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Autore: fuoritema    07/05/2015    3 recensioni
{SPIN-OFF “Torna con lo scudo o su di esso” | Ari e Mahinete Frost | Distretto 4 }
***
“Ehi, pesciolino” lo salutò con allegria Mahinete, sedendosi accanto a lui. Un berretto con sopra disegnata un ancora le copriva i capelli biondissimi. “Che fai?”
“Osservo” le rispose il bambino, tornando a seguire il movimento delle onde a largo. “E penso.”
Sua sorella gli rivolse un’occhiata perplessa. “Sentiamo a cosa pensi, allora.” Si creò un po’ di spazio per sedersi, spostandosi verso destra e stringendo le ginocchia a sé.
“Secondo te il mare ha una famiglia o è solo, grande e grosso com’è?” In effetti, un gigante come lui non poteva vivere ancora con la sua mamma – neppure lui ne aveva più una.
“Beh… Tutti hanno una famiglia: nel suo caso ci sono papà temporale e mamma acqua. Poi c’è anche una sorella, che si chiama pioggia e gioca con lui, quando scende giù dalle nuvole perché si sente sola” concluse l’albina, dopo un momento d’esitazione. Sapeva che suo fratello non si sentiva sicuro con il sole tramontato: glielo diceva il modo in cui attorcigliava la cima in nodi e nodi, che era nervoso.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fratello mare, sorella pioggia.
 
 
 

[Prompt]
Il mare e la pioggia sono fratelli?
Cosa fanno quando s’incontrano?
 
da Kary91
 
 
 
 
 
Ari guardava il mare. Lo faceva sempre, quando le onde erano troppo forti per un bambino come lui e Nautès decideva di lasciarlo a riva, ad annodare reti. Quel giorno gli aveva persino promesso che, quando avrebbero attraccato, sarebbe stato lui ad agganciare le cime alla bitta sul pontile. Per questo avrebbe voluto solo essere il primo ad avvistarli, quando sarebbero ritornati – perché così avrebbe corso in paese gridando “le barche!” e gli altri bambini lo avrebbero seguito, cercando con lo sguardo la prima vela bianca all’orizzonte. Se gli avessero chiesto cosa avrebbe voluto fare, a cinque anni avrebbe risposto: “vedere le vele prima degli altri.” Ora i suoi desideri erano cambiati di poco: era quella di suo padre, la barca che voleva vedere. Ce n’era sempre una che arrivava qualche minuto in anticipo, ma a Nautès non capitava mai: arrivava tra gli ultimi e, nella speranza di veder abboccare qualche altro pesce, si dimenticava che il buio stesse scendendo sull’acqua come un mantello. Quando lo copriva, ad Ari faceva quasi paura guardare la barca dalla scogliera. Gli avevano raccontato che la notte se li portava via, i marinai come suo papà.
Nel 61[1] – Neth gliene aveva parlato, perché di quando aveva quattro anni Ari non si ricordava nulla – una barca con lo spinnaker blu scomparve a largo della Roccia del Tridente. Non tornarono neppure i resti, neppure un pezzettino di albero, neanche l’anello da matrimonio del capitano; il mare li mangiò tutti. Era strano per un abitante del 4 aver paura dell’acqua, pensò Ari tra sé e sé, tanto strano che forse non era mai successo. Se ne vergognò persino un po’, mentre nuvole rosee nascondevano il sole, e riuscì ad arrivare ad una conclusione: il problema era che sapeva cosa avrebbe potuto fare, se si fosse arrabbiato.
Due mani gli si poggiarono sugli occhi, coprendoglieli. “Ehi, pesciolino” lo salutò con allegria Mahinete, sedendosi accanto a lui. Un berretto con sopra disegnata un'ancora le copriva i capelli biondissimi. “Che fai?”
“Osservo” le rispose il bambino, tornando a seguire il movimento delle onde a largo. “E penso.”
Sua sorella gli rivolse un’occhiata perplessa. “Sentiamo a cosa pensi, allora.” Si creò un po’ di spazio per sedersi, spostandosi verso destra e stringendo le ginocchia a sé.
“Secondo te il mare ha una famiglia o è solo, grande e grosso com’è?” In effetti, un gigante come lui non poteva vivere ancora con la sua mamma – neppure lui ne aveva più una.
“Beh… Tutti hanno una famiglia: nel suo caso ci sono papà temporale e mamma acqua. Poi c’è anche una sorella, che si chiama pioggia e gioca con lui, quando scende giù dalle nuvole perché si sente sola” concluse l’albina, dopo un momento d’esitazione. Sapeva che suo fratello non si sentiva sicuro con il sole tramontato: glielo diceva il modo in cui attorcigliava la cima in nodi e nodi, che era nervoso. Di solito non s’incartava mai e invece, in quel momento, faceva tutto tranne entrare negli occhielli giusti. Lo vide fermarsi con un sospiro.
“Papà temporale lo hanno soprannominato così perché brontola, ma in realtà è buono come il pane.” Mahinete valutò se dargli una mano, vedendolo in difficoltà. Le labbra del bambino stavano silenziosamente ripetendo la storiella che i vecchi marinai insegnavano ai nipoti per creare la gassa perfetta.
“Come quello della panettiera?” la interruppe il fratellino.
“Come quello della panettiera” confermò lei, aiutandolo ad intrecciare un nodo particolarmente complesso. Le sue dita strinsero un attimo quelle del fratello, nel concludere il cammino del serpentello[2]. “Esce dalla tana, gira intorno alla sua coda e…”
“… Rientra nella tana” concluse Ari con un piccolo sorriso. Mahinete stava parlando di suo padre – capì – e quando lei gli scompigliò i capelli, si sentì a casa, sebbene Hito e Nautès non fossero lì a proteggerlo.
“Ora però il mare non lo vede più di tanto. Sono vicini – a separarli c’è solo qualche soffio di vento – ma è pioggia, che è più piccola, a far compagnia al papà nei giorni sereni.”
“E perché?”
“Perché il temporale non può toccare il mare, quando non piove” gli spiegò l’albina, pazientemente. Strinse il fratellino a sé con un braccio, concentrandosi per continuare la storia inventata al momento, poi guidò le sue mani a creare un savoia[3].
“Pioggia invece rimane lì, stesa sulle nuvole ad aspettare di poter rincontrare suo fratello. Da bambina si divertiva a scendere sulla terra anche quando non doveva. Per questo il mare è così grande: è andata così tante volte da lui, che gli ha fatto inondare pianure, colline e perfino montagne.” Neth ricordava di una certa Atlantide, città sommersa e mai più tornata alla luce, e per qualche secondo pensò pure di deviare la sua narrazione verso storie che già conosceva. Tuttavia, sebbene quell’idea la punzecchiasse, decise di continuare sulla sua strada. Non era certa che “trovare la propria via” – come le suggeriva spesso suo padre – fosse propriamente quello, ma non poteva essere tanto diverso.
“Quando s’incontrano, noi non lo vediamo, eppure piccole perle si depositano sulla sabbia a largo. Sono i regali che pioggia fa a mare, perché le è mancato troppissimo e vorrebbe stare sempre con lui.”
“Anche io vorrei stare sempre con te. E con Hito, e con papà” affermò il bambino, gonfiando il petto orgoglioso. “Sai, un giorno voglio prendere una perla.” Ari si alzò, indicando la distesa azzurra con un cenno del capo. “E magari diventerò coraggioso come voi.”
In quel momento, una lontana vela bianca attirò l’attenzione del bambino che annodò un’ultima volta la cima, prima di lasciarla cadere per terra. “Barca!” gridò, riconoscendo nello spinnaker a strisce quello della Flipper. “Ed è la nostra barca” precisò. Fiocchi bianchi e blu fileggiavano nel porto, marinai con i capelli e braccia salate iniziavano già a scendere sul pontile e qualche bambino, che magari giocava sulla spiaggia prima dell’attracco, si avvinghiava al collo del genitore. Ari corse fino alla vela che aveva numerato lui con un pennarello nero, per poi interporsi tra suo padre e la randa che stava rollando. Fu solo quando finalmente riuscì a raggiungere il suo petto e Mahinete e Hito si aggiunsero in quell’abbraccio improvvisato sotto una vela biaca, che Ari poté dire di aver realizzato il suo desiderio più grande. E non era né vedere la prima barca che entrava nel porto né che fosse la Flipper: era avere una famiglia.
Come quella del mare.
 
 
[1] Il 61 è il sessantunesimo anno dalla fondazione dei Giochi. Per non complicarmi la vita, ho deciso di orientarmi negli anni come se l’Anno Zero fosse quello in cui i Giorni Bui sono finiti. Per esempio, Ari è nato nel 57.
 
[2] La gassa è un nodo marinaresco che viene fatto per fissare varie cime una vicino all’altra, di solito. La si insegna ai bambini – o almeno a me l’hanno insegnata così e io tuttora la spiego ai marmocchi in questo modo – con questa storia del serpentello.
 
[3] Il savoia è un altro nodo marinaresco, quello più facile di tutti.

 

Note dell'autrice:

Questa storia è stata scritta per la Prima Fase dell’iniziativa “Ready, Set, Prompt” indetta dal gruppo Facebook The Capitol. Il prompt è “
Il mare e la pioggia sono fratelli? Cosa fanno quando s’incontrano?” e “Desiderio.” E boh, sono contenta perché questi prompt mi stanno aiutando molto *^*
Ari è il fratello minore di Hito e Mahinete, più piccolo di lei di quasi tre anni. In questa storia dovrebbero avere, rispettivamente, 7 e 10 anni. Non avevo mai parlato di lui, in una mia storia, e sono felice di averlo introdotto in questo modo. È un bambino molto timido, insicuro: fa contrasto rispetto a sua sorella, che parlerebbe sempre. Vedremo se riuscirò a scribacchiare qualcos'altro su questa famiglia, adesso che ho tutti questi spunti. Tutti i termini marinareschi li ho presi dai ricordi che ho di fare optimist, mentre i nodi... beh, li so fare ancora e mi diverto e ripetermeli xD 
Grazie a tutti per aver letto,

jiminy
PS. Il titolo della storia è una semi-citazione di “fratello sole, sorella luna”, il film su San Francesco.


 
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