Cursed
Love
Prologo
Il caldo liquido scivolava lungo la
sua gola dandogli una
sensazione di totale soddisfazione. Quella pelle era pallida, bollente
e
morbida; pensava che staccarsi sarebbe stata una sofferenza per lui.
L’ultima
goccia passò nella sua bocca. Sospirò, appagato,
estraendo i canini da
quell’esile collo. Fissò gli occhi azzurri e vacui
che aveva davanti al viso,
con un ghigno compiaciuto. Con la mano che artigliava la nuca, la
lasciò
stramazzare a terra, senza vita.
-Che spreco- enunciò con
una smorfia, passandosi la mano
sulle labbra sporche di sangue.
-Tom, stiamo lasciando una scia di
cadaveri da Boston. Che
ne dici di essere un po’ più discreti?- lo
rimproverò il fratello, dietro di
lui, appoggiato con la spalla ad un edificio. Il ragazzo
voltò lentamente il
capo verso il suo interlocutore. Bill portò il dito al
proprio mento, indicando
al fratello una scia di sangue che era sfuggita alla sua mano. Tom
portò la
lingua alla scia rimasta, assaporandone il gusto ad occhi socchiusi. Il
sangue
era così dolce e caldo e gli dava sempre una sensazione
meravigliosa.
-Non fare il guastafeste. Nessuno
collegherà tutti i
cadaveri che abbiamo lasciato- Bill alzò gli occhi al cielo,
seguendo il
fratello che aveva cominciato ad incamminarsi nella buia e fredda
notte.
-Certo, nessuno collegherà
un centinaio di cadaveri con dei
buchi sul collo e dissanguati. Tranquillo, fratello-
continuò con ironia,
scavalcando il corpo senza vita della ragazza bionda che il suo gemello
aveva
conquistato al bar.
-Bill, è quasi un secolo
che non assaggiamo il sangue umano.
Divertiamoci- lo esortò, dandogli una pacca amichevole sulla
spalla.
Quest’ultimo indicò, con un cenno del capo, un
cartello qualche metro davanti a
loro.
-Guarda, siamo in Vermont- Tom
ghignò, cantilenando:
-Cara Woodstock, gli originali sono
in città-
***
Ad ogni suo passo il terreno fremeva,
i rami si spezzavano
con un rumore secco, le foglie frusciavano. Correva. Il bosco era vivo
intorno
a lei. La notte, il vento, la libertà, l’istinto,
la vera natura. I suoi occhi
vagavano sul paesaggio circostante. Oh, come amava il vento freddo
della sera
che la scompigliava, dandole quella ineguagliabile sensazione di
libertà.
Affondava nel terreno umido e l’odore pungente del muschio
leggermente umido la
inondava. Aguzzò l’udito: sentiva dei passi dietro
di sé, veloci, ma non
abbastanza da raggiungerla. Frenò d’improvviso,
alzando lo sguardo alla candida
e tonda luna, che sembrava sorriderle dall’alto del suo trono
d’oscurità. Da
piccola, passava le serate seduta sotto la grande quercia bianca ad
aspettare
il tramonto del sole e l’arrivo della luna.
L’ennesima folata di vento la
travolse e, lei, l’accolse con un sorriso meravigliato. Ad un
tratto, qualcuno
balzò su di lei, destandola dai suoi pensieri e
atterrandola. Combatterono,
rotolando e affondando nel terreno fangoso, fino a che lei si
ritrovò sopra il
suo aggressore.
-Sono più forte, sai di
non potermi battere- ringhiò al
ragazzo, tornato sé stesso. Lui le sorrise, da sotto la sua
stretta ferrea,
guardandola tornare normale. Le diede un buffetto sulla spalla e lei si
sollevò, trionfante.
-Forse, sorellina. Eppure sei
prevedibile quando attacchi-
lei alzò gli occhi al cielo, ringhiando di nuovo, e
scuotendo la folta chioma.
-Che ne dici di una corsetta sulle
montagne?- continuò. Ma
lei lo zittì con un gesto della mano. Il fratello
notò subito la sua
espressione diventata improvvisamente allarmata. La ragazza
alzò il naso, ispirando
l’aria. Poi, si inginocchio sul terreno, tastandolo con una
mano. Chiuse gli
occhi e annusò di nuovo lo strano odore che le portava il
vento.
-Eve, cosa senti?- domandò
il ragazzo, cercando anch’egli di
cogliere la traccia. Lei riaprì gli occhi, puntandoli in
quelli del ragazzo, e
distolse di scatto la mano dalla terra.
-Vampiri- sussurrò. Axel
spalancò gli occhi, voltando lo
sguardo alle loro spalle.
-Nel nostro territorio? Impossibile.
Sarà il solito gruppo
della città- Evelyn annusò un’ultima
volta l’aria, come per essere certa di ciò
che diceva prima di parlare, e poi scosse il capo.
-Non sono loro. È un odore
nuovo. Sa di… Potere… E sangue-
posò lo sguardo sul fratello; -Gli originali-
Axel scattò in piedi,
aiutando la ragazza ad alzarsi.
-Dobbiamo tornare dagli altri,
dobbiamo avvertirli- in un
attimo erano di nuovo bestie. Correvano fianco a fianco come avevano
sempre
fatto. Eve ululò alla luna ed Axel la seguì
subito dopo. Come amava correre
nella foresta. Quella era lei. Uno spirito libero, che nessuno poteva
rinchiudere. Altri ululati lontani arrivarono di risposta. Lei scosse
il grosso
capo, facendo forza sulle zampe posteriori saltò un grosso
tronco e aumentò la
velocità. Sentiva Axel dietro di lei. Faceva fatica a starle
dietro. Era sempre
stata diversa, lei. Era più forte e più veloce,
molto. E lei sapeva che nel
branco molti facevano domande. Anche lei si sentiva diversa. Ma come
spiegare
quello che sentiva e che non sapeva?
In poco tempo si ritrovarono in mezzo
a un branco di lupi.
Evelyn tornò sé stessa. I capelli corvini, lunghi
fino alla vita, splendevano
come cristalli sotto la luce chiara della Luna. Questa sembrava
illuminarla
costantemente, come se esse fossero legate. Un ragazzo dai capelli
scuri si
avvicinò velocemente a lei, parandosi davanti. Aveva
un’aria di rimprovero e
lei non aveva intenzione di sopportare la sua ramanzina.
-Non ora, Josh- rispose
frettolosamente sollevando la mano.
Il suo sguardo era così glaciale che le parole di Josh gli
morirono in gola. Lo
sorpassò, dirigendosi alla capanna di famiglia. Lui la
seguì e anche Axel fu
dietro di lei.
-Dove sei stata? Non mi hai detto
nulla, ero preoccupato-
continuò il moro. Eve alzò gli occhi al cielo,
voltandosi con stizza verso il
ragazzo.
-Non osare controllarmi. Non sei la
mia guardia del corpo. E
ho cose più importanti a cui pensare, ora- gli occhi gelidi
di lei lo
bloccarono, di nuovo. Dunque, continuò a camminare verso la
capanna, entrandoci
con passo veloce. La casetta in legno era un cimelio di famiglia,
conservato da
generazioni, costruito intorno a una grossa quercia. Dal lato opposto
all’entrata era posizionato il letto, anch’esso in
legno. Una figura famigliare
era sdraiata su quest’ultimo.
-Nonno- si inginocchiò a
fianco all’uomo anziano, che la
guardò con dolcezza.
-Mia piccola Eve, cosa ti turba?-
Axel la raggiunse,
restando dietro di lei. La ragazza strinse la mano
dell’anziano uomo,
abbassando lo sguardo.
-Nonno, sta succedendo qualcosa. Ho
sentito un odore nuovo…
Pericoloso. Credo che siano gli originali- l’uomo si
ammutolì, assumendo
un’espressione sorpresa. Strinse la mano della ragazza.
-La profezia…-
sussurrò più a sé stesso che ai
presenti. La
nipote aggrottò le sopracciglia, non ricordando profezie che
parlassero di loro.
-La profezia? Di che parli, nonno?-
era sempre stata
presente quando gli anziani raccontavano le profezie della loro stirpe.
L’uomo
aveva lo sguardo nel vuoto, come se stesse intraprendendo un viaggio
nella sua
stessa mente.
-“Quando i Potenti
giungeranno in città, il giorno del
giudizio sarà”- recitò
l’uomo, come una filastrocca per bambini. Evelyn sentiva
un nodo attanagliarle lo stomaco. Deglutì, mentre
l’ansia la stringeva. Quella
profezia non preannunciava nulla di buono.
-Il giorno del giudizio…-
ripeté lei, riflettendo sul
significato di quelle parole. Axel si fece avanti, inginocchiandosi
accanto
alla sorella per venirle in aiuto.
-Nonno, di che stai parlando? Non ci
hai mai parlato di
questa profezia- l’anziano sembrò destarsi dal
torpore e strinse con maggiore
forza la mano della nipote. Il suo sguardo diventò intenso e
Eve si sentì
trapassare da parte a parte quando i due occhi scuri si posarono su di
lei.
-Ragazzi miei, ascoltatemi bene-
cominciò; -Ѐ giunto il
momento di combattere. Una minaccia incombe su tutti noi. Sugli umani,
sui lupi
e tutti gli essere soprannaturali. Uno di voi deve prendere il mio
posto- Eve
scattò in piedi, lasciando la mano del nonno.
-Nonno, lo sai che non ho intenzione
di battermi con mio fratello!-
sentenziò con fermezza. Axel era il maggiore ed era maschio.
Di norma, il ruolo
di capobranco sarebbe stato suo senza alcuna discussione. Gli sarebbe
spettato
di diritto. Queste erano le leggi dei lupi. E Evelyn le aveva sempre
rispettate
con grande ammirazione, come tutto il branco. Non capiva
perché quella volta
sarebbe dovuta andare diversamente.
-No- continuò il ragazzo;
-Non c’è bisogno di combattere
anche tra noi- Evelyn annuì, sentendo l’appoggio
del fratello. L’anziano stava
per ribattere ma il nipote lo anticipò.
-Ѐ lei il capobranco- Eve
sussultò dalla sorpresa. Credeva
che suo fratello la stesse appoggiando. Scosse la testa, sentendo gli
occhi
pizzicare. Avevano affrontato così tante volte quella
situazione e lei era
stufa, stufa di avere sempre tutti contro in quella decisione. Il ruolo
di
capobranco spettava ad Axel. Eppure gli anziani hanno sempre insistito
perché
il capobranco venisse deciso con un combattimento, come avveniva quando
i due
contendenti erano due fratelli maschi.
-No!- esclamò, la ragazza;
-Dannazione, Axel, sei il
primogenito maschio. Il ruolo ti spetta di diritto!- Ma lui
sbottò.
-Possibile che non capisci, Eve?- le
urlò, facendola
improvvisamente ammutolire dalla sorpresa. Lui scosse la testa con
disapprovazione, tornando a un tono di voce normale. La sorella
continuava a
sentire gli occhi pizzicare, ma non avrebbe pianto. Non lo avrebbe mai
fatto
davanti a loro.
-Non hai ancora capito
perché vogliono che combattiamo come
se fossimo due fratelli, maschi?- fece una pausa, prendendo una boccata
d’aria
e poi continuò, guardandola negli occhi; - Tu saresti un
capo migliore di me.
Vogliono che combattiamo perché, nonostante io sia il
primogenito maschio,
sanno benissimo che potresti battermi senza problemi. Sei tu, Eve. Sei
tu la
regina del branco- Evelyn non riusciva a controbattere. Le parole le
morivano
in gola ogni volta che tentava di rispondergli. Così il
nonno prese la parola
al suo posto.
-Axel ha ragione, bambina. In te
c’è sempre stato qualcosa
di speciale. Sei una regina. E se non vuoi combattere con tuo fratello
dovrai
accettare il tuo ruolo senza controbattere-
Era così stufa. Lei era
diversa, era più forte, più veloce,
doveva prendersi le sue responsabilità. O meglio, questo era
ciò che le
dicevano tutti. E lei non sopportava che gli altri le dicessero cosa
fare. Non
sopportava le costrizioni. Lei voleva essere libera. La
responsabilità di un
branco e della vita dei suoi componenti era troppo per lei.
D’altronde, aveva
solo ventitré anni!
-Accetta il tuo ruolo e risparmia una
delusione a tuo
fratello- Eve strinse gli occhi con forza. Non poteva ascoltare ancora.
Si
voltò e uscì da quella capanna quasi correndo.
Doveva immediatamente uscire
dall’accampamento. Sapeva cosa le succedeva quando si
arrabbiava. Aveva imparato
a controllare i suoi istinti animaleschi già da bambina. Era
a conoscenza dei
danni che era in grado di causare quando lasciava che la rabbia
prevalesse sul
controllo. Si portò le mani alle tempie, abbassandosi sui
talloni all’uscita
del territorio dei lupi. Ispirò lentamente per calmarsi, con
gli occhi chiusi,
suo nonno glielo aveva insegnato da piccola. Posò una mano
sul tronco di un
albero accanto a lei, assorbendo l’energia della natura, in
grado di calmarla.
-Evelyn- una voce la
chiamò, risvegliandola dallo stato di
trance in cui era caduta per riuscire a calmarsi. Spalancò
gli occhi, guardando
il suo interlocutore, sorpresa. Eve grugnì con stizza
trovandosi davanti Josh.
-Ho sentito quello che vi siete
detti…- cominciò. Eve gli
lanciò un’occhiata furiosa.
-Non ti hanno insegnato che non
è educato origliare?- Josh
esitò un istante a causa del tono duro delle sue parole.
-Credo sia arrivato il
momento…- la giovane lupa lo osservò
di sbieco, cercando di capire dove volesse arrivare; -Noi siamo i due
Alfa.
Siamo destinati a stare insieme…- quindi capì la
piega che stava prendendo il
discorso e il suo autocontrollo svanì. Josh fece appena in
tempo a vedere gli
occhi blu della ragazza mutare forma e assunse una posizione di difesa.
Ma lei
era troppo veloce per lui. In pochi secondi era già una
grossa lupa e lo aveva
atterrato, mostrandogli i denti con fare minaccioso. Josh la guardava
con gli
occhi spalancati dal terrore. Allora lei si sollevò,
tornando umana e lasciando
che il ragazzo si alzasse.
-Vuoi davvero una sposa in grado di
staccarti la testa prima
ancora che tu te ne accorga?- ringhiò, con ancora lo sguardo
da lupa. Dunque,
girò i tacchi e cominciò a correre verso la
foresta. Corse finché cominciava a
sentire la stanchezza. Allora, con un balzo, lasciò che si
trasformasse nella
bestia che era in lei. A quel punto le era più semplice
correre attraverso la
natura selvaggia. Amava sentire il terreno sotto le grosse zampe, i
rami che si
spezzavano sotto il suo peso. Stava diventando tardi e non sapeva dove
sarebbe
andata a quell’ora. Avvertì un ululato dal suono
ovattato. Era così lontana che
i suoni del branco erano troppo diffusi. Sapeva che era Axel,
probabilmente era
preoccupato per lei e voleva sapere dove fosse. Scosse il muso e
continuò a
correre, ringhiando furiosa. Nessuno l’avrebbe costretta a
diventare capobranco
e, soprattutto, nessuno l’avrebbe costretta a sposarsi con
qualcuno che non
amava. Delle vecchie tradizioni non avrebbero placato il suo spirito
libero e,
di certo, non l’avrebbero sottomessa. Lei era una lupa. E
nessuno schiavizza un
dio.
Immersa nella sua collera, non si
accorse di essersi spinta
troppo oltre la foresta. Avvertiva i rumori provenienti dal paese.
Puntò le zampe
nel terriccio, frenando improvvisamente. Tornata sé stessa,
si avvicinò a un
enorme tronco d’abete, nascondendosi dietro esso. Non
ricordava da quanto non
faceva un salto in città. Forse dalla fine della scuola.
Dunque, poteva
permettersi un salto in un bar per schiarirsi un po’ le idee.
Non era
necessario che il suo branco lo sapesse. Abbassò lo sguardo
sul proprio corpo,
inarcando le sopracciglia. I pantaloncini in jeans sfilacciati e la
canotta
bianca non erano particolarmente eleganti. Si piegò ad
angolo retto, buttando
la testa verso il basso e rialzandola subito dopo, così da
ravvivare i lunghi
capelli corvini. Quindi, si incamminò verso il bar, ma prima
decise di fermarsi
davanti alla vetrina di un negozio di abbigliamento, accanto al locale.
Si
specchiò, facendo una smorfia. Sistemò le ultime
ciocche di capelli e la
canotta e, infine, entrò nel locale illuminato. Evelyn si
guardò intorno. Era
molto meno affollato di quanto si aspettasse. L’ora era tarda
e, essendo in
settimana, molte persone erano probabilmente già a dormire,
dovendosi alzare
per il lavoro al mattino successivo. Per i lupi il lavoro non era un
problema,
il branco viveva di commercio e scambio con altri branchi. Con la
schiena ritta
e lo sguardo fiero, proprio di una regina dei lupi, si
incamminò verso il
grosso bancone di legno laccato. Il barista passava uno straccio umido
su di
esso, ma si fermò a osservarla mentre si sedeva su uno
sgabello davanti a lui.
Ripose lo straccio dietro il suo piano di lavoro e si
avvicinò alla ragazza.
-Buonasera- Evelyn rispose con un
semplice cenno del capo
che fece sorridere il ragazzo. Posò il gomito sul ripiano,
sorreggendosi il
mento con la mano.
-Portami qualcosa da bere, per
favore- il ragazzo la guardò,
curioso.
-Vuoi che decida io? Non vuoi dirmi
cosa ti piace?-
-Sorprendimi- sussurrò,
sorridendo con malizia.
***
-Che ne dici di questo?-
domandò, indicando con il pollice
dietro sé. Bill osservò il locale indicato dal
fratello, chiuse gli occhi e si
massaggiò le tempie sbuffando.
-Per fare cosa, Tom? Per dissanguare
altre ragazze? Non
abbiamo bevuto abbastanza?- Tom grugnì, contrariato; -Forza,
fratello.
Troviamoci un posto per la notte. Continueremo domani la tua
“festa”-
Non era d’accordo, ma
decise comunque di seguire il
consiglio di suo fratello. Troppi cadaveri in un solo giorno. Non
voleva
esagerare più di quanto avesse già fatto. Scosse
la testa e poi annuì verso il
fratello. Bill sorrise, felice di essere riuscito a fermarlo, e gli
mise un
braccio intorno alla spalle. Mentre lui parlava e chiedeva al fratello
opinioni
sugli hotel che avevano intorno, Tom portò inavvertitamente
lo sguardo alla
vetrina del bar che aveva indicato prima. Il suo sguardo fu catturato
da una
folta chioma nera.
-Tom, mi stai ascoltando?-
domandò, dandogli una spinta. Il
fratello gli prese il mento con la sua mano e gli indirizzò
lo sguardo alla
vetrata che dava all’interno del bar. Bill sollevò
entrambe le sopracciglia,
scrutando la ragazza seduta al bancone.
-Beh? È una ragazza, Tom.
Sono circa mille anni che vediamo
ragazze- esclamò, con un alzata di spalle.
-Lo so che sono mille anni che
vediamo ragazze, ma sono
altrettanti anni quasi che tu non te ne fai una- il ragazzo
sbuffò, incrociando
le braccia al petto e dirigendosi dalla parte opposta al locale; -Bill,
lei non
c’è più. Basta rimpiangere il passato,
dannazione, vivi!- gli urlò, mentre
questo si allontanava. Bill si bloccò sul posto. Il suo
cuore, o quello che
c’era al suo posto, batteva all’impazzata e gli
dava la sensazione che gli
stesse per uscire dal petto, gli dava la sensazione di essere vivo.
Sospirò con
amarezza e, voltandosi lentamente, tornò dal gemello ad
occhi bassi. Questo lo
abbracciò di slancio, mentre si incamminavano verso
l’entrata.
***
-Ricordami di non fare più
decidere a te. Dammi un Bourbon.
Liscio- ordinò la ragazza, con aria annoiata. Il barista
sospirò, togliendole
il Mojito che aveva assaggiato e poi lasciato lì, per
versarle del Bourbon in
un bicchierino. Questa picchiettò le unghie sul ripiano
attirando la sua
attenzione, gli tolse il bicchierino e afferrò un bicchiere
normale. Il ragazzo
sorrise, versando la bevanda e mettendogliela davanti. Eve
afferrò il
contenitore di vetro, alzandolo verso di lui in un immaginario
“cin cin”. Fece
un sorso e subito le sembrò che le preoccupazioni di prima
non fossero così
importanti. Quella leggerezza, però, durò molto
poco. Immediatamente, venne
investita dall’odore che aveva avvertito poco prima. Il suo
corpo si
immobilizzò, come se fosse legato alla sedia.
Ispirò profondamente, nel
tentativo di calmarsi e di non mostrare il suo stato di allarme. Con la
coda
dell’occhio vide qualcuno sedersi a pochi sgabelli dal suo.
Portò nuovamente il
bicchiere alle labbra e finalmente riuscì a calmarsi.
-Bourbon?- domandò,
qualcuno al suo fianco; Eve sussultò.
Non aveva mai incontrato uno degli Originali, ma le leggende su di loro
non
dicevano cose carine. –Mai incontrato una ragazza che bevesse
come me-
Voltò il viso verso il
ragazzo e incontrò due pozzi scuri e
un dolce sorriso. I capelli corti e biondi erano laccati indietro.
Doveva
essere uno dei fratelli più giovani degli Originali.
Portò lo sguardo, ancora
davanti a sé, distogliendolo dal viso di lui.
-Giornata pesante-
sussurrò, ruotando leggermente il
bicchiere e prendendo un altro sorso.
-Sono Bill- si presentò
quello, voltando il dorso verso di
lei e porgendole la mano. Eve la osservò poco convinta per
poi stringerla, con
la guardia alzata. Possibile non si
accorga che sono una lupa?
-Piacere- rispose semplicemente. Bill
stava per domandare il
suo nome ma venne travolto dal fratello che si sedette tra lui e la
ragazza.
-Scusate il disturbo, Bill ci stai
mettendo troppo- disse,
guardando scocciato il fratello, il quale sbuffò
contrariato. Stava per
ribattere che non gli importava portarsela a letto ma, anzi, voleva
solo
conoscerla, quando Tom lo precedette, fissando intensamente negli occhi
la
ragazza. –Stai calma. Ora alzati e seguici. Non agitarti e
non urlare-
Eve lo fissò a sua volta.
Tom sorrise, aspettando che questa
facesse quello che lui le aveva detto. Lei aggrottò le
sopracciglia,
guardandolo di sbieco.
-Fai sul serio?- rispose con ironia.
I gemelli sollevarono
le sopracciglia, sorpresi. –Volevi davvero soggiogarmi?-
Evelyn rise, scuotendo
la testa. Si alzò, lasciando i due ragazzi basiti, e
uscì dal locale,
avviandosi nella notte nera.
-Ero sicuro fosse un vampiro-
sussurrò Tom, mentre si
voltava verso il fratello. Questo lo osservò, confuso a sua
volta.
-Anch’io. Non è
umana, ne sono sicuro. E non sembra nemmeno
un lupo-
-Che avesse verbena in corpo?-
domandò il primo. Bill
scrollò le spalle.
-Allora… Se non
è umana, non è un vampiro e non è un
lupo…
Che diavolo è?-
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Angolo
autrice:
Ciao a tutte. So che è
assurdo che io sia qui con una nuova
storia, ma amo questo genere e non potevo non provarci. Ammetto che non
so se
potrà piacervi, se così non sarà la
toglierò tranquillamente J
diciamo che è un
esperimento J
Comunque, ci tengo a precisare che
per questa storia mi sono
ispirata (davvero moltissimo) a due serie tv: The Vampire Diares e The
Originals. Se qualcuna qui è fan delle serie, come me, lo
avrà subito notato.
Ad ogni modo, diciamo che mi sono
ispirata anche a una mia
vecchia One-shot chiamata “Under the Moon”. Quindi
ho ripreso l’argomento e ne
ho fatto una storia prendendo spunto dalle due serie tv. Spero che non
vi infastidisca
il fatto che ci siano moltissimi collegamenti e particolari simili.
Inoltre,
spero che se ci sia qualcosa che non vi convince me lo facciate sapere.
Se
invece vi piace, a maggior ragione fatemelo sapere ahah
So che non è molto
originale, ma l’originalità non è mai
stata il mio forte. Beh, aspetto i vostri pareri!
Ciao a tutte, un bacio e alla
prossima!
Sara.