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Autore: Ella Rogers    18/05/2015    4 recensioni
La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
"Steve, non farmi questo, ti prego."
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
"Apri gli occhi, Steve, avanti" pregò con voce tremante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
"È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …"
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
"Steve, svegliati, ti scongiuro."
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo."
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell'anima sia nella carne.
E lei lo aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Note
Sì, questa volta le note sono all’inizio. Non mi dilungherò molto, promesso, poiché giocherò la carta della prolissità per il ringraziamento finale che vi spetta nell’ultimo capitolo, che potrebbe essere il prossimo o quello dopo.
Non ci credo. Siamo alla fine e quasi mi viene da piangere, perché ho amato scrivere questa storia e … no, avevo promesso di essere breve, quindi passo subito a ringraziare tutti voi che leggete e seguite questa storia e che ne siete il sostegno.
Grazie poi a quelle care anime che hanno recensito: le vostre parole mi hanno spinta a mettere il cuore anche in questo capitolo che spero tutti apprezzerete.
Un sentito saluto alle New Entry che hanno inserito la storia in una delle speciali liste e che mi hanno lasciato una recensione.
È sempre bello e costruttivo venire a conoscenza dei vostri giudizi.
E che dire ancora se non godetevi il capitolo? È lunghetto, vi avverto, ma spezzarlo avrebbe significato rovinarne il succo.
Un grande abbraccio <3

Ella

Ps. Attenzione agli sbalzi temporali nel capitolo, durante la battaglia. Non sempre gli eventi sono disposti cronologicamente.
Buon Viaggio!







Lacrime

Diversi anni prima.

Gli occhi piccoli e scuri di Adam Lewis erano intrisi di terrore. Le membra dell’uomo parevano essersi tramutate in molli budini tremolanti, mentre nella sua mente cercava di convincersi che quello che stava vivendo non era reale.
Aveva dato l’allarme generale attraverso il piccolo congegno sempre nascosto nella tasca del camice bianco ed ora attendeva con ansia i soccorsi.
Quanto tempo era passato? Secondi? Minuti? Ore?
Ogni cosa, intorno a lui, si era cristallizzata nel tempo. Tutto era immobile e silenzioso.
La provetta contenete il sangue della sua cavia prediletta galleggiava nel vuoto e piccole gocce di liquido vermiglio, fuoriuscite durante la caduta, si erano coagulate in perle luminose rimaste sospese a mezz’aria.

Boccheggiò in cerca d’ossigeno, scoprendo con orrore che aveva perduto la facoltà di respirare, così come quella di gridare.
Non riusciva a sentire nemmeno il battito del proprio cuore, come se anche quello si fosse congelato.
Sarebbe morto asfissiato da … cosa?

Oh, la forma della domanda era sbagliata, a pensarci bene, perché era quella piccola figlia di puttana che lo stava strangolando senza muovere un solo fottuto dito.

Tentò ancora di convincere il corpo a muoversi, ma invano.
Che morte miserabile!
Ucciso da una cavia che, ingenuamente, aveva creduto di poter controllare. Mancava così poco alla meta prestabilita e lei stava mandando in fumo un lavoro durato anni, lavoro che gli avrebbe permesso di diventare uno dei capi più autorevoli del mondo intero.
Ma quella piccola stronzetta non voleva starsene buona.
Solo che, questa volta, Adam Lewis, uomo cinico e calcolare, non aveva la minima idea di cosa le stesse accadendo. Non erano le solite grida strazianti o quelle resistenze estreme che venivano debellate a furia di anestetici e sanguinose torture. Non era nemmeno una perdita completa della razionalità, che due volte, in passato, era sfociata in una strage senza sopravvissuti. Ben due basi erano state trasformate in tombe contenenti un numero fin troppo elevato di corpi maciullati, quando lei aveva perso il senno.

Quanti dei loro soldati erano morti a causa di quel piccolo mostro?

Adesso, lei era fin troppo senziente. Aveva il pieno controllo delle sue facoltà psicofisiche e la più fredda lucidità nello sguardo.
Peccato che quegli occhi non le appartenessero.
Perché Lewis di una cosa era estremamente certo, ovvero che quella non era la sua cavia.
Il dottore sentì la coscienza abbandonarlo e una risata tagliente gli riempì le orecchie.
Ma prima che tutto divenisse buio, l’incantesimo andò in frantumi. La provetta terminò la sua caduta e piccole macchie rosse disegnarono macabre rose sul grigio pavimento.
I polmoni si riempirono bruscamente di aria, facendolo tossire.
Lewis si mise in ginocchio, prostrandosi ai piedi del suo signore e trattenendo a stento le lacrime, dovute al terrore nato nel trovarsi di fronte ad una fredda morte.

“Lasciaci soli” fu la veloce liquidazione del Padrone, comparso come dal nulla.
Adam non se lo fece ripetere due volte, poiché forte era il desiderio di allontanarsi il più possibile dalla figlia del demonio.
Lewis scivolò fuori la piccola sala di detenzione e, una volta chiusa la porta alle sue spalle, si concesse il privilegio di piangere.



Daskalos si prese alcuni attimi per osservare la sua preda, vestita con un semplice camice da ospedale e seduta su una grande e fredda sedia di metallo. I polsi erano bloccati sui braccioli da fascette di acciaio, mentre altre strisce dello stesso materiale le circondavano il busto e le gambe, impedendole ogni movimento.
Eppure lei sorrideva.
Il suo era un sorriso sadico, strafottente ed intimidatorio.
Non era affatto la debole e spaventata cavia di qualche ora prima.

“Ti aspettavo, mia cara, ed ora che finalmente sei uscita allo scoperto, potrò portare a termine ciò che cominciai fin troppi anni fa.”

La giovane rise, gettando il capo all’indietro ed arcuando la schiena.
Ignorò completamente le parole del demone.
“È così dannatamente fastidioso condividere un corpo, sai?” domandò retoricamente, con voce melliflua.
Le fascette di acciaio si deformarono e si spezzarono come ramoscelli secchi. La prigioniera ritornò in possesso della propria libertà e, muovendo passi di esplicita sensualità, raggiunse l’alta figura del demone, fronteggiandola sfrontatamente.

Tale padre, tale figlia. Peccato che il tuo sangue sia stato insozzato da quello umano.”
Il tono di Daskalos era intriso di disprezzo, misto a quella che pareva delusione. Le razze inferiori erano il cancro dell’universo, perciò lui avrebbe estirpato tutte le erbacce, ripulendo il cielo.

“L’umanità genera le catene che mi impediscono di prendere il controllo. Mio padre, il re traditore, aveva programmato ogni cosa. La sua coscienza si fuse con la mia nello stesso momento in cui mia madre mi diede alla luce. Penso di averli uccisi entrambi, ma l’altra non sa niente di tutto questo.”
La giovane lanciò un improvviso grido frustrato e gli occhi si accesero di odio e di rabbia.
“Non lo concepisco! Quella debole parte contaminata di umanità possiede il controllo di questo mortale corpo, mentre io, l’incarnazione del più oscuro potere, sono confinata nell’inconscio, nell’attesa di …”
Un nuovo grido di rabbiosa frustrazione.

“Non disperare. Io porrò fine alla tua sofferenza, svuotandoti di tutto quello che hai dentro.”
“È proprio per questo che sono qui. Ho poco tempo, purtroppo. L’altra si sveglierà a momenti. Fino ad ora, sono riuscita poche volte a strapparle con la forza il controllo. È stato esaltante togliere la vita a quegli infimi esseri, macchiatisi del peccato di avermi incontrato sul loro cammino.”
Era affascinante e, al tempo stesso, inquietante il modo in cui le emozioni si alternavano sul viso della giovane paranormale. Dalla rabbia alla tristezza, dalla frustrazione alla tranquilla loquacità.
Daskalos le prese il viso tra le dita e continuò a studiarla con meticolosa cura, come se quella fosse la gemma più rara e preziosa che esistesse.
“Cosa vorresti fare, Anthea?”
Quel nome le fece storcere il naso, mentre gli occhi si accesero di nuova rabbia.
Io non sono Anthea. E tu puoi scordarti di avere il mio potere.”

La tensione divenne palpabile e impossibile fu definire quale miracolo impedì alle due inumane creature di saltarsi alla gola.

La risata gutturale del demone riempì il silenzio, creando una debole eco tra quelle quattro sterili pareti.

“E come vorresti impedirmelo? Stai già scomparendo.”
La ragazza sbatté ripetutamente le palpebre. Le iridi erano la perfetta fusione di due colori, di due anime che lottavano per avere il controllo sullo stesso corpo.
“Mi sono già assicurata che tu non possa svuotarmi in alcun modo. Ho creato un legame.
Daskalos scattò, artigliandola per le spalle e ringhiando furioso.
“Ucciderò Wade e-”
“Non è lui.”
“Non esiste umano capace di resistere al legame. Solo Wade, che io stesso ho potenziato, può sopportare un tale fardello.”

“A quanto pare, ti sbagli.”

Il Padrone digrignò i denti e strinse la presa sulle spalle esili della giovane, la quale rimase del tutto impassibile, mentre le sue iridi riacquistavano, secondo dopo secondo, il colore originario.
“Torturerò la tua parte più debole e scoprirò l’identità di questo umano disgraziato. Lo ucciderò e poi sarai mia, per sempre.”
La ragazza sorrise e scosse il capo.
“L’altra non sa nulla. Lo percepisce vagamente, ma ignora la realtà dei fatti. Prima che tu riesca a trovare l’umano, Anthea tornerà ad essere libera e, a quel punto, io non dovrò far altro che attendere il momento propizio.”
“Non succederà niente di tutto ciò. Tu sei il pegno che mi spetta di diritto e sterminerò l’intera razza umana, se ce ne sarà bisogno. Sarai mia, che tu lo voglia o meno.”
“Mi stai annoiando con questi tuoi inutili sermoni. Sei ripetitivo.”
Si sottrasse alla morsa del demone, scivolando via da quelle lunghe e fredde dita con estrema facilità.

“Ricorda queste parole. Io non sbaglio mai e nulla di ciò che faccio è casuale. Tutto ha un prestabilito, inevitabile fine.”

Dopo quelle ultime parole, la reincarnazione della coscienza e della forza di un re decaduto venne nuovamente imprigionata nell’oscurità dell’inconscio.

Anthea si risvegliò dal sonno indotto, trovandosi di fronte ad uno sguardo di sangue ed odio.
La testa le doleva tanto da impedirle di sentire i suoi stessi pensieri.
Svenne, stremata, afflosciandosi a terra come un fiore appassito.

Daskalos rimase immobile, con lo sguardo fisso sul quel debole corpicino, contenitore di segreti, orrori e potere.

“Azael, prenderò il tuo germoglio. Non potrai impedirmelo per sempre. In fondo, sei pur sempre morto.”



                                                      ***



Presente. Cuore della battaglia.

Wade era concentrato ad ascoltare i suoni dello scontro provenienti dall’esterno del jet. Aveva le mani bloccate da manette metalliche doppie ed abbastanza strette da segare i polsi. Se ne stava seduto, in un angolo del velivolo, corroso da uno strano presentimento.
Era stanco e debilitato. Se si fosse gettato nella mischia in tali condizioni, probabilmente non sarebbe sopravvissuto più di dieci minuti.
Non era di certo la morte l’ostacolo che gli impediva di alzarsi e correre fuori. La paura di rimetterci la pelle non lo sfiorava, poiché da anni la sua vita aveva perduto ogni senso.

No! Stai mentendo a te stesso. Anthea aveva dato un nuovo senso alla tua esistenza , ma tu l’hai tradita.

Scosse il capo, come a voler liberare la testa da quei pensieri così dolorosi e veri. Dopo la disgrazia che aveva terribilmente segnato la sua gioventù, Anthea aveva rappresentato il primo punto fermo, dopo anni passati ad evitare qualsiasi contatto con la realtà del mondo esterno.
Lei era entrata nel suo cuore il giorno del loro primo incontro. Una bambina così piccola, indifesa - apparentemente - e bella come una rosa appena sbocciata: così l’aveva vista, nonostante la piccola si fosse appena macchiata del peccato di pluriomicidio.
Forse quell’istantaneo moto di affetto era stato indotto dalla particolare somiglianza che la bambina aveva con …

“Non raggiungi il tuo esercito? Non c’è nessuno che possa impedirtelo, adesso.”

Wade alzò il capo, specchiandosi in due iridi di ghiaccio, simili alle sue.
C’era dolore, in quegli occhi, ma anche desiderio di rivalsa.
L’uomo si sorprese a pensare di non essere poi così diverso da quel dio caduto che adesso lo guardava quasi stranito, in attesa di una risposta.

“Non è il mio esercito, non più.”
“Beh, penso che cambiare parte non ti convenga, dato che i Vendicatori sono nettamente inferiori al tuo Padrone.”
Wade sbuffò una risata, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del suo interlocutore.
“Tu speri che loro vincano, in fondo. E per la cronaca, ho deciso di collaborare solo per preservare l’unica cosa che per me ancora conta.”

Loki raggiunse l’uomo del ponte, accovacciandosi sulle ginocchia, proprio di fronte a lui, così da poterlo guardare negli occhi.
Ghignò, il dio dell’inganno, prima di prendere la parola.
“Sorvolando sul fatto che pensi mi importi qualcosa di quegli insulsi mortali, ti rendi conto che Daskalos la farà a pezzi? Se ci tieni tanto, perché non esci lì fuori e combatti per lei? È la paura che ti blocca, umano?”
Wade scosse il capo, interrompendo il contatto visivo con lo Jotun.
“Io sono … confuso. Il Padrone mi ha salvato da una fredda realtà e combatterlo … io non me la sento.”

Un tonfo metallico rimbombò all’interno del jet.
Wade osservò le manette giacenti ai suoi piedi e poi, ancora stupito, rivolse gli occhi al dio.
“Perché?”
Loki fece spallucce.
“Mi diverte mettere alla prova voi umani. Comunque, io esco. Qui mi sto annoiando a morte.”

Wade, istintivamente, seguì il dio fuori dal velivolo, trovandosi di fronte ad una situazione peggiore di quella che aveva immaginato.
Il Padrone aveva schierato sul campo di battaglia tutte le sue risorse, esplicando l’intento di voler vincere a tutti i costi quella guerra malsana.
Il suo sguardo di ghiaccio, però, saettò veloce in una determinata direzione.

Anthea si reggeva in piedi a malapena. Daskalos incombeva su di lei ed in viso sfoggiava un sorriso spaventosamente sadico.
Wade intercettò la traiettoria della spada del demone, la quale stava sfrecciando verso la mano tesa del suo signore.
Il corpo si mosse da solo e il moro si ritrovò a correre verso la ragazza.

Vide Aima, stretta tra le dita di Daskalos, calare su Anthea come un’orribile ghigliottina.

Fu un istante, e il cuore ebbe ragione sulla razionalità.
Si frappose tra la lama e la giovane paranormale, dando le spalle al Padrone, cosicché il bellissimo viso di Anthea potesse essere l’ultima cosa che avrebbe visto, prima di morire.
Sì, perché sarebbe morto.
E infatti Aima trapassò la sua schiena e il suo petto, lacerando la carne con mostruosa brutalità.
Wade sorrise fievolmente in direzione della ragazza, i cui occhi parevano vitrei tanto erano spalancati dal terrore.
Poi un dolore inimmaginabile gli tolse completamente le forze e il suo corpo si afflosciò a terra, sfilandosi dalla mortale lama.

Il grido di disperazione di Anthea squarciò l’aria.
 


                                                      ***
 


Steve la sentì chiaramente e la cercò con lo sguardo, individuandola ad almeno cento metri di distanza.
Percepì lo stomaco accartocciarsi su sé stesso, quando la vide cadere in ginocchio, al fianco di un corpo steso a terra.

Wade!

Lo sguardo del Capitano venne catturato dalla figura di Daskalos, in procinto di sferrare un nuovo colpo con la sua arma gocciolante di sangue.
Il suo obiettivo rimaneva Anthea, ora priva di qualsiasi difesa.
Rogers era troppo lontano. Non l’avrebbe mai raggiunta in tempo.

Tutto parve rallentare improvvisamente.

Capitan America analizzò velocemente e con maniacale attenzione la situazione che continuava ad evolversi tutt’intorno.
Natasha e Clint erano stati completamente accerchiati dagli uomini del demone e, con immane fatica, cercavano di evitare di essere uccisi, proteggendosi l’un l’altra.
Thor e Hulk erano impegnati a tenere a bada i mostri oscuri, ma questi ultimi stavano inevitabilmente avendo la meglio.
Iron Man aveva tentato di tornare al jet per prendere l’esplosivo che serviva a mettere in atto il piano elaborato qualche minuto prima, ma l’ombra titanica glielo aveva impedito ed ora lo teneva stretto in una mano, con l’intento di stritolarlo.

Steve si trovava dinanzi ad una imminente disfatta. Una disfatta totale.

“Steve, qualsiasi cosa accada domani, ti proibisco di sentirti in colpa.”
Erano state queste le parole di Natasha, ma Rogers era cosciente che se avesse permesso ad uno dei suoi compagni di morire, il senso di colpa lo avrebbe accompagnato per sempre, operando allo stesso modo di un acido corrosivo.
Aveva già lasciato morire il suo migliore amico tanto tempo prima.
Questa volta sarebbe andata diversamente.

Vide Daskalos sollevare Aima e, in quello stesso momento, agì.
“Thor!”
Una volta avuta l’attenzione del dio, sollevò lo scudo in vibranio sopra la testa, nascondendosi sotto di esso.
Il principe asgardiano non ebbe bisogno di altro. Capì immediatamente le intenzioni del compagno, nonostante non avessero mai fatto una cosa del genere, volutamente almeno. Roteò il martello e prese quota.

“Tutti giù!” fu l’ordine che Steve trasmise attraverso la ricetrasmittente inserita nel suo orecchio destro, nella speranza che ad ognuno dei Vendicatori arrivasse il messaggio e pregando che Anthea rimanesse in ginocchio.

Thor stava già scendendo in picchiata verso di lui ed il martello era circondato da molteplici scintille di elettricità.
Quando Mjolnir si schiantò contro lo scudo, Rogers sentì i muscoli tremare sotto la forza dell’impatto, mentre i denti si serravano automaticamente e la mascella si induriva.

L’onda d’urto, carica di energia statica, si riversò sull’ambiente circostante in cerchi concentrici. Il Brooklyn Bridge tremò pericolosamente, mentre un fischio spacca timpani fece crepitare l’aria.


Poi ci fu solo il silenzio.

                                                             *

Natasha spinse via il corpo inerme di un soldato che le era stramazzato addosso. Trovò la mano tesa di Clint ad attenderla e l’afferrò senza alcuna esitazione.
“Ci è mancato davvero poco.”
La rossa annuì.
Le due spie si erano abbassate appena in tempo per evitare che l’onda d’urto le colpisse in pieno e le riducesse a corpi privi di coscienza. I soldati nemici, infatti, giacevano tutti stesi sul duro asfalto, resi inoffensivi dal trauma cerebrale e fisico subito.
La Romanoff strinse forte la mano del suo compagno, lasciando che un sospiro le abbandonasse le labbra rosse di sangue.

“Giuro che non prenderò mai più in giro Rogers. Ha appena ribaltato la situazione di merda in cui versavamo.”
“Non fare promesse che non puoi mantenere, agente Barton” fu la sola replica della Vedova, che si concesse un piccolo sorriso.
Clint sbuffò una risata, colto in fallo, ma decise comunque di impegnarsi a mantenere quel piccolo giuramento.

“Raggiungiamo gli altri, Nat.”

                                                            *

“Stark, sei tutto intero?”
“Sei un pazzo, Rogers. E tu, Point Break, non dovresti assecondare questo folle.”

L’enorme ombra e Thanatos erano riversi al suolo, ma non ci avrebbero messo molto a riprendersi, perciò bisognava prepararsi per il round successivo, quello finale.
Lo stesso Daskalos era a terra e, fortunatamente, l’onda d’urto lo aveva spinto abbastanza lontano da Anthea.

Steve sentiva le tempie pulsare, ma le ignorò.
Non era finita, non ancora, non era il momento di perdere la concentrazione.

“Stark, vai a prendere quell’esplosivo. Thor, io e te dobbiamo assolutamente raggiungere Anthea prima che lo faccia Daskalos. E-”
Hulk richiamò l’attenzione del trio con un ruggito. Il gigante verde aveva usato l’ombra come scudo per proteggersi dall’onda d’urto, mostrando di saper usare il cervello oltre che i muscoli.
Il Capitano gli puntò l’indice contro, sollevando gli angoli della bocca.
“E Hulk, tieni a bada questi mostri finché Stark non sarà tornato con l’occorrente per friggerli una volta per tutte.”
Il gigante rispose con un ghigno divertito.

“Noi cosa facciamo, Capitano?”
Natasha e Clint raggiunsero il resto del gruppo proprio in quell’esatto momento, pronti a rigettarsi nella mischia.
“Fate di tutto per aiutare Banner. Quei due mostri sono troppo forti persino per lui.”
“Sarà fatto, Cap” annuì Barton, impugnando l’arco.

I Vendicatori si guardarono ed ognuno di loro trasmise qualcosa agli altri, attraverso il solo sguardo.

“Non fatevi ammazzare” furono le ultime parole di Capitan America, prima che ognuno si muovesse per far fronte al proprio compito.



                                              ***



Non sapeva esattamente cosa fosse accaduto.
C’era stato un enorme spostamento di aria satura di elettricità e poi un fischio acuto le aveva violentato i timpani per alcuni secondi, prima che tutto intorno a lei divenisse stranamente silenzioso.
Ma, in fondo, in quel momento non le importava nulla all’infuori del corpo steso a terra davanti ai suoi occhi.
Wade non era ancora morto, ma lo sarebbe stato presto.
Decise di tentare il tutto per tutto. Avrebbe usato tutta l’energia che aveva in corpo per riportarlo indietro. Posò le mani sullo squarcio che si apriva sul petto dell’uomo, ma una debole presa esercitata da dita fredde le circondò i polsi, nel tentativo di impedirle di andare avanti.
“Il mio cuore è da buttare, ormai” sussurrò il moro.
“Posso salvarti” fu la risposta secca della giovane, nei cui occhi c’era terrore e smarrimento.
Wade scosse sensibilmente il capo e cercò di raccogliere le gocce di vita ancora insite nel suo corpo. Voleva che lei sapesse.
“Ascoltami.”

E in quel momento, guardandolo negli occhi ormai vacui, Anthea si rese conto di non poter fare niente per salvarlo. Strinse le mani fredde del proprio maestro tra le sue, come a volergli dire che lei ci sarebbe stata fino alla fine.
Poi lo ascoltò, rimanendo immobile ed in silenzio.


 

                                                      ***
 


Thor e Rogers osservarono Daskalos rimettersi in piedi e richiamare la sua spada. Il demone sembrava non aver subito danni rilevanti e già stava tornando alla carica, in direzione della sua preda, ora inginocchiata a terra e ignara di ciò che le stava accadendo intorno.
Anthea, estraniatasi dalla realtà, continuava ad osservare il viso di Wade, lei cui labbra si muovevano piano.
Le stava parlando.
Steve cercò di ignorare il vuoto alla stomaco provocato dall’assistere a quella scena. Era terribilmente confuso. Non riusciva a capire cosa fosse accaduto.

Perché Wade era lì? Perché Anthea non reagiva, lasciando al Padrone la possibilità di farle del male?

Per un attimo, la voglia di gridare fu impellente, ma si ricompose non appena Daskalos prese a correre verso la ragazza.
Rogers scattò, mentre Thor, rimasto fermo dietro di lui, richiamava il potere del tuono con il suo martello.

Il demone notò i due Vendicatori e decise di cambiare tattica.
Ignorò volutamente la sua preda principale, sorpassandola.
Steve, lanciatosi ormai a folle velocità verso Anthea, fece appena in tempo a capire che l’obiettivo del Padrone era cambiato, che venne artigliato per i fianchi e sbattuto violentemente a terra.
Daskalos lo tenne fermo, sedendosi sul suo bacino e bloccandogli le braccia sopra la testa con una sola mano a stringergli entrambi i polsi, mentre l’altra impugnava la spada incrostata di sangue.
“Finiamo il lavoro” sibilò il demone a pochi centimetri dal viso del biondo, frastornato per l’impatto della nuca contro l’asfalto.

Thor imprecò nel momento in cui si accorse che la mossa del Padrone era stata perfettamente strategica. Non avrebbe potuto colpirlo con i fulmini, non senza evitare di far del male anche al Capitano, perciò abbassò il martello che aveva rivolto al cielo e cominciò a rotearlo, in modo da acquistare la giusta spinta per investire quel mostro bastardo e levarlo di dosso al suo amico.
Partì all’attacco, velocissimo, ma qualcosa andò storto, perché non riuscì a raggiungere il suo obiettivo e si ritrovò a rantolare in ginocchio, stordito da un dolore lancinante al fianco sinistro.
Pochi metri più avanti, Daskalos, seduto comodamente sul corpo di Rogers, lo osservava con quei suoi occhi rossi come il sangue e sorrideva compiaciuto.

“Thor!”
Steve, nella posizione in cui era costretto, non riusciva a vedere il dio, ma il terrore lo invase nel momento in cui si accorse che Aima non era più nella mano del suo signore.
Il giovane cercò di divincolarsi per sfuggire alla ferrea presa che lo imprigionava, ma la sua forza era nulla in confronto a quella del demone, il quale gli rivolse un sorrisetto sghembo, come a rammentargli tale ineluttabile verità.

“Thor, figlio di Odino. Perché un essere del tuo calibro si sacrifica per salvare la vita di questi inutili umani? Non ha alcun senso.”
Il principe asgardiano, ancora ginocchioni, tossì, sputando sangue. La spada del mostro era conficcata nel suo fianco sinistro, da cui fuoriuscivano copiosi fiotti di liquido vermiglio.
Nonostante ciò, Thor sentì il bisogno di rispondere all’accusa mossa dal Padrone.
“Nessuno ha il diritto di decidere della vita e della morte di un popolo, nessuno può privarlo della libertà. Nell’universo ci sarà l’armonia solo se ci sarà il rispetto anche per il pianeta più debole. Se ogni popolo pensasse di dover sterminare quelli ad esso inferiori, allora ci sarebbe la fine dell’universo stesso, che esiste proprio per le infinite peculiarità che lo compongono.”
Daskalos rise.
“La tua visione è distorta, figlio di Odino. Questa feccia” il demone strinse la presa sui polsi di Steve, strappandogli un grido di dolore “deve sparire dalla faccia dell’universo ed io stesso provvederò a fare pulizia. Non capisco cosa ci guadagni a stare dalla loro parte.”
Thor ricacciò indietro i colpi di tosse che gli stavano infiammando la gola e trovò ancora la forza di parlare.
“Amicizia. Ma a te, sfortunatamente, è estraneo il significato di tale concetto. Io sacrificherei la vita per i miei compagni, perché nel momento in cui tutto sotto di te crollerà, loro saranno il solido appiglio che ti impedirà di cadere.”

Daskalos era rimasto in silenzio e sul suo viso era sparito il ghigno strafottente, come se quelle parole lo avessero colpito nel profondo.
Fu quella l’impressione che ebbe Steve, prima che il mostro cominciasse a ridere fragorosamente.
“Sei patetico.”
Con la forza della mente, il demone sfilò via la spada dal corpo di Thor, facendolo gridare. La lama volteggiò aggraziata, prima di puntare dritta al cuore della sua vittima, ormai fortemente indebolita.

Un tronco di ghiaccio crebbe improvvisamente dal suolo, innalzandosi ed ingrandendosi fino ad avvolgere completamente Aima, che venne così resa inoffensiva.

“Solo io ho il diritto di dare del patetico a Thor.”

“Loki” soffiò il dio del tuono, spalancando gli occhi, incredulo e, al tempo stesso, felice di vedere il suo fratellino.



                                                         ***



“Ti chiedevi perché avessi deciso di dedicare la mia vita alla realizzazione degli scopi del Padrone.”

La voce di Wade era poco più di un sussurro. Anthea era concentrata su quel flebile suono ed intorno a lei si estendeva il nulla. Non riceveva più alcun tipo di segnale, né visivo né uditivo.
Era come se non esistesse niente al di fuori del suo maestro.

“Possedevo una famiglia, una volta, ma mi venne strappata via a sedici anni. In una notte di tanti anni fa, due uomini armati di pistola si introdussero nella nostra abitazione, con l’intento di derubarci. Nonostante i miei genitori non opposero alcuna resistenza, quei bastardi li uccisero, senza mostrare alcuna pietà. Due colpi alla testa.”
Wade li rivide, i volti cinerei e colmi di terrore di sua madre e suo padre. I loro corpi erano caduti a terra con un tonfo sordo e non si erano più mossi, nonostante lui li avesse chiamati più volte. Ricordò le risate sguaiate dei due assassini, le cui facce erano rese orribili dai fumi dell’alcool e della pazzia.

“Poi, toccò alla cosa più preziosa che possedessi: la mia sorellina di appena sei anni.”
Wade lasciò che le lacrime gli bagnassero le guance, mentre il dolore di quel ricordo eclissava quasi completamente la sofferenza fisica.
“Posso ancora vedere il suo visetto. Gli occhi spalancati, la bocca protesa in un grido di terrore rimastole congelato nella gola, la pelle pallida e macchiata dal sangue fuoriuscito dal foro sulla fronte.“

Ad un singhiozzo ne seguì un altro e poi un altro ancora.

“Ma la cosa peggiore fu che loro non uccisero me. Mi lasciarono con il corpo della mia sorellina tra le braccia. Piansi e gridai fino a perdere la voce. Poi, all’alba del nuovo giorno, lui venne da me, affermando di aver sentito il mio dolore e di volermi aiutare. Mi disse che avrei avuto vendetta. Mi disse che, se mi fossi unito a lui, mi avrebbe reso forte. Mi disse che la sua missione era quella di estirpare il male dal mondo. Ed io gli credetti, perché ormai avevo perso tutto e perché volevo vendetta.”

Wade ebbe uno spasmo, ma rimase attaccato alla vita con le unghie.

“Da quel giorno, Daskalos mi prese con sé e mi dotò di poteri straordinari. Ebbi la mia vendetta e non puoi nemmeno immaginare come ridussi gli assassini che mi avevano distrutto l’esistenza. Niente per me aveva più senso, comunque.”
L’uomo si sforzò di sorridere in direzione della ragazza, il cui sguardo vagava nel vuoto.
“Poi sei arrivata tu. Assomigliavi così tanto alla mia sorellina. Hai ridato senso alla mia vita nel momento in cui hai cominciato a provare affetto nei miei confronti, inducendomi a ricambiarti. Sei diventata la mia famiglia, Anthea, e non mi perdonerò mai il fatto di averti tradita.”

La giovane paranormale riacquistò di colpo abbastanza lucidità da poter parlare in modo sensato.
“E hai aspettato che fossi sul punto di morte per aprirmi il tuo cuore?”
Non c’era rabbia nella sua voce, solo una profonda tristezza.
“Mi dispiace così tanto.”
“Ti perdono.”
Wade cercò di sorridere ancora, ma fallì miseramente.
Doveva dirle un’ultima cosa.
“Ascoltami bene. Combatti per proteggere ciò che ami e non perdere mai la voglia di vivere oppure lei …”
Colpi di tosse gli impedirono di continuare e fu in quel momento che il cuore cedette definitivamente.

Anthea chiuse gli occhi e abbandonò le mani del suo maestro, ridotto a un guscio vuoto e freddo.
Era andato via, per sempre.

Non pianse. Perché le lacrime sarebbero state il segno della sua più completa disfatta interiore.

Ma, al tempo stesso, non riusciva a trovare la forza di reagire. Era la prima volta che perdeva una persona per cui aveva provato affetto.
Poi, la voce della coscienza sembrò sussurrarle qualcosa.

Ci sono ancora loro.
C’è lui.


“Steve.”
Quelle cinque lettere messe assieme producevano il suono più dolce che avesse mai ascoltato.
Qualcosa dentro di lei si mosse, andando ad intaccare il suo spirito ferito.
Questa volta, Anthea lasciò che l’altra parte di sé uscisse un poco allo scoperto.
Ne aveva bisogno. Con le sue sole forze non avrebbe avuto alcuna possibilità.
Quando risollevò le palpebre, qualcosa negli occhi era mutato. Le iridi avevano assunto il colore della pece e si erano fuse con la pupilla stessa.
Guardò per l’ultima volta il viso pallido di Wade, il suo mastro, il suo amico, la sua famiglia.
Poi, l’oscurità intorno a lei svanì, lasciando il posto a colori e suoni.

Anthea stava finalmente riemergendo dall’abisso in cui era affondata, per tornare alla realtà.



                                                  ***



“Stark, allora arriva quest’esplosivo?”

Clint rotolò di lato, evitando di essere schiacciato dal piede dell’enorme ombra. Senza rialzarsi, afferrò una freccia dalla faretra e la scagliò contro quell’abominio oscuro, osservando la detonazione innescarsi non appena quella impattò sulla gamba destra dell’obiettivo.
L’ombra barcollò appena e fu Hulk a sfruttare l’occasione, trascinandola a terra con la sola forza del suo peso.

“Trovato!”

“Finalmente, Stark!” sbuffò la Vedova, mentre tentava di tenersi a debita distanza dagli artigli di Thanatos, che aveva fatto infuriare parecchio nel momento in cui era riuscita a piantargli un coltello nell’occhio sinistro.

“Colpa del disordine. Sto arrivando.”




Iron Man uscì fuori dal ventre del velivolo, tenendo strette tra le mani ben quattro bombe dalla forma sferica e con la capacità di radere al suolo una piccola cittadina.
“Spero che tu abbia ragione, Cap, o qui saltiamo tutti in aria.”
Attivò i propulsori sotto la pianta del piede e prese il volo, ma si bloccò non appena individuò sotto di sé Thor e Rogers.

Natasha, Clint e Hulk stavano combattendo all’incirca cinquecento metri più avanti, nell’attesa del suo arrivo.
Tony sapeva che avrebbe dovuto raggiungerli al più presto o avrebbe rischiato di farli uccidere, ma i due ragazzoni biondi se la stavano vedendo davvero brutta.
Thor sembrava sul punto di perdere conoscenza, mentre il Capitano era letteralmente nelle mani del demone.
E c’era anche Loki, le cui intenzioni, Stark, non riuscì a definirle - perché Loki sarebbe rimasto sempre un mistero, persino per un genio come lui.

Cosa fare, allora? Aiutarli o tenere fede agli ordini impartiti da Capitan America?
Ma poi cosa ne sarebbe stato dei compagni che lo attendevano più avanti?
Beh, era questione di tempo, in fondo. Doveva solo sbrigarsi.


“Clint, Nat, tenete duro. Devo fare una piccola deviazione.”
Fu proprio nel momento in cui prese a scendere, che incontrò gli occhi azzurri del giovane Capitano e lesse in essi una muta preghiera, mista ad un lieve ammonimento.
Steve Rogers, immobilizzato a terra da un nemico che avrebbe potuto farlo a pezzi in quello stesso momento, scosse il capo in direzione di Tony e mimò un va’ con le labbra.
Non era un ordine, ma una supplica.
E Stark acconsentì, anche se a malincuore.
Cacciò un grido di rabbia, mentre riprendeva il volo verso quella che era la sua meta, sentendosi impotente come mai prima.



                                                           ***



“Thor, ce la fai o hai bisogno della balia?”

Il tono strafottente di Loki attirò l’interesse di Daskalos.
“Tu saresti il figlio di Laufey. Sentiamo, anche tu combatti per Midgard?”
Il dio degli inganni scosse il capo, sorridendo.
“Io combatto solo per me stesso. E se oggi sono dalla loro parte, è per evitare che tu diventi troppo potente da ridurci tutti ad un manipolo di schiavetti.”
“Bene, allora preparati a morire. Nessuno deve ostacolarmi.”

La schiena del demone, improvvisamente, si deformò, gonfiandosi innaturalmente, fino a creare un buco nell’armatura argentea. Il bozzolo uscito dal suo dorso cominciò ad acquistare la forma di una testa, poi fuoriuscirono delle braccia ed un corpo. La protuberanza si divise dal corpo originario e una copia esatta del Padrone prese vita davanti agli occhi increduli dei due asgardiani.

“Si è sdoppiato” constatò Thor, mentre si rimetteva in piedi.
Fortunatamente, la spada non aveva danneggiato organi vitali, perciò, nonostante il dolore, il dio era pronto a combattere ancora.
Ma non era finita lì.
La copia stessa di Daskalos ne generò un’altra allo stesso identico modo dell’originale. I due cloni si sdoppiarono a loro volta.

“Ce ne sono cinque, adesso.”
“So contare, Thor” sbuffò Loki, anche lui - non lo avrebbe dato a vedere e men che meno lo avrebbe ammesso - abbastanza preoccupato.

“Scusate se non vi presto le dovute attenzioni, ma devo finire un certo discorsetto con una persona.”
Gli occhi di sangue del mostro si puntarono in quelli azzurri di Steve, il quale non aveva smesso di fare resistenza nemmeno un secondo, nonostante i suoi tentativi di liberarsi fossero stati del tutto vani.
“Penseranno loro a voi due. Uccideteli” ordinò ai suoi cloni, che scattarono verso i due dei, ringhiando come orribili fiere.

Thor lanciò uno sguardo colmo di preoccupazione in direzione del Capitano. Doveva sbrigarsi ad eliminare quelle mostruose copie.
Doveva raggiungere Steve, prima che fosse troppo tardi.



“Adesso torniamo a noi due, ragazzino.”

Forse l’istinto di sopravvivenza, mescolato con una buona dose di disperazione, diede a Rogers la forza necessaria per sferrare un colpo di reni tanto potente da far sobbalzare di qualche centimetro il demone, che sfortunatamente riuscì subito a riprendere il controllo, nonostante la sorpresa iniziale.

“Piccolo stronzetto.”
La testata che gli arrivò dritta sulla fronte gli strappò un ennesimo grido di dolore. Il sangue, fuoriuscito dalla parte lesa, formò piccole lacrime che gli colarono sul viso e negli occhi.
Steve si accorse con orrore che faticava a mettere a fuoco ciò che lo circondava. Alcune lacrime involontarie gli rigarono le guance, mentre fitte acute gli pugnalavano il cervello.
“Oh, devo aver esagerato. Scusa la mia impellenza” lo prese in giro il demone, invaso dal piacere di vederlo ridotto in quello stato pietoso.
Il Capitano strinse i denti e scosse il capo. Strattonò i polsi, cercando di liberarli dalla ferrea presa del mostro.
“Lasciami.”

Daskalos non riusciva a comprendere quel ragazzino.
Tutti gli uomini con cui aveva avuto a che fare si erano piegati a lui, senza nemmeno opporre resistenza. Si erano resi conto dell’immensa superiorità del nemico ed erano scappati con la coda tra le gambe, implorando al contempo di essere risparmiati.
Il modo in cui gli umani erano attaccati alla vita era quasi ridicolo. Erano disposti a rinnegare ogni loro ideale, a leccare per terra, pur di non morire.
Invece, quel ragazzino, non demordeva, nonostante stesse patendo una sofferenza distruttiva. Non riusciva a spezzarlo ed era proprio per questo che temporeggiava, rimandando il momento in cui l’avrebbe ucciso.
Voleva piegare lo spirito di quel giovane.
Voleva vederlo pregare pietà.
Voleva che desiderasse la morte.

Non poteva esistere un umano che non si prostrasse al suo cospetto.
Senza contare il fatto che Steve Rogers aveva avuto l’esuberanza di portargli via il suo gioiello.

“Sei testardo. O forse sei solo un folle. Non capisci che nulla di quello che farai ti salverà da me? Ribellandoti, peggiori solo la tua situazione, mio caro ragazzo.”

Steve respirava a fatica. Era esausto.
La voglia di chiudere gli occhi e abbandonarsi al destino era quasi allettante in quel momento.
Se solo la testa avesse smesso di provare ad esplodere.
Daskalos ruppe la linea incerta dei suoi pensieri, richiamando l’attenzione su di lui con una stretta eccessiva sui polsi, le cui ossa scricchiolarono pericolosamente.
Rogers non poté impedirsi di rabbrividire nell’osservare i canini del demone allungarsi ed affilarsi, fino a fuoriuscire dalla bocca incapace di contenerli.

“No” si lasciò scappare, quando scorse negli occhi del nemico un luccichio sinistro.
Il Padrone si chinò ed affondò i denti nella sua spalla destra.

Il giovane Capitano gridò, ancora ed ancora, mentre il demone serrava la mascella sempre con più forza.

“Basta!” fu la disperata richiesta che, naturalmente, venne ignorata.



                                                ***



“Stark. È Steve.”

Le grida del loro compagno erano ben udibili, nonostante loro fossero abbastanza distanti da lui.
Natasha era abituata alle urla delle persone.
Quante volte ne era stata lei stessa la causa?
Ma Steve … non poteva sopportare che qualcuno si prendesse la briga di giocare con lui, portandolo verso un pericoloso punto di rottura.
Tony però era stato categorico. Avrebbero portato a termine il loro compito e poi sarebbero andati ad aiutare Rogers, nella speranza che resistesse abbastanza da rimanere vivo fino al loro arrivo.

“Hulk, mi serve che tu faccia spalancare le bocche di quei mostri” urlò il miliardario in direzione del gigante verde, intento a prendere a pugni Thanatos.

“Ci penso io alla bestia, Stark. Dammi l’esplosivo. Non abbiamo tempo da perdere.”
Iron Man affidò due delle quattro bombe alla Vedova, la quale fece cenno a Clint di raggiungerla.
Occhio di Falco scagliò l’ultima freccia elettrificata contro l’ombra per stordirla, così da guadagnare tempo, e poi corse in direzione della compagna.

“Mi serve una delle tue frecce-cavo.”
Velocemente, Natasha si legò alla vita l’estremità della corda dotata di freccia e spiegò a Clint il piano con poche ed essenziali parole.
“Sii puntuale” gli raccomandò.
“Fidati.”
“Mi fido.”
La rossa si precipitò verso la bestia, mentre il cavo dietro di lei si srotolava ad ogni passo.
Thanatos le venne incontro e Natasha accelerò.
Il cavo doveva tendersi completamente o sarebbe finita male.
Ad una manciata di metri dal mostro, sentì la tensione alla vita aumentare, segno che poteva agire. Saltò in avanti e la bestia aprì d’istinto le fauci. La spia russa si ritrovò tra di esse, sospesa ancora nel salto. Abbandonò di getto le bombe strette tra le braccia e, subito dopo, venne strattonata indietro dalla corda che Clint, fermo lì dove l’aveva lasciato, stava riavvolgendo tramite l’apposito congegno.
Le fauci di Thanatos si serrarono ad un centimetro dal viso della Vedova, riempiendosi di sola aria.
Natasha cadde a terra sulla schiena, ma reagì in fretta, balzando in piedi, liberandosi del cavo intorno la vita e allontanandosi velocemente dalla bestia, trasformatasi in una bomba ad orologeria.

“Corri Clint! Sta per esplodere!”
Si allontanarono il più possibile, prima che Thanatos scoppiasse come un palloncino saturo di aria.

Alcuni istanti dopo, anche la gigantesca ombra esplose, segno che Iron Man e Hulk erano riusciti a gettarle in gola le bombe.

Dei due mostri rimase solo polvere e fumo.



                                                   ***



Daskalos si staccò di colpo dalla spalla del giovane Capitano, alzando il capo per rivolgere lo sguardo laddove due colonne di fumo nero si innalzavano verso il cielo grigio e gonfio di pioggia.
Il demone ringhiò inferocito, nel momento in cui si rese conto di non sentire più la presenza vitale delle sue creature d’ombra.

“Hai … perso … qualcosa?”
Ogni parola gli costò uno sforzo immane, ma l’orgoglio che provava verso i suoi compagni gli fece sollevare gli angoli della bocca.
Sorrise, Steve, sotto lo sguardo di fuoco del Padrone, ignorando il fatto di aver perso la sensibilità al braccio destro.

“Vedremo se festeggeranno quando gli porterò il tuo corpo senza vita.”
Il Capitano continuò a sorridere e scosse piano il capo.
“Guardati le spalle, piuttosto.”

Non fece in tempo a seguire il consiglio del ragazzo. Un raggio di pura energia lo colpì sulla schiena, spingendolo via dal corpo del super soldato.
Daskalos si ritrovò tempestato da una miriade di fasci azzurrini, prima che un gigantesco pugno verde lo spedisse oltre il corrimano del ponte, dritto nelle acque dell’East River.
I cloni del demone smisero di lottare contro i due asgardiani e, come trascinati da una forza invisibile, si gettarono anch’essi nel fiume per ricongiursi all’originale.


“Ehi, ragazzo, sei tutto intero?”
Natasha si accovacciò al fianco del giovane Capitano, cercando di non mostrarsi allarmata quando si rese conto della gravità delle ferite del compagno.
La divisa era strappata all’altezza dei fianchi graffiati, laddove il Padrone l’aveva afferrato per gettarlo a terra. Sulla fronte si apriva uno spacco che avrebbe avuto bisogno di punti di sutura, ma la spalla destra era quella messa peggio: due buchi profondi laceravano la carne e la quantità di sangue che ne stava uscendo era preoccupante.
Eppure Rogers si mise a sedere e guardò la donna in viso, accennando un lieve sorriso.
“È tutto okay” mentì palesemente, quando faticava addirittura a tenere gli occhi aperti.
La Vedova lo osservò rimettersi in piedi con estrema lentezza, mentre tentava di muovere le dita della mano destra, per recuperare la sensibilità dell’arto martoriato.

Il resto della squadra, con annesso Loki, raggiunse i due.
Il rombare sommesso dei tuoni preannunciò l’esplodere del temporale. Raffiche impetuose e fredde di vento schiaffeggiarono i volti tesi e stanchi dei Vendicatori.
Quella poteva perfettamente definirsi la quiete prima della tempesta.
Erano passati diversi minuti e di Daskalos non vi era ancora traccia.

“Avete visto il mio scudo?”
Steve ruppe quel silenzio fattosi improvvisamente ingombrante, guadagnandosi occhiate abbastanza preoccupate e scettiche, cosa che lo innervosì.
“Sto bene” affermò convinto.
“E io sono un barbone analfabeta che vive sotto i ponti” fu la risposta sarcastica di Stark.
Rogers non trovò la forza di ribattere a dovere. Si rese conto che fingere con loro sarebbe stato del tutto inutile.
Si guardò intorno e individuò il cerchio in vibranio più avanti, vicino il corpo di Wade.
Fu in quel momento che realizzò che Anthea era scomparsa.
I presenti seguirono il suo sguardo allarmato, arrivando alla stessa conclusione.

Li aveva abbandonati?
Steve sentì il cuore contrarsi dolorosamente, mentre pregava che non fosse così ... perché lei sarebbe tornata … forse stava solo aspettando il momento giusto per agire.

TipregoTipregoTiprego non tradirmi adesso.

Ma prima che qualcuno dicesse anche una sola parola, la figura di Daskalos, sospesa nel vuoto, lievitò sopra il ponte, dove si posò aggraziata.
“Assorbire le mie copie ha richiesto del tempo, ma penso sia l’ora di farla finita.”
Il demone li invitò ad attaccare, sorridendo sadicamente.

Natasha attivò i morsi della Vedova attorno ai propri polsi e Clint impugnò l’arco. Gli altri li imitarono, preparandosi allo scontro vinci o muori.

Fu il gesto di Thor a prendere un po’ tutti alla sprovvista. Il dio si pose davanti a Rogers, premendogli una mano sul petto per spingerlo indietro.
“Allontanati il più possibile.”
Steve spalancò gli occhi a quelle parole, confuso.
“Non posso abbandonarvi, non adesso. Si lotta fino alla fine, insieme.”
Thor gli diede una pacca sulla spalla, scuotendo il capo.
“Non credi sarebbe profondamente ingiusto da parte nostra permetterti di combattere nelle tue condizione attuali?”
Il giovane Capitano abbassò il capo, rimanendo in silenzio, e il dio non perse quell’occasione per rincarare la dose.

Perché Steve era testardo.

“Permettere ad un compagno di uccidersi è un atto ingiurioso quanto il tradimento. Trova Anthea e allontanati da qui.”

Steve sentì il peso dell’inutilità gravargli sulle spalle e per un attimo rivide il ragazzino di Brooklyn, quello basso e gracile, quello che poteva solo essere protetto e non proteggere.
Non doveva abbandonarli. Non voleva.
“Lascia almeno che vi guardi le spalle. Posso farcela, Thor, io-”

“Tu sei già morto, ragazzino.”
La voce velenosa del demone si insinuò nella discussione, accendendo un campanello di allarme in ognuno dei Vendicatori.

“Non pensare che ti lasceremo avvicinare ancora a lui” fu la risposta tagliente di Stark, che avrebbe tanto voluto spaccare la testa a quel mostro schifoso.

“Troppo tardi.”
Daskalos rise.



                                                           ***



Ma dove diavolo era finita?

Intorno a lei c’era il nulla. Un nulla oscuro.
Il buio si estendeva all’infinito in tutte le direzioni.
Poi, d’improvviso, una tenue e candida luce si materializzò davanti ai suoi occhi e, lentamente, cominciò a modellarsi, fino ad assumere una forma conosciuta.
Quella che aveva di fronte era una donna. Una donna bellissima e nel fiore degli anni, coperta da un leggero velo bianco. I capelli argentei, simili a fili di seta, le arrivavano a carezzare le fini caviglie. Il viso candido e dai lineamenti delicati richiamava la più assoluta purezza d’animo ed era in contrasto con gli occhi sanguigni, identici a quelli di Daskalos.
Anthea, con la bocca leggermente dischiusa per l’incredulità, la osservò avvicinarsi e non mosse un dito quando quella stupenda creatura le prese le mani, stringendole delicatamente.

“Siamo in una dimensione particolare, figlia di due mondi. Io sono Aima.”
“La spada?”
“La sua anima.”

Anthea faticava a comprendere. Ricordava di essersi svegliata da quella specie di coma autoindotto, dopo aver lasciato andare Wade.
Poi si era ritrovata lì.
La creatura le sorrise, cercando di rassicurarla.

“Abbiamo poco tempo, perciò cerca di interiorizzare ciò che sto per dirti. Non rifiutare la verità, Anthea. Non servirà a nulla, perché non puoi sfuggirle per sempre.”

La giovane annuì solamente, troppo confusa per poter fare altro.

“Io fui forgiata dai Nani di Nidavellir per Azael, re di Oneiro e tuo padre.”

Allora era vero! Loki aveva ragione!
OddioOddioOddio
Sta’ calma.


“Ma prima che venissi consegnata ad Azael, i Nani furono costretti ad utilizzarmi come pegno, affinché Daskalos non distruggesse il loro pianeta. Poi Oneiro scomparve e tuo padre, unico sopravvissuto, riuscì a raggiungere la Terra dopo anni trascorsi a vagare nello spazio, da un pianeta all’altro, tenuto vivo solo grazie all’immenso potere che abitava il suo corpo. Arrivò su Midgard quasi cento anni fa e, osservando gli umani, si convinse che loro fossero i più idonei all’accettazione del suo seme, dentro il quale avrebbe impiantato la sua coscienza. Azael scelse la sua donna guidato solamente dal cuore. Evelyn, tua madre, non conobbe mai la verità celata dietro gli occhi ipnotici di tuo padre. Morì durante il parto, diciotto anni fa, troppo debole per sopportare quel potere che l’aveva logorata per mesi dall’interno. Azael, pur divorato dal senso di colpa, raggiunse lo scopo finale del suo piano: trasferì dentro il corpicino di sua figlia la propria anima, pregna di tutto il suo potere, e fu proprio questo passaggio di energia che permise a Daskalos di individuarti e raggiungerti sulla Terra. Daskalos ha costantemente bisogno di prendere forza vitale dagli altri esseri per mantenersi in vita, ma se avesse messo le mani sul potere di Azael, sarebbe divenuto immortale. Questo è il motivo per cui vuole te. Dentro di te c’è quel potere che brama da millenni e che tuo padre ha sempre cercato di proteggere, evitando la fine dell’universo. Ma Azael perse la vita nel momento in cui la sua anima si fuse completamente alla tua e fu costretto a lasciarti in balia del demone, il quale avrebbe solo dovuto attendere che tu maturassi a sufficienza per prendere ciò che lo avrebbe reso immortale ed invincibile.”

“Come sai tutte queste cose?”
Fu questa l’unica domanda che riuscì a formulare, nonostante la sua testa stesse minacciando di esplodere.

Sta’ calma.

“Io sono sempre stata collegata all’anima di Azael e, di conseguenza, sono ora collegata alla tua. Impugnami, Anthea, e io ti aiuterò ad uccidere Daskalos. Solo tu puoi spezzare le catene che mi tengono legata a quel demone, nessun altro. Ma ti avverto. Nel momento in cui le tue dita stringeranno l’elsa della spada, la coscienza di Azael verrà risvegliata ed ogni suo ricordo diverrà il tuo. Ci sono cose che non ti ho detto, cose che potrebbero farti vacillare e …”

“Non importa. La mia priorità, adesso, è aiutare i Vendicatori. Loro sono troppo importanti e non lascerò che dei ricordi, anche se dolorosi, si frappongano tra me e la loro salvezza. Quindi, sono pronta.”

Aima sorrise e lasciò andare le mani della giovane, mentre al suo fianco si materializzava la potente spada.
“La convinzione di Azael era esatta, dopotutto. È merito dell’umanità se tu sei migliore di lui, la cui fredda razionalità lo ha condotto a compiere azioni discutibili. Preparati, perché la verità sarà dura da accettare.”

Anthea respirò profondamente ed allungò la mano verso l’arma. Le dita affusolate circondarono l’elsa nera e l’oscurità intorno a lei divenne luce pura e bianchissima.
Una vita riemerse con violenza dai meandri del suo inconscio, destabilizzandola fortemente e facendole male al cuore.
Si aggrappò all’unico scoglio sicuro per far fronte a quel mare di dolore in cui stava rischiando di affogare.

SteveSteveSteveSteveSteveSteveSteve

Serrò le palpebre, cercando di bloccare quel fiume di immagini raffiguranti un’esistenza che non le apparteneva.

“Non perdere mai la voglia di vivere, Anthea, o Daskalos sarà l’ultimo dei tuoi problemi.”

Quella fu la raccomandazione sussurratale dallo spirito di Aima, prima che aprisse gli occhi, scoprendo di essere nuovamente sul Brooklyn Bridge.
Posò lo sguardo sul pungo chiuso attorno all’elsa, notando che il nero aveva ceduto il posto al bianco.
Azzerò la mente ancora sconvolta e pose l’attenzione su un unico obiettivo: distruggere Daskalos.

Purtroppo, ben presto, si rese conto di essere arrivata tardi.



                                                ***



Daskalos si era evidentemente stancato di attendere oltre.
Era giunto tra di loro in un battito di ciglia e Natasha, nonostante la capacità di tenere sotto chiave l’agitazione anche nelle situazioni peggiori, non era riuscita ad evitare di rabbrividire quando se lo era ritrovato proprio davanti, con quegli occhi rossi fissi su di lei.
Per alcuni istanti, tutto parve congelarsi.

“Maledizione.”

L’imprecazione di Barton ebbe lo stesso effetto della leggendaria frase “Scatenate l’inferno”.

Il demone colpiva ad una velocità che andava oltre ogni percezione sensoriale. Sembrava fosse ovunque nello stesso istante.

La Romanoff si ritrovò piegata in due, con il fiato spezzato ed un dolore pungente nello stomaco. Era stata colpita e non era nemmeno riuscita a capire da dove fosse arrivato l’attacco.
Sentì Clint gridarle qualcosa, poi il familiare sibilo di Mjolnir che sfreccia nell’aria ed il fischio sottile emesso dai raggi di energia sparati da Iron Man.

Il ruggito di Hulk … il sibilo appartenente ad una freccia scoccata … il fragore di propulsori … respiri affannosi … gemiti … imprecazioni … “sta’ attento!” … “alle spalle!” …

In una cacofonia infinita, la lotta all’ultimo sangue si stava consumando secondo dopo secondo e, nonostante la disperata resistenza, Daskalos pareva inarrestabile ed invincibile.

Il gigante verde stramazzò a terra a causa dell’intensa scarica di elettricità che il Padrone aveva innescato nel suo corpo, toccandolo solamente.
Stark si accorse con orrore che le dimensioni di Hulk si stavano riducendo a vista d’occhio, così lo raggiunse e se lo caricò in spalla, portandolo lontano dal cuore dello scontro ed adagiandolo contro un pezzo del corrimano del ponte sospeso.
Hulk era andato. C’era solo Banner, adesso.
Tony si accertò che il compagno respirasse, prima di tornare indietro, nella speranza di rivedere presto il gigante verde.

Quel bastardo di un demone sapeva dove colpire per indebolirli e spezzarli.
E adesso, senza Hulk, la disfatta assumeva sempre più concretezza.


Thor cadde in ginocchio poco dopo, con le mani premute sul viso.
“I miei occhi! Non vedono!”
L’orrore più puro si insinuò nel cuore dell’asgardiano, privato della preziosa vista a causa di un qualche oscuro sortilegio.
Le iridi erano scomparse assieme alla pupilla e ciò aveva reso gli occhi completamente bianchi, simili a quelli di un cadavere.
Loki imprigionò il demone in una lastra di spesso ghiaccio, prima che quello raggiungesse il fratello, reso completamente impotente e vulnerabile.

Steve - nonostante le parole di Thor, era rimasto a combattere al fianco dei suoi compagni, dopo aver recuperato lo scudo - scattò in direzione del dio del tuono, approfittando della momentanea immobilità del nemico. Tirò su il compagno e tentò di guidarlo lontano dal Padrone, che aveva già ridotto in frantumi la parte superiore della lastra ghiacciata, usando la pura forza della mente.

“Andiamo Thor, avanti” gridò il Capitano, mentre sosteneva l’amico vacillante e mentalmente distrutto.
Thor era l’altra colonna portante dei Vendicatori per la grande forza e l’incredibile resistenza di cui era dotato.
Daskalos l’aveva chiaramente capito ed aveva fatto sì che fosse escluso da quel macabro gioco di morte.
Rogers condusse il dio vicino al corpo privo di sensi di Banner.
“Si sistemerà tutto, Thor” disse, nonostante mancasse di convinzione.
L’asgardiano rimase immobile, con gli occhi vuoti spalancati.

Erano rimasti in cinque adesso e credere di avere una qualche possibilità sarebbe stato come sperare di vedere un asino prendere il volo.

La lastra di ghiaccio andò in mille pezzi e il demone fu di nuovo libero.
Loki sussultò nel momento in cui se lo ritrovò di fronte e quegli occhi di sangue lo ancorarono al terreno.
“Mi sento in dovere di ricambiare il favore, Loki di Jotunheim” lo beffeggiò il Padrone, poggiandogli un dito sul petto.
Da quel punto di contatto iniziò a diramarsi una ragnatela di ghiaccio, che presto avvolse l’intero corpo del dio, trasformandolo in una statua ghiacciata.

Meno tre.

“Avengers, rimaniamo uniti o continuerà a prenderci, uno dopo l’altro.”
Le parole di Rogers risuonarono nei ricevitori dei compagni ancora in grado di lottare, i quali si affrettarono a raggiungerlo.

Purtroppo, Daskalos intercettò Barton prima che si riunisse agli altri. Inutili furono i tentativi di resistenza dell’arciere, quando il demone gli imprigionò i polsi nella stretta ferrea delle sue lunghe dita.
Il suono del brutale spezzarsi delle ossa fu seguito da grida disperate. Clint sentì lo stomaco contrarsi nel momento in cui il dolore raggiunse il picco massimo e tutto intorno a lui divenne un ammasso di ombre sfocate.

“Clint! No, ti prego!”
Natasha lo vide accasciarsi al suolo, con i polsi spezzati e penzolanti.

Meno quattro.

“Non disperare. Tu sei la prossima.”
La Vedova corse incontro al mostro, guidata da una rabbia quasi cieca. Non sentì nemmeno i richiami disperati di Rogers.
La donna raggiunse l’obiettivo, balzò sulle sue spalle e gli spinse i morsi della Vedova contro il collo.
Tuttavia il demone non collassò a terra, né si scompose in qualche modo. Afferrò la rossa per una gamba e se la levò di dosso, sbattendola a terra.
Natasha colpì violentemente l’asfalto con la nuca e rimase immobile, stesa a terra.

Meno cinque.

Capitan America e Iron Man, lanciatisi in soccorso della compagna, si bloccarono nel momento in cui Daskalos si volatilizzò, ignorando la Romanoff, ormai resa inoffensiva.

Era il loro turno, adesso.

I due si posizionarono schiena contro schiena e scandagliarono ogni millimetro quadrato dello spazio circostante, in cerca della presenza del nemico.
Se fossero caduti anche loro, allora sarebbe stata la fine.

Dove sei, Anthea? Ti prego, non abbandonarci. Non abbandonarmi’ era la muta preghiera del super soldato.

“Sembra la classica situazione di un film horror. La coppietta felice in balia del pazzo assassino.”
Rogers venne riscosso dai suoi pensieri e si lasciò scappare una mezza risata, forse dettata dalla pressione che lo stava facendo sprofondare verso un oscuro abisso.
“Non siamo una coppietta felice, Stark.”
“Non pensavo dovessimo trovarci in una situazione di merda come questa, affinché tu ridessi alle mie battute, Rogers.”
“È davvero finita, Tony?”
“Solo quando saremo morti, Steve. Non prima.”

Il giovane Capitano strinse forte le dita della mano sinistra attorno le cinghie dello scudo, tenuto all’altezza del petto.
Come quando ci si sveglia dopo aver perso conoscenza e si riacquista la percezione del proprio corpo, così Steve cominciò a ricevere segnali provenienti dal suo corpo stremato oltre i limiti, segnali fino ad allora occultati dall’adrenalina.
Le gambe faticavano a tenerlo in piedi, le braccia erano pesanti, lo stomaco sembrava essersi attorcigliato su sé stesso e le tempie pulsavano quasi con violenza. Si accorse dal lieve battere dei denti di star tremando. Aveva tremendamente freddo, nonostante il sudore gli stesse imperlando la fronte e la schiena. Il respiro stava diventando affannoso, mentre la vista veniva meno e il mondo intorno a lui si deformava.

“Tony”

Le prime gocce di pioggia scesero delicatamente sulla terra.

“Cosa c’è?”

Il vento, però, sembrava essersi placato.

“Io non …”

Lo scudo cadde con un tonfo sordo sull’asfalto.
Stark si voltò appena in tempo per vedere Steve vacillare e accasciarsi in ginocchio.
I respiri del giovane erano brevi e veloci. Il cuore gli batteva all'impazzata.

“Rogers, cos’hai?”
Tony tentò di non cedere al panico, ma fu inevitabile.
Si accucciò di fronte al compagno e lo sostenne per le spalle.

“Lo avevo avvertito, lui era già morto da un po’, esattamente nel momento in cui i miei canini avvelenati sono penetrati nella sua carne.”
La voce suadente di Daskalos costrinse Tony a spostare lo sguardo oltre le spalle di Rogers. Il demone torreggiava su di loro, con un sorrisetto beffardo sull’orrenda faccia.

“Che tu possa bruciare all’inferno, brutto figlio di puttana.”
“Sarai tu a bruciare, umano.”

Non riuscì a capire come, ma Stark si ritrovò sospeso in aria, con le dita della mano destra del demone strette attorno la gola dell’armatura.
Rogers era qualche metro proprio sotto di lui.
Il metallo prese ad accartocciarsi sotto la pressione delle falangi e l’aria venne a mancare troppo presto.
L’armatura sarebbe divenuta la sua tomba, alla fine.
Non accadde.
Perché Daskalos mollò di colpo la presa, lasciandolo libero. Stark attivò i propulsori ed evitò di schiantarsi al suolo. Tornò immediatamente da Rogers, che era ancora in ginocchio, aveva i palmi delle mani schiacciati sull’asfalto e la testa abbandonata in avanti.
Tremava come una foglia.
Era pallido da far paura e le labbra avevano assunto un colore bluastro.

Solo in un secondo momento, Tony condusse gli occhi verso il cielo, scoprendo il volto di colei che gli aveva appena salvato la vita.

“Ehi Rogie, devi resistere okay? Lei è qui, è tornata. Andrà tutto bene, vedrai. Ma tu devi tener duro, mi hai capito?”

Steve, poco dopo, perse i sensi.



                                                   ***



Gli aveva trapassato il deltoide destro con la spada. Daskalos aveva ringhiato di dolore e si era spinto in avanti per sfilarsi dalla lama affilata.
Ora la guardava furente, mentre dalla lacerazione fuoriuscivano fiotti di sangue violaceo.

“È sleale attaccare alle spalle, ragazzina.”
“Non puoi permetterti di parlare di correttezza, mostro.”
Il demone rise nel sentirsi appellare in quel modo da lei.
“Non siamo tanto diversi, dopotutto.”
“Forse no o forse sì. Starà a me decidere.”
“Vuoi usare la mia arma contro di me?”
“Non è mai stata tua, Daskalos.”

E con quelle ultime parole, Anthea si fiondò sul demone, che rimase quasi sorpreso nel constatare che la sua avversaria era molto più forte e veloce di prima.
La risposta stava nelle iridi nere come la pece. La ragazza stava sfruttando una parte del suo potere oscuro, senza perdere il controllo.

Colpa del legame instaurato con quell’infimo umano.
Il legame creava stabilità mentale e fisica, impedendo alla parte inconscia di prendere il sopravvento.
Ma al ragazzino restava poco tempo.
Spezzato il legame, il potere dell’oneiriana sarebbe stato suo.

Daskalos diede forma ad una spada di pura energia nera, così da potersi difendere dagli affondi di Aima, che faceva vibrare l’aria ad ogni sferzata. Combattevano sospesi a metri da terra, animati da una furia bestiale.
Anthea creò una palla di fuoco nella mano sinistra e la scagliò contro il nemico. Il demone la schivò all’ultimo, distraendosi quel tanto da permettere alla giovane di affondare la spada nel centro del suo petto con un movimento fluido e velocissimo.
Daskalos percepì le energie defluire attraverso la lama, che prese a brillare di luce propria.

“So che ti serve divorare il potere altrui per sopravvivere. Speravi di avere il mio al più presto, perciò hai smesso di razziare i pianeti dell’universo e ti sei stabilito sulla Terra. Ma sei rimasto a mani vuote, perciò adesso sei vulnerabile ed io non posso non sfruttare questa occasione.”

Il Padrone tossì e precipitò al suolo.

In quello stesso momento, Thor riacquistò la vista, mentre Loki fu libero dalla sua prigione di ghiaccio.
L’elettricità smise di torturare le cellule di Banner, che cominciò a riprendere conoscenza.

Anche Anthea tornò con i piedi per terra. Con la forza della mente, la giovane sollevò il corpo del mostro e lo posizionò proprio di fronte a lei.
“Vuoi che ti spezzi prima il collo o la colonna vertebrale?”

Daskalos, bloccato da catene invisibili fatte di pura energia, ringhiò frustrato. La lacerazione nel petto continuava a vomitare liquido denso e violaceo.

“L’unica cosa che si spezzerà sarà il tuo cuore, piccolo demonio.”

La ragazza non riuscì a ribattere, perché un dolore indefinibile si accese nel suo petto, mozzandogli il respiro.

NoNoNoNoNoNoNo

Qualcosa, dentro di lei, andò in frantumi, generando un vuoto insostenibile.

Si dimenticò di Daskalos e iniziò a correre verso il suo cuore.



                                                       ***



“No! Rogers, respira! Cristo!”

Tony ordinò a JARVIS di liberarlo dell’armatura, la quale si ripiegò fino ad assumere la forma di un’innocua valigetta.
Il miliardario, spogliato della sua difesa e totalmente nel panico, controllò il polso del compagno ed imprecò sonoramente nel percepire solo un flebile battito degenerante.
“Andiamo, Steve, non puoi morire qui.”
Provò ad improvvisare un rozzo massaggio cardiaco.

Il giovane, steso sulla schiena, non accennava a riprendersi.
Il torace non possedeva più il naturale movimento oscillatorio dovuto al consueto entrare ed uscire dell’aria dai polmoni.

E sotto la superficie del bel petto statuario, non c’era altro che un mortale silenzio.

Tony batté i pugni sul duro asfalto, digrignando i denti, e non si accorse della presenza di Anthea, finché la giovane non si lasciò cadere in ginocchio al suo fianco.
La osservò sollevare Steve per le spalle, quel tanto che bastava per fargli poggiare la testa sulle sue gambe esili.

La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
“Steve, non farmi questo, ti prego.”
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
“Apri gli occhi, Steve, avanti” pregò con voce tramante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
“È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …”
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
“Steve, svegliati, ti scongiuro.”
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

“Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo.”
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell’anima sia nella carne.
E lei l’aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.

Assassina.


Si odiava. Era disgustata da ciò che era.
Aveva ucciso Steve. Aveva ucciso l’unica persona che era riuscita persino ad amarla, nonostante la sua natura controversa.

Lo aveva ucciso.

Una dolorosa pressione le compresse il cuore.
Gli occhi divennero vacui e lucidi, mentre un lieve rossore andava a propagarsi attorno alle iridi tornate ad essere blu come gli abissi.
L’aria faticava ad uscirle fuori dai polmoni. Strinse le labbra, per impedire ai singhiozzi di lasciare la gola secca.
Le spalle tremavano e le mani erano strette a pugno, per evitare che tremassero anch’esse. Si morse con violenza il labbro inferiore, facendolo sanguinare copiosamente, nel tentativo di sopprimere quell’intenso dolore che le stava contorcendo le interiora.
Premette ancora la fronte sul petto immobile del giovane Capitano.
Era al limite.
Questa volta non avrebbe potuto resistere.
I lunghissimi capelli color miele le ricadevano disordinatamente ai lati del viso arrossato dallo sforzo nel trattenere quella parte di sé che considerava debole e che aveva sempre tenuto dentro. Ma quella, sembrava stesse stringendo il suo cuore tra le mani, minacciando di ucciderla se non l’avesse lasciata uscire, dopo anni di prigionia. Si dibatteva nel suo corpo, cercando una via di uscita, e le faceva pressione sugli occhi, offuscandole la vista.
Un gemito le fece vibrare le corde vocali, quando una piccola goccia scintillante le solcò solitaria la guancia destra.
Gridò frustrata e sconfitta nel momento in cui lacrime salate le inondarono il viso provato.
Sconfitta. Sia fuori che dentro.

La pioggia divenne più violenta e le lacrime della ragazza si confusero con essa.
Pianse, Anthea, pianse come mai aveva pianto prima.
Pianse, per la prima volta dopo lunghi anni, distrutta.
Steve era morto e lei non poteva vivere senza di lui. Sperò di bruciare all’inferno, perché non meritava nient’altro.
Si fece forza e alzò il capo. La pioggia l’aveva resa un piccolo pulcino bagnato, debole ed indifeso.
I suoi occhi cercarono quelli azzurrissimi di Steve, in un ultimo disperato tentativo di riaverlo indietro. Ma il giovane era ormai caduto in un sonno profondo e senza fine e le sue iridi erano sigillate dietro le palpebre chiuse.

“Cosa ho fatto?” sussurrò appena la ragazza.
Si sentiva stordita, confusa, persa, vuota, desiderosa di essere morta.
Serrò violentemente gli occhi, come a voler fuggire da quell’orrenda realtà.

E la sua mente venne pervasa dall’oblio.




Tony sgranò gli occhi, quando vide Daskalos dirigersi verso di loro, ma non ebbe la forza di reagire in alcun modo.
Scorse Thor correre nella sua direzione, ma poteva benissimo esserselo sognato, dato l’attuale elevato livello di infermità mentale del suo cervello.




“È finita, figlia di Azael. Sei soltanto mia, finalmente.”
Il demone allungò minacciosamente un braccio verso il suo trofeo, ma un brivido gli percorse la schiena ed una strana quanto destabilizzante sensazione gli fece bloccare la mano a pochi centimetri dal viso dell’oneiriana.

“Ricordi cosa ti dissi, Daskalos? Io non sbaglio mai e nulla di ciò che faccio è casuale. Tutto ha un prestabilito, inevitabile fine.”

La ragazza riaprì gli occhi e li piantò in quelli del demone, sorridendo serafica.


E le sue iridi erano cremisi.

Anthea non c’era più.
   
 
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