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Autore: A li    01/01/2009    12 recensioni
Australia
1 gennaio 2008
Mezzanotte
Heath portò un braccio attorno al compagno, cercando di
avvicinarlo di più a sé. Quello lo
lasciò fare, per niente infastidito.
Si godette gli attimi di silenzio che seguirono, ascoltando il quieto
respiro dell’altro, pensando che si fosse addormentato.
Ma una sua nuova domanda improvvisa gli fece capire di essersi
sbagliato.
-Pensi che i suicidi possano avere il paradiso?-
Jake sorrise, baciando la pelle dell’australiano, sentendolo
come un bambino insicuro e tormentato.
-Tutti hanno diritto al paradiso, Heath. Perché non posso
credere che Dio ci abbia creati per spedirci all’inferno-.
L’altro non rispose.
E Jake si chiese se avesse risposto con sincerità.
Senza sapere che avrebbe portato il ricordo di quelle parole con
sé per sempre.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Buon anno

~Tutti, Heath~

Australia

1 gennaio 2008

Mezzanotte

 

-Buon anno!-

Il grido esplose dalla folla come un unico potente boato che invase la notte.

Le persone stapparono le bottiglie di spumante, scoppiarono palloncini colorati e si baciarono a vicenda, sempre con un gran sorriso entusiasta sul viso. Tutti avevano riflessa negli occhi quella trepida passione per le feste e quella speranza invincibile che l’anno dopo sarebbe stato migliore di quello appena passato.

Solo un ragazzo, sulla ventina, se ne stava in disparte, lontano dal rumore della festa, dal chiasso fastidioso della gente. Seduto sulla riva del mare, con i piedi appoggiati alla sabbia scura, fissava senza motivo la linea del mare all’orizzonte. Una sua mano stringeva una bottiglia di champagne quasi piena, appena stappata.

Ne bevve un altro sorso avidamente, senza pensare a quanto tempo gli sarebbe rimasto prima di diventare ubriaco. Semplicemente portò la bottiglia nera alla bocca e mandò giù: l’alcool gli rinfrescò la gola.

Si concesse una pausa, dopo l’ennesimo sorso. Il mare era calmo, il silenzio assoluto: le persone avevano smesso di gridare ed ora il loro mormorio sommesso non lo disturbava più. La notte era completa: il cielo nero si susseguiva ininterrotto da un orizzonte all’altro; la luna aveva deciso di non apparire. C’era solo un soffio di vento che gli scompigliava i capelli di tanto in tanto, divertendosi a cambiare direzione ogni volta.

Il ragazzo si chiese cosa pensasse la luna. Così bella, luminosa, eppure non si era presentata in quella grande occasione. Nell’ultimo giorno dell’anno si era nascosta dietro un mantello nero per spiare senza essere vista, o forse per non vedere e basta.

Come lui. Che aveva deciso di non venire, lasciandolo solo in balia dei futili discorsi di qualche donna infedele o moglie tradita. Non c’era spazio, quella sera, in quel luogo, per coppie felici. Solo uomini e donne insoddisfatti. Forse era quello il motivo per cui lui aveva disertato: in fondo aveva una moglie e una figlia, due bellissimi doni. Forse era felice.

Per qualche settimana si era illuso che anche lui sentisse il bisogno di qualcosa di diverso, qualcosa di maggiore, qualcosa di più intenso di una semplice famiglia. Aveva creduto che gli facesse piacere passare del tempo in sua compagnia.

Probabilmente si era sbagliato.

Sospirò, poi fece per inghiottire un altro sorso.

Ma la sua mano venne bloccata proprio quando la bottiglia stava per raggiungere le sue labbra. Un braccio muscoloso afferrò il suo e lo riportò in basso, verso la sabbia.

-Non bere-.

La voce profonda lo scosse. Un brivido gli percorse la schiena per tutta la sua lunghezza.

Chiuse gli occhi, per ricacciare indietro le emozioni che sentiva salire in gola.

Sospirò ancora, dopo aver trattenuto il respiro troppo a lungo.

-Heath-, respirò. Pianissimo.

L’altro si sedette di fianco a lui, incrociando le gambe, incurante dei pantaloni neri perfettamente puliti.

Per un momento il silenzio fu assoluto; anche il mare rese omaggio alla pace che invadeva il cuore del ragazzo, acquietando il suo moto cantilenante.

-Che fai qui, Jake? La festa è là dentro-.

Il giovane si voltò e per la prima volta si concesse di ammirare l’uomo di fianco a lui. Guardava il mare assorto, tanto che Jake si chiese se stesse davvero attendendo una risposta.

Pensò a cosa dire. E poi optò per la pura verità.

-Aspettavo te…-, sussurrò.

Il biondo non si mostrò sorpreso. Il suo sorriso dolce parve all’altro la cosa più bella mai vista.

Il vento passò tra i suoi capelli lasciati crescere liberamente e poi giunse a Jake, trasportando il profumo salmastro dell’acqua di fronte a loro.

-Perché non sei venuto prima?-

Heath sospirò.

-Ho promesso ai miei che avrei passato il capodanno con loro-, ammise, -E il capodanno comprende anche la mezzanotte… Ho fatto più veloce che potessi-.

Jake arrossì per la sua arroganza, grato alla luna che si era nascosta, rendendo invisibile il suo imbarazzo.

-Ma io…-, tentò, -Non volevo rovinarti il capodanno… Cioè, quando ti ho chiesto di venire… Insomma, so che la tua famiglia viene prima e…-

L’australiano rise, spiazzando l’amico.

-Non sei bravo a scusarti, Jake-, sogghignò.

L’altro ammutolì, ancora una volta vergognandosi per le sue parole.

L’amico non continuò. Rimase in silenzio. E di nuovo quella strana quiete scese su di loro.

-Sono contento che tu sia qui…-

Heath sorrise ancora. Era irritante come rendesse ridicolo ogni suo gesto.

Ma le sue parole lo colpirono. –Anch’io sono contento di essere qui-.

Jake si ritrovò le labbra distese e arcuate verso l’alto senza accorgersene. La sua felicità andava più veloce della ragione, precedendolo con reazioni inaspettate. Soddisfatto, si distese sulla sabbia umida, sentendo il freddo del terreno a contatto con la sua pelle nascosta dalla camicia.

Quando riportò gli occhi sul compagno, lo vide intendo ad accarezzarlo con lo sguardo, seguendo la linea del suo profilo magro.

Arrossì per l’ennesima volta, affrettandosi a guardare da un’altra parte, a disagio.

Ma l’altro gli si accostò, coricandosi accanto a lui, di profilo. Inaspettatamente prese ad accarezzargli il petto con una mano, dolcemente, come una mamma con il figlio.

Jake deglutì, tentando di pensare ad altro, sentendo il cuore prendere a battere pericolosamente troppo veloce.

All’improvviso dall’orizzonte nero partì una scia luminosa che esplose in alto con una stella di luci. I fuochi d’artificio cominciarono a susseguirsi rapidissimi, inondando di luce tutta l’oscurità.

-I fuochi…-

Jake lo sussurrò inconsciamente e per un attimo Heath interruppe le sue attenzioni per osservare lo spettacolo.

-Ti piacciono?-, chiese.

Il bruno annuì, distratto. Poi abbandonò la testa all’indietro, mentre il collo iniziava a dolergli per quella posizione scomoda.

Respirò lentamente, godendo della freschezza che invadeva i suoi polmoni ogni volta.

-E’ arrivato il 2008…-, mormorò Heath.

Nella sua voce c’era una punta di tristezza che non sfuggì a Jake. Sollevò di poco il capo, per osservare l’altro con un’espressione corrucciata scrutare lontano.

-Che c’è?-, chiese.

Heath sorrise stancamente.

-Ogni anno che passa divento sempre più vecchio…-

Fu il momento del bruno di ridere. Si lasciò andare, sentendo nelle parole dell’amico troppa angoscia.

-Cavolo, hai ventotto anni, Heath!-, esclamò.

Ma l’altro non si unì alla sua serenità malcelata.

-Tra due anni ne avrò trenta, poi quaranta…-

A quel punto Jake cominciò a preoccuparsi. Si resse sui gomiti per avvicinarsi al biondo e gli afferrò il mento con una mano, facendolo voltare verso di sé. Lo fissò preoccupato, mentre quello teneva gli occhi sul suo collo, tristemente.

-Ehi, Heath… Che c’è? Cos’è che ti preoccupa?-

Il silenzio che gli arrivò lo investì come una ventata gelida.

-Heath, ti prego…-, lo implorò, -Hai paura di invecchiare: è questo?-

Il biondo sospirò, poi scacciò la sua mano e si alzò in piedi, facendo due passi verso il mare. Rimase immobile, dandogli le spalle, con la testa china in avanti. E sembrava che soffrisse infinitamente.

-Questo successo che abbiamo, Jake…-, mormorò, -Non durerà. Ora siamo al massimo della fama, siamo stati candidati all’oscar, abbiamo recitato ruoli importantissimi nel mondo del cinema… Ma tra qualche anno cominceremo a diventare vecchi e saremo stanchi, non potremo più interpretare quello che vorremmo, verremo gradualmente scartati e poi dimenticati…-

Jake era rimasto a bocca aperta.

-Ma Heath, noi…-

-Aspetta-, lo interruppe l’altro, -Sarà così, esattamente come dico io. Non ci hai mai pensato?-

Il ragazzo ancora seduto a terra restò per un attimo senza parole.

-Ma Heath… Abbiamo ancora tanti anni di carriera davanti a noi, no?-

-E dopo?-, lo incalzò l’australiano.

-Poi…-, tentennò, -Heath… E’ normale invecchiare: è ovvio, non si può cambiare il corso della natura…-

L’altro non ribatté. Restò in silenzio, la testa ancora incassata pesantemente tra le spalle possenti.

Jake sospirò, sentendosi come Jack Twist davanti ad Ennis. Si alzò puntellandosi con un ginocchio a terra e raggiunse l’amico. Gli sfiorò timidamente una spalla e, quando non vide reazioni negative, lo abbracciò, circondandogli il petto da dietro.

-Heath, su… E’ capodanno che ti fa quest’effetto, vero?-, ridacchiò.

Finalmente il compagno si lasciò andare ad una flebile risata. Jake sentì la sua schiena muscolosa rilassarsi un po’.

Felice, si accoccolò contro la sua pelle sotto la giacca nera, appoggiando una guancia sulla sua schiena. In silenzio, respirò il profumo dell’altro, sperando che quel momento fosse più lungo possibile.

-Jake…-

Il sussurro di Heath era pieno di dolore, di nuovo.

-Dimmi…-

-Scusa, è che… Ho paura…-

L’americano affondò meglio la testa contro di lui.

-Di cosa?-

-La vita è così breve e… Ho paura di sprecarne ogni attimo sbagliando le mie scelte…-

Jake sorrise non visto. –E allora fai le scelte giuste…- mormorò.

Heath sentì in quelle parole un’allusione fin troppo chiara. Ma fu tentato di provare la decisione dell’amico.

-E quale sarebbe la scelta giusta?-

Jake sentì un groppo stringergli la gola, rischiando di farlo soffocare.

-Io-, rispose pianissimo, mentre una parte di lui sperava che Heath non sentisse.

Per un momento pensò che davvero l’amico non avesse udito la sua risposta, perché rimase in silenzio. Solo il vento interruppe i loro pensieri, facendoli rabbrividire.

Poi l’australiano si voltò, sciogliendo quell’abbraccio che li aveva uniti per un po’. Jake sentì il freddo invaderlo; non ebbe coraggio di guardare in faccia l’amico. E si vergognò tantissimo di quello che aveva detto.

Heath aveva una moglie e una figlia. Doveva mantenere una famiglia, non solo con i soldi, ma con l’affetto e la presenza di un padre. E lui era il padrino di sua figlia. Invece di aiutarlo, gli aveva appena chiesto di tradire tutto questo per stare con lui.

Prima che l’altro potesse dirgli qualunque cosa, parlò.

-Scusa, Heath, io non…-

-Stai zitto-.

Le sue parole lo colpirono al petto.

E alzò lo sguardo.

Ciò con cui si scontrò, fu un sorriso timido. Ma sereno.

-Te l’ho già detto, Jake-, soffiò Heath, -Non sei bravo a scusarti…-

L’americano abbassò lo sguardo a disagio, l’ennesima volta quella sera, ma l’amico gli prese il mento tra le dita e lo sollevò, facendolo scontrare con i suoi piccoli occhi.

-Stupido…-, mormorò.

E Jake ebbe solamente il tempo di respirare una volta ancora. Poi sentì le labbra del compagno posarsi sulle sue.

In quell’attimo si accorse di averle desiderate da troppo tempo. Aveva sempre represso quell’impulso nella sua coscienza, ma da quel momento magico sul set di Brokeback Mountain il sapore mielato delle labbra di Heath l’aveva tormentato ogni giorno.

Colto alla sprovvista dalle proprie sensazioni, portò le mani alla nuca di Heath, spingendo il suo viso contro il proprio, per affondare totalmente in quel magnifico sapore. La sua lingua invase la bocca dell’altro senza chiedere permesso, mentre l’istinto prendeva il sopravvento su tutto.

Si staccò quando l’ossigenò non arrivò più al cervello e il bisogno di prendere aria si fece troppo intenso.

Rimase ad ansimare con la fronte appoggiata al petto dell’altro, cercando di non rendersi conto di ciò che aveva fatto.

Ma fu Heath a chiarire la situazione. Le sue mani, rimaste fino ad allora sulla sua schiena, si mossero delicatamente verso il suo petto. Con una spinta lo gettò a terra e si distese su di lui.

Ci sarebbe stato solo un attimo di lucidità ancora. E Jake lo sfruttò.

-Nessuno verrà a cercarti?-, chiese.

Heath sorrise, con gli occhi incollati alle sue labbra perfette.

-Nessuno-, mormorò, con voce roca. Sensuale, terribilmente sensuale.

Jake non resistette un attimo di più. Catturò all’istante le labbra del compagno e sperò di non lasciarle mai più.

Heath ricambiò con foga. Le sue mani corsero alla camicia, cominciando a sbottonarla.

Il ragazzo sentì le mani del biondo armeggiare sul suo petto e quella fu l’ultima sensazione che riuscì a ricordare.

Il resto sarebbe rimasto chiuso in quella notte.

Perché quella non era la scelta giusta: sarebbe rimasta sepolta tra i loro respiri e sguardi, nel ricordo di un anno appena cominciato.

Non era la scelta giusta, no. Ma probabilmente fu la migliore mai presa, per Heath.

 

-Credi che Dio esista?-

Jake rise, colto alla sprovvista. Si strinse di più all’altro.

-Che domande difficili questa sera…-, mormorò.

Heath lo ignorò.

-Forse ha deciso lui che noi due ci incontrassimo-.

L’americano sbuffò infastidito.

-Può darsi-, ammise, sperando di placare la sete di conoscenza dell’altro.

-Quindi ci credi?-

Jake si arrese. Probabilmente quella notte Heath aveva deciso di dare una riposta alle domande sepolte nell’uomo da milioni di anni.

-Io credo che ci sia un’entità sovrannaturale, questo sì…-

Il biondo sorrise.

-Dici che quindi ci sarà qualcosa dopo la morte?-

Jake si fermò un attimo pensieroso. Poi alzò le sopracciglia.

-Beh, qualcosa sì-.

Heath portò un braccio attorno al compagno, cercando di avvicinarlo di più a sé. Quello lo lasciò fare, per niente infastidito.

Si godette gli attimi di silenzio che seguirono, ascoltando il quieto respiro dell’altro, pensando che si fosse addormentato.

Ma una sua nuova domanda improvvisa gli fece capire di essersi sbagliato.

-Pensi che i suicidi possano avere il paradiso?-

Jake sorrise, baciando la pelle dell’australiano, sentendolo come un bambino insicuro e tormentato.

-Tutti hanno diritto al paradiso, Heath. Perché non posso credere che Dio ci abbia creati per spedirci all’inferno-.

L’altro non rispose.

E Jake si chiese se avesse risposto con sincerità.

Senza sapere che avrebbe portato il ricordo di quelle parole con sé per sempre.

 

Australia

23 gennaio 2008

20.15

 

Tutti erano radunati sulla spiaggia, ridevano e cantavano intorno al fuoco.

Ogni tanto, solo qualche volta, nei discorsi appariva il suo nome. Si posava come un fantasma sulle fiamme arancio e oro, poi scompariva di nuovo. Per tornare solo molto tempo dopo, sulla bocca di qualcun altro.

Lui non sarebbe tornato più. Era scomparso poco tempo prima, nella sua stanza d’albergo a New York, lontano dalla terra natia, senza nessuno. I giornali si contendevano le cause della sua morte, trovando divertente sputargli addosso le peggiori accuse.

Lontano dalla spiaggia, dal fuoco e dai discorsi allegri, solo un ragazzo sulla ventina. Restava seduto sotto un albero, con la schiena appoggiata alla corteccia e gli occhi chiusi. Cercava di trattenere il dolore che voleva fargli esplodere il petto.

Non aspettava nessuno.

Quella sera, in quelle ore che si trascinavano troppo lente, tentava solamente di riacciuffare qualche ricordo lontano, rivisitarlo accuratamente e poi gettarlo via prima che il dolore lo straziasse del tutto.

Aveva provato a rimanere a guardare quel volto sorridente nei suoi pensieri. Aveva provato a mantenerlo vivo sotto le sue palpebre per più di qualche minuto. Ma alla fine si era ritrovato riverso a terra, ansimante, con il sudore che gli imperlava la fronte e uno schiacciante dolore allo stomaco. Aveva rischiato di vomitare già una volta o due.

Ora lasciava semplicemente la testa riversa all’indietro e cercava di concentrarsi sul proprio respiro, per far sì che le ore passassero velocemente e il momento di tornare a casa si facesse più vicino.

Quel luogo, quella spiaggia erano troppo da sopportare.

La sua morte era già abbastanza.

Ma tornare lì, dove per la prima volta Heath aveva lasciato che l’istinto prendesse il posto della ragione, quello era impossibile da mandare giù. In quella terra selvaggia ogni pianta aveva il suo profumo, ogni fiore il suo aspetto, ogni persona una parte di lui.

Michelle e sua figlia avevano bisogno di sostegno, si era detto. Ed era partito con loro.

Ma era stato un enorme errore. In quel momento probabilmente era l’unico a capire cosa volesse dire realmente perdere Heath Ledger. Cosa significasse veder sparire il suo sorriso, il suo profumo, il suo tocco, il suo talento.

In un attimo, per una combinazione mortale di farmaci. Per un avvelenamento accidentale.

Ma Jake Gyllenhaal non riusciva a togliersi dalla testa che la colpa fosse sua.

Nella sua mente il ricordo di quelle parole, la notte del primo dell’anno. Pensi che i suicidi possano avere il paradiso? – Tutti hanno diritto al paradiso, Heath. La sua risposta aveva convinto l’amico. Lo aveva servito alla morte su un piatto d’argento.

Tutti. Quella parola risuonava nella sua mente con il terrificante sapore della condanna.

Il dolore tornò ad invaderlo nella sua piena potenza. Colto in fallo, senza protezione, si piegò su se stesso, tenendosi la gola con le mani. Un conato lo scosse terribilmente, seguito da un brivido.

Quando tornò a respirare, cercò di non ritornare sui suoi sensi di colpa. Lo avrebbe fatto quando il dolore non sarebbe stato così fisico.

La sua mente avrebbe avuto sempre tempo, dopo, di soffrire. Di patire la giusta pena.

Tentando di distrarsi, lanciò un’occhiata in direzione della spiaggia.

Il falò si stava spegnendo, ma si sentivano ancora i mormorii sommessi delle persone. La gente si stava coricando in cerchio, sorridendo serenamente, godendo di ricordi tranquilli, che non portavano alcuna tristezza, per quel giorno.

Jake avrebbe voluto poter ricordare Heath con il sorriso sulle labbra, come loro. Ma sapeva che non ci sarebbe riuscito.

Sospirò. E un attimo dopo sentì una mano sulla spalla.

Si voltò di scatto: negli occhi la speranza di vedere quella persona dietro di sé.

-Scusa, Jake, non volevo disturbarti…-

Il ragazzo sospirò ancora.

-Niente, tranquilla-.

La madre di Heath gli si sedette accanto, restando in silenzio a contemplare insieme a lui il sereno quadretto della spiaggia.

-Non sei andato insieme a loro?-, chiese a un tratto.

Il giovane scosse la testa. La donna sorrise, con il dolore impresso come un marchio nelle iridi cerulee.

-Sai, Jake, prima di morire, un giorno di inizio gennaio, Heath mi disse una cosa-.

L’americano si voltò verso di lei, con il cuore stretto in una morsa.

-Prima di partire per tornare in America, mi abbracciò e sussurrò: “Ho sempre pensato che fare le scelte sbagliate fosse come sprecare tempo prezioso della propria vita. Ma Jake mi ha dimostrato che ero in errore…” E se ne andò-.

Jake sentì le lacrime pungere ai lati degli occhi. Prese a tremare incontrollato e iniziò a piangere silenziosamente.

La donna lo guardò senza compassione.

-Ora… Non so come tu sia riuscito a fargli cambiare idea, ma sono contenta che ti abbia ascoltato-.

Jake si voltò, asciugandosi le lacrime sulle guance con la manica della camicia.

Fissò un momento la donna, poi la abbracciò senza preoccuparsi di nulla. Lei lo accolse senza dire una parola e iniziò a cullarlo, mentre il ragazzo piangeva sul suo petto.

-So quanto fa male, Jake-, mormorò, -Ma sono sicura che dov’è adesso Heath sta meglio. Non dobbiamo piangere per lui. Sono certa che da lassù ci guarda e ride della nostra stupidità… Te lo immagini? “Scemi, sono qui!”-

Jake rise sommessamente tra le lacrime.

-E’ vero-, mormorò.

Senza sciogliersi dall’abbraccio smise di piangere.

Pensò che Heath non aveva cessato di sorridere, di toccare, di avere talento. E aveva sicuramente ancora quel dolcissimo profumo addosso. Semplicemente si era stancato di stare lì tra loro. Era sempre stato un tipo inappagabile…

Anche se non potevano vederlo, Heath sarebbe vissuto per sempre. Senza invecchiare, come desiderava.

Sarebbe rimasto nelle pellicole, nei cuori della gente, nel sorriso di sua figlia, negli occhi dei suoi amici.

E sicuramente una parte di lui anche a Brokeback Mountain. Per sempre.

 

---

 

Ciao a tutti! ^.-

Questo è ciò che capodanno mi ispira: credo che non sia da precisare il fatto che odio capodanno… ^^

Se avete letto, per favore, commentate! Ho messo tutta me stessa in questa storia… Lasciate un commentino, per piacere!

Vi prego, devo mettermi in ginocchio? ç-ç

Confido nella vostra gentilezza…

Grazie a tutti.

 

Aki

   
 
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