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Autore: armony_93    02/01/2009    2 recensioni
La sua figura flebile trema accomodata sulla poltrona della camera da letto. Le mani immerse nei capelli biondi cenere stringono convulsamente i fili d’orati, l’espressione del viso angelico stretta in una morsa di dolore misto confusione. Gli occhi chiusi serrati per evitare di vedere con i suoi occhi la realtà che poco distante giace sdraiata sul letto vicina a lui, le labbra serrate con i denti che si intravedono e tanta è la forza con cui sono stretti che l’attrito potrebbe corroderli, le rughe giovanili di un viso teso e martoriato di un corpo confuso e tormentato.
Genere: Romantico, Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gabriella Montez, Troy Bolton
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Padre. Questa parola che pesava forte e grave sul suo capo rendendolo dolorante e stanco delle troppe riflessioni. La mente esageratamente sovraccarica da tutte le ansie che questa consapevolezza gli scavava in corpo facendolo rabbrividire. Inutile dire, pensare, riflettere su cosa fare, su come andare, su come affrontare questa situazione o acuta riflessione. Dolorosamente violente come schiaffi sul suo viso ricadevano i ricordi di quelle frasi, di quelle parole che gli laceravano il cuore. Pesanti macigni scagliati con forza sul suo corpo scosso e percosso da un titano che prende uno strano nome: Paura.

Si sente cedere, cadere, svenire in un baratro senza fine. Lui la ama, questo è vero, lui vorrebbe donarla al mondo intero e allo stesso tempo tenerla solo per il suo piacere personale, solo per potersi beare di lei in ogni momento. Ma un problema nasce in lei, con lei…dentro di lei: un bambino il frutto di una notte di vero amore. Passionale e fugace amore. Intenso e unico come loro che uniti, allacciati l’uno all’altra si trasmettevano quelle emozioni uniche e indimenticabili che li avvolgevano, coinvolgevano.

Tanti pensieri nascono dalla sua mente, contorta e spaventata, confusa e terrorizzata. La fuga da un destino avverso, troppo infame e crudele per lui, che così giovane avrebbe potuto regalare molto al suo amore, molto a chi lo attorniava.

Invece per uno sbagliato caso, per uno sciocco e stupido errore i sogni di una vita vanno frantumandosi come un coccio di vetro che cade al suolo. Le scaglie si conficcano nella mente, nel cuore, nel corpo e anche nei pensieri. Come spine, reiette e infette modellano una mente troppo spaventata appresa da una notizia errata.

Eppure a questo immane terrore un pensiero si contrappone: vedersi in un futuro vicino, tra le braccia un piccolo bambino. Apre gli occhi e vi si specchia come nell’acqua se stesso dolce e morbido sogno che avvolge il cuore e purtroppo sbaraglia la logica.

Illuminato, irradiato da un simile futuro i suoi pensieri vanno sbrancandosi lentamente, la matassa si scioglie, il groviglio si annulla e la mente si svuota. Marchiata a fuoco sulle pareti della logica l’immagine di quel piccolo bimbo dalle sembianze non definite ma al tempo stesso concrete. Lo può vedere, lo può toccare, lo può volere…e lo vuole.

Ma questo bambino nascerebbe con la consapevolezza di essere un incidente, uno sbaglio, una creatura che gli ha stroncato i sogni, gli ha distrutto la speranza costruita in anni e anni di gesta e mitiche imprese. Così come richiamati al rapporto i pensieri infetti dalle scaglie di quei sogni infranti la matassa si riavvolge e si fa più pesante, più cruda, più coinvolgente, più dolorosa. L’idea di quel bambino dagli occhi d’acqua si sgretola nella mente del giovane che sente la voglia di tacere, di smetterla di pensare.

La sua figura flebile trema accomodata sulla poltrona della camera da letto. Le mani immerse nei capelli biondi cenere stringono convulsamente i fili d’orati, l’espressione del viso angelico stretta in una morsa di dolore misto confusione. Gli occhi chiusi serrati per evitare di vedere con i suoi occhi la realtà che poco distante giace sdraiata sul letto vicina a lui, le labbra serrate con i denti che si intravedono e tanta è la forza con cui sono stretti che l’attrito potrebbe corroderli, le rughe giovanili di un viso teso e martoriato di un corpo confuso e tormentato.

Spalanca gli occhi all’improvviso vitrei e folli come i pensieri del giovane. C’è un modo per smettere di pensare, un modo per far tacere i mille pensieri infetti o meno che gli sconvolgono con crudeltà la memoria. La follia del gesto che vuole compiere trapela dal suo sguardo afflitto e addolorato. Non può fuggire perché non vivrebbe lontano da lei, ma non vuole pensare l’acuto dolore di quei pensieri gli fa bruciare il cuore e esplodere la mente.

Così avanza meccanico e folle verso l’angolo della casa che può rivelargli ciò che cerca, ciò che brama come la pace assoluta, il vuoto della mente e il silenzio del suo cuore. Il corpo protesta non lo vuole assecondare e così un ginocchio cede e si trova al suolo. Freddo e gelido pavimento che lo rianima di innato e spietato ardore. Si rialza arranca verso il cassetto e la sua mano meccanica, tesa come una corda di violino raccoglie quella lama di metallo che con un sol gesto può far tacere il suo dolore, la sua confusione la sua immensa disperazione.

Lo fissa e nel riflesso vede nascere il suo viso. Non si riconosce più nemmeno lui stesso: lo sguardo folle, gli occhi azzurri che lanciano scariche elettriche tanta è la fatica di tenere quel coltello tra le mani, le labbra tese contrite in un arcano e sadico sorriso speranzoso, bramoso di pace. La mente confusa anela del dolore e la mano si muove meccanica a puntarsi da solo. Il gesto sembra stupido e banale, basta una flessione del polso per poter raggiungere la pace che vuole, che desidera… ma allora cosa lo spinge a fermarsi, cosa lo blocca?

Fissa ancora se stesso meno visibile dalla lama ma non per questo poco importante, si guarda un’ultima volta e l’impulso parte dalla sua logica inumana spingendo la mano ad avvicinarsi a lui ma fino a quel momento ha patito nel silenzio irrompe facendo vibrare l’aria un richiamo lontano, una voce flebile e insana dal piano superiore.

Il suo nome, una voce l’ha chiamato. Si blocca, la mano lascia il coltello che cade a terra con un tonfo e un rumore metallico che prosegue finche l’oggetto che pulsava tra le sue mani non giace inerme al suolo. Gli occhi annebbiati, appannati da tanta follia si svuotano e il biondo si trova a fissare la sua mano alzata, puntata verso se stessa vuota.

Rimane immobile incapace di riconnettere la cervello il gesto che la sua innata disperazione gli stava dettando di compiere. Svuotato da tutte le energie impegnate nel combattimento interiore cade al suolo stremato come se avesse combattuto mille battaglie. Al suo fianco il pulsante coltello che lo agita e lo scuote alla sua sola vista.

Un attimo e il richiamo si fa più forte seguito dai passi lenti e strascinati di un corpo affaticato che scende le stesse scale che poco prima lui ha percorso senza nemmeno rendersene conto, troppo accecato dall’idea e dal bisogno di morte.

-Troy…?-

La voce dolce, impastata dal sonno irrompe nella cucina e sulla soglia della stanza compare la figura della ragazza che controlla il suo cuore. Come la burattinaia con il suo burattino controlla le sue emozioni, le sue sensazioni. I capelli mori ricadono con dei boccoli stanchi attorno ad un viso giovanile torturato dalle ansie che poco prima affliggevano il cuore del ragazzo. Il volto rigato da lacrime ora asciutte e l’ansia trapela da quello che potrebbe essere scambiato sonno. Lo guarda incerta, indecisa, stranita e confusa. Non capisce perché il ragazzo della sua vita si trova a terra in ginocchio con uno sguardo perso, spaventato vuoto e al suo fianco un coltello dalla lama affilata giace vicino alle sue mani.

Ma non passa molto che la mente elabora mille perché e la testa esplode addolorata ad un pensiero sconvolgente. La reazione muta dalla mente passando trasmessa al corpo.

Gli occhi si sgranano terrorizzati e fulminei, le labbra si spalancano senza che vi esca suono mute strozzate le corde vocali non riescono a liberarsi dalla presa terrorizzata e gelida del rischio di perdita, le sopracciglia si inarcano agli estremi di un viso che placa la sua espressione assonnata con una sconvolta e spaventata. Non parla no, rimane immobile fissa con il cuore che non trova più la forza di battere. Finche spinta dall’amore, dalla disperazione si getta in avanti scagliandosi contro il corpo del giovane. Gli cinge il collo e affonda il viso nella sua spalla scoppia a piangere liberando l’acqua che Troy aveva visto negli occhi di suo figlio e lo stringe con ossessività. Appurata la sua presenza, la sua vita, si separa un po’ sempre piangendo e lo guarda, gli sfiora le mani, percorre il corpo in cerca di prove di quella folle pazzia, di quel malato pensiero ma non trova nulla se non due occhi turchesi spaventati quanto i suoi. Appurata la salvezza di ciò che più ama inizia a tempestarlo di pugni a scagliare contro il suo petto un dolore fisico che non può minimamente riportare il dolore della paura che lei a provato, perché vorrebbe che provasse un minimo della paura che lei stessa anela in corpo. Ma piange, piange perché l’acqua che le cade dagli occhi è lo specchio di quello che c’è in lei, confusione, rabbia, furia, avversione, tristezza, paura, terrore…amore.

Troy la blocca afferrandole i polsi e perdendosi nei suoi occhi scuri, da cerbiatta.

La fissa e il suo dolore si unisce a quello di lei, le sue ansie diventano quelle di lei, la sua insicurezza peggiora con quella di lei, la sua confusione viene oppressa dalla rabbia di un pensiero e quasi gesto così sciocco e avventato. Ma nel mezzo di quella confusione di sentimenti e sensazioni la mente di Troy realizza una cosa. Quando sente il cuore farsi più leggero e la mente sbrancarsi comprende che se le cose devono essere affrontate, vanno affrontante insieme e mai tale consapevolezza lo investe con la stessa forza con cui lo travolge in quel momento. La stringe a se e Gabriella addolorata e rincuorata che si sia bloccato annega il suo viso nel suo petto, martoriato dai suoi deboli pugni e vi si sfoga contenta che il suo pensiero abbia invaso la mente di colui senza il quale non può vivere.

 

Fine

  
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