Uno di quei ricordi
A Feliciano piace andar
giù e trovare una temperatura che sia quella
dell’estate
perfetta: su a Milano
c’è un umido che
fa sciogliere le gambe fino a farle diventare un budino.
Giù, invece, al mare –
lì c’è
un po’ di vento che lo fa respirare. Sulla strada costiera, oltre a
esserci brezza e odore di acqua marina, ci
sono tante belle ragazze e tante barche.
Ehi,
chissà quanti di questi barcaroli pagano
le tasse--!
Lui e suo fratello hanno deciso che
quel giorno lì se lo sarebbero goduto
insieme, per le strade che danno sul porto, un po’ come
Feliciano fa quando si
ritira a mangiare fonduta o sciatt
sul lago di Como.
«Ma allora, Feli,
all’EXPO ci vai o no?»
Feliciano guarda il fratello, tira
fuori un’espressione strana che Lovino
non riesce a capire (e la cosa fa imbestialire Lovino). Feliciano dice
qualcosa
di incomprensibile, qualcosa che nel loro linguaggio segreto non esiste.
«Feli--»
Lovino lo dice col tono di una madre che sta imbastendo il discorso
memorabile
da fare a un figlio mascalzone.
«Solo se ci vieni anche
tu.»
«Adesso mi ricatti pure,
eh?!»
«Ehi, ehi, fratellone,
scherzo!»
Dice Feliciano, sorridendo. «Ci sto ancora pensando.
E lo so – lo so che è già
cominciato. Ma ho ancora un sacco di tempo per decidere!»
Lovino non gli risponde.
«E poi tutti gli anni
vengo qui da te. Vuoi che me
ne vada?»
«No, no, Feli, questo
mai. Sono solo un po’, come
si dice, stressato.»
Sono seduti uno al fianco
dell’altro su una
panchina. A un certo punto, si guardano negli occhi e sorridono.
«E chi non lo
è, di ‘sti tempi?» Domanda Feliciano.
Poi rimangono in silenzio per un
po’. Le onde si
infrangono sulla riva e basta quello perché non ci sia
bisogno di riempire il
silenzio di parole – lo riempie già il mare con la
sua grande e infinita
ricorsività.
«Abbiamo così
tanti problemi, Lovi. Io vorrei
davvero poter rispettare le regole, ma – come diceva il
nonno? Un Paese con
tante leggi è un Paese corrotto.»
«Be’, non lo
diceva proprio il nonno, ma comunque
il fatto è quello.» Lovino gesticola un sacco
quando parla, forse anche più di
Feliciano. «Vorrei avere un po’ più di
energia. Ma se non ce l’ho io, vuol dire
che non ce l’hanno neppure i nostri concittadini.»
«Hai ragione,
Lovi.»
«Lo so. Io ho quasi
sempre ragione, e tu comunque
non ce l’hai quasi mai, Feli.»
Feliciano sorride, ma è
un sorriso dimesso, quello
di una persona che si è stancata perché ha troppi
pensieri per la testa. Nel
caso di Feliciano potrebbero essere mille pensieri oppure soltanto un
unico
grande pensiero che lo schiaccia, ma Lovino non riesce a capirlo.
Lovino non capisce Feliciano ormai
da qualche
tempo. Probabilmente, è una cosa reciproca, ma –
non capendolo – non sa dirlo.
Dopotutto, già capire se stessi non è
così semplice, anche se hanno vissuto per
secoli.
«La vuoi una granita al
limone, Feli?»
«Sì,
fratellone.»
Per motivi diversi (forse), a
entrambi viene in
mente una vecchia canzone che comincia con Nato
nella terra dei vespri e degli aranci, ma nessuno dei due
dice altro.
Però, intanto, per un
momento un pensiero di
ognuno di loro è stato come una campanella che suona, il cui
suono si diffonde
attorno e quando incontra un altro suono insieme generano un
cambiamento nell’onda
registrata. È un po’ come se i loro pensieri si
toccassero, come se si
stringessero la mano o si dessero il cinque.
Da qualche parte bisogna pur
ripartire, no?
Note
Autrice:
Eccoci al mio annuale tributo al
caro, vecchio
Peppino. Già che c’ero non potevo esimermi dal
nominare l’EXPO, quindi... be’,
insomma, eccoci qua e basta.
Nato
nella
terra dei vespri e degli aranci è una citazione da Cento Passi dei Modena City Ramblers,
perché io li adoro, perché
scrivono queste cose e le musicano e fanno meraviglie.
Forse per ‘sto Paese
c’è ancora speranza. Be’, io
spero sempre, e spero che altri sperino insieme a me.
La smetto di coniugare il verbo
sperare, giuro, ma
– qualcosa dobbiamo pur metterlo in moto. Si deve resistere. Questo mi fa venire in mente
che mi auguro che abbiate
trascorso anche un bel 25 Aprile.
Grazie per aver letto.