccola di casa. Le carezze di Posy non cessarono nemmeno quando la donna chiuse
le palpebre del tutto, rimanendo sospesa a metà fra il sonno e la veglia.
La voce
della sua bambina continuò a cullarla, mescolata ai familiari e confortanti,
rumori che provenivano dalla cucina: l’acqua del catino, il tramestio di
posate, la porta d’ingresso che si apriva e la voce del suo primogenito che si
univa alle risate dei due fratelli minori.
Hazelle si
addormentò col sorriso, trovando la forza – forse per la prima volta da tempo –
di abbassare la guardia e cedere il testimone al resto della famiglia.
Fidandosi dei suoi figli e ringraziandoli in silenzio, per il sostegno che riuscivano
a darle anche quando avrebbe potuto sforzarsi di resistere. Amandoli, come li
amava sempre, ma un po’ di più. Così come le capitava di fare ogni giorno.
La favola
di Posy si concluse una decina di minuti prima che la donna riuscisse,
finalmente, a prendere sonno.
Le ultime
cose che sentì mentre si addormentava furono un psss! di Rory rivolto a Posy e il sussurro di risposta della bambina.
“No,
tranquillo, ho controllato! Ha ancora i capelli neri!”