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Autore: Soleil Jones    17/05/2015    1 recensioni
【 A T T E N Z I O N E —— sᴘᴏɪʟᴇʀ per chiunque non abbia ancora visto “Age of Ultron”. 】
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|| Dal testo: ||
[...]
George dovette pensare che fosse colpa sua, della sua reazione; distolse lo sguardo “Scusa.” e, dopo un po’, parlò di nuovo. “Non è così tremendo come sembra.”
“Io so com’è.”
“Oh.” Il suono di una risata sommessa, soffocata, arrivò alle orecchie di Wanda; non v’era allegria in essa, però. “Allora sì, è tremendo come sembra. Anche di più, in effetti.”
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Spero vi piaccia e di sapere che ne pensate,
Soleil
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Lele, la mia "gemella".
Ai gemelli Maximoff e i loro rispettivi, fantastici interpreti.
Al "personaggio sorpresa", che oramai è parte di me.
E a tutti voi che leggerete.
Faccio solo notare che, per non avere incongruenze di tempo eccessive, in questa fic siamo ai primi anni del nuovo millennio, dunque sono passati anni dalla fine della Battaglia di Hogwarts. Lascio a voi la libertà di interpretare quando.
 
 
Tutto intorno a lei era in subbuglio.
Ovunque andasse, nel raggio di decine di metri tutto esplodeva, volava, andava in frantumi. . . senza che lei potesse seriamente impedirlo. Era a causa sua che avvenivano quei fenomeni, vero, ma non erano i suoi poteri a causarli, bensì le sue emozioni.
Emozioni forti, troppo forti per lei; Wanda era potente, davvero molto potente, ma al tempo stesso si sentiva fragile come un giovane fiore esposto alle intemperie senza protezione.
Ecco, sì, era così che si sentiva: senza protezione.
Senza uno scopo, senza speranza, senza amore, senza. . . senza metà di se stessa, senza niente. Come se non fosse più lei, come se di Scarlet Witch fosse rimasto solo un guscio vuoto.
Vagava con le braccia strette al petto, stringendosi nelle spalle cercando di immaginarsi di sentire il calore delle braccia di suo fratello stringerla in quel suo tipico modo spiccio e protettivo. E nel mentre tremava, perché non aveva mai sentito tanto freddo in vita sua.
Sulle sue guance scavate e pallide non v’erano più che i solchi lasciati dalle lacrime che, disperata, aveva lasciato sgorgare. Credeva di averle piante tutte, Wanda, che per cercare di dare un senso a tutto quello strazio la sua anima stessa si fosse prosciugata, e infatti non piangeva più.
Non parlava nemmeno, a dirla tutta. Camminava, camminava, camminava senza mai fermarsi, alla ricerca di un posto da poter chiamare 'casa' che — lo sapeva — non esisteva più.
Se un tempo avrebbe potuto illudersi di averne una, quella speranza nutrita se n’era andata nel giro di poche ore così com’era comparsa; perché sì, aveva creduto che, se avessero sconfitto Ultron stando dalla parte degli Avengers, dalla parte dei giusti, lei e Pietro avrebbero in seguito trovato una casa.
C’aveva creduto, si era fatta coraggio, aveva compiuto una scelta — anzi, per meglio dire erano stati in due a farlo, i gemelli Maximoff mai avevano agito da soli, e si erano divisi.
Per la prima volta in vita loro durante un combattimento si erano separati con una battuta e un sorriso sghembo come inconsapevole, ultimo addio.
E da lì era iniziato l’inferno di Wanda che, a passo felpato e respiro incostante, si fermò per massaggiarsi le tempie; continuava a vederlo morto, a sentire le grida che aveva lanciato accasciandosi a terra quando l’aveva sentito andarsene. Il dolore era ancora lì, ogni giorno: annidato nel suo cuore sanguinante, munito di artigli taglienti. Era sempre là a tormentarla, a ricordarle che era ancora viva, lei, sebbene per metà.
Solo ora capiva cos’aveva fatto provare alla Romanoff, a Tony Stark, a tutti coloro che aveva incantato: se ne rendeva conto vivendo il suo peggior incubo in prima persona, ogni singolo istante, per chissà ancora quanti anni.
Placò come poté i suoi poteri al notare di essere osservata con curiosità da una coppia poco distante, riuscendo a far cessare almeno in parte il forte vento che sferzava le fronde degli alberi in fiore.
Si trovava nel Regno Unito, da qualche parte distante da Londra, se ben ricordava, ma ignorava dove con esattezza. Chissà, forse lo S.H.I.E.L.D. l’avrebbe cercata di lì a breve — per non avere una mina vagante incontrollata in più in giro per il globo — o forse no.
Non le importava, in quel momento non riusciva a curarsi di niente.
Uno schiocco, un rumore improvviso e secco la fece sussultare: nel suo campo visivo, dapprima ben poco interessante, era comparsa dal nulla una figura maschile alta e slanciata, con le spalle larghe e i capelli scompigliati e color rosso pagliericcio.
Era difficile non notare un simile colore, era molto acceso e dalle sfumature semplici quanto complesse da classificare, ma non fu quel particolare a stuzzicare l’interesse assopito della giovane Wanda, ma bensì il modo in cui esso le si era praticamente materializzato davanti agli occhi.
Che quello sconosciuto avesse un potere speciale quale super velocità, teletrasporto o. . . o cosa, insomma?
Non era mai venuta a conoscenza dell’esistenza di un umano super potenziato con le caratteristiche fisiologiche e potenziali affini a quelle dello sconosciuto. Sicuramente, comunque, non era lì per cercarla; era vestito con abiti rammendati semplici e, in un certo senso, eccentrici. Storcendo appena le labbra, Wanda si disse che, sì, era proprio un inglese, quello.
Avanzò senza quasi accorgersene, seguendolo senza troppa convinzione; socchiuse gli occhi chiari, Wanda, e il solo averlo sotto gli occhi le fece avvertire un’ondata di dolore represso così forte e potente che per poco le sue ginocchia non cedettero.
Ferma sul posto, con gli occhi sbarrati, guardò il rosso entrare in un cimitero.
Un groppo le si formò in gola, fu la voglia di scoprire la fonte di una simile sofferenza a spingere Wanda ad avanzare e a inoltrarsi tra le lapidi grigie: odiava i cimiteri, erano pieni di angoscia e dolore che ai suoi sensi erano fin troppo percepibili.
Proseguendo, trovò il rosso inginocchiato davanti a una lapide con il capo chino e le spalle rilassate; aveva in mano uno strano bastoncino lungo sì e no quasi trenta centimetri. Lo agitò con delicatezza, al che davanti alla lapide andò a fiorire una corona di fiori colorati.
Wanda sgranò gli occhi, per la mente le passò l’unica parola in grado di riassumere l’unicità di quel ragazzo: “Magia.”
Ferma a pochi passi da lui, si sporse di lato per scorgere il nome inciso sulla pietra grigia: Frederick Gideon Weasley — morto all’età di soli vent’anni, dicevano le tristi incisioni, sotto le quali era incisa con caratteri insolitamente vivaci una frase: giuro solennemente di non avere buone intenzioni.
C’era anche una piccola foto incastonata nella lapide, ritraente un giovane dai capelli spettinati identici a quelli dell’inglese inginocchiato davanti ad essa. Un bel ragazzo, dal sorriso strafottente e lo sguardo color nocciola ammiccante e malandrino.
“Ti sei persa?”
Wanda sussultò e fece un passo indietro, sulla difensiva. Era da molto che non parlava con qualcuno e la voce di quel ragazzo era roca, un sussurro, ma qualcosa le diceva che in altri momenti doveva essere molto rumorosa, gioiosa, allegra e sarcastica. Poteva sentire la risata prodotta da quella stessa voce, la immaginava, e pensò che doveva essere contagiosa e vera.
O, perlomeno, doveva esserlo stata.
“No.” rispose semplicemente la castana, torturandosi le dita con un certo nervosismo. Il rosso si alzò da terra — era davvero molto alto, accidenti! — e, voltandosi, rivelò un viso completamente identico a quello del ragazzo della foto. Solo un po’ più adulto, senza fossette e meno vivo.
Fu come ricevere una secchiata d’acqua gelida, per Wanda: quegli occhi color nocciola appartenevano a qualcuno che soffriva da tempo ininterrotto in silenzio, trasudavano dolore, perdita, ma anche molta forza.
Forti — sì, era il temine giusto, quel giovane uomo doveva possedere una forza d’animo davvero enorme.
“Tu sei un mago.” si ritrovò a dire; non era una domanda, quella di Wanda, e in un primo momento ciò mise lievemente in allarme il rosso, ma si rilassò immediatamente e, con nonchalance, fece roteare la bacchetta che stringeva nella mano destra, sollevando un angolo della bocca. “Bingo.”
“Ti ho visto, be’. . . Materializzarti, fuori dal cimitero.”
“E quindi tu sei una strega.” concluse con un’alzata di sopracciglia il mago, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Una specie.”
Non agitava bacchette magiche, né preparava intrugli magici o simili, ma da un certo punto di vista Wanda si sarebbe potuta definire una strega, dati i suoi poteri. Per un istante considerò l’ipotesi di usarli per sapere ciò che a parole, probabilmente, lo sconosciuto non le avrebbe mai detto, ma bocciò l’idea sul nascere: non avrebbe usato la sua magia per far soffrire un innocente più di quanto stesse già facendo.
Costui, dopo pochi istanti, sospirò e le porse la mano. “George Weasley, già che ci siamo.”
Wanda tentennò prima di stringerla — velocemente e con diffidenza — ; ciò dovette divertire alquanto George, ma si morse la lingua per non dire nulla. Si voltò nuovamente verso la lapide; era come se guardasse lontano, aldilà di quel pezzo di pietra, e quando un soffio di vento scostò e scombinò le sue ciocche fiammanti, Wanda intravide laddove avrebbe dovuto esserci l’orecchio sinistro del mago una ferita cicatrizzata — un buco — da cui distolse lo sguardo in fretta e furia.
“Chi era?” si ritrovò a domandare, osando avvicinarsi di un passo.
“Mio fratello.” rispose evasivo George. “Fred.”
“Era. . .” umettandosi le labbra, Wanda cercò il coraggio di chiederglielo: era una semplice domanda, quella che voleva porre al rosso, ma fu difficile porgliela. “Sì, insomma, era il tuo— il tuo gemello?”
È il mio gemello.” rettificò con enfasi George, guardandola di sbieco. Quando i loro occhi si incontrarono, Wanda cercò inconsciamente un ricordo, in quello sguardo color nocciola, perdendosi però in mezzo a risate, a fuochi d’artificio magici, a scope volanti, a esplosioni, fino ad arrivare ad un castello dall’aspetto imponente e antico, ad una tempesta di lampi rossi e verdi, ad urla e, in particolare, a un muro che crollava portandosi via una vita.
C’era tanta felicità, là dentro, che a un certo punto era svanita di colpo, in un “poof!”, lasciando posto solo a un grande, incolmabile vuoto.
Rabbrividì e si allontanò come scottata. George dovette pensare che fosse colpa sua, della sua reazione; distolse lo sguardo “Scusa.” e, dopo un po’, parlò di nuovo. “Non è così tremendo come sembra.”
“Io so com’è.”
“Oh.” Il suono di una risata sommessa, soffocata, arrivò alle orecchie di Wanda; non v’era allegria in essa, però. “Allora sì, è tremendo come sembra. Anche di più, in effetti.”
“Era il più grande, tra voi?”
“È più piccolo di me di tredici minuti.”
“Pietro era più grande di dodici, invece.”
“Sarà stata una grande responsabilità, per lui.” Wanda scoccò a George un’occhiata interrogativa. “Tra me e Fred non c’è mai stata tutta questa differenza, nessuno ci distingueva, per quanto non fossimo totalmente e perfettamente uguali. Ma ci andava benissimo così — eravamo così uniti da parlare insieme e completare uno le frasi dell’altro. Se la differenza d’età avesse contato, be’, avrei preferito morire al suo posto ancora di più di quanto già non faccia. Voglio dire: di qualche minuto, certo, ma rimango pur sempre più grande e quindi in dovere di proteggerlo.”
Man mano che parlava, la sua voce scendeva di tono e gli occhi color nocciola si inumidivano; eppure sorrideva, George, non solo con tristezza, ma anche con un qualcosa di estraneo al dolore.
Eppure Wanda l’aveva visto, lui: l’aveva visto e sentito piangere a dirotto, abbracciando con disperazione i suoi famigliari come alla ricerca di un appiglio che non avrebbe mai più trovato, perso in un mare di lacrime senza fine.
Come poteva, ora, essere così?
“Combattevate, vero?”
“La nostra prima battaglia, nonché l’ultima di una guerra Magica che andava avanti da decenni. È morto facendo una battuta, dovevi vederlo, quello stupido, come sorrideva—!” E ne era orgoglioso, George. “Anche voi?”
“Una specie. È morto per salvare un. . . un compagno, che a sua volta era pronto a sacrificarsi per salvare la vita a un bambino. O almeno, così mi hanno detto. È tipico di Pietro.”
“Be’, è stato eroico.”
“A volte essere un fratello è meglio che essere un eroe, non credi?”
Un fazzoletto invase il campo visivo di Wanda la quale, interdetta, lo prese tra le dita, sfilandolo dalla mano di George, che fece un sorriso sghembo per poi tornare a guardare con affetto la foto del gemello — una mano sul petto, a sfiorare il tessuto della camicia di flanella nascosta — mentre lei si asciugava gli occhi.
“Se n’è andato e. . . e qualcosa di me l’ha seguito.” ammise   con riluttanza Wanda, ingoiando come poteva il groppo che sentiva alla gola. “Come fai, tu?”
“Non ce la faccio, è questo il punto.” fu la risposta di George. Infilò la mano nel colletto della camicia e ne tirò fuori una lancetta ben conservata. Era appesa a una cordicella argentea, ma un tempo doveva essere stata parte di un orologio bellissimo, una volta, e aveva affissi due piccoli ovali uno sull’altro. Erano sbiaditi, ma al loro interno conservavano le immagini di George e suo fratello.
“Eppure vado avanti, in nome di quella parte di lui che invece è rimasta, per il nostro sogno comune — se così vogliamo chiamarlo.” Stringendosi nelle spalle e rimettendo con cura la lancetta al suo posto, George diede a Wanda una lieve pacca sulla spalla, con gentilezza, guardandola in volto.
“E anche per non finire preso a calci non appena varcherò la soglia del paradiso.” aggiunse, ritirando la mano e ammiccando.
La giovane abbozzò un sorriso divertito; piccolo, ma spontaneo.
Sentì una calda sensazione riscaldarle il petto gelido e, dopo giorni, risentì il suo cuore battere. Forse, un giorno, sarebbe stata in grado di parlare di Pietro al presente anziché al passato, perché ciò che aveva capito di George era che, per quanto lui non avesse mai smesso di soffrire e per quanto le cose non sarebbero cambiate neanche dopo anni e anni, molto infondo non si sentiva solo.
Perché sapeva di non esserlo davvero.
Forse, un giorno, Wanda avrebbe capito quale fosse il sogno comune suo e di Pietro, oltre al vivere una vita vera — e quando quel momento sarebbe giunto, avrebbe perseguito il loro obiettivo con ancora più determinazione, per entrambi.
Fece per ridare il fazzoletto a George, ma costui rifiutò. “Quando non ti servirà più me lo ridarai, d’accordo?”
Wanda avrebbe voluto obiettare, ma prim’ancora che potesse farlo George si era già Smaterializzato.
Il vento non si era ancora placato, ma il cielo era sereno. E la corona di fiori ai piedi della lapide di Fred Weasley risplendeva di vivaci colori, riempiendo di vita anche un luogo tetro e triste come quello.
  
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