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Autore: Karrina    02/01/2009    4 recensioni
La serata del prom 1x22, chi non ha pianto per qugli ultimi istanti dopo l'aggressione di Justin? Chi non ha provato rabbia verso Criss Hobbs che ha rovinato una serata perfetta? I sentimenti e le emozioni che penso abbiano provato i protagonisti di questo sogno trasformato in incubo a causa dell'omofobia.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SETA BIANCA SANGUE ROSSO

Titolo: Seta bianca, sangue rosso
Autrice: Karrina
Timeline: gapfiller dell’episodio 1x22
Capitoli: 1/1
Rating: R
Beta: Sunshine
Disclaimer: Brian e Justin non mi appartengono, li ho presi in prestito, ma senza fini di lucro.
Sommario: La serata del prom… chi non ha pianto per quegli ultimi istanti, dopo l'aggressione di Justin? Chi non ha provato rabbia verso Chris Hobbs, che ha rovinato una serata perfetta? Ho provato ad immaginare i sentimenti e le emozioni, che penso abbiano provato i protagonisti di questo sogno, trasformato in incubo a causa dell'omofobia.



Michael sentì il cellulare suonare nella tasca della giacca… Brian. Un solo attimo d'indecisione e prese la chiamata. Riuscì a fare solo un paio di passi lungo il corridoio che lo portava all’aereo, prima che la voce sconvolta del suo miglior amico lo trasformasse in una statua di pietra.
- Michael… sono in un’ambulanza… hanno aggredito Justin… l'hanno colpito alla testa con una mazza da baseball... non riprende conoscenza... ti prego Michael...
- Che ospedale?
- Saint Mary.
- ...arrivo.
Chiuse la chiamata, dagli oblò del corridoio vedeva le luci di posizione dell'aereo sul quale David lo stava aspettando. Portland avrebbe dovuto aspettare.
Raccolse il suo borsone e, sotto lo sguardo stupito della hostess, tornò sui suoi passi correndo.
Fuori dell’aeroporto salì sul primo taxi e, tendendo un centone all’autista, gli disse di sbrigarsi.

Dopo la breve telefonata a Michael, Brian fu circondato dal silenzio ovattato dell’ambulanza, non sentiva più nemmeno la sirena. L'unica cosa che riusciva a vedere era il viso di Justin, le sue ciocche bionde sporche di sangue e la benda che i paramedici avevano applicato sulla ferita. Non sentiva nemmeno le frasi di circostanza dell'uomo che, seduto accanto a lui, stava facendo tutto il possibile per far arrivare vivo in ospedale il suo raggio di sole.
- Non morire... ti prego non morire.
Fra le mani aveva la sciarpa di seta bianca macchiata del suo sangue. Se Justin fosse morto, sarebbe stata solo colpa sua!
Non avrebbe mai dovuto presentarsi a quel ballo.
Justin si era fidato di Brian e lui non era riuscito a proteggerlo.
Brian si rese conto che il veicolo si era fermato solo quando lo sportello posteriore dell'ambulanza si aprì.
Come legato da una corda invisibile, si mosse appena la barella fu spostata.
Un’infermiera con la mascherina lo bloccò all’ingresso della sala operatoria, posandogli una mano sul petto.
- Non può entrare.
- Ce la farà?
Ma l'infermiera non rispose, da sotto la mascherina non proveniva alcun suono.
La porta si richiuse, nascondendo al suo sguardo l'équipe medica che si occupava di Justin.
Il corridoio era vuoto, il bianco dei muri aveva qualcosa di desolante.
Brian decise di sedersi, sentiva che le sue gambe stavano cedendo. Lo sguardo tornò alla porta chiusa.
Odore di sangue… ne ha le mani e i vestiti grondanti.
Si passò la sciarpa attorno al collo.
Perchè Dio permetteva che accadessero queste cose? Justin aveva ancora tutta la vita davanti.
Sentì una mano passargli dietro il collo in una carezza di conforto, ma quando era arrivato Michael?
Brividi percorrono le braccia e la schiena di Brian.
"E' tutta colpa mia" si ripeteva ossessivamente.

Michael si era fatto indicare la sala d'attesa per gli interventi, ma Brian non c'era. Gli ci vollero quasi cinque minuti per trovare il corridoio del pronto soccorso e, finalmente, vide Brian davanti alla porta della sala operatoria. Non aveva mai visto Brian ridotto così… fragile... spaventato.


Justin è riuscito dove io, per ben quindici anni, ho fallito: è arrivato al tuo cuore. Ma per farlo è stato quasi ammazzato e, dalla tua espressione, ho paura che, se morisse, ti trascinerebbe con sé.
Mi siedo al tuo fianco, non sembri nemmeno renderti conto della mia presenza. Sei in evidente stato di shock, non ti sei nemmeno pulito dal sangue… ne hai dappertutto… ora sono spaventato anch'io.
Ho paura persino di toccarti. Sono la persona che ti conosce meglio al mondo eppure adesso ho il terrore di dire qualunque cosa, perchè non voglio vederti crollare a pezzi.
E' la prima volta che io sono il più forte fra i due e ne sono terrorizzato. Ma tu come fai?
Mi guardo intorno, forse dovrei chiamare un medico, hai bisogno di sapere come sta Justin.
Se ripenso all'ultima volta in cui siamo stati qui... quando è nato tuo figlio, la sera che hai incontrato Justin.
Qui è iniziato tutto. Spero che non sia qui che finirà.

Passarono alcune ore, Michael avvisò Jennifer, la madre di Justin, poi chiamò i ragazzi ed infine sua madre, promettendole che l'avrebbe informata non appena avesse saputo qualcosa. Lasciò anche un messaggio sulla segreteria del cellulare di David, spiegandogli che non sarebbe potuto partire per Portland, fino a quando Justin non fosse stato fuori pericolo.
- Micheal!
Michael vide Jennifer correre dal parcheggio verso l’ingresso dell’ospedale.
- Signora Taylor!
Si abbracciarono. Jennifer aveva gli occhi gonfi e rossi e il respiro accelerato.
- Dov'è Justin? Come sta il mio bambino?
- E' ancora in sala operatoria, non sappiamo ancora nulla...
Jennifer si coprì la bocca con la mano tentando di trattenere una nuova crisi di pianto.
- L'accompagno.
In accettazione la madre di Justin dovette compilare pile e pile di moduli per l'assicurazione sanitaria. Le tremava la mano, mentre scriveva, mentre malediva silenziosamente la burocrazia sanitaria americana.
- Adesso mi volete dire come sta mio figlio?
Aggredì la ragazza dell'amministrazione, ma lei doveva aver già avuto parecchie esperienze con parenti addolorati in piena crisi isterica, perchè non fece una piega… anzi, con voce gentile ed educata, disse loro che appena i dottori avessero avuto qualcosa da dire glielo avrebbe comunicato.
Aria fritta dunque.

Brian sentì dei passi lungo il corridoio. Nessun medico, solo Michael con la madre di Justin.
I loro occhi si incontrarono. Negli occhi chiari della donna lesse la condanna: era colpa sua se Justin era stato aggredito.
Poteva stare peggio? Credeva di no, e invece scoprì che respirare era diventata un'agonia. Si sentiva soffocare.
Brian riprese a guardare il pavimento, non riuscendo a sopportare un secondo di più lo sguardo accusatore di una madre.
- Esco a fumare una sigaretta.
Una sigaretta divenne un pacchetto intero. I mozziconi riempivano la sabbia del posacenere.
Avesse avuto uno spinello avrebbe fumato anche quello.
- Brian!
La voce del suo migliore amico lo riscosse dal limbo in cui era caduta la sua mente.
Si avvicinava con il sorriso sulle labbra e le lacrime agli occhi.
- Se la caverà, i medici lo hanno stabilizzato! Mi hai sentito? Justin è vivo!
Si abbracciarono e Brian lo strinse a sé con forza.
- Se la caverà! Se la caverà...
Alcune lacrime gli rigarono le guance, il sollievo lo invase, incapace però di cancellare del tutto l'ansia e la paura.
Si rese conto che dentro di sé qualcosa si era rotto, quella sera qualcosa era sfuggito al suo controllo, cambiandolo contro la sua volontà.
  
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