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Autore: KymLYCANTHROPE    02/01/2009    7 recensioni
Tom Kaulitz era il chitarrista di una delle band più famose al momento: i Tokio Hotel. Diciotto anni appena compiuti e una già affermata carriera di playboy sulle spalle. Poi un giorno, Roxy, una dolce sedicenne dagli occhi azzurri e i capelli neri come la pece, era piombata nella sua vita [...]. Cinque mesi dopo si erano ritrovati a condividere lo stesso appartamento. Poi, quando la loro relazione aveva raggiunto ormai gli 8 mesi e mezzo, qualcosa andò storto. Qualcosa di nascosto, qualcosa di irreparabile, nella mente di Roxy. E tutto andò a pezzi quando lei ebbe la sua prima crisi nervosa [...]. Tom rimase lì sul letto tutto il pomeriggio, a torturarsi tra mille pensieri; una grande e dura consapevolezza stava crescendo e prendendo piede con incredibile velocità dentro di sé: la sua vita stava cambiando, e questa volta per sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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He woke up from dreaming and put on his shoes,
Started making his way past 2 in the morning:
He hasn't been sober for days.
(Remembering Sunday – All Time Low)



Tom prese tra le braccia Cassie, che aveva iniziato a piangere nel suo letto.
“C'erano le persone cattive...”, frignò la piccola, stringendosi al suo petto.
“Su, piccola, non piangere.”, le sussurrò, cullandola con un braccio mentre con l'altra mano le accarezzava la fronte. “E' solo un brutto sogno. Non vorrai svegliare la mamma.”, disse Tom, ma pronunciando quelle parole il suo viso assunse una strana smorfia. Afferrò un pupazzo di peluche e lo mise nel letto accanto alla piccola, che si tranquillizzò. Tom attese pazientemente una decina di minuti che si riaddormentasse, poi sospirò sollevato. “Spero solo che Roxy non si sia svegliata.”, disse tra sé e sé.
“Tom...”, la voce incrinata di Roxy giunse alle orecchie di Tom in un secondo, inquietante come al solito, e lui si raggelò voltandosi verso di lei. “La bambina piangeva, l'ho sentita piangere!”, continuò la ragazza, stringendo convulsamente i pugni. Tom le si avvicinò lentamente, a passi misurati.
“Roxy io... mi dispiace che ti abbia svegliata...”
“Dovevi chiamarmi!”, ringhiò la ragazza. “Non lo sopporto! Non sopporto che non mi chiami!”, Tom le prese i polsi con una mano e le posò delicatamente l'altra sulle labbra.
“Roxanne, non urlare, la sveglierai di nuovo.”, sussurrò, spingendola lontano dalla soglia della porta. La mora gli morse la mano che gli posava sulla bocca e il rasta la ritirò velocemente.
“E' la mia bambina! Io devo cullarla! È mia!”, urlò, divincolandosi dalla presa del biondino.
“Roxy! Fai silenzio!”, Tom la spinse con maggiore forza lontana dalla camera e appena furono pochi centimetri oltre la porta la chiuse velocemente a chiave.
“E' mia! Mia! Non lo sopporto! Non sopporto che tu non mi chiami!”, la ragazza di raggomitolò a terra, con la schiena contro il muro, iniziando a piangere a urlare.
“Roxanne, per piacere...”, Tom le si inginocchiò accanto, scostandole i capelli dal viso, ma lei si spostò più in là con un movimento brusco.
“Non toccarmi! Non devi toccarmi! Non lo sopporto!”, Tom la lasciò andare mentre lei si raggomitolava contro la porta del bagno continuando a piangere e facendo piccoli movimenti convulsi. Il rasta andò in cucina e aprì l'armadietto dove tenevano gli innumerevoli farmaci per Roxy. Prese i soliti tranquillanti e le si avvicinò lentamente.
“Roxy?”, la chiamò. Lei si girò verso di lui mostrando il viso bagnato dalle lacrime. I capelli nerissimi le si erano incollati al viso umido. Tom le si avvicinò le sollevò la chioma corvina avvicinandole la pillola alle labbra. “Fallo per me.”, mormorò, come tutte le volte. Lei scosse la testa e affondò le unghie nella mano del rasta che socchiuse le palpebre sotto al dolore. “Ehy, piccola, su sono qui. Lasciami la mano.”, lei scosse il capo e strinse con più forza. Tom si morse il labbro inferiore mentre la ragazza lo graffiava. Inspirò e rimase in attesa. Lei posò la fronte sulle ginocchia e avvicinò la mano di Tom a sé con uno strattone, ma senza allentare la presa. “Roxy? Roxanne?”, il rasta la chiamò dolcemente ancora una volta. Lei sollevò di scatto il viso verso di lui, guardandolo con i suoi grandi occhioni blu come il ghiaccio. “Piccola, fallo per me. Per favore...”, l'ultima parola si spezzò quando Roxy affondò maggiormente le unghie nella sua pelle. Lei di colpo mollò la presa ma Tom non ritrasse la mano, sapendo che altrimenti lei la avrebbe afferrata di nuovo e vi avrebbe conficcato ancora le unghie. Roxanne aveva iniziato a tremare. “Tesoro, prendi la pillola. Ti farà star meglio, dai.” lei scosse il capo e la sua mano saettò verso quella di Tom che stavolta la ritrasse velocemente. “Prendila, Roxy!”, insistette il rasta. Lei colpì con il palmo della mano a terra e lui le si avvicinò cautamente. “Dai cucciola, per me.”, calcò maggiormente l'ultima parola e lei sollevò lentamente il viso. Annuì meccanicamente e Tom avvicinò la pillola alle sue labbra, che lei dischiuse appena, ingerendola controvoglia. Il biondo prese la spazzola dal mobile e le pettinò lentamente i capelli, sapeva che era una cosa che la faceva tranquillizzare. Lei socchiuse lentamente gli occhi e si avvicinò al rasta, accucciandosi tra le sue braccia. Lui la sollevò da terra e la riportò al piano di sopra, deponendola nel letto, ormai addormentata.
Attese circa mezz'ora accanto al letto per essere certo che dormisse, poi scese al piano inferiore e afferrò il cordless, stravaccandosi sul divano. Compose un numero e qualche squillo dopo una voce assonnata rispose.
“Pronto?”, mugugnò Bill, dall'altro capo della cornetta.
“Bill.”, Tom mormorò il suo nome con un filo di voce, massaggiandosi le tempie. La voce del moretto scattò subito, tornando vispa.
“Tom, tutto apposto? È per Roxy? Ha avuto un'altra crisi? Devo venire?”, Tom mormorò un “si” e poi un “no”. Rimasero entrambi in silenzio per circa un minuto, il rasta doveva riordinare le idee.
“La bambina ha iniziato a piangere e io non ho svegliato Roxy. Ci ho pensato io, ma lei l'ha sentita piangere ed è scesa di sotto. Le è venuta un'altra crisi ma sono riuscito a darle i tranquillanti in tempo. Le ho pettinato i capelli e dopo si è addormentata.”, disse il rasta, con voce flebile. Bill rimase in silenzio per qualche breve attimo, Tom lo sentì solo sospirare.
“Ti ha graffiato di nuovo il viso?”, mormorò Bill.
“No, solo la mano.”, disse Tom, osservandosi le dita graffiate e spellate e passandosi una mano sulla guancia su cui vi era un lungo graffio provocato qualche settimana prima dalla ragazza.
“Tom devi fare qualcosa, è il momento ormai.”
“Fare qualcosa... si, ma cosa? Sai che non posso portarla in un'ospedale psichiatrico, e non posso nemmeno lasciarla. Non ha nessuno... e poi io... io la amo, lo sai.”, rispose, con voce così bassa che Bill si stupì di esser riuscito a sentirlo.
“Tom io so che ti ferisce sentirtelo ripetere tutte le volte ma... Roxy è pazza. Come puoi amare una pazza? Una che ha continue crisi isteriche? Che non ha più una sua personalità?”, Tom tremò a quelle parole.
“Non so come faccio, ma devo tenerla con me.”
“Io ti ho avvertito. Buonanotte Tom.”, Il moretto riattaccò e Tom si accucciò sul divano. Non avrebbe abbandonato Roxy, no, mai. Poteva far tutto ma non abbandonarla. E ce l'avrebbe fatta a guarirla, con o senza l'aiuto di suo fratello. Ma ce l'avrebbe fatta.

***

Tom Kaulitz era il chitarrista di una delle band più famose al momento: i Tokio Hotel. Diciotto anni e una già affermata carriera di playboy sulle spalle. Poi un giorno, Roxy, una dolce sedicenne dagli occhi azzurri e i capelli neri come la pece, era piombata nella sua vita. Lei lavorava nel bar sotto il loro studio, e un giorno era salita a portargli i caffè che avevano ordinato. Tra lei e Tom c'era stato un veloce gioco di sguardi, poi qualcosa di simile ad un sorriso un po' imbarazzato e nient'altro. Lui alla fine era riuscito ad incontrarla mentre lei chiudeva il bar diretta a tornare a casa.
“Ciao.”, lei era sobbalzata.
“Tom! Sei tu. Mi hai fatto paura.”, aveva detto, osservandolo con i suoi occhi color ghiaccio.
“Senti... mi stavo chiedendo... stasera... hai da fare?”, la moretta aveva corrugato la fronte e poi sollevato un sopracciglio.
“Perché?”
“Volevo sapere se... ti andava di... venire a cena fuori... con me, intendo”, lei era rimasta sorpresa, ma poi la sua espressione era diventata desolata.
“Mi dispiace, mi piacerebbe ma ho da fare.”, aveva risposto, piuttosto evasiva. “Bé, ci si vede.”, aveva sorriso e tirato dritto, lontano da lui.
“Roxy!”, Tom l'aveva chiamata e le era corso dietro. “E domani?”, lei aveva scosso il capo. “Dopodomani?”, lei si era stretta nelle spalle con un'espressione di scuse. “E allora dimmelo tu quando sei libera!”
“Mai, credo.”, Tom aveva chinato il capo, tutto si era fatto chiaro.
“Ho capito. Hai già il ragazzo. Va bé, fa niente. Buonanotte, Roxanne.”, se ne stava andando quando lei lo chiamò.
“Tom!”, lui si voltò. “Io... non ce l'ho il ragazzo. Ma mi piacerebbe venire a cena con te... domani. Però... con me ci sarà una... persona.”, aveva balbettato lei. Il viso del rasta si era illuminato.
“Davvero? Verrai a cena con me?”, lei annuì vigorosamente con un cenno del capo. “A domani, allora! Ci vediamo al Ritz alle 20, puntuale mi raccomando!”, le aveva fatto l'occhiolino ed era andato via. Roxanne aveva sospirato e si era incamminata verso casa. La sera successiva Tom non sarebbe stato entusiasta de “l'altra persona”.

***

Roxy prese la circolare per andare al Ritz. Quando entrò dentro Tom era già al loro tavolo. Si voltò verso di lei con un gran sorriso che immediatamente sparì quando il suo sguardo scese sul passeggino che la ragazza aveva con sé. Lei aveva abbassato lo sguardo ed era andata al loro tavolo. Tom aveva allungato l'occhio verso l'involucro di copertine rosa. “E'... carina.”, aveva mormorato. Roxanne aveva annuito e le aveva sistemato le lenzuola sopra. La bambina aveva allungato le manine rosee e paffute verso il rasta, emettendo piccoli rantoli e sorridendo. Tom aveva abbozzato un sorriso che ricordava vagamente una smorfia “E' la tua sorellina?”, aveva chiesto, lanciando una veloce occhiata a Roxy. Lei aveva scosso il capo. “Allora è tua cugina?”, Roxanne si torturava le mani, ancora in piedi.
“Veramente... è mia figlia.”, Tom aveva distolto gli occhi dalla bambina e il suo sguardo era saettato su Roxy. Impossibile! La mora non poteva avere più di sedici anni!
“Tua figlia?!”, era rimasto impietrito. “Roxanne, quanti anni hai?!”, Tom era scioccato.
“Sedici.”, aveva risposto lei. “Ho partorito l'anno scorso, e quando i miei hanno saputo della mia gravidanza mi hanno cacciato di casa. Vivo con mia nonna, ma è molto malata... mi occupo di lei, della bambina e lavoro al bar sotto al vostro studio per guadagnare qualcosa... tiro avanti insomma.”
“E i tuoi genitori? Non hanno pensato a volerti riavere con loro?”
“No, per loro sono una vergogna.”, si lasciò cadere amaramente sulla sedia, posando una mano sotto al mento.
“Mi dispiace, sul serio.”, Tom si voltò verso la bambina, osservandola e sorridendo. “Come si chiama?”.
“Cassie.”
“...Cassie...”, aveva ripetuto il rasta, sfiorando le piccole manine della bimba.

***

Cinque mesi dopo si erano ritrovati a condividere lo stesso appartamento. Bill aveva organizzato un trenino di capodanno quando aveva scoperto che il gemello si era finalmente fidanzato.
Poi, quando la loro relazione aveva raggiunto ormai gli 8 mesi e mezzo, qualcosa andò storto.
Qualcosa di nascosto, qualcosa di irreparabile, nella mente di Roxy.
E tutto andò a pezzi quando lei ebbe la sua prima crisi nervosa.

***


“Basta!”, urlò, lanciando a terra un altro piatto che finì in mille pezzi proprio come i precedenti. “Non ce la faccio più! Non lo sopporto, non sopporto il tuo lavoro! Non lo sopporto!”, aveva scaraventato un bicchiere e la bottiglia dell'acqua a terra, e si era raggomitolata contro la porta. “Non ce la faccio più! Basta, basta!”, si era presa la testa tra le mani tirandosi i capelli. “La bambina! La bambina! Ci penso solo io a lei! E tu non ci sei mai! Sono sempre sola, sola! Da sola! Non lo sopporto! Troppa solitudine! Mi fa male stare da sola!”, Tom le si era avvicinato e aveva cercato di abbracciarla.
“Roxy, mi dispiace, io...”, ma prima che potesse finire di parlare lei si era girata verso di lui colpendolo sul viso. Le sue unghie graffiarono la guancia destra del ragazzo, che indietreggiò spaventato, sfiorandosi tutta la lunghezza del graffio che partiva dalla tempia scendendo quasi al mento. Roxanne era stata presa da spasmi e convulsioni forti, tremava nervosamente. Tom la osservava e con uno scatto si rialzò in piedi quando lei corse verso la bambina. “Non toccarla!”, le aveva urlato, bloccandola per i polsi. Lei gli aveva morso il dorso della mano e Tom aveva indietreggiato di nuovo. Roxy aveva preso la bambina, che ormai piangeva da quando sua madre aveva rotto il primo piatto. Indietreggiò stringendola forte.
“Stammi lontano Tom Kaulitz! La bambina è la mia, è mia!”, Tom la guardava con occhi spalancati mente il graffio sulla sua guancia bruciava.
“Roxanne non sai quello che fai! Calmati!”, gli occhi del rasta saettarono sul suo telefono cellulare, poggiato sopra al tavolo. Vi si avvicinò lentamente, mentre Roxy si accasciava di nuovo a terra, iniziando a piangere e tremando convulsamente. Compose il numero dell'ospedale e fece chiamare un medico. Quando Roxy udì la parola “dottore” uscire dalle labbra del rasta si alzò di scatto in piedi e afferrò un coltello, lanciandolo verso di lui. Tom si spostò e la tagliente lama colpì il muro, cadendo a terra. “Fate presto!”, aveva detto per telefono prima di riattaccare. Fece scivolare il cellulare nella sua tasca mentre Roxy urlava qualcosa di incomprensibile. La bambina si agitava allungando le manine verso il rasta e piangendo disperata.
“Papà!”, frignò.
“Papà” era stata la prima parola di Cassie. Aveva preso l'abitudine di identificare Tom come suo padre. Il rasta si avvicinò alle due.
“Roxy, dammi la bambina.”, aveva mormorato, avvicinandosi alla diciassettenne raggomitolata contro il forno.
“Mai! È mia!”, urlò.
“Roxanne... piccola... per favore... dammi la bambina...”, Roxy iniziò a muovere velocemente la mano sul pavimento, verso il coltello che aveva fatto cadere. Si stese a terra con uno scatto per afferrarlo ma Tom lo prese prima di lei. Gli occhi di Roxanne erano infiammati e rossi per le lacrime rabbiose che versava. Lasciò la bambina che subito gattonò fino al frigorifero, attenta a non tagliarsi con i cocci e i vetri che erano sul parquet. Si nascose in un piccolo angolo tra il tavolo e il frigo, coprendogli gli occhietti castani con le mani e implorando a sua madre di smetterla.
“Mamma... Mamma basta...”, mormorava la piccola, stropicciandosi gli occhi. Roxanne si avventò di nuovo verso Tom.
“Io sto bene! Non ho bisogno di dottori!”, diede uno spintone al rasta, che urtò il davanzale della finestra con la schiena, facendosi male. Poi si voltò verso il salone. “Dov'è andata la mia bambina?! Dov'è Cassie?! Dove!?”, la piccola spuntò in lacrime da sotto il tavolo, e guardò in direzione di Tom che le fece cenno di tornare sotto il tavolo e restare in silenzio. La piccola obbedì e si nascose di nuovo. Roxy andò in direzione del salone, Tom le saltò addosso e la fece cadere a terra, tenendola ancorata al pavimento. Il citofono trillò insistentemente. “Lasciami! Lasciami andare!”, urlava Roxanne, in preda al panico. Tom la tirò su tenendola ferma per le braccia con una mano, mentre con l'altra apriva la porta. Il dottore entrò, seguito da due infermieri che subito bloccarono la ragazza. Il rasta riferì l'accaduto al dottore,che gli somministrò delle pillole calmanti da dare a Roxy ogni qualvolta avesse avuto una crisi.

***

Le crisi inizialmente erano rare, succedeva circa una volta al mese. Poi si fecero sempre più frequenti, fin quando Roxy non impazzì completamente. Aveva crisi tutti i giorni e il rasta non sapeva davvero più cosa fare. Ormai non era più normale, e la sua personalità si era persa con la pazzia. Un giorno si riunì in casa con Bill, Georg, Gustav e Alice, la fidanzata ventiseienne del batterista. Erano proprio questi ultimi che di solito tenevano Cassie quando il rasta accompagnava Roxanne dal suo specialista.
“Devi portarla in un ospedale psichiatrico, come ti ha consigliato lo specialista, Tom”, il rasta rabbrividì al consiglio del gemello.
“Quei posti sono orribili, non posso permettere che la rinchiudano lì.”, mormorò, stringendo i pugni.
“E' vero, non tengono bene i pazienti, che finiscono solo per impazzire maggiormente...”, rispose Alice, abbassando lo sguardo su Cassie, che teneva tra le braccia. Quel giorno Tom aveva chiesto ad Andreas di accompagnare Roxy dal suo dottore. Proprio in quel momento i due rientrarono. Roxanne come al solito era il lacrime, corse al piano di sopra piangendo e strillando tra sé e sé, ruggendo qualcosa di troppo simile a un ringhio per essere una frase o un urlo. Tom la seguì e la trovò sdraiata sul letto, accartocciata su sé stessa, piangendo e ringhiando. “Roxy?”, la chiamò con un sussurro e lei rispose con un singhiozzo. Le si sdraiò accanto e iniziò ad accarezzarle i capelli, snodandoli con le dita. Lei si rilassò sotto quel gesto, si voltò verso di lui e gli si accucciò tra le braccia, chiudendo gli occhi.
“Tom? Sei qui?”, Gustav comparve sulla porta e si avvicinò ai due.
“Shhh. Si è addormentata.”, il batterista sgranò gli occhi.
“Come hai fatto a farla crollare così?”, Tom si strinse nelle spalle.
“Le ho pettinato i capelli. A quanto pare la rilassa.”, Gustav sorrise e scese al piano inferiore.
Tom rimase lì sul letto tutto il pomeriggio, a torturarsi tra mille pensieri, continuando ad accarezzarle i capelli e deponendole di tanto in tanto dolci baci sul viso.
Una grande e dura consapevolezza stava crescendo e prendendo piede con incredibile velocità dentro di sé: la sua vita stava cambiando, e questa volta per sempre.




Premetto che questa ficcy non mi convince moltissimo ma aspetterò il parere di tutti quei poveri pazzi i quali la laggeranno e recensiranno U___U
Si, lo so, è triste e drammatica ma che ci volete fare, non so proprio scrivere cose allegre U__U
xDD
Enjoy(n't) it ^^

  
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