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Autore: clairemonchelepausini    10/05/2015    5 recensioni
Tutto procede nel verso giusto fin quando il destino non decide di scombussolare quella quiete che con grande difficoltà ero riuscita a costruire. Nessuno può dirti cosa fare o cosa scegliere, nessuno può prendere decisioni al tuo posto. Ti ritrovi di fronte a una scelta difficile, tutto è nelle tue mani, la tua vita, il tuo destino, il tuo futuro ed è allora che capisci di essere FOTTUTA!
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La vita è disseminata di salite. Non sempre riusciamo ad arrivare in cima e quando lo facciamo non sempre usciamo integri dalla scala; potremmo ritrovarci con un osso rotto e a volte capita che lungo il percorso tu abbia perso qualcosa o…qualcuno. Nessuno ci dirà cosa ci aspetta o se durante il cammino perderemo noi stessi, ma soprattutto nessuno può dirci che ne sarà di noi una volta toccata la vetta.
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NOTE: La storia è stata scritta per il contest "Un'idea, più storie", indetto da Principe Dracula sul gruppo Facebook "EFP recensioni, consigli e discussioni."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristina Yang, Nuovo Personaggio, Owen Hunt, Zola Shepherd
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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   NOTE
La storia è stata scritta per il contest "Un'idea, più storie", indetto da Principe Dracula sul gruppo Facebook "EFP recensioni, consigli e discussioni."                  
Io ho deciso di scrivere una fanfiction e di farlo in questo fandom..e anche  Lachiaretta ha lo stesso mio prompt ... che era…
Scrivere una storia con protagonista un anziano / anziana che si pente di qualcosa che ha fatto o non ha fatto.







Chiunque entri in possesso del mio documento d’identità può leggere chi sono, ma in realtà io sono molto più di questo. Io sono Zola Shepherd, ma non è il mio cognome che mi definisce, bensì io stessa che definisco chi sono. 

Sono quella ragazza dell’ultimo posto; sì, quella che se ne sta per lo più in silenzio, un po’ in disparte che cerca di non dare nell’occhio, quella sono proprio io o almeno lo ero. Non è facile parlare di se stessi perché in realtà come noi ci vediamo non coincide mai con ciò che gli altri vedono di noi.  In alcune situazioni la gente pensa che sia timida, riservata e talvolta anche strana e io glielo lascio credere. Non voglio che si sentono intimoriti da me, non voglio essere giudicata e non voglio che a definirmi sia il cognome che porto. Ho lottato per essere quella che sono, tutto ciò che ho ottenuto sono il sacrificio e le rinunzie di anni. Tutto quello che ho conquistato l’ho fatto contando solo sulle mie forze, perché nessuno un giorno avrebbe potuto accusarmi di favoritismi per via di chi erano o di cosa avevano fatto i miei genitori. Sì, perché io sono la figlia di due grandi chirurghi, come loro ho sempre dovuto lottare per raggiungere i miei obiettivi e nello stesso tempo ho dovuto sempre difendermi dalle accuse di favoritismi. 

Sono la figlia di Meredith Grey e Derek Shepherd. 

I loro cognomi dicono tutto o almeno così dovrebbe essere. Mia madre è un chirurgo generale, invece mio padre è un neurochirurgo, li si ricordano per molti episodi e per numerosi successi. Ma la scoperta più importante, quella che li ha portati all’apice del successo, è stata trovare la cura per l’Alzheimer. Questo è stato il primo progetto a cui hanno lavorato insieme quando mia madre era solo una specializzanda, il primo progetto che li ha uniti. Per vari motivi che adesso nemmeno ricordo hanno dovuto abbandonarlo, portandoli ad avere qualche problema professionale e personale che con il tempo sono riusciti a risolvere. Si sono dedicati ad altro, avevano altre priorità; mia madre aveva iniziato il suo anno da strutturata come chirurgo generale e mio padre stava facendosi un nome di rispetto, anche se ormai era conosciutissimo. Questo progetto era stato accantonato ormai da diversi anni, ma un giorno mio padre come regalo di anniversario lo donò nuovamente a mia madre. Era una nuova opportunità per loro, una nuova occasione per lavorare di nuovo insieme.  
Se mi chiedete cosa c’è dietro a quella scoperta e dietro al loro successo, io vi rispondo così : “ Il lavoro per loro è tutto, ma prima di esso viene la famiglia rafforzata dall’amore, dalla fiducia, dalla determinazione e dalla loro unione, ecco cosa c’è dietro al loro successo.” 

Ho lasciato che la gente mi etichettasse come “secchiona”, strana, “raccomandata”, ma in realtà io sono una persona come tutti, una normale ragazza che ha dei sogni e che vorrebbe diventare un bravo chirurgo.  Ho solo avuto la fortuna/sfortuna di essere una Grey e una Shepherd allo stesso tempo, questo non mi ha mai facilitato le cose perché prima di venire io come persona ,veniva il mio cognome. Non mi sono mai lasciata abbattere dalle ripicche, dalle accuse, perché non è così che sono fata. Certo non posso non ammettere che tutto questo mi abbia ferito, e parecchie volte, ma non mi piace farmi vedere giù di morale, triste o ferita. Di solito tendo a mascherare e a reprimere ciò che mi fa stare male perché in fin dei conti sono una persona di natura allegra, carismatica, energetica e solare, prendo tutto con un sorriso, il più delle volte. 

Sono una persona socievole, mi piace fare amicizia con tutti, sono molto aperta ma nello stesso tempo amo la solitudine, la quiete che da essa ne deriva. Su come sono fisicamente è meglio sorvolare, ma non perché non mi piaccio, all’incontrario io mi accetto per quello che sono, ma non sono quel tipo di ragazza che  passa ore davanti allo specchio ad ammirarsi per essere perfetta: più che l’aspetto fisico a me interessa la personalità di una persona. La gente mi piace giudicarla per quello che è non per com’è o per chi è. Non mi faccio influenzare dalla famiglia da cui proviene, non mi interessa farmi degli amici solo perché hanno i genitori famosi o importanti, io voglio amici veri. Voglio amici che con il tempo rimangono al tuo fianco, che non importa cosa fai, dove sei o quanti anni sono passati, perchè sai bene che loro ci saranno sempre per te.

Come ho già detto i miei genitori e i miei zii sono dei chirurghi  e lo stesso gli amici, ovunque io mi volti sono circondata da chirurghi. Questo è ciò che ho deciso di fare, non perché è quello che dovevo o perché è quello che si aspettano da me, ma semplicemente perché è quello che IO voglio fare, quello che IO ho sempre visto possibile per il mio futuro e nient’alto. Le circostanze da quando ho iniziato sono diverse e con il tempo sono cambiate: adesso non voglio solo salvare delle vite, voglio fare la differenza ed essere ricordata. Sembrerò presuntuosa, ma cosa c’è di male a volere di più dalla propria vita, da se stessi e dal futuro? Io sono brava in ciò che faccio, sono brava nel mio lavoro e voglio il massimo per me, i miei paziente e per il mio futuro. Spesse volte mi è stato detto che questo mio modo di fare, di vedere le cose, mi avrebbe allontanato dalla vita, dai legami che con il tempo avrei consolidato. Nonostante ciò, io sono sempre stata superiore alle provocazioni perché sapevo cosa volevo, anche se adesso, in questo momento, l’unica cosa a cui riesco a pensare è lui. Non sono più molto sicura di ciò che voglio o meglio non sono più sicura che sia veramente ciò che voglio. Ho sempre pensato che un giorno sarei diventata un bravissimo chirurgo senza però dover rinunciare a niente o a nessuno, ma adesso sto vacillando. Solo ora mi accorgo di non avere più risorse, di essermi allontana così tanto dalla realtà che adesso mi fa perfino paura. 

 
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Mancanza, solitudine, rimpianti…. Ci sono momenti nella vita  in cui ci ritroviamo  a percepire un grande vuoto dentro di noi. Quel vuoto a volte deriva dalla mancanza di qualcuno che in passato ha fatto parte di noi, della nostra vita o dalla mancanza di qualcosa, ma nel mio caso si tratta di entrambe le cose.

- CHIRURGIA – Una piccola e breve parola, formata da 9 lettere che racchiude però un grande ed immenso significato. È stata una storia durata anni, un amore destinato a non finire mai anche in periodi trascorsi lontano da un ospedale.  
La chirurgia per me significa passione, emozione, sacrificio… vuol dire amicizia e risate, ma allo stesso tempo litigi e incomprensioni, ricordi di momenti preziosi e indimenticabili che mi hanno fatto crescere.  Lavorare tutta la notte, il sudore versato, la stanchezza, la disperazione, la gioia e l’adrenalina del momento in cui stai per entrare in scena nella tua sala operatoria. 
La chirurgia significa mettersi alla prova, riconoscere i propri pregi, difetti, i propri limiti e gli eventuali errori.  Vuol dire operare ore e ore, stare in astinenza da caffè, non chiudere occhio fino a quando non trovi la soluzione o fin quando non potrai dire alla sua famiglia che lei o lui è salvo, che vivrà ancora. Vuol dire lottare per chi si è arreso, per chi non ha forza per farlo, significa dare coraggio e fiducia al paziente quando lui stesso non ne ha abbastanza nemmeno per se stesso. 
E infine l’ospedale, la tua seconda casa, il tuo mondo, e quel momento in cui la tua conoscenza, le tue capacità entrano in te e scacciano via tutti i pensieri, finchè ci sei solo tu e il tuo paziente. Il tuo corpo comincia a muoversi passo dopo passo, gesto dopo gesto tirando fuori quello che hai dentro, quella parte di te che solo allora puoi mostrare. 

La chirurgia è arte, amore e vita o…. o almeno lo era. 

Le giornate ormai sono tutte uguali, ci sono poche cose che differenziano un giorno dall’altro e per una donna come me sembrano non passare mai soprattutto quando non si ha più un bisturi in mano. Erano belli quei tempi in cui tutto era frenetico, dove non si aveva il tempo per mangiare, dormire o andare in bagno, quando si faceva un intervento dopo l’altro o quanto talvolta quell’intervento stesso poteva durare delle ore. Sì, quelli sono i tempi che rivivo ancora oggi, quelli sono i tempi che mi mancano più di ogni altra cosa. Ero un cardiochirurgo eccezionale, sono sempre stata attenta e razionale e questo mi stimolava ad avere e fare operazioni complesse o a volte azzardate. Ero estremamente competitiva, la logica e la praticità contavano più delle emozione, ero la migliore che esisteva e avevo lottato per arrivare fin lì. Ogni cosa conquistata, ogni obiettivo raggiunto mi avvicinava sempre di più al mio traguardo e a quello che ho sempre voluto fare ed essere. 

Ho sempre detto che il mio nome sarebbe stato ricordato e così è stato. Io sono Cristina Yang. 

Forse a molti questo nome dice ben poco, ma se lo associassi ad una Cristina Yang vincitrice di ben 3 premi Haper Avery, avrebbe un significato? Sì, credo proprio che sia così. Ebbene sono quella Cristina, quella giovane donna che poco dopo il suo dottorato ha avuto il posto di primario di chirurgia cardiovascolare a Zurigo, e che nel giro di pochi anni ha vinto quel premio a cui tanto ambiva. La mia ambizione è sempre stata la cosa che più stimavo di me stessa, ma è proprio quella stessa ambizione però che mi ha portato lontano dagli amici, da quel posto che consideravo casa e dall’unico uomo della mia vita che io abbia mai amato. Raggiungere il successo mi ha allontanato da tutto questo, anche se gli amici veri sono rimasti, ho perso qualcosa di ancora più caro. Lo dicono sempre tutti, capisci di volere qualcosa solo quando la perdi, e così, purtroppo, io mi sono accorta troppo tardi di ciò che avevo sempre voluto: tutto ciò che mi resta sono i ricordi. 

Inizio le giornate sempre nello stesso modo, mi alzo dal letto con fatica perché gli effetti del tempo cominciano a mostrarsi, poi lentamente raggiungo la cucina , faccio colazione, prendo le mie pillole e dopo mi diletto a suturare, incidere e operare un pollo per tenermi in allenamento perché non c’è una scusa valida per non farlo. So bene che non posso più fare un vero e proprio intervento, le mie mani non sono più ferme o stabili come una volta quando avrei potuto uccidere per fare un intervento al cuore, mentre adesso mi ritrovo a dover operare un pollo già morto. E’ frustante non potere più entrare in una sala operatoria, non potere più sentire quell’adrenalina nell' avere un corpo aperto e nel tenere il suo cuore nelle tue mani. Eri tu che potevi cambiare il suo destino, eri tu che avevi la sua vita nelle tue mani, letteralmente. Invece adesso mi ritrovo a dilettarmi in queste semplici operazioni che non mi danno il sollievo o la gioia di una volta. Dopo aver passato questa “intensa” mattina pranzo, faccio il riposino pomeridiano per alleviare i muscoli in tensione, per far riposare le mie mani e dopo questa bella dose di relax c’è in programma una bella passeggiata al parco. Ho sempre odiato la gente al parco, ho sempre odiato stare seduta su una panchina a respirare aria pulita quando in quel medesimo instante avrei potuto salvare una vita, e ahimè è quello che mi trovo a fare.  Non sono mai stata il tipo di persona che si ferma, si rilassa, io caricavo me stessa fino all’estremo perché se sono quella che sono, perché se ho raggiunto tutti quei successi, è solo grazie a questo. Infine concludo la mia giornata a guardare vecchi filmati di me stessa, la me stessa di tanti anni fa. Il sollievo per aver avuto una giornata così vuota arriva solo quando la sera mi siedo sulla mia poltroncina in salotto e riguardo vecchi interventi; queste sono le uniche cose che mi danno sollievo, che riescono ad alleviare questa mia anima sola. 

È vero ho scelto io la carriera, ho scelto di essere qualcosa, di fare la differenza e questo mi è costato caro, molto. Tutta la mia determinazione  mi ha portato a rimanere sola, io vivo per la chirurgia ed essa viveva per me, ma con il tempo mi sono accorta che non mi bastava di più e… e fu allora che mi accorsi di volere di più, ma era già troppo tardi perché lui non era più libero, lui si era risposato. Sono sempre stata in movimento e non avevo mai pensato a cosa avrei fatto una volta che mi sarei dovuta fermare. Quello era un pensiero che non mi aveva mai sfiorato la mente, nel corso degli anni. Mi pento di non essermi fermata un momento, per non aver riflettuto, mi pento perché adesso l’unica cosa che vorrei è poter condividere le mie giornate con qualcuno, quel qualcuno che mi sembra così distante da me. 
Sì, è vero avrò sempre la mia persona, la mia migliore amica, colei con la quale ho passato i migliori anni della mia vita. Meredith era la mia persona, lo è e lo sarà sempre, ma anche lei come gli altri è andata avanti, si è costruita la sua famiglia senza dover rinunciare a niente o a nessuno, lei aveva capito ciò che io ho capito solo ora. Ha avuto il meglio dalla vita, un marito che l’ama come il primo giorno, due bellissimi bambini, la carriera e il successo che da essa ne è derivato, ha avuto tutto ciò che sognava. Meredith mi ha sempre supportato pur quando non capiva le mie scelte o non le approvava, lei non mi ha mai lasciato sola, è sempre stata la mia persona nonostante il tempo e la distanza remasse contro di noi. Ci sono stati momenti bui anche per noi, perché dopo che io sono partita per Zurigo ci siamo allontanate; finchè un giorno tutto cambiò. Quel giorno così normale, senza nessun vero motivo ci ritrovammo e iniziammo a parlare, ridere e scherzare come se quei lunghissimi mesi senza sentirci non ci fossero mai stati. Il giorno più bello di sempre, quello fu il giorno che confermò ancora una volta che lei era la mia persona e così sarebbe stato per sempre. Tutto fu migliore anno dopo anno, e quando tornai a Seattle definitivamente, perché gli anni progredivano e io non potevo più operare, lei c’era. Era davanti il portone di casa mia che mi aspettava con una bella bottiglia di tequila perché quello era ciò di cui avevo bisogno, ciò che mi serviva: non c’era bisogno di parole e lei lo sapeva. 

In queste giornate così cupe e tristi non posso non pensare a tutti i bei momenti passati insieme, a tutte quelle esperienze belle o brutte che ci hanno accompagnato e che ci hanno fatto diventare le persone che siamo oggi.
 Involontariamente ed inevitabilmente mi chiedo: “ E se io avessi deciso di restare e lottare per lui? Se avessi agito e preso decisioni diverse?” Ma sappiamo bene quale sarebbe stata la risposta che mi sarei data o che mi avrebbero dato. Quella di sicuro non sarebbe stata la vera Cristina Yang, lei era uno spirito libero, la specializzanda più promettete che lottava con le unghia e con i denti per avere un intervento. Lei era un cardiochirurgo che tutti gli ospedali si contestavano, quella sola era e sarebbe stata la grande Cristina Yang, ma dietro ogni grande successo, c’è sempre un grande rimpianto.  

 
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Percorro nervosamente il corridoio per raggiungere il mio gruppo di specializzandi e aspettare che ci assegnano ai vari reparti quando all’improvviso lo vedo. Lui oggi non è nemmeno di turno che ci fa qui? Tutto intorno a me comincia a perdere colore, mi sento mancare l’aria, le voci diventano un flebile sussurro ed è in quel momento esatto che esistiamo solo io e lui. Inevitabilmente mi ritrovo catapultata al mio primo giorno da specializzanda e al nostro primo incontro. Ricordo bene quel giorno, come potrei dimenticarlo? Avevo fatto tardi a causa di mio fratello Bailey, stavo facendo tutto di fretta e non appena avevo infilato il camice correvo per il corridoio cercando di raggiungere il gruppo di neo-specializzandi che era appena sparito dietro l’angolo.  Ricordo vagamente di aver chiesto ad un infermiere o ad uno specializzando più vecchio dove si sarebbe tenuto “ il famoso discorso di specializzazione dell’anno” del dottor Webber e qualcuno mi dette le indicazioni che io seguì senza farmi troppi problemi. Io in quell’ospedale c’ero cresciuta, era diventata la mia seconda casa visto che i miei genitori e i miei zii lavoravano o avevano lavorato lì, eppure come una stupida mi ero lasciata condizionare senza fare domande. Alla fine finì in uno sgabuzzino e potevo vedere di non essere la sola a cui quel giorno avevano fatto uno scherzo così tanto banale. Nella mia stessa situazione si trovava un ragazzo alto, magro e molto, molto attraente che non avevo mai visto prima. Non appena entrai la porta si richiuse alle mie spalle, fu solo allora che mi accorsi che aveva una chiusura magnetica e poteva essere aperta solo con una tessera idonea che ovviamente noi non avevamo. Rimanere lì con lui mi portò ad osservarlo, non era niente male e finì ad ammirare con piacere tanta bellezza, non potevo farne a meno. Non ricordo nemmeno come cominciò o chi, so solo che ci eravamo fatti prendere dalla passione che bruciava tra noi. 
“ Come ha detto che ti chiami?” domandai io, nell’unico momento che le sue dolcissime labbra non erano sulle mie.
“Liam e tu?”
“Zola”
“Piacere di conoscerti” mi disse, ma in realtà il piacere era tutto mio e non potevo credere a ciò che stava accadendo. Volevo fermarmi, ma questo comportava staccarmi da lui e non ero del tutto certa di volerlo davvero.
“ Solitamente non mi infilo così negli sgabuzzini con degli sconosciuti e sicuramente non mi faccio prevalere da tutto tranne che dalla buona ragione” dissi io imbarazzata.
Lui mi sollevò il mento e mi guardò con i suoi occhi azzurri da incantatore “Noi ci conosciamo ricordi? Io sono Liam e tu Zola.”
Tutto procedeva in fretta, e molto perché il mio camice e la mia maglietta erano finiti chissà dove.
“Oh Dio” a quell’esclamazione risi, stavo per parlare, ma mi ritrovai nuovamente le sue labbra sulle mie.
“Adoro fare medicina”. Queste furono le uniche e aggiungerei io anche le ultime parole che mi disse prima che la passione divampasse e diventassimo un tutt’uno.
“Bellissimo primo giorno da specializzanda” pensai. 

Mi riportarono alla realtà voci, lamenti e schiamazzi  che mi permisero di capire che ci avevano assegnato i reparti in cui lavorare.  Io sono in pediatria, amo i bambini e mi piace lavorare con loro perché hanno quell’allegria, quella magia che ti travolge e ti fa credere che tutto sia possibile. Avrei preferito tanto essere stata assegnata a traumatologia perché quella senza dubbio è l'ambito in cui mi specializzerò, quello e nessun’altro. Prima di iniziare il solito giro in reparto qualcuno mi afferra, mi tira in disparte e inizia a baciarmi, anche ad occhi chiusi sarei stata capace di riconoscerlo. Le sue labbra delicate mi baciano con passione e dolcezza, basta il tocco di quell’unico gesto a farmi dimenticare chi sono e dove sono, riesce a sconvolgermi completamente.  I suoi baci incendiamo il mio corpo e prima di dire o fare altro mi prende per mano, mi trascina nella stanza del medico di guardia, la chiude a chiave ed inizia a baciarmi con più vigore.  Liam è uno strutturato di chirurgia ortopedica, la nostra storia non è del tutto ben vista, ma alla fine come mia madre e mio padre, anch’io ho ceduto al desiderio tra strutturato e specializzando, anche perché è diventata molto di più di una storia di solo sesso. L’amore non ti avvisa, ti colpisce quando meno te lo aspetti e proprio come il nostro primo incontro anche il nostro amore ci ha colti alla sprovvista facendoci fremere e gioire allo stesso tempo.  Lui reclama ancora di più la mia attenzione, cosa di cui non ha certo bisogno perché mi basta guardarlo per perdere il respiro, per sconvolgermi e farmi andare completamente in tilt, e in modo molto abile riesce a toccare i punti giusti per farmi crollare e abbondarmi a quell’onda di passione che ci travolge. Il desiderio divampa in modo irrefrenabile, ma prima di spogliarci e buttarci sul letto come due pazzi, lui rallenta fino a fermarsi, si distacca leggermente da me facendomi allarmare e andare in paranoia come succedeva spesso. Liam è un uomo sempre allegro e carismatico, ma oggi il suo visto è teso, questo significa solo che c’è qualcosa che non va. La situazione stava procedendo davvero molto bene, era tutto così perfetto…
“Zola dobbiamo parlare” ed ecco le famose parole prima del grande disastro.
“Dimmi cos’è successo? Mi sembrava che stava andato tutto per il meglio, anche troppo direi, ma..”
“Che stai dicendo?”
“Nulla, lascia stare Liam.”
“Ed ecco qui, inizi subito ad arrabbiarti, ma possiamo sostenere una conversazione senza litigare soprattutto quando è primo mattino?”
“Non sono io che ha iniziato mi sembra! Cos’è successo stavolta? Sei per caso andato a letto con qualcuno o vuoi lasciarmi di nuovo? Perché ho imparato che le cose più sono brutte, più tu diventi cupo e teso.” 
“Oh mamma mia, ma davvero cupo e teso? Sei davvero impossibile, tu e le tue fisse, ricordi che sono proprio queste le cose che ci hanno fatto allontanare la prima volta e tu immancabilmente ci ritorni sempre. Perchè hai così poca stima  in me, in noi e del nostro rapporto?”
“No, non è assolutamente così. Erano solo delle domande, ma perché ti scaldi tanto se non c’è nulla di vero? Perché sei così agitato?”
Lui se ne sta ancora per le sue,la sua espressione non cambia di un millesimo, ora oltre ad essere preoccupata sono anche infuriata. Tra di noi sembra che tutto stava andando bene e allora perché non appena tu sei felice tutto va a rotoli?
“Vuoi venire a vivere con me?” E… è sì, ora capisco perché tanta agitazione e preoccupazione. Sul mio viso si accentua un lieve sorriso, mentre lui mi guarda da ebete io non posso non scoppiare a ridere. 
“Cosa c’è di così tanto divertente? Sapevo bene che era stupido chiedertelo, perché conosco sin dall’inizio come la pensi, ho solo pensato che era arrivato il momento per farlo, ma vista la tua reazione, non c’è nemmeno il bisogno di aspettare una tua risposta.”
In un breve istante che a me sembra infinito, le parole escono dalla mia bocca più veloce del tempo che il mio cervello ci impiega per metabolizzare la domanda. 
“Si.”
“Hai detto di sì?”
“Perché sei così sorpreso? Adesso però sta zitto e baciami.”

A volte può non sembrare, a volte si può dare per scontato, o solamente non ci si rende conto che può bastare anche meno di un’ora per salvare la vita di qualcuno. In pediatria come in altri reparti il tempismo è tutto, anche se sembra di non fare assolutamente nulla o ciò che facciamo non ci sembra abbastanza, in realtà lo è, perché pur quando noi ci riposiamo la nostra mente continua a lavorare. Può sembrare strano e forse lo è, ma in ogni istante della nostra esistenza noi apprendiamo qualcosa di nuovo che può tante volte salvare delle vite o può sconvolgerci per non averlo fatto, lasciandoci inermi ad imparare una nuova lezione della quale faremo tesoro. 
“Salvare una vita” sono parole cariche di attesa, speranza, responsabilità e gioia, talvolta anche dolore e sofferenza, ma l’aspetto più bello quando questo accade è la gioia che si presenta sul volto dei familiari e degli amici. Nonostante la fatiche e il sacrificio spesse volte non si riesce a portare sempre delle buone notizie, e in quel momento più che negli altri la vicinanza all’altro diventa quasi naturale come se nascesse una linea invisibile tra il profondo e l’intimo. Ovviamente queste perle di saggezza, di primo mattino mi vengono fuori solo quando sono di turno in pediatria, i bambini mi stregano e mi fanno diventare un’altra persona. Una persona di cui a volte ho paura perché mi lascio coinvolgere dalla loro magia, dalla loro speranza che tutto possa essere migliore, pur quando ci sono le prove che la vita fa schifo. Vengo richiamata da qualcuno che sta cercando la mia attenzione: la mia migliore amica Libbie mi strattona riportandomi alla realtà e mi dice che il capo, il dottor Hunt vuole vedermi nel suo ufficio e subito. Una giornata iniziata nel modo più dolce, romantico e con un pizzico di magia forse sta per essere cambiata; questo non mi preoccupa perché io sono un’ottimista, niente e nessuno potrà rovinarmi questo giorno, non oggi almeno. 

“Zio Hunt?” dico allegra non appena entro nel suo ufficio, ma subito  mi riprendo dopo aver visto la sua espressione.
“Dottor Hunt voleva vedermi?” io sono mortificata per essermi lasciata prendere dall’affetto che provo, ma lui mi sorprende e scoppia a ridere facendo alla fine ridere anche me.
“Tesoro dovresti vedere la tua espressione in questo momento.” 
“Ti piace farmi questi scherzi, eh? Ti diverti così tanto?”
“Sì, che vuoi farci? Ormai il tuo caro e vecchio zio ha poche cose per cui gioire, e beh, tu sei una di queste.”
“Tu e zia Cristina siete gli unici a cui permetto di prendermi in giro e farmi questi stupidi scherzi.” Non appena faccio accenno a zia Cristina il suo viso si incupisce, diventa affranto, ma allo stesso tempo quel nome a lui tanto familiare lo fa sorridere cercando di celare la sua tristezza. 
“ A proposito, hai sentito ultimamente la zia?”
“No, ehm…noi ci sentiamo raramente ormai”
“Sai zio, lei non ti ha mai dimenticato e allora perché adesso che…”
“Ti prego Zola,lascia stare. Io ti ho chiamato non per parlate della mia vita sentimentale, ma perché ho una bella notizia per te o almeno spero che sia così.”
Mi metto subito sull’attenti perché ci sono molte cose che mi piacerebbero e mi farebbero felice, ma in questo momento non riesco a leggere la sua espressione, cosa che mi incuriosisce dapprima e mi fa preoccupare subito dopo.
“Oggi mi ha chiamato un mio vecchio collega dell’esercito in Iraq e mi ha accennato appena che ci sono due posti liberi per un chirurgo d’emergenza e uno specializzando per una durata di circa sei mesi. Io ho pensato a te, di solito non mandiamo gli specializzandi in paese di guerra, anche se l’ospedale in cui andresti a lavorare è più al sicuro, è comunque rischioso.  Quando ho detto al dottor Wood la notizia lui mi ha fatto subito il tuo nome, cosa di cui io stesso ho appoggiato. Tutti sappiamo che ti piace questa specializzazione, oltre che a spiccare in tutte le altre, tu in traumatologia e chirurgia d’emergenza sei la migliore.”
“Io… Ehm… Io…”
“Ti ho chiamato solo per avvisarti, ma ti lascio tutto il tempo che ti serve per decidere non c’è fretta. L’ospedale vorrà sapere i nomi di chi partirà solo fra qualche settimana, e quindi tu pensaci e riflettici con calma.”
La vita è una serie di decisioni che ognuno di noi è costretto a prendere ogni giorno, cosciamente o inconsciamente. Le  decisioni che prendiamo sono  quelle che determinano il corso della nostra vita, il fallimento o il successo, la tristezza o la gioia. Ogni scelta che facciamo, giusta o sbagliata che sia, è il risultato di una lunga riflessione. Esse devono essere prese con coraggio, distacco e talvolta con un pizzico di follia. Io stavolta però mi ritrovo tra due fuochi: Amore o Carriera? Questa scelta è un momento importante e fondamentale della mia vita, perché se da una parte ho l’uomo che amo, con cui voglio condividere la mia vita, dall’altra parte ho la carriera, e accettare quell’opportunità mi gioverebbe sia come chirurgo che come persona. Ma prendere questa decisione si rivela essere molto più difficile di così, perché non è solo scegliere una delle due, ma è molto di più, potrebbe cambiarmi in entrambi i casi. La vita è sempre piena di scelte da prendere e io in questo caso non posso decidere semplicemente perché non sono più da sola, io adesso ho Liam. Non si possono separare ragione, istinto ed emozioni perché entrambe fanno parte di noi, e insieme entrano in gioco nel momento in cui si devono compiere delle scelte. Ci vuole lucidità per intravedere i pericoli, ci vuole sentimento perché senza di esso non riconosceremmo il giusto obiettivo e infine ci vuole istinto perché non sempre il corso della vita è regolato dalla razionalità. Così mi ritrovo al punto di partenza, cosa devo fare? Io sono sempre stata una persona dalle idee chiare sul proprio futuro, su ciò che voleva essere, diventare e come voleva farlo, ma in questo momento mi sento priva di energie. Questo è uno dei rari momenti in cui non sono più me stessa, in cui non mi sento in grado di prendere decisioni come questa senza un giorno avere dei rimpianti. Ho la mia storia con Liam tra le mani per cui prendere questa dannata decisione non risulta affatto facile  o semplice.  Sono davanti a un bivio, un momento cruciale e decisivo, in cui non si può agire senza riflettere a lungo, senza analizzare le varie possibilità, con i rispettivi pro e contro che appartengono ad ognuno di essi. Molti per prendere scelte di questo calibro, così importanti si rivolgono ai genitori, altri agli amici, ma nel mio caso mi affiderò ai consiglio e all’esperienza di mia zia Cristina. Lei può non sembrare un buon esempio da seguire perché una donna sola che ha dedicato tutta la sua vita alla carriera, alla chirurgia cosa può saperne dell’amore o di questo tipo di scelte? Io, invece posso assicurarvi che sa bene di cosa sto parlando, sa cosa sto provando perché un giorno ormai lontano anche lei si è trovata nella mia stessa situazione. Io e zia Cristina abbiamo sempre avuto un rapporto amichevole e confidenziale, nonostante mamma sia stata sempre presente nella mia vita, mi abbia sempre capito anche quando io non riuscivo a farlo, mia zia ha un temperamento diverso. Lei non ha mai avuto problemi a dirmi le cose, è senza peli sulla lingua, non si preoccupa di potermi ferire e non cerca di indolcirmi la pillola, e poi… la mamma è sempre la mamma.  Ci sono molto momenti che ho condiviso con zia, ma uno tra tanti, di quelli che non dimenticherò mai  è stato quando ho detto a mamma che avevo scelto medicina, e precisamente la specializzazione in chirurgia. Ricordo quel giorno come fosse oggi perché mia madre andò fuori di testa, mi sgridò come non aveva mai fatto, non ci parlammo per giorni, fino a quando non mi rivolsi a zia perché non sapevo più cosa fare. Lei mi spiegò molte cose su mamma, mi aiutò a capire le sue ragioni, e Dio se gliene ero grata, ma questo non mi avrebbe di certo fatto cambiare idea. Alla fine lei parlò anche con mia madre, fece da interprete tra noi, ci aiutò a capire i nostri due punti di vista ed è allora che il nostro legame tra zia e nipote si rafforzò, crescendo  anno dopo anno. Mi affiderò ai suoi consigli proprio come ho fatto in passato, pensando anche al peso di un mio “si” o di un mio “no”, una parola di due lettere che senza dubbio potrebbe cambiarmi la vita. 

 
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Vivere non è semplice e lo è ancora meno per una donna vecchia, sola e smaniosa di un bisturi, di amore, come me. Il complesso della azioni di ognuno di noi è scandito in una serie di eventi, che per quanto possono essere affrontati con spontaneità restano ancorati ad una serie di scelte  consapevoli, il più delle volte. La maggior parte delle azioni che si compiono sono il frutto di decisioni coscienti, ma queste non significano che esse sono giuste o tanto meno che sono scelte che non avremmo mai rimpianto.  Il rimpianto stesso è un ricordo nostalgico  e dolente che ci portiamo dietro, al quale corrisponde il successo e il raggiungimento di un obiettivo  che ci eravamo prefissati. Quando noi ci troviamo in una situazione di scelta spesse volte prendiamo in considerazione ciò che sia giusto per noi e per il nostro futuro, ma talvolta quelle stesse decisioni ci allontanano da ciò che realmente vogliamo. Sono quelle scelte che ci fanno perdere persone, cose o occasioni pur dandoci la soddisfazione  di aver raggiunto i nostri traguardi e il successo che tanto bramavamo. Il rimpianto è la sofferenza che ci porteremo sempre con noi, anche dopo anni e anni quando magari ti ritrovi vecchio, stanco e solo a ripensare a quanto avresti potuto avere se solo avessi avuto il coraggio di osare di più.  Tante volte è meglio un rimorso di un rimpianto perché esso stesso equivale a non vivere e al momento io cerco solo di sopravvivere perché ho ben poco per cui sentirmi viva. E’ proprio vero che i rimpianti sono come gli ingranaggi di un vecchio orologio, essi scandiscono l’inesorabile passare del tempo. Questo ci ricorda quello che avremmo potuto avere o essere al contempo stesso, ma che non abbiamo avuto il coraggio di fare. Dobbiamo imparare a prendere decisioni migliori e per farlo dobbiamo avere la consapevolezza di ciò che rimpiangeremo tra 20-30 anni. E’ buffo, perché avrei voluto avere questa consapevolezza tanti anni fa, la quale mi avrebbe portato a pensare bene cosa sceglie: l’uomo che amavo o il posto da primario. Ma forse nulla di tutto ciò sarebbe cambiato perché all’epoca ero una giovane donna ambiziosa e nessuno avrebbe potuto fermare quell’irrefrenabile voglio di fare e scoprire, purtroppo quelle scelte hanno condizionato di seguito la mia vecchiaia. Nonostante io abbia raggiunto grandi successi, la mia vita è stata piena fin quando ho avuto la chirurgia, ma quando essa stessa mi ha abbandonato perché i segni dell’età cominciavano a progredire, non mi è rimasto niente a cui aggrapparmi. Nessun uomo è stato capace di tenermi testa, nessuno ha saputo amarmi e fatto sentire speciale se non lui, era l’uomo della mia vita, così è stato per 30 anni e così sarà sempre. Prima che possa rattristarmi nuovamente sento il campanello suonare in modo al quanto insistente, ma la sorpresa arriva non appena apro la porta. 
“Ciao zia, posso entrare?”
“Sì, certo, ma cosa ci fai qui? Non dovresti essere di turno in ospedale?”
“Lo so, lo so”
“ E allora perché non ci sei e cerchi di salvare la vita di qualcuno piuttosto che stare qui a fissare me come un ebete?”
“Ehm… io…”
“Ora iniziamo a parlare a monosillabi?”
“Zia, ti prego non è il momento per sgridarmi. Dovevo essere qui!”
Il suo viso sconvolto attira subito la mia attenzione e so bene che in quel momento non servono parole.
“Ho capito. Vai a sederti in salotto che io mentre  preparo un tazza di te caldo, quello che piace tanto a te, così dopo potrai raccontarmi tutto.”
“Grazie “ riuscì appena ad udire prima di entrare in cucina.
Molte cose potrebbero meravigliarmi, ma questa non è tra quelle perché una sua visita è diventata ormai un’abitudine che continua da tempo immemorabile. Ogni volta che aveva bisogno di parlare o quando aveva solo voglia di chiacchierare un po’  veniva a trovarmi e parlavamo davanti ad una bella tazza di te caldo al gusto di cannella e menta, la sua preferita, assaporando anche i suoi pasticcini preferiti che io preparavo saltuariamente. E beh, quando questo non accadeva perché c’erano chilometri a separarci esisteva sempre Skype. Organizzarci con nostri orari folli non era facile, ma in qualche modo noi riuscivamo a venirne a capo. Ci collegavamo e stavamo a volte anche ore a parlare, mentre tra le mani stringevamo una tazza di te fumante, che non poteva mai mancare. 
“Ecco a te tesoro. Il tuo tè e i pasticcini che ti piacciono, ora calmati e raccontami tutto.”
“Ehm…. Oggi lo zio Owen mi ha chiamato nel suo ufficio e mi ha detto che ho l’occasione, se lo voglio, di poter continuare la specializzazione in traumatologia e chirurgia d’emergenza in Iraq, in un ospedale lontano dalla zona di guerra. Lui ha anche ammesso che non mandano mai gli specializzando in paesi come l’Iraq, ma io sono un’eccezione perché sono un giovane prodigio, ho quella prontezza e la velocità giusta che serve in determinate situazioni, detto anche dal dottor Wood, che raramente si lascia andare a dei complimenti. Mi è stata data quest’opportunità e fin qui nulla da ridire, ne sarei orgogliosa , se non fosse che poco prima di sapere tutto ciò ho accettato la proposta di Liam di andare a vivere insieme.”
Sono novità che mi sorprendono, ma che allo stesso tempo mi fanno essere fiera e orgogliosa di lei perché è sempre riuscita a conciliare entrambe le cose: amore e lavoro proprio come sua madre.
“E tu cosa vorresti sentirti dire da me? Vorresti che ti dicessi di accettare quest’opportunità?”
“Voglio solo sapere cosa devo fare.”
“Tesoro, non posso di certo essere io a prendere questa decisione per te.”
“No, è vero, ma puoi aiutarmi a capire cosa devo scegliere.”
“Stavolta penso proprio che io sono la persona meno adatta a cui dovevi rivolgerti, non posso aiutarti a capire che fare.”
“Ti sbagli, tu sai perché sono venuta da te!”
Sì, certo. So bene perché sono stata io la prima a cui lei abbia pensato, la prima a cui ha deciso di rivolgersi, ma questo compito ha una responsabilità che è troppo perfino per me.
“No. Ti prego Zola, non farlo, non mettermi in questa situazione.”
“Zia, sei l’unica persona che ha rinunciato all’uomo che amava per la carriera, tu più di tutti dovresti capirmi, e solo tu puoi aiutarmi a prendere questa difficile decisione. Non ti sei mai tirata indietro, ti prego non iniziare a farlo adesso, proprio quando ho più bisogno di te.”
“Oh, piccola mia!” e così, nonostante io cercavo, e invano, di rimandare indietro quelle lacrime che premevano tanto per uscire, alla fine non sono stata più in grado di trattenerle e sono scivolate giù, bagnando il mio povero viso.
“Chiedimi tutto quello che vuoi sapere.”
“So che non è facile e non voglio ferirti rivangando il passato, ma io…”
“Ho la corazza dura, anche se sono vecchia e non sembra, quindi non preoccuparti per me e chiedi pure.”
“Ti sei mai pentita della scelta che hai fatto?”
“No, certo che no, almeno fin tanto che ero giovane e avevo la carriera su cui dedicare tutte le mie energie. Solo dopo, con il passare degli anni ho cominciato ad avere la consapevolezza che forse avrei potuto lottare per avere entrambe le cose: l’uomo che amavo e il successo. E quando ho provato a lottare per lui, sai bene quanto me che lui si era già risposato, era finita, non potevo più fare nulla, non potevo più provare a riaverlo.”
“Mi stai forse dicendo di scegliere l’amore piuttosto che la mia carriera?”
“No, ti sto semplicemente dicendo di essere sicura di non poter avere entrambe le cose. Ne hai parlato con Liam?”
“No, non potevo farlo perché devo prima capire cosa voglio senza lasciare che qualcuno influenzi la mia decisione.”
“Io quel giorno ho scelto me stessa, nonostante lui più volte mi aveva chiesto di restare io ho preso quella decisione da sola, senza chiedermi mai se lui avesse voluto seguirmi. Sono stata io che ha scelto per entrambi, se forse mi fossi fermata qualche minuto in più a pensare, o se avessi dato la possibilità anche a lui di dire la sua e scegliere insieme, beh, forse non mi sarei ritrovata qui e sola. 
“Ma con il tempo è mai passato quel senso di vuoto che hai provato una volta che hai capito di averlo perso per sempre?”
“No. Bambina mia. Non posso dire che con il tempo passa, perché non è vero, non passa mai. E’ solo che ci si abitua a convivere con quel dolore, con l’idea della sua assenza. Arriva un momento, una mattina, che ti alzi, ti vesti ed esci…  e allora che senti che la vita continua, che è più forte e che, bene o male, tu ci sei dentro. Solo allora riprendi il respiro e ricominci a camminare con la tua ferita appena chiusa.”
“E perché se hai provato e provi ancora tutt’ora questo dolore pur amandolo non hai cercato zio Owen quando sua moglie è morta?”
“E’ molto più complicato di così, non potevo rientrare nella sulla vita come se niente fosse successo, perché qualcosa era successo. Io me ne ero andata dalla sua vita e ho perso ogni diritto su di lui il momento stesso che ho varcato le porte di quell’ospedale. Non avevo nessun diritto di minare il suo dolore e il ricordo di lei.”
“Lui ti ama ancora, nonostante abbia amato anche le, tu eri la sua persona così come tu sei la persona di mamma e questo è un legame che nemmeno il tempo potrà mai scalfire. Zia tu credi nel destino?”
“Forse, a volte, sì. Perché mai questa domanda?”
“Sai il destino è una cosa strana, ti fa incontrare persone per poi fartele perdere, ma una cosa è certa; niente finisce davvero per sempre. Tu hai ancora una possibilità con lui, non sprecala, perché non è detto che questo ti ricapiti ancora una seconda volta.” 
“ Penso che ormai il mio destino abbia fatto il suo decorso, ma…”
“No, zia.. una volta qualcuno mi ha detto << L’esperienza non è ciò che accade, ma ciò che noi faccio di quello che ci accade>>” 
“Chi te l’ha detto?”
“ Sei stata tu!”  mi risponde lei orgogliosa e fiera.
“Tante volte ci aspettiamo troppo dal destino, ma il suo compito è solo quello di fornirci delle occasioni, poi toccherà a noi, e soltanto a noi, prenderle o lasciarle. Rifletti bene sulla scelta che farai e non appena l’avrai presa poniti la domanda se quella stessa scelta tra 20-30 anni la rimpiangerai, se così non sarà allora saprai di aver preso la decisione giusta. E’ importante però che tu abbia il coraggio di seguire il tuo cuore e la ragione perché esse in qualche modo sapranno cosa realmente vuoi diventare e avere.”
“Ora voglio essere io a darti un consiglio.  Non lasciare che la paura di ritornare a vivere, nonostante la tua età ti impedisca di essere nuovamente felice. Non è mai troppo tardi per avere quello che avresti sempre voluto perché… perché l’amore è senza tempo.”
Quand’è che la piccola Zola è cresciuta ed è diventata una donna così saggia? Questi discorsi detti da lei hanno il potere di sorprendermi ogni volta. Rivivere la mia storia, il mio grande amore con Owen è stato duro e difficile, quindi Zola prima di andare via mi ha strapazzato un po’ di coccole ricordandomi che tutto è possibile se solo lo vogliamo.  Molte volte si agisce in un certo modo perché a quell’età corrisponde quella maniera di comportarsi, ma altre volte bisognerebbe mettere da parte quella maturità acquisita e provare a “rinascere”. Il tempo passa, su questo non c’è dubbio, e con esso svanisce anche l’opportunità di fare diverse esperienze e prendere altre decisioni che crescendo non si avrà più il coraggio di fare. Si avrà il rimorso di non averlo fatto prima e questo rimorso ci potrà portare ad esprimere modi di dire come “Carpe diem” a persone più giovani di noi così come io ho appena fatto, e così come io ho visto fare a persone più grandi di me.  Credo che in fondo a questa espressione ci sia un senso di rammarico per qualcosa che si è persa del tutto, ma…io l’ho davvero persa, ho davvero perso per sempre la mia occasione con Owen?









Spazio d’autrice:
Beh, intanto prima di iniziare a dire altro mi scuso per questa storia, perché non mi convince molto nonostante io ci abbia messo il meglio di me e spero ovviamente di non ricevere uova o qualsiasi altro ortaggio in testa XD. 
Ora passiamo a chiarire alcuni particolari della storia che forse non sono abbastanza chiari, anche se io ovviamente spero che lo siano soprattutto per chi non segue la serie tv, perché  ho cercato di non entrare nello specifico della serie per rendere la storia comprensibile a tutti.
Ho pensato di  dare alla protagonista ,ovvero a Zola l’età di circa 25 – 26 anni, e come si usa fare in America sta facendo il suo praticando in chirurgia come a sua volta aveva fatto sua madre; la seconda protagonista ,ovvero Cristina, ha invece circa 60 anni. So che dovevo scrivere la storia di un’anziana/o è così ho fatto; ho deciso di avere due co-protagoniste per la mia storia,in questo caso zia e nipote, e penso che questo mi abbia aiutato un po’ di più nello spiegare i rimpianti dell’anziana.
Non so che altro dire perché davvero spero che sia tutto chiaro, mi spiace solo di aver dovuto dividere la storia in due capitoli, anche se questo non era la mia intenzione. Ero partita con una OS, ma man mano che scrivevo ho dovuto dividerla e mi scuso per questo, con la speranza di non risultare noiosa o ripetitiva.
Buona lettura a tutti, spero che vi piaccia *_*

P.S. Per questa storia sono davvero tante le persone da ringraziare, perché ognuno di esse ha fatto sì, che questo si trasformasse da idee a una storia concreta. Prima di tutto ringrazio mia sorella perché lei per prima mi ha aiutato a sviluppare la storia, per cui le sono molto grata e, non posso dimenticare di tutte quelle persone che mi hanno supportato e soprattutto sopportato tra cui Alice, Marianna, Viviana. Grazie ragazze, se la storia è andata in porta è grazie a voi.
   
 
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