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Autore: FaridaLeila    13/05/2015    2 recensioni
“Se ciò che io dico risuona in te, è semplicemente perché siamo entrambi rami di uno stesso albero.”
(W. Butler Yeats)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Se ciò che io dico risuona in te, è semplicemente perché siamo entrambi rami di uno stesso albero.” 
(W. Butler Yeats)

                                                                                                                                                          A Mami.



La stradina congestionata da coorti di passanti distratti profumava come al solito.
Quell’odore, ma sottile, di case aperte e gente antica che si mescola agli aromi salati della pizza fritta e dello smog.
Camminava lentamente, come pochissime volte camminando lì, un po’ per la moltitudine paralizzante di tipi umani che costeggiavano l’aria, un po’ perché quella mattina si sentiva stranamente pesante.
Come se una zavorra alle caviglie le imponesse di mettere, piano, un piede dopo l’altro.
Come se l’asfalto l’attirasse a sé per impedirle di correre.
Senza il giogo della fretta, respirò il sapore di quella città che aveva imparato a sentire sotto la pelle.
Decisa a sfuggire all’orda dei tumulti allegri ma chiassosi, virò verso sinistra e dopo entrò. Fatti più passi di quanti credeva necessari, finalmente le maioliche spruzzanti di colori d’estate le si pararono davanti, riscaldandole un sorriso tenerissimo.
Si sedette e piano, respirò.
Riaprì gli occhi, cullata da un refolo caldo e morbido, mentre raggi del sole molli la intiepidivano. Davanti e tutto intorno, si stagliava delineandosi perfettamente e occupando spazio fino a che gli occhi consentivano, il panorama più bello che questo  mondo abbia da offrire.
Più di tutto, trovava impressionante e magnifica quella linea netta di confine che però non divideva, quanto anzi univa, terra bruna e mare. Le onde e gli agglomerati di case tenuti assieme dal gigante buono dalle punte arrotondate che  prende per mano la città accocolandola sulla sabbia, fino alle acque calde del golfo.
Cominciava a sentire di poter restare così, ferma a guardare, per sempre.
Cominciava a sentire di non aver bisogno più di nulla.
..cominciava a sentire anche un forte odore di dopobarba che con le vedute poetiche ci entrava poco, ma che tuttavia stranamente non la infastidiva.
Si voltò calma e scorse quello che a occhio e croce si poteva dire un esemplare maschio di razza umana. Il fatto che profumasse era un gran punto a suo favore. Si scoprì a sorridere, osservandolo mentre leggeva assorto con facce contrite Le metamorfosi del caro Kafka.
- Io preferisco quelle di Ovidio.. – si accorse tardi di aver dato voce alta a quel pensiero, alta sufficientemente perché lo straniero odoroso si voltasse, a metà tra lo spaesato e il sorpreso, fino a quando trovò il viso, ora visibilmente arrossato, di lei.
- Io no. -
Rispose calmo il viandante dell’acqua di colonia, laconico ma visibilmente divertito, e con un sorriso condiscendente.
- Perdonami, non..non volevo interromperti. Ho pensato ad alta voce, non mi succede spesso.. -
E nel frattempo il viso bruciava e non per il sole.
Dal canto suo, lui irruppe in una sottile risatina che le fece desiderare con tutto il cuore di sparire.
- Non importa. Hai ragione, è un peccato avere gli occhi impegnati a leggere, con un panorama così.. -
Era riuscito a fugarle le agitazioni causate dall’imbarazzo con poche scelte parole, e, mentre le sorrideva fiducioso, lei gli sorrise di rimando.
- Sì.. è assolutamente meraviglioso. -
Restarono pochi secondi in silenzio immersi nello scenario, lei poggiata alla balaustra di roccia, lui seduto scompostamente poco lontano su uno spuntone di una alcova.
- Perché preferisci Ovidio? -
Quella domanda, o meglio la sua voce dopo quel silenzio carico, la sorprese. Non pensava di dover intavolare un dialogo, meno che mai un dialogo impegnato, con un profumato e gentile lettore di Kafka.
Neanche a dirlo, il cuore cominciò a caricarsi di battiti snaturati e il respiro le si fece pesante. Si chiese rassegnata perché accidenti ogni volta che un’emozione la catturasse, dovesse poi anche imprigionarla in una imbarazzata goffaggine.
La stava ancora osservando speranzoso, evidentemente si aspettava davvero una risposta.
Non le restava che raccattare quel coraggio che galleggiava nel suo mare dentro, fatto di milioni di storie, lette o immaginate, e amate fino a prosciugarsi.
Rispose allora sull’onda della trepidazione, quasi di getto.
- Per la stravaganza dei mondi mitici, i mille significati dietro ogni storia e per l’amore. La passione di vivere e di cambiare. Come Napoli! -  Concluse, in un impeto che terminò con un sorriso sereno.
Lui continuò a guardarla, serio, fino a quando si aprì in un ghigno ma gentile.
- E come Kafka! - ..piacere, Federico. Se preferisci, puoi chiamarmi Fred. – Le allungò una mano vigorosa, in attesa di una stretta cordiale che lei non pensò minimamente di disattendere.
 Si trovarono così sorridenti e mano nella mano, a guardarsi come due bambini che scoprono una nuova amicizia per la prima volta.
-
Rimase sola dopo che fu andato via, raccattando le sue cose disordinate e augurandosi di rivederla, con una mano tra i capelli e l’altra che reggeva un panierino di sigarette, abbonamenti per il tram e libri sparsi.
Ripensò così a quel breve incontro e, per la prima volta in tutta la sua vita, non si sentì minacciata da alcuna malinconia ma quasi in uno stato di grazia, che la sospinse verso una tenera e disincantata felicità, accompagnata dal soffio mite della città sorniona che non smetteva di brulicare sotto i suoi occhi.   
  
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