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Autore: _Lollipop_    09/05/2015    2 recensioni
Vampiri e lupi. Due mondi diversi, opposti. Due specie in lotta. Una guerra. Ma due di loro, no. Due di loro combatteranno la loro guerra personale. Due persone destinate a combattere fra loro, possono amarsi? Combatteranno contro tutti pur di proteggere il loro amore. Un amore... Maledetto.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Cursed Love


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Prologo

Il caldo liquido scivolava lungo la sua gola dandogli una sensazione di totale soddisfazione. Quella pelle era pallida, bollente e morbida; pensava che staccarsi sarebbe stata una sofferenza per lui. L’ultima goccia passò nella sua bocca. Sospirò, appagato, estraendo i canini da quell’esile collo. Fissò gli occhi azzurri e vacui che aveva davanti al viso, con un ghigno compiaciuto. Con la mano che artigliava la nuca, la lasciò stramazzare a terra, senza vita.

-Che spreco- enunciò con una smorfia, passandosi la mano sulle labbra sporche di sangue.

-Tom, stiamo lasciando una scia di cadaveri da Boston. Che ne dici di essere un po’ più discreti?- lo rimproverò il fratello, dietro di lui, appoggiato con la spalla ad un edificio. Il ragazzo voltò lentamente il capo verso il suo interlocutore. Bill portò il dito al proprio mento, indicando al fratello una scia di sangue che era sfuggita alla sua mano. Tom portò la lingua alla scia rimasta, assaporandone il gusto ad occhi socchiusi. Il sangue era così dolce e caldo e gli dava sempre una sensazione meravigliosa.

-Non fare il guastafeste. Nessuno collegherà tutti i cadaveri che abbiamo lasciato- Bill alzò gli occhi al cielo, seguendo il fratello che aveva cominciato ad incamminarsi nella buia e fredda notte.

-Certo, nessuno collegherà un centinaio di cadaveri con dei buchi sul collo e dissanguati. Tranquillo, fratello- continuò con ironia, scavalcando il corpo senza vita della ragazza bionda che il suo gemello aveva conquistato al bar.

-Bill, è quasi un secolo che non assaggiamo il sangue umano. Divertiamoci- lo esortò, dandogli una pacca amichevole sulla spalla. Quest’ultimo indicò, con un cenno del capo, un cartello qualche metro davanti a loro.

-Guarda, siamo in Vermont- Tom ghignò, cantilenando:

-Cara Woodstock, gli originali sono in città-

***

Ad ogni suo passo il terreno fremeva, i rami si spezzavano con un rumore secco, le foglie frusciavano. Correva. Il bosco era vivo intorno a lei. La notte, il vento, la libertà, l’istinto, la vera natura. I suoi occhi vagavano sul paesaggio circostante. Oh, come amava il vento freddo della sera che la scompigliava, dandole quella ineguagliabile sensazione di libertà. Affondava nel terreno umido e l’odore pungente del muschio leggermente umido la inondava. Aguzzò l’udito: sentiva dei passi dietro di sé, veloci, ma non abbastanza da raggiungerla. Frenò d’improvviso, alzando lo sguardo alla candida e tonda luna, che sembrava sorriderle dall’alto del suo trono d’oscurità. Da piccola, passava le serate seduta sotto la grande quercia bianca ad aspettare il tramonto del sole e l’arrivo della luna. L’ennesima folata di vento la travolse e, lei, l’accolse con un sorriso meravigliato. Ad un tratto, qualcuno balzò su di lei, destandola dai suoi pensieri e atterrandola. Combatterono, rotolando e affondando nel terreno fangoso, fino a che lei si ritrovò sopra il suo aggressore.

-Sono più forte, sai di non potermi battere- ringhiò al ragazzo, tornato sé stesso. Lui le sorrise, da sotto la sua stretta ferrea, guardandola tornare normale. Le diede un buffetto sulla spalla e lei si sollevò, trionfante.

-Forse, sorellina. Eppure sei prevedibile quando attacchi- lei alzò gli occhi al cielo, ringhiando di nuovo, e scuotendo la folta chioma.

-Che ne dici di una corsetta sulle montagne?- continuò. Ma lei lo zittì con un gesto della mano. Il fratello notò subito la sua espressione diventata improvvisamente allarmata. La ragazza alzò il naso, ispirando l’aria. Poi, si inginocchio sul terreno, tastandolo con una mano. Chiuse gli occhi e annusò di nuovo lo strano odore che le portava il vento.

-Eve, cosa senti?- domandò il ragazzo, cercando anch’egli di cogliere la traccia. Lei riaprì gli occhi, puntandoli in quelli del ragazzo, e distolse di scatto la mano dalla terra.

-Vampiri- sussurrò. Axel spalancò gli occhi, voltando lo sguardo alle loro spalle.

-Nel nostro territorio? Impossibile. Sarà il solito gruppo della città- Evelyn annusò un’ultima volta l’aria, come per essere certa di ciò che diceva prima di parlare, e poi scosse il capo.

-Non sono loro. È un odore nuovo. Sa di… Potere… E sangue- posò lo sguardo sul fratello; -Gli originali-

Axel scattò in piedi, aiutando la ragazza ad alzarsi.

-Dobbiamo tornare dagli altri, dobbiamo avvertirli- in un attimo erano di nuovo bestie. Correvano fianco a fianco come avevano sempre fatto. Eve ululò alla luna ed Axel la seguì subito dopo. Come amava correre nella foresta. Quella era lei. Uno spirito libero, che nessuno poteva rinchiudere. Altri ululati lontani arrivarono di risposta. Lei scosse il grosso capo, facendo forza sulle zampe posteriori saltò un grosso tronco e aumentò la velocità. Sentiva Axel dietro di lei. Faceva fatica a starle dietro. Era sempre stata diversa, lei. Era più forte e più veloce, molto. E lei sapeva che nel branco molti facevano domande. Anche lei si sentiva diversa. Ma come spiegare quello che sentiva e che non sapeva?

In poco tempo si ritrovarono in mezzo a un branco di lupi. Evelyn tornò sé stessa. I capelli corvini, lunghi fino alla vita, splendevano come cristalli sotto la luce chiara della Luna. Questa sembrava illuminarla costantemente, come se esse fossero legate. Un ragazzo dai capelli scuri si avvicinò velocemente a lei, parandosi davanti. Aveva un’aria di rimprovero e lei non aveva intenzione di sopportare la sua ramanzina.

-Non ora, Josh- rispose frettolosamente sollevando la mano. Il suo sguardo era così glaciale che le parole di Josh gli morirono in gola. Lo sorpassò, dirigendosi alla capanna di famiglia. Lui la seguì e anche Axel fu dietro di lei.

-Dove sei stata? Non mi hai detto nulla, ero preoccupato- continuò il moro. Eve alzò gli occhi al cielo, voltandosi con stizza verso il ragazzo.

-Non osare controllarmi. Non sei la mia guardia del corpo. E ho cose più importanti a cui pensare, ora- gli occhi gelidi di lei lo bloccarono, di nuovo. Dunque, continuò a camminare verso la capanna, entrandoci con passo veloce. La casetta in legno era un cimelio di famiglia, conservato da generazioni, costruito intorno a una grossa quercia. Dal lato opposto all’entrata era posizionato il letto, anch’esso in legno. Una figura famigliare era sdraiata su quest’ultimo.

-Nonno- si inginocchiò a fianco all’uomo anziano, che la guardò con dolcezza.

-Mia piccola Eve, cosa ti turba?- Axel la raggiunse, restando dietro di lei. La ragazza strinse la mano dell’anziano uomo, abbassando lo sguardo.

-Nonno, sta succedendo qualcosa. Ho sentito un odore nuovo… Pericoloso. Credo che siano gli originali- l’uomo si ammutolì, assumendo un’espressione sorpresa. Strinse la mano della ragazza.

-La profezia…- sussurrò più a sé stesso che ai presenti. La nipote aggrottò le sopracciglia, non ricordando profezie che parlassero di loro.

-La profezia? Di che parli, nonno?- era sempre stata presente quando gli anziani raccontavano le profezie della loro stirpe. L’uomo aveva lo sguardo nel vuoto, come se stesse intraprendendo un viaggio nella sua stessa mente.

-“Quando i Potenti giungeranno in città, il giorno del giudizio sarà”- recitò l’uomo, come una filastrocca per bambini. Evelyn sentiva un nodo attanagliarle lo stomaco. Deglutì, mentre l’ansia la stringeva. Quella profezia non preannunciava nulla di buono.

-Il giorno del giudizio…- ripeté lei, riflettendo sul significato di quelle parole. Axel si fece avanti, inginocchiandosi accanto alla sorella per venirle in aiuto.

-Nonno, di che stai parlando? Non ci hai mai parlato di questa profezia- l’anziano sembrò destarsi dal torpore e strinse con maggiore forza la mano della nipote. Il suo sguardo diventò intenso e Eve si sentì trapassare da parte a parte quando i due occhi scuri si posarono su di lei.

-Ragazzi miei, ascoltatemi bene- cominciò; -Ѐ giunto il momento di combattere. Una minaccia incombe su tutti noi. Sugli umani, sui lupi e tutti gli essere soprannaturali. Uno di voi deve prendere il mio posto- Eve scattò in piedi, lasciando la mano del nonno.

-Nonno, lo sai che non ho intenzione di battermi con mio fratello!- sentenziò con fermezza. Axel era il maggiore ed era maschio. Di norma, il ruolo di capobranco sarebbe stato suo senza alcuna discussione. Gli sarebbe spettato di diritto. Queste erano le leggi dei lupi. E Evelyn le aveva sempre rispettate con grande ammirazione, come tutto il branco. Non capiva perché quella volta sarebbe dovuta andare diversamente.

-No- continuò il ragazzo; -Non c’è bisogno di combattere anche tra noi- Evelyn annuì, sentendo l’appoggio del fratello. L’anziano stava per ribattere ma il nipote lo anticipò.

-Ѐ lei il capobranco- Eve sussultò dalla sorpresa. Credeva che suo fratello la stesse appoggiando. Scosse la testa, sentendo gli occhi pizzicare. Avevano affrontato così tante volte quella situazione e lei era stufa, stufa di avere sempre tutti contro in quella decisione. Il ruolo di capobranco spettava ad Axel. Eppure gli anziani hanno sempre insistito perché il capobranco venisse deciso con un combattimento, come avveniva quando i due contendenti erano due fratelli maschi.

-No!- esclamò, la ragazza; -Dannazione, Axel, sei il primogenito maschio. Il ruolo ti spetta di diritto!- Ma lui sbottò.

-Possibile che non capisci, Eve?- le urlò, facendola improvvisamente ammutolire dalla sorpresa. Lui scosse la testa con disapprovazione, tornando a un tono di voce normale. La sorella continuava a sentire gli occhi pizzicare, ma non avrebbe pianto. Non lo avrebbe mai fatto davanti a loro.

-Non hai ancora capito perché vogliono che combattiamo come se fossimo due fratelli, maschi?- fece una pausa, prendendo una boccata d’aria e poi continuò, guardandola negli occhi; - Tu saresti un capo migliore di me. Vogliono che combattiamo perché, nonostante io sia il primogenito maschio, sanno benissimo che potresti battermi senza problemi. Sei tu, Eve. Sei tu la regina del branco- Evelyn non riusciva a controbattere. Le parole le morivano in gola ogni volta che tentava di rispondergli. Così il nonno prese la parola al suo posto.

-Axel ha ragione, bambina. In te c’è sempre stato qualcosa di speciale. Sei una regina. E se non vuoi combattere con tuo fratello dovrai accettare il tuo ruolo senza controbattere-

Era così stufa. Lei era diversa, era più forte, più veloce, doveva prendersi le sue responsabilità. O meglio, questo era ciò che le dicevano tutti. E lei non sopportava che gli altri le dicessero cosa fare. Non sopportava le costrizioni. Lei voleva essere libera. La responsabilità di un branco e della vita dei suoi componenti era troppo per lei. D’altronde, aveva solo ventitré anni!

-Accetta il tuo ruolo e risparmia una delusione a tuo fratello- Eve strinse gli occhi con forza. Non poteva ascoltare ancora. Si voltò e uscì da quella capanna quasi correndo. Doveva immediatamente uscire dall’accampamento. Sapeva cosa le succedeva quando si arrabbiava. Aveva imparato a controllare i suoi istinti animaleschi già da bambina. Era a conoscenza dei danni che era in grado di causare quando lasciava che la rabbia prevalesse sul controllo. Si portò le mani alle tempie, abbassandosi sui talloni all’uscita del territorio dei lupi. Ispirò lentamente per calmarsi, con gli occhi chiusi, suo nonno glielo aveva insegnato da piccola. Posò una mano sul tronco di un albero accanto a lei, assorbendo l’energia della natura, in grado di calmarla.

-Evelyn- una voce la chiamò, risvegliandola dallo stato di trance in cui era caduta per riuscire a calmarsi. Spalancò gli occhi, guardando il suo interlocutore, sorpresa. Eve grugnì con stizza trovandosi davanti Josh.

-Ho sentito quello che vi siete detti…- cominciò. Eve gli lanciò un’occhiata furiosa.

-Non ti hanno insegnato che non è educato origliare?- Josh esitò un istante a causa del tono duro delle sue parole.

-Credo sia arrivato il momento…- la giovane lupa lo osservò di sbieco, cercando di capire dove volesse arrivare; -Noi siamo i due Alfa. Siamo destinati a stare insieme…- quindi capì la piega che stava prendendo il discorso e il suo autocontrollo svanì. Josh fece appena in tempo a vedere gli occhi blu della ragazza mutare forma e assunse una posizione di difesa. Ma lei era troppo veloce per lui. In pochi secondi era già una grossa lupa e lo aveva atterrato, mostrandogli i denti con fare minaccioso. Josh la guardava con gli occhi spalancati dal terrore. Allora lei si sollevò, tornando umana e lasciando che il ragazzo si alzasse.

-Vuoi davvero una sposa in grado di staccarti la testa prima ancora che tu te ne accorga?- ringhiò, con ancora lo sguardo da lupa. Dunque, girò i tacchi e cominciò a correre verso la foresta. Corse finché cominciava a sentire la stanchezza. Allora, con un balzo, lasciò che si trasformasse nella bestia che era in lei. A quel punto le era più semplice correre attraverso la natura selvaggia. Amava sentire il terreno sotto le grosse zampe, i rami che si spezzavano sotto il suo peso. Stava diventando tardi e non sapeva dove sarebbe andata a quell’ora. Avvertì un ululato dal suono ovattato. Era così lontana che i suoni del branco erano troppo diffusi. Sapeva che era Axel, probabilmente era preoccupato per lei e voleva sapere dove fosse. Scosse il muso e continuò a correre, ringhiando furiosa. Nessuno l’avrebbe costretta a diventare capobranco e, soprattutto, nessuno l’avrebbe costretta a sposarsi con qualcuno che non amava. Delle vecchie tradizioni non avrebbero placato il suo spirito libero e, di certo, non l’avrebbero sottomessa. Lei era una lupa. E nessuno schiavizza un dio.

Immersa nella sua collera, non si accorse di essersi spinta troppo oltre la foresta. Avvertiva i rumori provenienti dal paese. Puntò le zampe nel terriccio, frenando improvvisamente. Tornata sé stessa, si avvicinò a un enorme tronco d’abete, nascondendosi dietro esso. Non ricordava da quanto non faceva un salto in città. Forse dalla fine della scuola. Dunque, poteva permettersi un salto in un bar per schiarirsi un po’ le idee. Non era necessario che il suo branco lo sapesse. Abbassò lo sguardo sul proprio corpo, inarcando le sopracciglia. I pantaloncini in jeans sfilacciati e la canotta bianca non erano particolarmente eleganti. Si piegò ad angolo retto, buttando la testa verso il basso e rialzandola subito dopo, così da ravvivare i lunghi capelli corvini. Quindi, si incamminò verso il bar, ma prima decise di fermarsi davanti alla vetrina di un negozio di abbigliamento, accanto al locale. Si specchiò, facendo una smorfia. Sistemò le ultime ciocche di capelli e la canotta e, infine, entrò nel locale illuminato. Evelyn si guardò intorno. Era molto meno affollato di quanto si aspettasse. L’ora era tarda e, essendo in settimana, molte persone erano probabilmente già a dormire, dovendosi alzare per il lavoro al mattino successivo. Per i lupi il lavoro non era un problema, il branco viveva di commercio e scambio con altri branchi. Con la schiena ritta e lo sguardo fiero, proprio di una regina dei lupi, si incamminò verso il grosso bancone di legno laccato. Il barista passava uno straccio umido su di esso, ma si fermò a osservarla mentre si sedeva su uno sgabello davanti a lui. Ripose lo straccio dietro il suo piano di lavoro e si avvicinò alla ragazza.

-Buonasera- Evelyn rispose con un semplice cenno del capo che fece sorridere il ragazzo. Posò il gomito sul ripiano, sorreggendosi il mento con la mano.

-Portami qualcosa da bere, per favore- il ragazzo la guardò, curioso.

-Vuoi che decida io? Non vuoi dirmi cosa ti piace?-

-Sorprendimi- sussurrò, sorridendo con malizia.

***

-Che ne dici di questo?- domandò, indicando con il pollice dietro sé. Bill osservò il locale indicato dal fratello, chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie sbuffando.

-Per fare cosa, Tom? Per dissanguare altre ragazze? Non abbiamo bevuto abbastanza?- Tom grugnì, contrariato; -Forza, fratello. Troviamoci un posto per la notte. Continueremo domani la tua “festa”-

Non era d’accordo, ma decise comunque di seguire il consiglio di suo fratello. Troppi cadaveri in un solo giorno. Non voleva esagerare più di quanto avesse già fatto. Scosse la testa e poi annuì verso il fratello. Bill sorrise, felice di essere riuscito a fermarlo, e gli mise un braccio intorno alla spalle. Mentre lui parlava e chiedeva al fratello opinioni sugli hotel che avevano intorno, Tom portò inavvertitamente lo sguardo alla vetrina del bar che aveva indicato prima. Il suo sguardo fu catturato da una folta chioma nera.

-Tom, mi stai ascoltando?- domandò, dandogli una spinta. Il fratello gli prese il mento con la sua mano e gli indirizzò lo sguardo alla vetrata che dava all’interno del bar. Bill sollevò entrambe le sopracciglia, scrutando la ragazza seduta al bancone.

-Beh? È una ragazza, Tom. Sono circa mille anni che vediamo ragazze- esclamò, con un alzata di spalle.

-Lo so che sono mille anni che vediamo ragazze, ma sono altrettanti anni quasi che tu non te ne fai una- il ragazzo sbuffò, incrociando le braccia al petto e dirigendosi dalla parte opposta al locale; -Bill, lei non c’è più. Basta rimpiangere il passato, dannazione, vivi!- gli urlò, mentre questo si allontanava. Bill si bloccò sul posto. Il suo cuore, o quello che c’era al suo posto, batteva all’impazzata e gli dava la sensazione che gli stesse per uscire dal petto, gli dava la sensazione di essere vivo. Sospirò con amarezza e, voltandosi lentamente, tornò dal gemello ad occhi bassi. Questo lo abbracciò di slancio, mentre si incamminavano verso l’entrata.

***

-Ricordami di non fare più decidere a te. Dammi un Bourbon. Liscio- ordinò la ragazza, con aria annoiata. Il barista sospirò, togliendole il Mojito che aveva assaggiato e poi lasciato lì, per versarle del Bourbon in un bicchierino. Questa picchiettò le unghie sul ripiano attirando la sua attenzione, gli tolse il bicchierino e afferrò un bicchiere normale. Il ragazzo sorrise, versando la bevanda e mettendogliela davanti. Eve afferrò il contenitore di vetro, alzandolo verso di lui in un immaginario “cin cin”. Fece un sorso e subito le sembrò che le preoccupazioni di prima non fossero così importanti. Quella leggerezza, però, durò molto poco. Immediatamente, venne investita dall’odore che aveva avvertito poco prima. Il suo corpo si immobilizzò, come se fosse legato alla sedia. Ispirò profondamente, nel tentativo di calmarsi e di non mostrare il suo stato di allarme. Con la coda dell’occhio vide qualcuno sedersi a pochi sgabelli dal suo. Portò nuovamente il bicchiere alle labbra e finalmente riuscì a calmarsi.

-Bourbon?- domandò, qualcuno al suo fianco; Eve sussultò. Non aveva mai incontrato uno degli Originali, ma le leggende su di loro non dicevano cose carine. –Mai incontrato una ragazza che bevesse come me-

Voltò il viso verso il ragazzo e incontrò due pozzi scuri e un dolce sorriso. I capelli corti e biondi erano laccati indietro. Doveva essere uno dei fratelli più giovani degli Originali. Portò lo sguardo, ancora davanti a sé, distogliendolo dal viso di lui.

-Giornata pesante- sussurrò, ruotando leggermente il bicchiere e prendendo un altro sorso.

-Sono Bill- si presentò quello, voltando il dorso verso di lei e porgendole la mano. Eve la osservò poco convinta per poi stringerla, con la guardia alzata. Possibile non si accorga che sono una lupa?

-Piacere- rispose semplicemente. Bill stava per domandare il suo nome ma venne travolto dal fratello che si sedette tra lui e la ragazza.

-Scusate il disturbo, Bill ci stai mettendo troppo- disse, guardando scocciato il fratello, il quale sbuffò contrariato. Stava per ribattere che non gli importava portarsela a letto ma, anzi, voleva solo conoscerla, quando Tom lo precedette, fissando intensamente negli occhi la ragazza. –Stai calma. Ora alzati e seguici. Non agitarti e non urlare-

Eve lo fissò a sua volta. Tom sorrise, aspettando che questa facesse quello che lui le aveva detto. Lei aggrottò le sopracciglia, guardandolo di sbieco.

-Fai sul serio?- rispose con ironia. I gemelli sollevarono le sopracciglia, sorpresi. –Volevi davvero soggiogarmi?- Evelyn rise, scuotendo la testa. Si alzò, lasciando i due ragazzi basiti, e uscì dal locale, avviandosi nella notte nera.

-Ero sicuro fosse un vampiro- sussurrò Tom, mentre si voltava verso il fratello. Questo lo osservò, confuso a sua volta.

-Anch’io. Non è umana, ne sono sicuro. E non sembra nemmeno un lupo-

-Che avesse verbena in corpo?- domandò il primo. Bill scrollò le spalle.

-Allora… Se non è umana, non è un vampiro e non è un lupo… Che diavolo è?-

 

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Angolo autrice:

Ciao a tutte. So che è assurdo che io sia qui con una nuova storia, ma amo questo genere e non potevo non provarci. Ammetto che non so se potrà piacervi, se così non sarà la toglierò tranquillamente J diciamo che è un esperimento J

Comunque, ci tengo a precisare che per questa storia mi sono ispirata (davvero moltissimo) a due serie tv: The Vampire Diares e The Originals. Se qualcuna qui è fan delle serie, come me, lo avrà subito notato.

Ad ogni modo, diciamo che mi sono ispirata anche a una mia vecchia One-shot chiamata “Under the Moon”. Quindi ho ripreso l’argomento e ne ho fatto una storia prendendo spunto dalle due serie tv. Spero che non vi infastidisca il fatto che ci siano moltissimi collegamenti e particolari simili. Inoltre, spero che se ci sia qualcosa che non vi convince me lo facciate sapere. Se invece vi piace, a maggior ragione fatemelo sapere ahah

So che non è molto originale, ma l’originalità non è mai stata il mio forte. Beh, aspetto i vostri pareri!

Ciao a tutte, un bacio e alla prossima!

Sara.

  
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