Mi feci un altro giro, ancora non andava bene, troppa roba fuori posto. Andiamo porta per porta, in ordine.
Dietro alla prima c'era un cerchio che contava. Stupido, non ho mai amato la matematica. Il cerchio mi sorrise con dentoni, e un luccichio tondeggiante rispose alla mia occhiataccia, non sopportavo quel ricordo.
La seconda porta si aprì da sola, voleva la mia attenzione. Chiusi quella davanti a me. Mi ci misi davanti, sì dovevo decisamente mettere in ordine, il ponte sul soffitto stava per cadere e la dama che vi stava attaccata sorrideva felice e cantava. Mi chiamò e un flusso di parole noiose e imparate a filastrocca mi sfiorò le orecchie. Le scacciai con la mano. Mi diressi verso l'edificio, vecchio e famigliare, mia madre mi costringeva ad andarci. Che cosa inutile il culto.
Mi girai irritato, uscì, e sbattei la porta.
Che caos.
Ne aprì un'altra, era socchiusa. Una risata folle mi investì e respirai l'aria sabbiosa. Dovevo portarmi dell'acqua la volta dopo per quelle fiamme fastidiose, e anche per il cretino coi baffetti sopra. Forse potevo farlo adesso.
Una voce petulante mi distrasse, arrivava sempre nel momento in cui decidevo di riordinare, che rompipalle.
«Sherlock, ascoltami! Esci da lì, devi badare alla bambina. Io e Mary stiamo andando.»
E io che speravo di ripulire finalmente la stanza delle ore del signor Howkins.