Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Milli Milk    18/05/2015    1 recensioni
"Girasoli.
I girasoli, i fiori dell'allegria, i fiori dell'orgoglio, i fiori della devozione, i fiori dell'amore.
Gialli girasoli, luminosi e devoti al loro astro, belli, eleganti, regali.
Girasoli nella neve, nel gelo. Girasoli nel sangue, nel dolore.
"
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Girasoli

Girasoli.
I girasoli, i fiori dell'allegria, i fiori dell'orgoglio, i fiori della devozione, i fiori dell'amore.
Gialli girasoli, luminosi e devoti al loro astro, belli, eleganti, regali.
Girasoli nella neve, nel gelo. Girasoli nel sangue, nel dolore.
Li fissa, Gilbert, quei girasoli tanto amati dal suo aguzzino, quei girasoli ricoperti di amore ed attenzioni, quei girasoli che gli sanno solo di sofferenze, quelle sofferenze che sono costretti a subire tutti coloro che entrano in quella landa innevata, fredda ed immensa.
Il prussiano continua a fissare tutto quel giallo, tutto quel calore e tutta quella bellezza che di continuo quei fiori sprigionano, ma lui continua a sentire freddo, un freddo pungente che gli tocca l'anima e che gliela spacca, sgretolandgli quei pochi pezzi ancora rimasti soffiandoli via in una folata ancora più gelida, ancora più dolorosa.
Tutto quel sangue coagulato attaccato alla sua pelle gli fa male, tira e brucia, gli ricorda quegli ultimi attimi, prima che l'ultimo mattone fosse incastonato, prima che i suoi occhi incontrassero per l'ultima volta quelli di suo fratello, strappato anche lui, disperato, mortificato.
Lui, Ivan, sorrideva anche mentre un urlo straziato gli sfuggiva dalle labbra insanguinate, mentre la mano si allungava verso quel muro freddo che tagliava a metà tutto ciò che di più caro aveva. Sorrideva tronfio, Ivan, godeva di tutta quella sofferenza e in tutto quel viola distruttore Gilbert ci vide gloria e brama, una brama viscerale di lui, e per quel poco che restò a guardarlo con astio capì che la fine era giunta, ormai la sua nazione era finita, cancellata dalla cartina, secoli di magnificenza spazzati via dal potere bruto, dalla fame di vittoria, dalla fredda crudeltà della nazione più irraggiungibile dell'intero pianeta.
Rinchiuso fra quelle sbarre fatte di ghiaccio, circondato da tutto quel candore, tutto quel gelo che entra nelle ossa e brucia, brucia e fa male, gela sempre di più,  Gilbert vuole il sole, un sole che non sia piantato in terra, un sole che non sia amore di Ivan, perché nel suo dannato egoismo il russo pretendeva che il vero sole fossero i suoi girasoli. Dannato russo, maledetto distruttore, maledetto il giorno in cui è nato, maledetta sia tutta la sua terra.
È lì Gilbert, chinato davanti a quella distesa di girasoli circondati da muri di ferro e cristallo, sembra davvero che ci sia il sole, invece è la luce artificiale che ne fa da pallida e fredda imitazione.
Triste, si ritrova a pensare, è triste come tutto intorno a lui. Il tempo sembra si sia fermato, perfino lui bloccato da quel freddo rigido; eppure Gilbert si muove ancora, è la sua anima a non muoversi, dentro di lui quel brandello d'anima è assiderato e una minima scossa può rischiare di farlo infrangere come nulla. Si sente fragile, Gilbert, come quel pezzo d'anima che gli è rimasto, si sente fragile ma non lo vuole ammettere e non lo ammetterà mai davanti a nessuno sopratutto davanti a quel bastardo di un russo.
Orribile, pensa ancora, e sospira smuovendo i leggeri petali di un girasole. Incredibile come un fiore tanto potente da catturare il cuore di Ivan può smuoversi tanto facilmente al soffio di un prussiano sconfitto. Quanto dolore può portarsi dentro una persona distrutta, una persona orgogliosa e magnifica come lui?
Perché si sente così male? Lui, che ha sempre ostentato il suo splendore consapevole del fatto che fosse davvero magnifico. Lui, che anche da sconfitto rideva sguaiato e poi tornava all'attacco. Lui, ora sconfitto definitivamente, ormai scomparso dal mondo, portato via, catturato e imprigionato brutalmente da colui che è riuscito a ferirlo mortalmente, che se la rideva e se la ride ghignando soddisfatto della sua vincita sopratutto su di lui. Lui, che è sempre stato bramato dal russo, sempre voluto, sempre cercato e poi ottenuto portando con sé una scia di dolore e sangue, una scia di sofferenza che ancora non si è interrotta e che, Gilbert ne è consapevole, non si interromperà mai.
Quei girasoli infine non gli piacciono per niente, o forse, pensa, è un'ingiustizia che siano lì in quella campana di vetro in un finto calore, sotto un sole che non è reale, ignari della distesa bianca che li circonda, ignari di quanto freddo c'è lì fuori. 
«Oh. Come mai qui?» Gilbert non si spaventa della voce leggera e falsamente spensierata di Ivan, non si spaventa perché semplicemente non può farlo. Non vuole dargli alcuna soddisfazione a quel bastardo di un russo e al diavolo a chi dice che rischia di lasciarci le penne, perché ormai a ben pensarci lui non ha più niente da perdere, ma non si sarebbe mai fatto schiacciare da una persona tanto meschina; che lo sottoponesse anche alle peggiori torture, Gilbert non avrebbe mai perso il suo immenso splendore, la sua magnifica figura non si sarebbe incrinata dinanzi a quello schifoso russo.
«La mia magnifica persona aveva bisogno di un po' d'aria.» Il prussiano si alza e gli rivolge un sorriso sghembo. «Mi sono semplicemente trovato qui.» Continua avanzando verso Ivan e fermandosi ad una distanza di un metro o poco meno. «Niente in contrario, no?» Si allarga il sorriso, da sghembo diventa provocatorio: lo sta sfidando. Ivan continua a mantenere sul suo volto quel buon sorriso da sadico qual'è e non si smuove di un centimetro, lo guarda più intensamente e si prende qualche secondo per rispondere.
«Nessuno ti ha dato il permesso, Gilbert.» Serra la mandibola sentendosi chiamare per nome nome quel maledetto accento russo. Sa perfettamente che l'aveva fatto di proposito, ma non può di certo andargli giù il fatto che l'avesse chiamato per nome. Il suo nome non doveva nominarlo nessuno se non suo fratello.
«Maledetto russo! Non permetterti di chiamarmi per nome, non sei fra gli eletti a cui è possibile rivolgerti allo splendido me in quel modo.» Si avvicina ancora di più e il suo sguardo rosso si punta su quello viola di Ivan. Ha un orgoglio da difendere e ciò che lo fa desistere dallo sferrare il destro contro la sua faccia è il fatto che si sarebbe sporcato le mani, e che sia mai che sua magnificenza si fosse sporcato le mani di sangue russo.
«A me sembra il modo più adatto invece, perché ormai non hai altri nomi al di fuori di quello.» Il prussiano indietreggia di un passo, quelle parole sono state come un affondo al petto, freddo come si addice ad Ivan, maligno come è di sua indole. Deglutisce, Gilbert, e si accorge di avere gli occhi spalancati da quelli che sono stupore e ira funesta.
«Bastardo! Sei un maledetto schifoso, tu e la tua terra di merda!» Sputa a terra inorridito, sputa vicino ai stivali di Ivan che non si degna nemmeno di abassare lo sguardo, semplicemente continua a guardarlo con quel sorriso, quel sorriso che, man mano che i secondi passano, sembrano promettergli le peggiori torture.
«Pulisci.» Ordina a denti stretti con voce dura, tirando più possibile le labbra per non lasciare che il volto gli si contragga dalla rabbia.
-Nein!- Risponde urlando lapidario il prussiano. Le labbra di Ivan sembrano vibrare e gli occhi sembrano uscirgli dalle orbite; ha un onore da mantenere, bruciare di rabbia lo ritiene molto poco opportuno. Si sistema quindi, alza una mano verso la sua sciarpa e la allenta un poco, più per un gesto di circostanza che per una vampata di calore.
«Bene. Non mi dispiace affatto doverti costringere a farlo, magari sotto tortura. Che ne dici Gilbert?» La sua voce riprende quel tono pacato e un po' acuto, il suo volto si rilassa al solo pensiero di dover infliggere sofferenze al suo prigioniero, se fosse stato per lui oltretutto si sarebbe leccato le labbra deliziato dalle sue stesse parole e dal fatto che Gilbert sicuramente non si sarebbe piegato alle sue minacce. Ne è certo, infatti già porta la mano al suo amato tubo, pronto a divertirsi tingendolo di rosso.
Gilbert rabbrividisce e la gola gli si stringe in un nodo doloroso; vorrebbe deglutire ma non ci riesce, deve chiudere gli occhi per non perdere la sua fermezza d'animo, ma al tempo stesso non può interrompere quella sfida di sguardi.
«Il tempo passa coniglietto.» Lo canzona ora battendo il tubo sul palmo della mano come per scandire il tempo.
Il prussiano respira a fondo con il naso e la sua bocca si allarga in un sorriso.
«Fick dich ins Knie.» Scandisce in perfetto tedesco gioendo mentalmente, mentre un brivido gli corre su per la schiena ben sapendo che di lì a poco avrebbe avuto poco di cui gioire.
Ivan serra entrambe le mani intorno il tubo e il volto si scurisce e si fa serio. 
Passano dieci lunghi secondi in cui Gilbert ha il tempo di chiudere gli occhi e sospirare per prepararsi alla prima sferrata che arriva dritta al centro dello stomaco, e a quel punto si piega e la seconda botta colpisce la scapola sinistra e dunque cade a terra. Si ferma, Ivan, lo guarda dall'alto e con la mano si copre le labbra cercando di sopprimere una sguaiata risata. Il prussiano, a terra, con le braccia strette su se stesso, trema dal dolore inflittogli sul corpo e nell'anima. Gilbert non ha mai pianto e mai piangerà, ma troppe volte da quando è segregato lì gli occhi gli pizzicano. Ivan percepisce il suo disago e lo trova esilarante.
«Se solo tu capissi quanto ci tengo a te, forse non saresti lì a terra a piangere.» E infatti una la lacrima si riversa sul volto del prussiano quando iracondo alza il volto verso il suo aguzzino. A quel punto il russo non si trattiene più e scoppia a ridere di gusto, scuote il capo e fa spallucce quindi gira i tacchi e attende. Gilbert, riluttante e sconfitto, sa che deve alzarsi e seguirlo ed è quello che fa: si alza dritto, dimentica il dolore e segue il russo, lascia cadere dietro di sé quella speranza che si era affacciata nella sua mente.
Ivan lo vuole così: vuoto. Ci tiene davvero a Gilbert, dopotutto è sempre stato molto geloso dei suoi giocattoli.

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Milli Milk