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Autore: _Mikan_    08/05/2015    0 recensioni
Capelli neri come la pece ed occhi azzurri come il ghiaccio. Questo caratterizza Margaret, oltre ad una passione smisurata per la natura. Ed è proprio in mezzo al verde che questa drammatica storia si apre, ricordando i bei momenti passati col padre defunto, accanto al proprio cane Calzino.
*Dal testo*
Mamma si avvicinò alla scura scrivania "da lavoro" o così la definivo io.
Era ancora in disordine con mille fogli sparsi un po' dappertutto.
Delicatamente sfiorò dei disegni con le dita.
Si soffermò su uno in particolare: raffigurava una donna seduta su una grande pietra.
Lo sfondo era un meraviglioso giardino con rose di ogni tipo. C'era perfino una fontana.
Ma le vere protagoniste erano delle ali bianche con piume candide e morbide.
Mamma prese il foglio e lo avvicinò per osservarlo meglio.
Ciò che più la ammutolì furono dei bellissimi capelli lunghi, lisci come la seta e di un nero come il carbone.
Si portò la mano alla bocca.
"Non è possibile."-Disse perplessa-"Non può averlo scoperto."
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alzai leggermente il vestito per non rischiare di sporcarlo e soprattutto per evitare una brutta caduta.
Ero così agitata che non mi accorsi di chi mi sedeva accanto nella carrozza. Era Livius, in tutta la sua
bellezza ed eleganza. 
Ci guardammo tutte e due a bocca aperta.
"T-tu sei la dea?!"-Quasi urlò dallo stupore.
Sorrisi amaramente.
"Già."

Livius stava per inchinarsi.
"No fermo, non serve, davvero. Sarò pure la dea, ma non merito questo trattamento."
Sorrisi ancora.
"Tranquilla."-Affermò lui-"Mi sarei inchinato comunque di fronte a tale bellezza."
E mi mostrò uno dei più bei sorrisi del mondo. Ma non potevo sciogliermi dopo le ore di
preparazione! 

"La dea, eh?"-Sussurrò Livius chiudendo gli occhi-"Dopotutto chi mai avrebbe potuto cantare in quel modo?"
Si girò verso di me e mi fece l'occhiolino. Si riferiva al nostro incontro. Che imbarazzo! Però non mi sarebbe
dispiaciuto cantare ancora una volta accompagnata dal suo fantastico violino.

Poco dopo ci raggiunsero anche Luv e Clarence. 
Cercai aiuto negl'occhi di quest'ultima, ma lei restava impassibile.
"Luuuuvv!!"-Sbuffai esasperata.
"Non ti agitare, puoi farcela!"-Mi consolò lei-"Sorridi e agita la mano. Tutto qui. Quando sarà ora di scendere
dovrai salire nel palchetto e..."
La interruppi.
"Dove dovrei salire io?! Perché?!"-Urlai nuovamente.

Questo me lo spiegò la voce calma di Livius: "Tu sei in questa carrozza per mostrarti a tutti. Una volta scesi,
dovrai salire su quel palco e restare lì per un po', ascoltando dei paroloni noiosi, ma fondamentali.
Tu cerca solo di non addormentarti."-E mi sorrise calorosamente-"E' un normale rito. 
Alla fine ti faranno dono di una coroncina che dovrai sempre portare in testa. E dopo sarai di nuovo libera."

Niente di difficile per una persona normale. Ma io non lo ero. Buttai a terra cento cameriere solo perché
cercavano di prendermi le misure. Inoltre con i trampoli ai piedi la figuraccia era assicurata.
Non volevo farlo. Poi mi sentivo ridicola. Non ero degna di portare un vestito come quello; e se ricevevo
solo grandi risate?

I cavalli iniziarono a muoversi lentamente. MOLTO LENTAMENTE. Questa velocità rendeva tutto più anzioso.
La mia mano tremante trovò il calore di qualcuno. Era Livius. La mia preoccupazione era così evidente?
"Puoi farcela."-Mi sussurrò e fu l'ultima cosa che sentii dopo che degli enormi cancelli si aprirono, lasciando
spazio a folle di uomini, donne e bambini che acclamavano qualcosa. Me? Chiamavano il mio nome?

Livius alzò la sua mano in alto, tenendo ancora la mia e a questo gesto il rumore della folla crebbe a dismisura.
"Grazie, faccio da sola."-Affermai fredda lasciando la sua mano.
Copiai i movimenti leggiadri di Luv, anche se io a confronto ero paragonabile ad un ippopotamo che cerca
di volare, fallendo miseramente.
Anche Clarence era molto affascinante quel giorno.
Solo io ero un pesce fuor d'acqua.

Salutai dei bambini che mi sorrisero gioiosamente. Che carini!



La carrozza percorse non so quanti chilometri e alla fine, lentamente, si fermò davanti ad un grande palco
in legno addobbato e decorato a dovere. In mezzo c'era una donna alta con i capelli marroni e gli occhi color
cioccolato. Portava una tunica bianca con una fascia rossa legata alla vita.
Al centro del palco, un tavolino anch'esso in legno. 

Luv e Clarence scesero senza il minimo sforzo; io invece stavo già avendo la nausea.
Mi bloccai per la paura di cadere e fare una pessima figura.
Avrei voluto muovere le gambe, ma qualcosa me lo impediva.
Tremavo. 

E nel momento più critico, il mio eroe: Livius scese dal mezzo di trasporto e venne a porgermi una mano con
trentadue denti in bella vista.

"Ti devo un favore."-Gli dissi e afferrai la sua mano, non mollandola fino a toccare terra coi piedi.
"Di nulla."-Rispose.

Bene. Dovevo solo salire nel palco e cercare di NON addormentarmi, scivolare, far cadere qualcosa,
strappare il vestito e tante altre disavventure.
Mi avviai verso la struttura in legno con un goffo tentativo di sembrare più fiduciosa e fiera, ma ottenendo solamente
delle gambe tremolanti.
I tacchi. Quei maledetti tacchi! 

Una scaletta si stava prendendo gioco della mia persona. La potevo sentire chiaramente.
Rideva e si burlava di me. Mi sussurrava: "Cadrai. Cadrai sicuramente!" E rideva di gusto. Ma in
fondo era solo una scala. Potevo batterla. Prima un piede, poi un altro e così via. Potevo farcela sicuramente.
Superai la scala compiaciuta di me stessa per aver zittito quel pezzo di legno e mi diressi verso il centro,
dove mi aspettava quella donna.
La guardai bene: era molto bella e curata.

Mi sorrise dolcemente, come una sorella e mi fece segno di portarmi la mano al  cuore. 
Seguì le sue istruzioni.
Poi si voltò verso il popolo e iniziò un lungo discorso:
"Oh miei amati, siamo tutti qui riuniti oggi per celebrare, finalmente, la venuta della nostra dea millenaria.
E' necessario, come ben sapete, un rito fondamentale per farla divenire la nostra dea: i giuramenti."
La donna si rivolse di nuovo a me.
"Dica <>"-Disse e sorrise.
"Va bene."

"Giuri, oh nostra dea, fedeltà al regno?"
"Lo giuro."
"Giuri, oh nostra dea, di vegliare a noi e alla natura, per farla crescere forte e rigogliosa, come una madre amorevole?
"Lo giuro."
"Giuri, oh nostra dea, di purificare i nostri cuori da comuni mortali con il tuo soffio divino? E di alleviare le nostre 
orecchie e quelle di madre natura con la tua elegante voce?"
"Lo giuro."
"Giuri di rimanere al nostro fianco? Noi lo faremo."
"Lo giuro."
"Di indicarci la giusta via e di illuminarci diventando il nostro sole e la nostra luna?"
"Lo giuro."
"Di essere dalla parte della giustizia? Di provare compassione ed essere severa quando serve?"
"Lo giuro."
"Di NON innamorarti di nessun umano, ma di amarci tutti allo stesso modo?"

Eh? Cosa? Perché non potevo innamorarmi?
Ripensai a mia madre; quella vera. Mio papà ... era stato uno sbaglio? Non doveva innamorarsi di lui?
E' per questo che scappò con me nell'altro mondo? 
Cercai lo sguardo di Luv fra la folla. Non sapevo che fare. 
Quando la vidi ... trovai solo uno sguardo freddo che aspettava il mio "Lo giuro."
Ma come poteva farmi questo? E ai miei sentimenti non ci pensava nessuno? 
Anche Clarence e Livius erano della stessa idea. Dai loro occhi glaciali non trapelava nessuna
emozione. Forse dal momento in cui confessai loro di essere la dea, mi videro solo come tale; come un
contenitore vuoto di sentimenti, ma pieno di poteri divini che potevano sfruttare a loro piacemento.
Non avendo l'appoggio di nessuno ed essendo nel panico, continuai.

"Lo giuro."-Dissi titubante. 
"Ed ora, oh nostra dea..."-Si fermò un attimo la donna-"Giuri di dare alla luce la prossima speranza 
per il nostro regno? Colei che continuerà a darci potere per le prossime generazioni?
E di vivere quel poco tempo della tua vita donandoci i tuoi poteri e la tua intelligenza?"

Sgranai gli occhi. 
Ero scioccata.
"FERMI TUTTI."-Pensai.
"D-dare alla luce?"-Domandai con un filo di voce.
"Sì."-Annuì la donna-"Non adesso, ma tra qualche tempo darai alla luce un'altra dea."

Luv mi raccontò la storia delle precedenti dee. E anche della mia vera mamma.
Quando la nuova e piccola dea nasce, la vita della madre si spegne.
Ero spaventata. Non volevo. Perché? Perché era successo a me?
Io ero solo una normale sedicenne un po' (ma solo un po') isolata nella sua natura.

<>
La frase mi rimbombava nella testa. 

Il popolo cominciava a spazientirsi.
"Avanti! E giuralo!"
"Sì, che aspetti!"
Sudavo freddo. La voce spezzata, le gambe tremolanti, il dolore al petto.
Non avevo la minima idea di dove sbattere la testa.
"Aiutatemi."-Sussurrai, ma lo feci così piano che nessuno, fra le lamentele della folla, mi sentì.

"Allora, lo giuri?"-Mi chiese la donna al mio fianco.

Presi un lungo e profondo respiro e feci un passo in avanti.
"NO."-Dissi sicura.
A quelle parole si scatenò l'inferno.
Il viso di Clarence mi sembrò preoccupato, Luv invece si coprì gli occhi con la mano.
Livius era immobile, calmo. Forse tutti e tre se lo aspettavano.
Anch'io non era certa della mia scelta di aiutare il regno.
Ci avevo riflettuto molto, ma evidentemente non abbastanza. 

"Non voglio morire!"-Urlai in preda alla rabbia.
C'erano così tante persone intorno a me, eppure nessuno si era fermato un secondo a pensare ai
miei sentimenti, a capirmi davvero.
Ero furiosa di tutto ciò. 

"Non vuole morire!"-Parlò una voce dal pubblico-"E quindi per colpa tua dobbiamo morire noi?"
Notai tanto odio nelle sue parole. Ma io non avevo fatto nulla.
"Io non ho colpe."-Affermai-"E di sicuro non ne avrò se voi tutti morirete."
Bisbigli, imprecazioni, rabbia, odio, tutti rivolti verso di me. 

"Siete voi che vi state scavando la fossa!"-Urlai sicura. 
Non avrei pagato per colpe che non avevo commesso. 
Dovevo difendermi e gli argomenti per farlo non mi mancavano.

"Smettetela una volta per tutte di contare su queste dee! Crescete!"
"Io sono la figlia della precedente dea ..."
"E di mio padre."
L'ultima parola generò scalpore fra il popolo che ora, nel panico, urlava o si strappava i capelli.
"E' la maledizione! E' colpa sua! Uccidetela!"-Urlavano.

"Non indietreggerò!"-Gridai ancora-"Mio padre mi portò in un altro mondo, quello da cui vengo!"
"Lì le persone hanno imparato a cavarsela da soli. Non stanno con le mani in mano aspettando
qualcuno che faccia crescere i raccolti! State solo oziando nella vostra ignoranza! Le dee le
avete create voi!"
Mi avvicinai al tavolo in legno in mezzo al palco.
Appoggiata sopra un cuscino rosso c'era una coroncina d'oro con la forma delle foglie d'alloro.
La presi, mi voltai verso il mio pubblico e la spezzai.
Tutti rimasero immobili, col fiato sospeso e dipendevano dalle mie labbra.

"Basta."-Dissi-"Rimboccatevi le mani. Non contate più su nessuna dea, distruggetela come ho
fatto con questa coroncina!"

"Ci ha dato il permesso lei!"-Urla qualcuno-"DISTRUGGIAMOLA!"
L'enorme folla avanzò verso di me ... con l'intento di uccidermi.
"Non intendevo questo!"-Gridai in presi al panico. 
Mi guardai intorno per cercare una via d'uscita: le persone salivano sul palco in ogni modo possibile.

Il battito accelerato del cuore sembrava scoppiarmi in testa. 
Il destino aveva davvero questo in serbo per me?
Farmi uccidere da un popolo arrabbiato e ignorante o morire giovane dando alla luce una bambina?
Ero in trappola. 
   
 
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