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Autore: EggWoman    16/05/2015    1 recensioni
Guardiamo la storia dal punto di vista dei cattivi, Eric in questo caso. E se fosse stato innamorato? E se la ragazza che amava fosse stata un'iniziata con Tris, Christina, Will e gli altri? Se siete come me che amate Eric, oppure lo disprezzate e lo volete vedere in un altro modo, questa storia fa per voi!
E' la mia prima Fanfiction su Divergent. Ho letto i libri (anche Four), ma devo ammettere che guardando i film, alcune cose le confondo, quindi posso dire che la mia storia si basa sui libri con piccoli dettagli dei film.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Peter, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.

Me ne sto seduta al tavolo con gli altri Eruditi, aspettando di fare il Test. Sto leggendo un libro sulle leggi dei gas. Non mi piace. Non sono al mio posto, tra gli Eruditi. Un po’ perché, beh, non sono alla loro altezza. Un po’ perché ho altre passioni e altri gusti rispetto ai miei genitori: l’adrenalina. Vorrei tanto essere un’Intrepida, ma … non voglio lasciarli soli. Da quando il mio fratellino, Michael, è morto pochi mesi fa, loro non sono più gli stessi. Michael aveva quattro anni ed è morto di tumore al fegato. I miei genitori si rimpiangono di non essere mai stati in grado di trovare qualsivoglia rimedio al suo dolore, pur essendo intelligentissimi. L’hanno trascurato spesso, proprio per ricercare un rimedio, solo che … non l’hanno trovato. E così il piccolo Michael è morto tra le mie braccia, nel suo lettino a casa. Da allora i miei non hanno più una personalità: passano le giornate in laboratorio a studiare, esaminare, controllare e scoprire. Non hanno più una vita personale. Sono io che mi occupo di loro. Questo mi fa sentire tanto una Rigida. Credo, però, che sia normale prendersi cura delle persone amate, no? Così passo le mie giornate a studiare e a occuparmi della casa. Per loro. Forse non avrei dovuto farlo, non voglio che il Test Attitudinale mi dica di essere un’Abnegante. Io non voglio esserlo. Forse conta più la volontà dell’attitudine. Beh, se fosse così non si chiamerebbe “Attitudinale”. Come dice Jeanine, amica di mia madre che ci è stata molto accanto dopo la perdita di Michael, oltretutto Capofazione degli Eruditi, “Bisogna scegliere secondo ciò che siamo, non secondo ciò che vogliamo essere”, alla Cerimonia della Scelta. Beh, se è così, io non so proprio che scegliere, non so chi sono. Ecco a cosa serve il test, me lo deve dire lui.
“Mary Alice Johnson!”. Mi sento chiamare. Alzo lo sguardo dal libro e vedo che a chiamarmi è stata una piccola donna Abnegante, nei suoi abiti grigi con la sua  cipolla in testa a tenerle i capelli. Non ha espressione sul volto. Gli Abneganti si eliminano, tentano quasi di annullarsi come persone per preoccuparsi per gli altri. Oltretutto credono in Dio. Noi Eruditi crediamo nella scienza. Non so se potrei mai essere un’Abnegante.
Mi alzo e raggiungo la donna che mi scorta lungo un corridoio lungo e mi fa entrare dentro una stanza. C’è un enorme specchio che domina la parete di destra. Riesco a vedere il mio riflesso: indosso dei mocassini blu, un paio di pantaloni blu e una camicia azzurra, gli occhiali tondi sul naso e ho i ricci capelli castani sciolti e mi arrivano alle spalle. Non ho niente fuori posto.
“Siediti”. Mi fa cenno l’Abnegante, indicando il lettino di metallo che sta al centro della stanza. Al lato, c’è un computer. Guardo bene l’Abnegante: sembra tanto tranquilla e gentile. Saranno vere tutte le voci che mettono in giro? Sarà vero che questa donna trasgredisce la legge, nascondendo i Divergenti? Io non credo proprio.
Mi siedo. La donna tira fuori un liquido blu e me lo fa bere. Dopo venti secondi, lei sparisce. Non mi ha detto cosa fare, non mi ha detto nulla, si è volatilizzata nel nulla. Sono sola in quella stanza. Mi alzo dal lettino e mi guardo intorno. La donna deve essere uscita un secondo e io devo non essermene accorta, sicuramente. La stanza si riempie di specchi e all’improvviso sento una voce che mi dice Scegli. Davanti a me, due ceste si manifestano, una con una bistecca e l’altra con un coltello. Scegli, ripete. Così scelgo. Non ci ho pensato due volte, ho preso il coltello. Non so perché, ma con il coltello si va sempre sul sicuro. Mi posso difendere. Un grande cane appare e si scaglia sopra di me. Mi sta mordendo, io urlo e cerco di liberarmi, con il coltello ancora in mano. C’è solo una cosa da fare: uccidere il cane se voglio sopravvivere. Questo mi spezza il cuore, ma è indispensabile. E perciò gli taglio la gola e lui si accascia con un piccolo lamento. Anche se avrei dovuto piangere per ciò che avevo appena fatto, beh, non lo stavo facendo. Mi sentivo potente e autoritaria. Ero riuscita a salvarmi da sola. L’indipendenza e la forza sono le due virtù principali.
“Intrepidi”, dice la donna. Non c’è da stupirsi, dopo le scelte che ho fatto. Dovrò lasciare i miei genitori a loro stessi. Oppure potrei restare. Che fare? Non posso parlarne con nessuno, non ci è consentito parlare dei risultati del test prima della Cerimonia. Ho un giorno per pensarci. Spero che un sonno preparatorio mi chiarisca le idee.
  
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