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Autore: thesoulofthewind    12/05/2015    3 recensioni
dal testo:
< Grandi occhi marroni, quasi neri.
Percy si sentì come se avesse appena preso un pugno nello stomaco.>
Nico Di Angelo è sempre stato un ragazzo normale fin che una tragedia famigliare non lo porterà a chiudersi in se stesso. Ora, dopo un mese dall'accaduto è pronto ad affrontare tutto a denti stretti.
Forse, stavolta non da solo.
Pernico.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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PROLOGO
Nico non era ancora abituato a questo genere di cose. Alle gite di famiglia, al stare tutti apparentemente felici chiusi in una baita di montagna, con sua madre che si impegnava al massimo per rendere felice Ade, il suo cupo marito, e far fare qualcosa di diverso ai figli, sempre stipati nelle proprie stanze a navigare in internet. Non poteva dire che la cosa gli dava fastidio, però. Si era davvero rilassato e aveva potuto vedere il padre sorridere, in certe occasioni, quando credeva che nessuno se ne sarebbe accorto. Aveva inoltre avuto la possibilità di legare ancora di più con la sorella Bianca. Erano sempre stati molto legati, anche se lei era più grande di qualche anno erano sempre stati l’uno per l’altro una figura importante nella quotidianità.
23:25 p.m.
Nico pensava a tutto questo mentre fissava l’asfalto umido e scuro attraverso il finestrino della piccola auto guidata dal padre, che sfrecciava a quell’ora della notte in ritorno verso casa. Gli alberi sopra di loro che ombravano la strada erano segno che la città era parecchio lontana, e, a giudicare dai finestrini appannati doveva esserci davvero freddo fuori. Nico rabbrividì, per poi girarsi verso la sorella che canticchiava con le cuffiette a tutto volume nelle orecchie. Sorrise. Era bello vederla serena come sempre. Sua madre stava dormendo sul sedile del passeggero, mentre Ade fissava imperturbabile l’asfalto davanti a se.
23:40 p.m.
Spontaneamente iniziò a navigare con la mente e pensare  a discorsi disconnessi come l’anime che aveva visto la sera prima o il video della sua canzone preferita, mentre fissava l’asfalto, finche non si trovò a fare pensieri senza capo ne coda pure su di esso.
 ‘è cosi nero da parere una cosa quasi spaventosa, se la fissi troppo.’
‘chissà quante auto sono passate di qui. Un numero inconcepibile.’
‘da la sensazione di non finire mai.’
‘mi piace questo senso di “andare” mi fa sentire parte di qualcosa..’
1:00 p.m.
E mentre rifletteva, gli sorse un’altra domanda.
‘perché Papà impreca in quel modo? Perché Bianca sveglia Mamma e urla?’
Domanda che ne seguì subito un’altra.
‘perché quell’auto va dritta verso di noi?’
 
 
Quello che seguì dopo fu un forte colpo, un urlo strozzato, un rumore e poi il silenzio, accompagnato dell’odore acre del sangue che appestava le narici di Nico. Le gambe sembravano essersi sciolte. Nico non capiva, Nico era un ragazzino di quindici anni in preda alla confusione, ad un dolore atroce al torace e il freddo asfalto a contatto col proprio viso, al di fuori dell’auto che ora emetteva fumo all’angolo dello stradone. Aprì debolmente gli occhi, una ciocca di capelli corvini che ricadeva sul viso.
Bianca, sdraiata accanto a lui raggrinzita in posizione fetale.
Se avesse avuto la forza, avrebbe urlato.
E  Maria? Dov’era sua madre? E suo padre?
Avvertì un violento colpo di mal di testa e  notò che il suo corpo era in preda ad un attacco di convulsioni.
Piccole macchie nere iniziarono a comparire ai suoi occhi, finche capì che la vista gli si stava appannando. Fece per lasciarsi andare, ma non prima di scorgere in lontananza un SUV nero che se ne andava, un vecchio accasciato sul sedile del passeggero, e un viso che indossava una maschera di disumana freddezza sul volto di un ragazzo troppo giovane per un’espressione tale.
Svenne.
 
 
∞ ∞ ∞
Percy non era mai stato così arrabbiato e combattuto in tutta la sua vita. La freddezza e la sicurezza di poco prima sembravano essere sparite.
L’unica certezza che aveva ora era l’immagine delle proprie mani che tremanti stringevano il volante. Aveva solo ricordi confusi dei minuti che erano accorsi poco prima.
Ricordava il patrigno Gabe schifosamente ubriaco al volante, che imprecava senza un motivo particolare mentre andavano verso casa. Percy sapeva che l’odioso patrigno era ubriaco, e aveva tentato di farsi dare il comando dell’auto, ma  di rimando si era preso uno schiaffo in pieno volto.
Non riusciva a spiegarsi cosa gli fosse saltato in mente. Quando aveva capito cosa era successo, senza esitazioni, aveva preso il posto del guidatore ed era corso via, senza neppure degnare di uno sguardo quei copri che giacevano sull’asfalto. Ricordava solo la sensazione di essere osservato da un paio di occhi.
Era vero che la loro situazione era gravemente disagiata, che se fossero finiti nei guai avrebbero perso tutto, e allora gli sforzi che finora sua madre aveva fatto sarebbero stati vani. Perché sua madre, dopo la morte del primo marito Poseidone, aveva fatto mille e più sacrifici per mandarlo a scuola, mangiare, avere una casa… perfino stare con un uomo così orribile come Gabe, solo per lui. Perché  quel riccone poteva mantenerli. E se Gabe, -che già non godeva di un ottima fama con la polizia americana- fosse finito in carcere, sarebbe andato tutto in frantumi.
Lanciò un occhiata al uomo che gli ronfava accanto. ‘disgustoso’ pensò.
Poi afferrò la borraccia di tequila dal cruscotto, ne bevve un sorso e la rimise a posto.
Continuò a guidare, intuendo che non lo avrebbe fatto  per un bel po’.

 
   
 
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