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Autore: twilight_lover2008    01/01/2009    6 recensioni
Un viaggio nei pensieri di Padmè, nei mesi più difficili della sua vita...
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Padmè Amidala
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come fan di Star Wars da tempo ragionavo su una storia totalmente incentrata su una delle più belle figure che Zio George Lucas ci ha regalato nella NT: Padmè Amidala Naberrie Skywalker.
So già che a molti potrebbe non piacere (zero azione, zero jedi, zero guerra), ma è un esperimento che, alla fine, ho deciso di pubblicare.
Un viaggio intimistico in Padmè, nel momento più delicato della sua vita.
Buona lettura.

TL08

Disclaimer: E’ tutto di Lucas. Io non c’entro niente.


*****

Changes

L'uomo vive attraverso le passioni,
attraverso la ragione esiste soltanto.
(N.S.De Chamfort)

Sforzati sempre di vedere ciò che splende dietro le nuvole più nere
(Baden Powell)

Mai nessuna notte è tanto lunga da non permettere al sole di sorgere
(Paulo Coelho)

La gioia e l'amore sono le ali per le più grandi imprese.
(Johann Wolfgang Goethe)

Un uomo che teme di soffrire soffre già quello che teme.
(M. De Montagne)

*****

Day 0.

“Padmè?”
Era notte, fuori. L’oscurità era calata più rapidamente, cadenzata da respiri e sussurri.
Naboo dormiva un sonno che Anakin, invece, non riusciva ad abbracciare.
Lei si mosse appena, tra le sue braccia: ne osservò la pelle morbida tendersi sulle scapole, stiracchiandosi contro di lui. Sentì le sue dita stringere la mano che le teneva appoggiata sul ventre. Era sveglia anche lei.
“Pensavo dormissi” esordì Padmè, girandosi a guardarlo, gli occhi scuri e profondi che sapevano leggergli dentro; i capelli, sciolti, sparsi sul cuscino. Anakin ne aspirò il profumo.
“Volevo godermi un po’ il silenzio,” si giustificò. “Non ci sono più abituato”.
Padmè guardò la cicatrice che segnava l’occhio di suo marito, e pensò a che rumore fa la guerra. Pensò ai passi delle ronde, agli spari. Alla pioggia che scivola sopra una tenda da campo, mentre si decide quanti cloni portare con sé in una perlustrazione. Pensò a Geonosis, a tutto quello che aveva vissuto solo per qualche ora, ripetersi ogni giorno, tutto il giorno. Capì quanto prezioso potesse essere non sentire niente.
“Mi piace,” continuò Anakin sfiorandole il viso con la punta delle dita, “stare immerso nel silenzio, quando torno a casa.” Lei sorrise alla parola casa: quel termine le dava sempre l’illusione di vivere una situazione normale. “Però…”
“Però?”
“Voglio ascoltarti parlare”
Padmè rimase in silenzio, a guardarlo. Era tornato dopo mesi quella sera stessa, e come sempre lei avrebbe voluto chiedergli ogni cosa, domandargli la causa di una nuova cicatrice, milioni di perché, centinaia di percome: tutto svaniva, puntualmente, nel momento in cui lo vedeva, lo toccava, lo guardava come una bambina di fronte ad un regalo. E ogni parola si spegneva, moriva, lasciando posto a desiderio e passione; a gesti più significativi di qualsiasi termine esistente.
“Raccontami qualcosa,” la incalzò Anakin. “Voglio riempirmi la testa della tua voce”.
“Cosa vuoi ti racconti?”
Lui si strinse nelle spalle. “Non so… di quello che mangi a colazione. Di come scegli i vestiti da mettere. Di che cosa parli con i tuoi genitori. Delle piccole cose che vivi ogni giorno” Si interruppe, e Padmè sentì la sua tristezza, quando riprese a parlare. “Raccontami com’è Padmè quando non sono insieme a lei.”
“Ah, ti annoieresti a morte a stare tutto il giorno con me” scherzò lei, cercando di ridargli il buon umore.
“Allora il sogno della mia vita è annoiarmi a morte”
Padmè lo guardò, e non potè fare a meno di baciarlo. Anakin rimase fermo mentre lei si sollevava appena e gli si stringeva contro, senza separare le loro labbra.
E appoggiandosi a lui, gli raccontò di quando da bambina giocava con Sola, e adesso amava rifare gli stessi giochi con le sue nipotine, quando ne aveva il tempo. Di come spesso si addormentava in Senato e Dormè arrivasse a svegliarla; di quanto chiacchierasse con quest’ultima e, in generale, con le sue dame di compagnia, ormai più amiche che sottoposte.
Parlò senza fermarsi, Padmè, di ogni cosa le venisse in mente; spesso senza un filo logico a legare gli argomenti, ma Anakin non la interruppe mai e mai fece domande, ascoltandola assorto come se da ogni parola fosse dipeso il destino del mondo.
Solo, all’improvviso, le accarezzò le labbra con un dito. Padmè si fermò, mentre le dita salivano a sfiorarle gli zigomi, le palpebre, la fronte, per perdersi poi dentro i capelli.
“Ti amo”, le sussurrò all’orecchio, tirandola verso di sé.
“E tu sei la mia vita,” gli rispose lei, stringendolo forte. “Non dimenticarlo mai.”

***********

Week 3.

“Darred[1] vorrebbe avere un altro bambino”
Le parole di Sola arrivarono improvvise alle orecchie di sua sorella Padmè, assorta per un attimo in pensieri che vedevano mescolarsi mozioni senatoriali e un jedi dai capelli biondi. Anakin era partito da due settimane, e lei aveva deciso di concedersi un po’ di tempo per sé, al riparo delle familiari mura dentro le quali era cresciuta e che forse avrebbero attutito un po’ lo strazio di questo continuo impasse.
Basta, devi rilassarti, aveva pensato solo qualche istante prima, seduta nel piccolo patio in pietra della casa dei suoi genitori, quando la sua mente aveva nuovamente vagato verso luoghi e situazioni che non avevano niente a che fare con l’atmosfera domestica. Ci era caduta di nuovo.
“Da come lo dici, non sembra una bella cosa,” la canzonò Padmè, che aveva capito quanto sua sorella non fosse entusiasta della proposta del marito.
“Non lo so,” sospirò Sola. “Non nego che da un lato mi piacerebbe avere un altro piccolino per casa, ma…”
“… a te va bene così, con voi due e le bambine,” concluse Padmè per lei. “Ryoo e Pooja crescono in fretta, Sola, e sinceramente non vedo il motivo per il quale non dovreste averne un altro. Tu sei un’ottima madre,” le disse la ragazza prendendole le mani. Anche Sola sorrise, stringendo quelle della sorella.
“Tu ci pensi mai, Padmè?” le domandò quindi. “A farti una famiglia… ad avere dei bambini? Ad una vita che non sia un costante rischio, e che non anteponga sempre il dovere a qualsiasi cosa?”
Padmè distolse lo sguardo. Si, ci aveva pensato spesso, rispondendosi alle stesse domande che le aveva fatto sua sorella in quell’istante.
Fin da quando era stata eletta Regina, aveva compreso che la sua vita sarebbe stata consacrata a qualcosa di molto più grande, a qualcosa che non le avrebbe permesso di condurre la stessa esistenza di tante altre ragazze della sua età. Ai suoi ideali, alle sue scelte, ai doveri che in certi giorni sentiva pesare sulla schiena, incapace di sopportarli. Alle responsabilità che come un’invisibile catena le stringevano il collo, togliendole il fiato e impedendole di urlare che sì, lei aveva una famiglia.
Che amava con ogni fibra del suo corpo un uomo che poteva morire ad ogni battito di ciglia, tenuto legato da altrettanti doveri che era stato capace di stravolgere. Di stravolgere per lei.
Avrebbe voluto dire a sua sorella che spesso sognava di poter passeggiare con Anakin, liberamente, nelle strade di Naboo. E che ogni tanto, di notte, quando si addormentava sfiancata dal peso di dispacci confusi dal fronte, di false notizie e speranze, immaginava una paffuta manina sfiorarle il viso. Un corpicino da stringere al petto per scaldarle il cuore, mentre guardandone il viso riconosceva i lineamenti belli e delicati dell’amore della sua vita.
Sarebbe stata capace di fare la madre? Se lo chiedeva spesso, Padmè, ma era una domanda che sarebbe rimasta senza risposta. In quella situazione, il suo istinto materno era stato annientato dalla consapevolezza di non poterlo alimentare in nessun modo, se non con fantasie senza speranza.
“A volte, si” disse quindi a Sola, che attendeva una sua risposta. “Ma sai bene che…”
“Padmè, non puoi continuare in questo modo in eterno!” la interruppe la ragazza. “Guardati. Sei stanca. E preoccupata. Ti si legge in faccia”
“Molte persone alle quali voglio bene potrebbero morire, mentre io sono qui. Questo non lo accetto.”
“Molte persone? O una?”
Si guardarono per lunghi istanti. “Non sono più preoccupata della sorte di Anakin di quanto non lo sia per Obi Wan, o di altri jedi che ho avuto modo di conoscere.”
“Padmè…”
Sola era sconsolata: sua sorella aveva issato tra loro un muro nel momento in cui la conversazione era caduta su Anakin. L’aveva capito che Padmè provava qualcosa per quel ragazzo, e che lo stesso valeva per lui. Avrebbe voluto che lei si fidasse e si aprisse di più: qualsiasi cosa le avesse detto, non le avrebbe mai negato il suo appoggio. Sola voleva solo vederla felice, e Padmè non lo era di certo.
Si alzò in piedi, avvicinando sua sorella. “Non è troppo tardi per riprendere in mano la tua vita, Padmè,” le disse abbracciandola forte. “Lasciati andare. Smettila di decidere con la testa,” continuò quindi, e dopo averle toccato la fronte la mano di Sola scese allo stomaco. “Lascia parlare il cuore. Basta razionalità, decidi di pancia.”
Padmè sorrise, senza risponderle. Un certo trambusto al di là della porta finestra preannunciò l’arrivo di Ryoo e Pooja, appena rientrate da una passeggiata con il padre.
“Zia Padmè!!” urlarono in coro le bambine, correndo ad abbracciare la ragazza. Rivedendole, Padmè riuscì a scacciare il malumore.
“Zia Padmè, sei venuta da sola?” domandò Ryoo, senza lasciarla. “Perchè la Holonet dice che sei fidanzata con un senatore.”
“La Holonet??” Padmè lanciò un’occhiata truce a sua sorella. “Da quando seguite i pettegolezzi della Holonet?”
Sola fece spallucce. “Da mai, ci siamo trovate ad ascoltare. Per fortuna il tuo ufficio stampa ha smentito, Pooja era molto preoccupata.”
Padmè cercò lo sguardo della sua nipotina più piccola: delle due, Pooja era quella che le assomigliava di più, soprattutto a livello caratteriale[2]. Ne aveva avuto la conferma in occasione di una breve visita di Anakin, diverso tempo dopo la sua nomina a cavaliere. Lei e la sua famiglia si trovavano a Naboo, e Anakin era arrivato durante una delle sue troppo brevi licenze nonostante il parere contrario di Padmè: dopo il matrimonio la ragazza aveva chiesto al marito di evitare di trovarsi insieme al cospetto dei genitori, perché non sarebbe stato facile nascondere quello che c’era tra di loro. Padmè avrebbe dovuto raggiungerlo a Coruscant e invece lui era piombato lì senza preavviso. Voleva rivederli, parlare un po’ con loro, si era giustificato Anakin, dato che erano anche la sua famiglia adesso. Voleva fare il ruffiano, aveva concluso Padmè, vedendo quanto rispettoso fosse con sua madre, gentile con sua sorella e suo cognato, e complice con le nipoti. E le bambine , in quell’occasione, caddero definitivamente stregate dal fascino di Anakin. Soprattutto Pooja, che non perdeva occasione di vantare con qualsiasi essere vivente dotato di coscienza la personale amicizia con l’eroe della guerra dei cloni. A volte pensava che, se le avesse rivelato che Anakin era a tutti gli effetti suo zio, la bimba ci sarebbe rimasta secca.
“Pooja, non devi credere a quello che dice la Holonet” spiegò Padmè alla nipote. “Anche se sai bene che io e Anakin siamo solo amici.”
La bambina annuì. “Quando verrà a trovarci?” domandò allora, mentre Ryoo scendeva dalle gambe di sua zia e continuava: “Gli abbiamo fatto un disegno!”
“Non so quando potrà venire, ma appena lo vedrò gli dirò che due sue ammiratrici lo aspettano,” scherzò la ragazza, allungandosi poi verso Ryoo. “Posso vedere il disegno?”
Anche Pooja scese, e insieme le due bambine sparirono oltre la porta, per tornare poco dopo. Pooja porse a Padmè un foglio di carta: con il tratto tipico dei bambini, riconobbe quello che doveva essere Anakin, più alto di tutte le altre figure del foglio, posizionato al centro. Alla destra teneva per mano una figura piccolissima dai riccioli rossi mentre alla sinistra una sagoma vestita di celeste, di media statura. Si riconobbe in quei tratti, mentre finiva di osservare il disegno, con il suo alter ego di carta che stringeva la mano di un’altra sagoma molto piccola dai capelli scuri e una chiazza celeste, in un angolo, a completare il tutto.
“Questa sono io,” spiegò Pooja, indicando la bimba che teneva per mano Anakin, e a Padmè venne da ridere. Tutta sua zia, pensò, mentre Ryoo prendeva la parola. “Questa di azzurro sei tu, poi c’è Anakin e me. Questo è il lago di casa tua,” concluse la bimba.
Padmè tenne stretto il disegno, in cui lei e Anakin si tenevano per mano, con due bambine al fianco.
Sembravano una famiglia. Le vennero le lacrime agli occhi, e si stupì del suo autocontrollo. “Grazie, bambine,” mormorò, piegando il foglio in quattro parti e porgendolo alle nipoti. “Sono sicura che ad Anakin piacerà molto.”
“E a te? A te piace?” domandò Pooja.
Padmè riuscì solo ad annuire.

***********

Week 5.

Mentre passeggiava tra le stanze dell’appartamento di Coruscant sorseggiando una tisana di erbe, Padmè pensava alla cena del giorno precedente e cercava di capire che cosa avesse potuto farle dare di stomaco tre volte di seguito. E non era ancora l’alba.
L’odore della tisana sembrava accentuare quel senso di nausea che ormai da diverse ore non l’abbandonava, eppure sapeva che in casi di problemi allo stomaco era il migliore rimedio naturale.
Ripensò alle due fettine di carne appena mangiucchiate, alla purea di verdure… o forse era stato quel piatto a base di uova di non so cosa – aveva smesso di imparare i nomi di tutte le bizzarre creature dei pianeti natale di ogni ambasciatore, altrimenti avrebbe finito per dimenticarsi il suo, di nome – offertole durante il pranzo tenutosi per l’ambasciatore di Kre’dhun[3].
Si, forse sono state le uova, pensò Padmè.
Ed eccolo, di nuovo. Lo stomaco erutta, la bile in gola. Corse in bagno, appoggiando la tisana sulla prima superficie piana a tiro, e si liberò per la quarta volta in poche ore dell’ormai inesistente contenuto del suo stomaco.
“Milady?”
La voce di Dormè arrivò attutita dalla porta del bagno. Padmè sfiorò un tasto sulla parete, mentre gli spasmi dei conati sembravano calmarsi, e lasciò che la porta si aprisse.
“Buongiorno, Dormè,” la salutò mentre si appoggiava al muro. La ragazza afferrò un asciugamano e si avvicinò a Padmè, iniziando a tamponarle la bocca. “Che succede?”
“Non riesco a smettere di dare di stomaco.”
“Quante volte?”
“Quattro.”
“Uhm… Dolori? Crampi?”
Padmè scosse la testa. Dormè le appoggiò una mano sulla fronte. “Niente febbre. Non sembra né un’indigestione né un’intossicazione. Che strano…”
“Beh, qualcosa deve pure essere,” fu Padmè, mentre uscivano dal bagno e si avviavano verso la zona giorno. Mentre si sedeva sul divano, Dormè recuperò la tisana e gliela porse.
“No, ti prego, portala via!” esclamò la giovane, riparando il naso dall’odore. “Mi sembra che il rimedio sia peggiore del male…”
Dormè annuì, e poi sparì verso la cucina.
Nel silenzio della stanza, rotto solo da uno sciabordio d’acqua e dal tintinnare di posate, Padmè iniziò a pensare alla giornata che l’aspettava in Senato.

***********

Week 6.

Non può essere. Non può essere. Non può essere.
Pallida come un cencio, Padmè si era ripetuta in testa quel mantra, mentre osservava il suo daily planner nella semioscurità dello studio.
Eppure i sintomi c’erano tutti: le nausee che la sfiancavano il mattino, per poi sparire per tutto il resto della giornata; la spossatezza che aveva da qualche giorno; le vertigini e il seno indolenzito, tanto da far fatica a vestirsi.
No! Si era detta. Deve esserci un’altra spiegazione.
E quando aveva deciso di fissare un appuntamento con un medico per capire l’origine del suo malessere, dalla sua agenda giornaliera era arrivata un’impietosa conferma: il suo ciclo era in ritardo di due settimane. Il sofisticato sistema biometrico collegato al suo organismo segnalava ogni irregolarità - con margine di errore pari quasi allo zero – al suo giornaliero, quindi era impossibile che avesse avuto il ciclo e il planner non lo segnalasse, quando ad esempio riferiva per quello stesso giorno la quantità di Ferro da ingerire per riequilibrare il fabbisogno organico.
Lo shock la costrinse ad appoggiare una guancia sulla fredda superficie della sua scrivania. “Non può essere…” mormorò con un filo di voce, mentre le lacrime, spuntate all’improvviso come spesso accadeva negli ultimi giorni, cominciavano a scenderle sul viso. E invece si. Poteva essere.
Quanta attenzione avevano prestato, lei ed Anakin, per evitarlo? Poca. Molto poca.
Il minimo indispensabile, quando se ne ricordavano. A ben pensarci, Padmè si stupì che non fosse successo prima.
I lievi singhiozzi divennero presto più violenti.
Sono…
Non riusciva nemmeno a pensarlo. Ad articolarlo con una frase di senso compiuto. Figurarsi dirlo ad alta voce.
Si sollevò, coprendosi il volto con le mani: non sapeva che cosa fare.
Non poteva dirlo a nessuno, e cosa sarebbe successo se qualcuno l’avesse scoperto? E Anakin? Che conseguenze ci sarebbero state per lui?
Il pensiero del suo amore le lasciò sfuggire un gemito. Ormai fuori era scuro, e lo studio era totalmente immerso nel buio eccezion fatta per il monitor del suo giornaliero che continuava a segnalare il bisogno di Ferro.
Doveva darsi un contegno, reagire, pensò Padmè. Per prima cosa, doveva smettere di piangere.
Respirò a fondo, asciugandosi gli occhi gonfi: diede la colpa di tutte quelle lacrime non solo alla situazione, ma anche ai cambiamenti fisico-chimici che inevitabilmente avrebbero sconvolto il suo corpo. Ricordava i pianti e le risate isteriche di sua sorella, mentre aspettava Ryoo e lei era ancora una ragazzina di quattordici anni che aveva scelto di fare la Regina.
Cominciava a calmarsi. Protetta dal buio, lasciò scorrere i pensieri.
Come avrebbe fatto a nasconderlo? Nello stesso modo in cui aveva fatto con il matrimonio: continuando ad andare in Senato, proseguendo la sua vita e la sua routine senza significativi cambiamenti. Oppure non ci sarebbe stato bisogno di nascondere nulla, si ritrovò a pensare. Rivolgersi a qualcuno, chiedere, domandare con discrezione… in poco tempo e con il denaro non avrebbe dovuto preoccuparsi più di niente. Nessuno avrebbe saputo…
“No!” disse con violenza, portandosi istintivamente una mano sul ventre. Le se rivoltò lo stomaco dal disgusto: come poteva anche solo pensare una cosa simile? Anakin non gliel’avrebbe perdonato, lo sapeva. Lui che non aveva esitato un attimo sul loro matrimonio, non avrebbe vacillato nemmeno di fronte a questo. E anche se lo avesse fatto, era una decisione che spettava a entrambi, a loro due insieme.
Ma Padmè era lì, nel buio di una stanza. Sola.
Nel momento più delicato della sua vita, poteva contare solo su sé stessa e nessun altro. Avrebbe resistito anche a questo? Si chiese. Ce l’avrebbe fatta a sopportare tutto quanto solo sulle sue spalle?
Appoggiò la testa allo schienale della poltrona e rivolse il viso al soffitto, chiudendo gli occhi.
Si riempì i polmoni di aria, e poi lasciò che le parole si materializzassero nella sua mente e scendessero giù, fino alle labbra.
“Sono incinta,” sussurrò nella solitudine dello studio.


Il droide medico venne fatto posizionare nella camera da letto di Padmè, dentro la quale la ragazza attendeva seduta sul letto matrimoniale.
Le occhiaie profonde erano eloquente indizio della notte intera passata a logorarsi, prima di decidere di prendere la questione di petto: un droide medico l’avrebbe visitata e analizzata. E le avrebbe dato la conferma del suo stato.
“Motivo della richiesta?” iniziò l’unità con la sua voce fredda; metallica, come il sapore che Padmè si sentiva in bocca.
Chiuse gli occhi. Ti prego, è solo un sogno, pensò, prima di rispondere. “Credo di… di aspettare un bambino.”
Il droide non disse nulla. Le chiese solo alcune date, e senza aggiungere altro la fece preparare per la visita. Fece distendere Padmè sul letto, mentre da una appendice laterale estraeva due piccole staffe. Invitò la ragazza a divaricare le gambe e appoggiare i piedi sui supporti che aveva predisposto.
Padmè rabbrividì quando sentì la sonda dell’ecografia entrarle dentro, e la sensazione di freddo non sparì nel breve tempo che pensava.
Sul petto del droide si aprì un vano dal quale uscì un monitor a cristalli liquidi che, dopo alcuni istanti, si colorò di grigio.
Ai movimenti della sonda, le tonalità di grigio si facevano più chiare o più scure, o lasciavano posto a spazi neri o ad altri che variavano al bianco: sembrava non esserci niente dentro di lei. Padmè si illuse per un attimo che tutto fosse colpa dello stress, del troppo lavoro, dell’ansia costante per Anakin… fino a che non lo sentì. Un pulsare continuo. Un piccolo galoppo furioso.
“Eccolo qui. Lo vedete?” L’unità medica le indicò un circolino scuro sul monitor, che si muoveva. “E’ il cuore del bambino[4].”
Padmè sentì la stanza girare. Si aggrappò a quel punto pulsante, baricentro scombussolato della sua esistenza, mentre il droide posizionava la sonda in modo tale da effettuare le misurazioni e le parlava.
“E’ posizionato ottimamente, e anche l’utero ha il giusto volume. Dalle informazioni che mi avete dato, la gravidanza è all’incirca alla sesta settimana, ma potrò essere più preciso alle prossime visite.”
Padmè non disse nulla. Sapeva che non potevano esserci altre visite e che, ufficialmente, non ci sarebbe stata nemmeno quella. 3PO avrebbe pensato a cancellare ogni traccia di lei dall’unità medica, per evitare qualsiasi problema. Ma adesso non riusciva a distogliere lo sguardo da quello sfarfallio che stava proprio dentro il suo corpo, che pompava sangue in un corpicino minuscolo che si sarebbe nutrito di lei. Quello sfarfallio che era nato da lei e Anakin.
Quello sfarfallio che era lei e Anakin.
L’immagine scomparve nello stesso istante in cui la sonda venne sfilata via dal suo corpo, così come il battito del cuore che fino a qualche momento prima aveva riempito le orecchie di Padmè, facendo tornare la stanza nel silenzio.
Da una fessura sotto il monitor uscì la stampa dell’immagine più nitida che l’ecografo era riuscita a scansionare: il droide la porse a Padmè. “I dati sono salvati e disponibili nel mio database, ma spesso le future mamme mi chiedono un’immagine del bambino e immagino che voi non facciate eccezione”
Padmè non rispose, e gli rivolse un sorriso tirato. Mentre il droide usciva dalla stanza e veniva preso in consegna da 3PO, la ragazza si distese sul letto, stringendo tra le mani quell’immagine che sembrava così distante e invece era qualcosa che avveniva proprio dentro di lei.
Osservò il puntino origine dello sfarfallio. La sagoma della testina.
“Allora ci sei per davvero,” mormorò portandosi una mano sulla pancia.
Era incinta. Aspettava un bambino.
Niente sarebbe stato più come prima.
In un attimo la sua mente venne invasa da sedute in Senato, dalle difficoltà nel nascondere il pancione, dalla stanchezza, dal sollevamento dell’incarico. Pensieri ai quali si sovrappose la figura di Anakin, del suo amore, della sua vita. Dell’uomo che con il quale condivideva questa follia, suo marito, amico, amante. Il padre del loro bambino.
Pensò ai Jedi, alle responsabilità che Anakin aveva verso di loro. A come questo non era ne’ concepibile né giustificabile, per il Prescelto, e alla scelta che si sarebbe trovato costretto a fare: i jedi, o il bambino?
Un turbinare di pensieri agitava la mente di Padmè, mentre non staccava gli occhi dall’immagine di suo figlio.
Un esserino indifeso, che cresceva dentro una madre ancora troppo spaventata e confusa per amarlo come meritava. Troppo preoccupata, troppo…
Quel galoppo forsennato tornò a riempirle le orecchie, e sembrò spazzare via qualsiasi altra immagine. In un attimo, nella stanza, non ci furono nient’altro che lei e il battito del cuore del bambino dentro di lei.
Sfiorò la foto con le dita. E se invece, non fosse stato un caso?
Se avesse disperatamente cercato un modo di dire che la sua vita aveva bisogno di una cambiamento radicale? Un segnale, una richiesta di aiuto lanciata per dire “basta” a tutto quello che era stata la sua esistenza fino a quel momento?
La gravidanza era, di certo, una virata con manovra secca. E se abortire era impensabile, una follia adesso che aveva visto il cuoricino scalpitare prepotente alla vita, tenerlo sarebbe stato il primo passo di una svolta.
Una svolta di cui forse aveva più bisogno di quanto potesse immaginare.
Si appoggiò l’immagine sul petto, e chiudendo gli occhi lasciò che quel battito accompagnasse i suoi pensieri, nei quali non c’erano più doveri o problemi, ma solo lei, Anakin, e il loro bambino.
Non è troppo tardi per riprendere in mano la tua vita, le aveva detto Sola. Basta razionalità, decidi di pancia.
Padmè si mise a ridere: aveva già deciso. Ed era stata proprio la sua pancia a decidere per lei.

***********

Week 12.

Piroettando davanti allo specchio della sua camera, Padmè guardò soddisfatta il morbido abito che le annullava le forme, comodo e pratico ma soprattutto indispensabile per nascondere le trasformazioni che a breve sarebbero avvenute nel suo corpo: il suo sarto aveva fatto un ottimo lavoro.
Seguendo le indicazioni del droide medico, Padmè aveva proseguito da sola i calcoli e aveva concluso di essere al terzo mese: il ventre si era appena arrotondato, ma aveva insistito con il suo sarto per abiti molto larghi, paventando la vera ragione con la necessità di essere più comoda durante le lunghe giornate passate in Senato. Avrebbe iniziato fin da subito ad indossarli, così da non dover ricorrere a un repentino e improvviso cambio di guardaroba che avrebbe potuto destare non pochi sospetti.
Si sfilò il vestito e lo appoggiò su una vicina spalliera e, con la sola biancheria intima, ritornò allo specchio posizionandosi di lato. Osservò il suo corpo, così uguale a quello di sempre, se non per il seno, appena più grande, e la lieve rotondità che disallineava il suo profilo.
“Che cosa dirà il tuo papà,” disse piano, “quando ci vedrà?”
Passati i momenti più bui della scoperta, Padmè aveva iniziato a parlare con la sua pancia. Piccole frasi, frammenti della sua vita che voleva condividere con il bambino. E spesso menzionava quel suo papà lontano, che era certa avrebbe amato tanto quanto lo amava lei.
Parargli le dava anche la forza di superare le sue paure, le sue inesperienze. Non sapeva quasi nulla, se non quello che le aveva raccontato sua sorella, o ciò che aveva letto nelle sue ricerche. Ma provarlo sulla propria pelle era qualcosa di diverso, di nuovo. Il suo corpo cambiava e gli ormoni la tradivano con continui sbalzi d’umore. Euforie improvvise durante le quali si sarebbe piantata nel centro della sala del Consiglio per dire che Anakin era il padre del bambino, al diavolo le conseguenze; o depressione completa, quando piangendo pensava a cosa ne sarebbe stato di loro una volta che tutta la storia sarebbe venuta alla luce.
Nei momenti di black out totali, spesso conseguenza di lunghe giornate passate in solitudine nel suo ufficio del Senato, immaginava che Anakin la lasciasse, preso nella morsa delle responsabilità jedi e di quelle che il bambino gli imponeva.
In quei momenti era come se le mura della stanza… anzi, l’intero edificio le crollasse addosso. Ma erano solo smarrimenti temporanei: era certa di quello che Anakin provava per lei. E sapeva che avrebbe amato quel bambino più di sé stesso non solo perché era suo figlio, ma soprattutto perché era una parte di lei. Della sua Padmè. Indossò la vestaglia da camera e lasciò entrare Moteè per occuparsi della sua toeletta serale.
“Mi fa piacere vedervi di nuova in buona salute, Padmè,” esordì la giovane damigella, iniziando a pettinarle i capelli. “E siete anche più serena, nelle ultime settimane. Se fosse possibile, direi che siete ancora più bella del solito.”
Padmè sorrise, e sentì una sensazione che per troppo tempo aveva assaporato diluita esplodere tutta insieme nel suo corpo. Sapeva che erano gli ormoni, e che magari di lì a poche ore il suo umore sarebbe stato l’esatto contrario, ma volle godersela fino in fondo.
“No, Moteè. Sono solo felice.

***********

Week 18.

“Il rapporto proveniente dal fronte orientale…”
“Il mio pianeta non può sostenere lo sforzo bellico richiesto…”
“La votazione deve essere anticipata ad oggi!”
“Senatori, il Cancelliere richiederà una mozione di fiducia…”


Padmè strinse gli occhi, portandosi le dita a massaggiare le tempie. Fiumi di parole, sempre le stesse… sempre tutto uguale.
Noi parliamo, la gente muore, pensò, mentre intorno alla sua postazione la bolgia del Senato sembrava risucchiare le sue energie.
Una situazione statica, della quale non riusciva a capacitarsi: la diplomazia aveva fallito, e ad ogni spiraglio di luce offerto da Dooku seguiva un attentato o una violenta controffensiva. Sembrava che ogni parola dei Separatisti venisse smentita dalle loro stesse azioni. E il Cancelliere… se in certi giorni aveva come l’impressione che stesse facendo di tutto per risolvere quella situazione in maniera pacifica, in certi altri sembrava essere circondato da un alone di indifferenza, che lo rendeva totalmente insensibile a richieste di interventi o di “cessate il fuoco”. Avrebbe dovuto discuterne con Bail.
Si alzò in piedi, incapace di continuare ad ascoltare quel vociare fastidioso.
“Te ne vai già?” proruppe Organa, ironico. “Non aspetti la mozione?”
Padmè sospirò. “Il risultato è scontato. Non credo che la mia presenza sia indispensabile. Sarebbe solo un altro, inutile, voto a sfavore.”
Bail annuì. “Ricordati, ci vediamo nel mio ufficio,” le disse quindi, e la ragazza lasciò la postazione accompagnata da un addetto. Si avviò lungo un ampio corridoio e dopo aver digitato il codice di accesso, scivolò nel proprio ufficio. Una volta dentro potè rilassarsi e, appoggiando le mani all’altezza dei reni, dare sollievo alla schiena appesantita.
“Avevamo un accordo, io e te,” mormorò appoggiando la mano al vestito: non ci volle molto affinché questo aderisse al ventre, cresciuto notevolmente nelle ultime settimane. Ormai la linea della vita era solo un ricordo, e da un po’ di tempo aveva iniziato ad avere una strana sensazione, dentro la pancia, simile a un formicolio. Fino a che, la settimana precedente, il bambino l’aveva svegliata in piena notte. Un colpetto, niente di più. Ma sufficiente a destarla da un sonno difficoltoso.
Inizialmente aveva creduto di sognare, ma aveva deciso comunque di rimanere sveglia. Ed era arrivato di nuovo, quel calcetto.
Il bambino cresceva. Cresceva forte. E riusciva finalmente a sentirlo.
Da quel giorno, regolarmente, suo figlio – o figlia, spesso si chiedeva se sarebbe stato un maschio o una femmina – non dimenticava di ricordarle la sua presenza nei momenti più disparati, e soprattutto di farlo durante le ore in Senato, quando doveva soffocare esclamazioni di sorpresa o qualsiasi reazione a quei calcetti inaspettati.
“Basta fare i dispetti lì dentro, ok?” continuò Padmè, sedendosi in una chaise longue. “Non puoi fare così, altrimenti metterai la mamma in un mare di guai”.
La mamma. Non credeva ancora possibile che riuscisse ad associare quella parola a sé stessa.
Spostò la mano, e dopo qualche istante sentì diversi colpetti contro la parete addominale. Si mise a ridere. “Mi prendi in giro, eh? Non sei ancora nato, e già ti prendi gioco di me. In questo assomigli molto a tuo padre…”
Si concesse ancora un po’ di tempo in quel suo mondo dorato e fittizio, calcolando mentalmente il tempo necessario al voto per la mozione del Cancelliere, poi raccolse alcuni documenti e si avviò verso l’ufficio di Bail.
“Prego Padmè, accomodati,” la invitò Organa quando si spalancò la porta. Non erano soli: c’erano anche Mon Mothma e i senatori Tanner Cadaman, Ivor Drake e Terr Taneel[5].
“La mozione?” chiese Padmè, sedendosi.
“E’ passata, come sempre,” fu laconica Mon Mothma.
“I Separatisti stanno per essere annientati,” intervenne Taneel. “Eppure il Cancelliere continua a fare appelli ai poteri straordinari che, tra l’altro, noi stessi gli abbiamo concesso..”
“Sembra che Palpatine…” iniziò Drake, ma Padmè lo fermò. “Attenzione alle parole, Ivor. E’ sempre del Cancelliere, che stiamo parlando. L’uomo che rappresenta la Repubblica, alla quale abbiamo giurato fedeltà.”
“Ma se Palpatine non rispettasse più il volere della Repubblica?”
Le parole di Bail si spensero nella stanza. “Continua,” lo incoraggiò Mon Mothma. Il senatore di Alderaan si alzò in piedi.
“Il continuo accentramento dei poteri, l’ignorare spesso le richieste di chi, come noi, cerca ancora di dare a tutto questo una parvenza di Democrazia. Vi siete mai chiesti cosa succederà alla fine della guerra? Palpatine ha avuto modo di maneggiare troppo potere in questi anni. E se non volesse rinunciarvi?”
I presenti rimasero in silenzio per lunghi istanti. Fu il senatore Cadaman a prendere la parola. “Mi è arrivata voce che stia istituendo, senza presentare richiesta in senato, un nuovo ufficio per nominare dei governatori locali di sua fiducia[6].”
“Dobbiamo intervenire!” Proruppe Mon Mothma, cercando gli sguardi degli altri senatori. “Dovremmo agire con molta cautela,” intervenne Padmè. “Trovare un modo che non lo insospettisca. Almeno non subito…”
“Richiederemo un incontro privato. E dimostreremo al Cancelliere che siamo in tanti a volere che la Democrazia venga ristabilita.”
“Una delegazione?”
“Esattamente.” Bail tornò a sedersi. “Raccoglieremo i nomi di tutti coloro che saranno dalla nostra parte, e poi presenteremo il documento al Cancelliere. Non potrà ignorarci.”
“E se lo facesse?” chiese Drake.
“Allora dovremo fare in modo che rimetta i suoi poteri.” Fu grave Mon. Tutti annuirono alle sue parole.

***********

Week 19.

Anche quella giornata si era conclusa, pensò Padmè, stanca ma soddisfatta.
La raccolta dei nomi per la petizione era un lavoro lungo e da svolgere con cautela, ma era piacevolmente stupita dalla quantità di senatori che avevano già aderito in così poco tempo.
Si avviò verso l’area adibita agli arrivi e partenze del Senato, conscia che il suo trasporto e la sua scorta la attendevano già da un po’. Inizialmente non fece caso al gruppetto di Senatori e guardie intento a parlottare, ma gli stralci di conversazione intercettati la costrinsero a fermarsi. Facendo appello a tutto al suo autocontrollo, ritornò sui suoi passi.
“Scusatemi, non era mia intenzione ascoltare la vostra conversazione,” iniziò, cercando di non fare tremare la voce. “Ma ho sentito che stavate parlando di… “ Non tradirti, si disse. Non domandare direttamente di lui. “… di alcuni jedi, o sbaglio?”
“Non sbagliate, milady,” esordì un giovane soldato. “C’è una voce che circola dal pomeriggio, anche se non è possibile capire se sia attendibile o meno.”
“Sembra che da alcuni giorni non ci siano più notizie né del Generale Kenobi, né di Anakin Skywalker.”
Padmè sentì chiaramente il gelo attraversarle le vene. Doveva essersene accorto anche il bambino, perché scalciò con forza. “Che vuol dire esattamente?” domandò allora, indossando la solita maschera di indifferenza che proteggeva la facciata, mentre dentro tutto si sgretolava. “Che da giorni non hanno più contatti con i loro mezzi di supporto. Le ultime notizie risalgono a un pianeta remoto dell’Outer Rim[7]. Poi il nulla.” Spiegò solerte un senatore.
“Ma non è detto che siano…” No, non ce la faceva a dirlo. Un altro soldato capì. “No, potrebbero non essere morti. Ma dopo così tanto tempo di silenzio, sembra improbabile che possano essere vivi.”
Padmè non rispose. “Grazie,” mormorò dopo qualche istante. “E scusate se vi ho interrotto…”
Lentamente, riprese la via degli arrivi – partenze, la mente vuota. Incapace di articolare qualsiasi pensiero.
Il viaggio verso i suoi appartamenti fu un incubo. Un film dell’orrore, la cui colonna sonora era il continuo ripetersi delle parole del soldato.
Sembra improbabile che possano essere vivi.
Non volle vedere nessuno, una volta arrivata. Congedò Dormè e si cambiò da sola, prima di gettarsi sul grande letto.
“Anakin non è morto,” disse ad alta voce, più per convincersi che altro. Non doveva farsi sopraffare dallo sconforto: erano solo voci; notizie lontane passate di bocca in bocca e quindi distorte e modificate. Per forza distorte e modificate. Era sicuramente così.
Non perderti d'animo , pensò Padmè. Lui arriverà presto, e potrai stringerlo, sentirlo tra le tue braccia.
Si, Anakin sarebbe tornato molto presto. E altrettanto presto avrebbe saputo del loro bambino.
Fu nell’attimo stesso in cui i suoi pensieri si concentrarono sull’esserino che cresceva dentro di lei che un pensiero acuto come uno stiletto le si piantò in testa: e se Anakin non fosse più tornato?
“Io non posso morire,” le aveva detto una volta. “Perché la mia vita e tua.” Ma se la guerra glielo avesse strappato via definitivamente?
Si portò una mano al grembo, e per la prima volta ebbe piena coscienza di una tremenda ipotesi: che suo figlio avrebbe potuto non conoscere mai il padre; quel papà che conosceva solo grazie alle sue parole, solo in piccoli pezzetti, in piccole frasi.
Che non avrebbe potuto sentire la voce di Anakin, e la dolcezza con la quale l’avrebbe chiamato per nome. Le sue mani stringerlo forte e proteggerlo, lui così piccolo e indifeso, dalle inside del grande mondo lì fuori. Che non avrebbe potuto guardare in quelle iridi celesti, a volte così piene d’innocenza nonostante tutto il male visto e attraversato, e leggervi l’amore del suo papà.
Tremò al pensiero che il bambino potesse vivere in un mondo senza Anakin; senza il ragazzo straordinario che, insieme a lei, gli aveva dato la vita.
E allora iniziò a parlargli. A raccontare al figlio di come era suo padre, in modo tale che l’avrebbe subito riconosciuto quando sarebbe stato il momento.
Gli narrò del giorno in cui l’aveva conosciuto, del giorno in cui si erano sposati. Di quanto la amasse, e avrebbe amato lui. Padmè parlò per ore al suo bambino, che ogni tanto rispondeva scalciando, di tutto ciò che era Anakin, finché non crollò sfiancata dalla stanchezza.
E quella notte, sognò il ritorno di suo marito.

***********

Week 22.

“Milady!! Milady!!!”
Le parole della sua ancella arrivarono lontane alle orecchie di Padmè, impietrita davanti alla finestra della veranda.
Coruscant era attaccata[8].. Come era stato possibile arrivare nel cuore della Capitale? Ma la ragazza lasciò cadere ogni domanda: non c’era tempo per essere sconvolti. Doveva pensare all’incolumità del bambino, e di chi le stava intorno.
“Dormè, stai calma!” la richiamò Padmè. “Sono certa che chi di dovere se ne sta già occupando.”
“Ma dovete scappare! Potrebbero….”
“Ce ne andremo tutti, Dormè.” La rassicurò. “Io non faccio un passo se non siete in salvo anche voi.”
Le guardie di sicurezza rapidamente accorsero nell’appartamento, mentre il capitano Typho predisponeva i piani di fuga.
Un boato coprì presto ogni suono: un missile aveva colpito l’abitazione.
“Oh no!!” urlò 3PO, e Padmè si chiese se i droidi protocollari provassero terrore: si, a quanto pare.
“Milady, dovete mettervi in salvo!” proruppe Typho, avvicinandola.
“No, evacuate prima l’edificio! Portate tutti in un rifugio![9].”
“Ma Padmè, ragionate!”
“Ho detto evacuate l’edificio,” ripeté perentoria, “poi me ne andrò anche io.”
Il capitano delle sue guardie avrebbe voluto obiettare, ma si piegò al volere della Senatrice. Dopo aver ordinato a un gruppo di soldati di difenderla fino alla morte, Typho sparì all’interno dell’elevatore.
“Vieni 3PO!”
Tutto avvenne molto in fretta: a piccoli gruppi vennero fatti salire su un trasporto di emergenza e in poco tempo Padmè e il suo seguito si ritrovò in salvo in un’area sicura della città, non prima di aver incontrato sulla loro strada un manipolo di droidi invasori. Lo scontro fu breve, ma Padmè potè constatare che la sua abilità con il blaster non era affatto diminuita, negli anni.
Solo quando si trovò da sola, in un’anonima stanza del loro rifugio d’emergenza, si rese conto di essere stata un po’ incosciente. “Ma va tutto bene, adesso,” mormorò al suo pancione, accarezzandolo. “Sei al sicuro. La mamma non permetterà che ti accada niente.”
Ora che la scarica di adrenalina stava passando, lasciò che la sua mente iniziasse a lavorare furiosamente. Com’era accaduto? Cosa aveva reso possibile un attacco nel cuore pulsante della Repubblica? E soprattutto, perché?
Non le ci volle molto a capire: Palpatine. I Separatisti volevano il Cancelliere: con lui prigioniero, ogni trattativa sarebbe stata a senso unico. Ogni richiesta impossibile da non soddisfare.
Si precipitò da Typho, e chiese di essere messa in contatto con il Senato. Ci volle del tempo prima di riuscire a stabilire un collegamento sicuro, e Padmè ebbe conferma dalla viva voce di Bail delle sue ipotesi: Palpatine era stato rapito da Grevious, un tirapiedi di Dooku.
Typho mandò i suoi soldati alla ricerca di maggiori informazioni, alcuni al Tempio, altri al Senato stesso, soddisfando così le richieste di Padmè ed evitando in tal modo che la Senatrice cercasse di farlo di persona – e non c’erano dubbi che lo avesse fatto. Quando tornarono, le guardie comunicarono che i combattimenti erano cessati, e che Grevious era riuscito ad uccidere due jedi e a portarne via una terza come prigioniera, insieme a Palpatine. Tuttavia il Consiglio aveva immediatamente predisposto l’invio di una spedizione di salvataggio del Cancelliere: la scelta era caduta su Kenobi e Skywalker, di ritorno dall’anello esterno.
Padmè si sentì mancare. “Kenobi e… Skywalker?” ripeté, incredula. Uno dei soldati annuì.
Era vivo. Anakin era vivo. E avrebbe dovuto portare il Cancelliere in salvo… su Coruscant.
La ragazza ordinò a tutti di ritornare nei proprio appartamenti, dal momento che l’assalto era concluso. Per lei, invece, la destinazione era il Senato della Repubblica.



Eccolo. Non era un sogno. Era proprio lì.
I capelli appena più lunghi, il suo gesticolare mentre Obi – Wan non scendeva dal loro trasporto.
Il suo profilo mentre, avvicinandosi, riceveva i complimenti di Bail.
Quanto mi sei mancato, amore mio, pensò. E lui si voltò appena, nello stesso istante del suo pensiero.
L’aveva percepita, e lo osservò come, anche un po’ scortesemente, si congedava da Organa.
In un attimo la sua mente si riempì di tutto: i mesi lontani, le voci della sua morte, il bambino che portava in grembo, le volte che aveva sognato il momento in cui gliel’avrebbe detto, o la paura di non poterglielo mai dire. Tutto implose nel suo cuore, lasciando dietro di sé un tremore inconsulto. Era arrivato il momento… e quasi ne aveva paura.
Lo vide prima camminare, poi correre impaziente verso di lei.
Le sue braccia intorno al corpo.
Le sue labbra sulle proprie.
E ogni cosa, nel corpo e nella mente, era finalmente al posto giusto.


Per quella notte, Padmè aveva congedato tutti.
Il suo appartamento, seppur provato dall’assalto, non le era mai sembrato così caldo e accogliente. Era sola, ma presto non lo sarebbe stata più: Anakin, ne era sicura, non avrebbe tardato ad arrivare, nonostante tutti volessero complimentarsi con l’eroe che aveva salvato il Cancelliere. Sorrise al pensiero che Anakin Skywalker, invece, sarebbe stato tutto per lei.
Si era sciolta l’acconciatura, e ora i ricci cadevano giù oltre le spalle: con una forcina fermò alcune ciocche, le sole che le cadevano intorno al viso, dietro la testa, lasciando il resto della chioma ad accarezzarle la schiena.
Il rumore di passi la fece voltare di scatto verso la porta.
“Scusa,” sussurrò Anakin. “Non volevo spaventarti.”
“Non lo hai fatto,” lo rassicurò lei, tendendogli una mano e invitandolo così ad avvicinarla. Lui gliela strinse, poi l’attirò contro di sé. Padmè sentì il suo impaccio nell’abbracciarla, e si mise a ridere. “Hai paura che mi rompa, se mi abbracci più forte?”
Anche Anakin rise. “No… è solo che non so cosa devo fare. Sembri così fragile.”
Lei si sollevò sulle punte. “Al contrario,” gli disse prima di baciarlo. “Sono più forte.”
Il ragazzo si sedette sul letto stringendo le mani di Padmè. Osservò a lungo il ventre arrotondato, prima di alzare lo sguardo sulla moglie. “Da quanto…”
“Sono in poco più di cinque mesi,” lo informò, indovinando la sua domanda.
“Non deve essere stato facile, quando l’hai scoperto.”
“No. Non lo è stato per niente.”
“Mi dispiace…” mormorò Anakin, ma lei scosse la testa. Tirò un lungo respiro: decise di non mentirgli. “Ero sola. E ammetto di aver pensato a molte… troppe cose. Non sapevo come fare.”
Anakin intuì le implicazioni di quelle parole. “Sono contento che tu non l’abbia fatto,” le disse allora. “Ma siamo insieme adesso. Sistemerò tutto, Padmè. Te lo prometto.” La ragazza gli accarezzò il viso e la baciò ancora, prima di allontanarsi. “Fammi togliere questo vestito, mi sembra di impazzire!”
Suo marito si alzò di scatto. “Posso aiutarti?”
Padmè lo guardò con finto stupore. “Credo sia la prima volta che chiedi il permesso di spogliarmi.” Lui rise di cuore. “Si, probabilmente hai ragione. Ma come ti dicevo, non ho dimestichezza con le future mamme.”
La giovane si sentì stranamente euforica al sentire quelle parole uscire dalle labbra di Anakin, mentre suo marito le sbottonava il retro del largo abito scuro. La aiutò a toglierlo facendo attenzione ad ogni movimento, e Padmè capì che Anakin si sentiva in colpa di averla lasciata sola: ogni gesto, ogni premura era il suo scusarsi per quella situazione di cui, per metà, era responsabile.
Rimase in sottoveste, e Anakin la vide esitare prima di toglierla.
“Che succede?” le chiese con un sorriso. “Io non avrò mai chiesto il permesso di spogliarti, ma tu non ti sei mai vergognata a farlo, davanti a me.”
Padmè arrossì. “E’ che…”
“…hai paura di non piacermi più?” sussurrò lui abbracciandola, sfiorandole il collo con le labbra.
“Il mio corpo è molto cambiato, Anakin,” lo avvertì, ma suo marito la strinse più forte. “Tu sei sempre la mia Padmè. E poi c’è mio figlio, dentro di te…. Come potresti non piacermi da impazzire?”
C’è mio figlio dentro di te. Quelle parole suonarono più dolci di una musica, alle orecchie di Padmè.
Si fece coraggio, e allontanandosi dal marito, si sfilò le spalline della veste e lasciò che questa cadesse a terra. Si guardò un attimo il ventre ingrossato e i seni nudi, prima di cercare il volto di Anakin: era a bocca aperta.
“Sei…” iniziò lui, deglutendo. Adorante.
“… grossa come uno Shaak? Ingombrante come una balena[10].? Avanti, dillo pure,” scherzò Padmè, ma Anakin rimase serio.
“Sei stupenda” le disse invece, avvicinandola. “No, stupenda è poco,” continuò “Sei meravigliosa. Fantastica.”
“Non sei obbligato a dirmelo,” si schernì sua moglie, ma lui sorrise e senza risponderle si inginocchiò di fronte a lei. Lo osservò appoggiare lentamente le mani sul suo grembo, esitando quasi, come se toccandolo avesse potuto fare qualche danno.
Padmè posò le proprie mani su quelle del marito.
“Ehy, qui dentro,” mormorò allora Anakin, sfiorando il pancione con le labbra. “La tua mamma sta facendo un gran bel lavoro, ma volevo dirti che se sei lì, è anche merito mio.”
A Padmè veniva da piangere. Dannati ormoni, pensò, anche se sapeva che gli ormoni non c’entravano niente questa volta.
“Sai, io sono…. sono il tuo papà,” sussurrò Anakin, prima di baciare il grembo di Padmè. Quindi si sollevò, e prese il viso di sua moglie tra le mani. Gli baciò le lacrime che le rigavano il viso. “Andrà tutto bene, tesoro,” le sussurrò. “Andrà tutto bene….”



Sulla veranda tirava una brezza leggera.
Con indosso la veste da camera azzurra, indossata con l’aiuto di Anakin, Padmè si pettinava i capelli quando sentì la presenza di suo marito sulla soglia della terrazza.
Avrebbe voluto che il tempo si fermasse, che esistessero solo lei, Anakin, e il loro bambino.
Senza più guerre, doveri, responsabilità.
Avrebbe voluto che nulla cambiasse, mentre rivelava all’uomo che aveva sposato il desiderio di far nascere il figlio su Naboo.
Ma sarebbe durata, la loro bolla di felicità? O sarebbe esplosa a causa degli eventi, della situazione?
“Sei così… bella, Padmè.” Fu Anakin, in piena contemplazione di lei.
Decise di smettere di pensare. Ora c’era solo quel momento; c’era il presente, tutto per loro.
Il futuro l’avrebbero affrontato insieme.

Fine.

Note:
[1] Darred Janren, marito di Sola Naberrie e padre di Ryoo e Pooja (Wookieepedia)
[2] Nell’anno 6 BBY, a vent’anni, Pooja divenne membro del Senato come rappresentante del pianeta Naboo (Wookieepedia). Mi piaceva pensare che fin da piccola avesse avuto tratti caratteriali simili alla famosa e sfortunata zia.
[3] Pianeta di mia invenzione.
[4] Ecco, già vi vedo che storcete il naso! So bene che Padmè Amidala è la madre dei gemelli più famosi della storia del cinema, ma vero è che, fino al momento del parto, lei stessa non sapesse di aspettare due bambini anziché uno. (La Vendetta dei Sith). Ho dunque immaginato che, al momento dell’ecografia, venisse rilevato solo il cuore di un bambino, o al massimo che un piccolo, doppio battito venisse interpretato come un unico pulsare. Vi assicuro che può succedere.
[5] Tanner Cadaman, Ivor Drake e Terr Taneel sono tre senatori che fecero parte della Delegazione dei 2000. (Wookieepedia)
[6] L’ufficio dei Moff, che nacque proprio durante la fine della Repubblica (Wookieepedia)
[7] Prima di rientrare per il salvataggio di Palpatine, Obi Wan e Anakin si trovavano su Nelvaan (Clone Wars, serie animata)
[8] Clone Wars, serie animata.
[9] Situazione e dialoghi estrapolati – e rielaborati - da Clone Wars, serie animata.
[10] Le balene non ci sono su SW, ma era l’unico mammifero che rendesse lo stato d’animo di Padmè :)
  
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