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Autore: TotalEclipseOfTheHeart    09/05/2015    3 recensioni
Solembum e Angela si conoscono da una vita.
L'erborista apprezza molto la compagnia silenziosa e mite del gatto.
Il gatto mannaro ama invece il modo di fare a volte un po strambo della maga.
Ma come si sono conosciuti?
Dove poterono mai incontrarsi due anime e due modi di fare tanto differenti?
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angela, Solembum
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il flagello nero di Teirm



I boschi presso la città commerciale di Teirm hanno sempre conservato nella memoria degli abitanti del luogo una qual certa aura di mistero e spiritualità che li aveva, negli anni, tenuti spesso lontani o per lo meno li aveva fatti avvicinare alquanto di rado a quel luogo quasi sacro.
La foresta in se non aveva nulla di particolare: grosse querce dal tronco scuro, betulle dalle ampie foglie color smeraldo e salici che sapevano sempre di muschio e menta. No, erano le continue apparizioni che vi avvenivano dentro a rendere quel luogo tanto temuto e particolare. Non era insolito infatti scorgere nascosti tra i rami più alti degli alberi inquietanti fanciulli dai tratti orientaleggianti e spigolosi, che con i loro piccoli occhietti verde acqua fissavano ostili i viandanti passare sotto di loro. Misteriosi stalloni dal manto nero come la pece e lo sguardo indomabile percorrevano i fiumi del luogo, sorprendendo con il rombo dei loro zoccoli i poveri taglialegna e portando a morte certa chiunque tentasse di cavalcarli. Corvi dal lucido piumaggio color inchiostro sorvolavano non di rado i tetti della città, lanciando occhiate omicide a chi pareva intenzionato ad addentrarsi nella loro foresta. Si trattava di apparizioni senza alcun dubbio misteriose e inquietanti, ma a loro modo dal fascino sublime.
Il perché di tutto ciò nessuno sapeva spiegarselo. La realtà stava però nel fatto che da secoli ormai quei boschi fungevano da rifugio e dimora di una specie di animali ormai quasi dati per estinti ad Alagaesia, maestri nel mutare forma e saggi consiglieri, i gatti mannari non avevano mai smesso di vegliare, a modo loro, sulla razza umana. Quelle misteriose ed eccentriche creature ben sapevano che se la voce della loro esistenza presso Teirm si fosse sparsa non sarebbe passato certo molto tempo prima che il re inviasse le sue guarnigioni a sterminarli o, peggio ancora, a ridurli in schiavitù. Così erano soliti allontanare i curiosi dai loro rifugi, spaventandoli e fomentando le dicerie e le leggende attorno agli spiriti della foresta e alle apparizioni che vi avvenivano. Col tempo però il loro numero si era progressivamente ridotto, le paure degli abitanti di Teirm erano state dimenticate e l'uomo aveva ricominciato a calpestare quei suoli sacri. I pochi gatti mannari rimasti si erano quindi lentamente rinchiusi su se stessi, rifugiandosi sempre di più nel profondo della selva.
Fu in una calda giornata di primavera che venne quindi alla luce un giovane e spavaldo cucciolo di gatto mannaro: ultimo di una sfornata di nove fratelli, il piccolo Solembum poteva vantare sin dai primi minuti di vita il manto più nero e lucente della piccola comunità in cui era nato. A partire dai primi piccoli, incerti zampettamenti Solembum dimostrò la tipica e del tutto improbabile caratteristica che sebbene in pochi lo sappiano contraddistingue tutta la giovinezza dei membri della sue specie: ossia una curiosità, un'avventatezza e una sete di avventure del tutto fuori dal comune. Anzi, se i suoi pelosi coetanei si accontentavano solo di far morire di crepacuore i poveri genitori con le loro disavventure, al giovane e spensierato Solembum tutto ciò non bastava minimamente: se i suoi compagni volevano gareggiare nel raggiungere gli alti rami delle querce del bosco, lui doveva sempre arrivare in cima, se la sfida consisteva nell'avvicinarsi alla tana della lince, lui allora doveva per forza entrarci dentro. In poche parole, non passava un secondo che non si cacciasse nei guai, tanto che presto i poveri genitori, disperati, arrivarono a temere che non sarebbe stato Galbatorix a privarli delle loro nove vite, ma la piccola calamità ambulante che loro stessi avevano generato. 
La cosa che però più entusiasmava la nostra palla di pelo, e che mai e poi mai nemmeno i suoi giovani amici avrebbero osato manco immaginare, era andare a visitare, di nascosto, la città di umani che si trovava proprio nei pressi della foresta. Lo incuriosivano quegli insoliti esseri, tutti nudi e rosati, con solo una zazzera di peluria sulla testa, che parevano sempre presi da chissà quale importantissima incombenza, e camminavano spediti per le strade asfaltate del porto, si riunivano nei locali, fumavano, bevevano e spesso puzzavano come orsi. Gli piaceva girare per il centro abitato la notte, sentire l'odore del pane appena sfornato presso la bottega del panettiere, le grida dei bebè che chiedevano il latte, il rumore del martello del fabbro che lavorava fino a tardi e la ciotola di latte che puntualmente la vecchia casalinga lasciava fuori dalla suo porta: latte speziato con miele e caramello.
I suoi genitori parevano non comprendere minimamente il fascino di quel mondo tanto lontano e remoto, parevano invece convinti che gli umani fossero delle creature barbare e pericolose, assetate di sangue e vendetta, pronte a tutto per denaro, motivo per cui bisognava starne assolutamente alla larga. Ma Solembum non ci dava peso, non riusciva nemmeno a immaginare che gli umani potessero essere tanto crudeli, forse puzzolenti e un po' strambi, chiassosi e certo parecchio rimbecilliti, ma di certo non crudeli come li dipingevano gli adulti del branco. Era però consapevole che non doveva farsi vedere, e che prima o poi, se nessuno li avesse costantemente tenuti alla larga dalla foresta, avrebbero scoperto la loro esistenza: il che era un motivo sufficientemente valido, assieme ovviamente al divertimento che ne sarebbe derivato, per spaventarli a morte e sorvegliare i confini del bosco. Fu quindi così che, senza il permesso di nessuno e autonominatosi "custode della foresta", il micetto iniziò a prendere l'abitudine di dirigersi ai margini della foresta, terrorizzando e spaventando nei modi più assurdi e improbabili i poveri viandanti che osavano addentrarvisi.
Un po' a causa dei continui attacchi, e un po' perché ormai che era diventato adolescente entrava nella città per buttare, per così dire, altra legna al fuoco, fatto sta che presto le leggende e il timore verso la foresta rinacquero a nuova luce nell'immaginario del popolino. Ben presto i sentieri di caccia vennero abbandonati, i taglia lenga se ne andarono e i sentieri furono dimenticati. Nessuno si avvicinava più a quel luogo misterioso, e se mai accadeva, ci pensava il nostro amico peloso a fargliene passare la voglia. Non ci volle molto tempo che  nella comunità si diffondesse la voce delle sue scappatelle, e a parte il fatto che per un pelo i suoi poveri genitori non si presero una sincope quando lo vennero a sapere, gli anziani furono tutto sommato felici che fosse riuscito a scacciare gli umani dal loro territorio, e lo lasciarono fare. Fiero dei continui successi, Solembum poteva vantare orgogliosamente di essere in grado di spaventare e terrorizzare a morte qualsiasi tipo di umano: maschio o femmina, vecchio o giovane non importava, tutti fuggivano con la coda fra le gambe di fronte alla sua inimmaginabile potenza. Non avrebbe certo potuto immaginare che non era ormai lontano il giorno in cui il suo orgoglio avrebbe ricevuto un terribile colpo.
Era una fresca mattina d'estate, una brezza frizzante e dal sapore di sale spirava dal mare poco lontano fino a scuotere i teneri rami dei meli, appesantiti dai grossi e rossi frutti ormai maturi. I raggi del sole penetravano nel verde delle foglie, trasformandosi in un'atmosfera smeraldina e rarefatta che pareva quasi fermare il tempo al limitare della foresta, dove il giovane Solembum se ne stava pigramente accoccolato su un ramo osservando una diligente fila di formiche rosse che se ne tornava nel suo nido. Improvvisamente un odore insolito e mai sentito prima raggiunse le sensibilissime papille olfattive del felino, che alzò vigile gli occhi: un aroma strano, dal sapore di sabbia, erbe aromatiche e spezie si stava avvicinando dalla città. Chi poteva mai essere a sfidarlo in modo tanto oltraggioso? Chi mai avrebbe avuto il coraggio di addentrarsi nei SUOI domini? Già pregustando l'imminente vittoria, il gatto mannaro si nascose tra le fronde dell'albero su cui stava riposando, aspettandosi chissà quale potente e inimmaginabile nemico. Un soldato? Un potente stregone? E se fosse stato il Tiranno in persona? Quanta gloria avrebbe mai potuto guadagnare nel terrorizzarlo? Sarebbe di certo entrato nella storia, i suoi coetanei lo avrebbero inneggiato e premiato lautamente con tanti pranzetti a base di salmone e chissà, magari avrebbe anche fatto colpo su qualche bella micetta. Ansioso di scoprire le sembianze del temerario rivale, il micio fissava con attenzione la boscaglia, fino a quando, canticchiando una canzone irripetibile in fatto di decenza, una strana donnetta non comparve nel sottobosco. Avanzava a passetti svelti e rapiti, quasi saltellanti, occhieggiandosi attenta intorno, era piccola per essere un'umana, i corti capelli neri (più lucenti del manto di Solembum, ma questo lui non lo avrebbe mai ammesso) le ricadevano sbarazzini sui penetranti occhietti gialli, la carnagione era scura, ambrata, e indossava una semplice toga ricca di amuleti strani e simboli magici. Quando la vide, per un pelo il nostro protagonista non cadde dal suo nascondiglio dalla sorpresa. Che ci faceva quella donnetta nella foresta? Che ne era del soldato e del potente mago (lui non poteva saperlo, ma effettivamente quella era una maga, e pure potente)? Indispettito, osservò la figura raccogliere alcuni funghi per terra, analizzarli e poi aggiungerli al cestino di vimini che portava al braccio. No, non poteva assolutamente accettare che una semplice e comunissima nanetta (fortuna che lei non poteva leggerli nei pensieri in quel momento, altrimenti addio profezia sul futuro salvatore di Alagaesia, e addio pure a Solembum) se ne girovagasse spensierata per il SUO bosco. Prese velocemente le sembianze di un grosso leone nero e le atterrò di fronte. Angela alzò lo sguardo, quasi annoiata, a quel micio troppo cresciuto che stava interrompendo la sua ricerca sui funghi e sui rospi/rane. Alzò un sopracciglio. Che voleva da lei quel coso? Forse da mangiare? Solembum intanto ringhiava minaccioso, intenzionato a farla fuggire via a gambe levate. Eppure c'era qualcosa che non stava andando per il verso giusto, perché non scappava via? Perché non pareva nemmeno minimamente sorpresa? La maga alzò la mano e per un pelo il gatto temette chissà quale reazione, poi la posò sul suo capo, scompigliandogli scherzosamente la criniera. "Volevi le coccole eh?" fece lei tutta sorridente. Per poco a Solembum non cascò la mascella. Osservò l'erborista, che nel frattempo aveva ripreso tranquilla il suo percorso. Ma chi era quella? Ripresosi dal trauma, il giovane gatto mannaro si convinse che mai e poi mai avrebbe potuto permettere a quella stramba creatura di surclassarlo così come niente, ne andava del suo orgoglio.
Passarono così i giorni, ogni volta, Solembum ne trovava fuori di tutti i colori per spaventarla, ma niente pareva smuovere nemmeno di un millimetro la donna, che ben presto iniziò ad apprezzare quella strana presenza che ormai la seguiva ovunque.

Note dell'Autrice:
Ben ritrovati a tutti!
Approfitto subito per ringraziare il nostro amatissimo Christopher Paolini per aver creato l'opera da cui è tratta questa piccola OS...seriamente caro Chris...non saprei cosa fare senza il nostro caro e amatissimo Eragon, anche se di Galbatorix ne avrei fatto volentieri a meno, ma questi sono dettagli.
Tornando a noi, devo dire che ho sempre apprezzato moltissimo i personaggi di Angela e Solembum, che sono davvero eccezionali, sebbene purtroppo sull'identità della prima non si sappia ancora moltissimo e al contrario l'autore non pare abbia voluto illuminarci troppo a riguardo...pazienza, non possiamo certo chiedere di tutto, no?
Se amate il genere comico, i villains ed Eragon allora vi consiglio una breve raccolta di OS ad opera di _Lalli, ossia "Semplici istruzioni per indisporre i malvagi di Alagaesia" che vi linkerò qui sotto. Vi basti sapere che sono quasi morta dal ridere nel leggerle...

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3129305
Detto questo vi lascio...
Teoth

 
   
 
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