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Autore: Smarties07    18/05/2015    8 recensioni
Oliver e Felicity vivono felici insieme. Oliver è il proprietario della QC, Felicity il CEO. La notte sono eroi e il giorno una coppia innamorata. Anche Connor, il figlio di Oliver, vive con loro e insieme sono una famiglia. La serenità regna nelle loro vite fin quando un giorno non arriva a Starling City, Damien Darhk.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Nuovo personaggio, Oliver Queen, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP 1 - GOODBYE

La porta si aprì in una stanza immersa nella luce. Oliver distrattamente tolse le chiavi dalla serratura mentre in una mano teneva svogliatamente la posta. Senza prestare troppa attenzione entrò in casa.

“Felicity? Connor?” chiamò nel silenzio della casa “C'è nessuno?”
Non ricevette risposta. Posò le chiavi mentre leggeva velocemente le buste delle lettere che aveva trovato nella cassetta della posta. Sentì un rumore provenire dalla camera da letto. Sorrise. Gettò le buste e velocemente si diresse verso la stanza.

Sorridendo si appoggiò alla porta con le mani incrociate al petto.

“Ehi. Vai da qualche parte?”
Felicity non si voltò neppure. Continuò velocemente a riempire la sua valigia. Aveva pregato con tutte le sue forze di non incontrarlo, di non dover avere quella conversazione, di poter abbandonare quella casa, la loro casa in silenzio, potendosi concedere anche un ultimo guardo su quello che la circondava per imprimerlo nella sua memoria insieme ai ricordi felici di cui quelle mure erano state custodi, ma il destino aveva altri progetti per lei.

“Connor è andato a prendere un gelato con Diggle” furono le uniche parole che Fel riuscì a dire prima che un singhiozzo le morisse in gola.
“Felicity?” la richiamò Oliver preoccupato. Crucciò la fronte, non riusciva a capire cosa stesse succendendo.
“Che stai facendo? Perchè queste valigie? Hai qualche riunione da qualche parte?” Oliver era troppo felice per pensare al peggio. Finalmente aveva una casa, Felicity, Connor, suo figlio, insieme erano una famiglia.

Felicity chiuse la valigia, non riuscì a guardarlo. Tenne la testa bassa per tutto il tempo. Afferrò il suo cappotto e prima che uscisse dalla stanza Oliver la afferrò per un polso.
“Felicity? Parlami” Oliver la supplicò quasi.

“Mi dispiace Oliver.” disse mordendosi le labbra, stringendo i denti, strizzando gli occhi. Cercava di contenere tutta la sua disperazione. Cercava di trattenere se stessa. Cercava di afferrare il suo corpo per averne un controllo.

“Ho bisogno di stare da sola. Ho bisogno di tempo per pensare. Non sta funzionando, non per me” lo disse quasi tutto d'un fiato.

“Felicity...” le lacrime aveva già offuscato la vista di Oliver. Era incredulo, disperato, immobilizzato dal dolore. Lei ne approfittò, uscì dalla stanza per avvicinarsi alla porta e andare via. Andare via per sempre. Oliver nel vederla allontanarsi corse per raggiungerla. No, non lo avrebbe permesso.

“Non credi che meriti almeno una spiegazione?” lo disse urlando Oliver. L'incredulità e il dolore si stavando fondendo con la rabbia.

“Cosa diavolo significa tutto questo? Stamattina abbiamo fatto l'amore, mi hai detto di amarmi, mi hai detto di essere felice e ora? Non ti credo!” Oliver era nudo, la sua anima era nuda davanti a lei. Indifeso, senza scudi, senza riserve, completamente vulnerabile, esposto con tutto se stesso. Perchè era questo il modo in cui l'amava, perchè era questo il modo in cui Felicity lo aveva sempre amato.

Passò una lunga pausa prima che Felicity dicesse qualcosa.
“Vado a stare per qualche tempo da mia madre. Non mi cercare. Sarò io a farmi viva. Connor dovrebbe tornare presto.” lo disse morendo dentro. Disperandosi dentro. Lo disse afferrando la maniglia della porta.

“Non lo accetto Felicity” disse Oliver prima di afferrarla per un braccio e costringendola a voltarsi.
“Felicity, guardami” la implorò mentre afferrava il suo volto per perdersi nelle lacrime che bagnavano gli occhi blu della donna che amava. E fu in quel momento. Quando Felicity lo guardò per la prima volta che il suo autocontrollo cedette. Che la sua forza vacillò. Felicity afferrò il volto di Oliver e lo baciò con tutto l'amore, la passione, la foga, la voracità di cui fu capace. Fu un bacio misto di saliva e lacrime. A Oliver mancò il fiato. Quello era un addio. Il cuore si fermò in gola, il respiro sembrò bloccato in una interminabile apnea. Quando finalmente Felicity riprese fiato sulle labbra di Oliver sospirò “Qualsiasi cosa accada sappi che ti amerò per sempre” e distrutta dal dolore abbandonò la loro casa.

Oliver rimese bloccato come immobilizzato da quel bacio, come immobilizzato da quel dolore, come immobilizzato dalla sua stessa disperazione. Solo quando la porta si chiuse dietro le spalle della donna che amava e che lo stava abbandonando si riprese. E fu allora che la furia penetrò sotto la sua pelle fino ai polpastrelli e fu allora che con ceca follia distrusse tutto ciò che lo circondava.

Felicity entrò con la valigia in una lussuosa villa. Un uomo le si avvicinò per afferrarla. Solo silenzio intorno a lei, uomini vestiti di nero, armi e telecamere di sorveglianza. Quella era una vera fortezza. Un altro uomo le si avvicinò per condurla in un grande salone. Un uomo alto, elegante, con dei profondi occhi blu, i suoi occhi blu, contemplava il fuoco del camino mentre in una mano reggeva un bicchiere di Scotch.

“Ho mantenuto la mia parte dell'accordo. Ora tocca a te” non tremò la voce di Felicity. Era forte, coraggiosa, era una roccia, in quel momento doveva esserlo. L'uomo non disse una parola, fece un gesto con la mano e uno dei suoi uomini aprì una porta. Nella stanza accanto a terra su un tappeto c'era un bambino circondato da giocattoli. Un ciuffo biondo e i profondi occhi blu di suo padre.

“Connor” urlò Felicity avvicinandosi. Il bambino subito corse tra le braccia della ragazza.
“Come stai? Ti hanno fatto qualcosa?” disse lei controllando che non avesse neppure un graffio
“Mi sei mancata Felicity” disse il bambino
“Anche tu, Connor. Anche tu.”
“Damien ha detto che posso chiamarlo 'Nonno' se voglio” disse con innocenza
“Connor, ora ascoltami bene. Questo deve essere il nostro piccolo segreto. Non devi dire a nessuno di Damien, di questo posto e di quello che è successo oggi. Mi hai capito bene?”
“Come quando non diciamo a papà che abbiamo mangiato il gelato prima di cena?”
“Esatto! Non devi dirlo a nessuno. Neppure a papà. D'accordo?”
“Ok” rispose Connor con estrema innocenza
“Ora verrà zio Diggle e ti porterà a casa. Va bene?”
“Si, si” disse il bambino riprendendo a giocare.

Un uomo vestito di nero entrò nella stanza
“Signore” disse rivolgendosi all'uomo che sorseggiava Scotch seduto in una poltrona di pelle
“C'è un uomo che chiede di vederla. Dice di essere qui con Miss Smoak.”
L'uomo continuò a rimanere in silenzio, con un cenno del capo lasciò intendere di lasciar passare quella persona.

Nella stanza entrò tutto agitato Diggle.
“Tu, brutto figlio di p..” non riuscì a finire la frase che decine di uomini gli puntarono armi contro. Felicity si gettò al centro della stanza come per parare i proiettili e proteggere Diggle.
“Fermi tutti” urlò la ragazza “Abbassate immediatamente le armi” tutti immediatemente obbedirono. Diggle ne rimase impressionato e cercò di calmarsi.
“Zio Diggle” urlò nel vederlo Connor. Il bambino gli corse incontro e Diggle lo afferrò in un abbraccio.
“Ehi, piccolo! Come stai?”
“Sono stanco” rispose strofinandosi gli occhi “Quando andiamo a casa Fel?”
La ragazza guardò tristemente Diggle e il bambino. Lei non sarebbe più tornata a casa.

Senza aggiungere altro Felicity li accompagnò all'auto, Diggle adagiò Connor ormai addormentato sul sedile posteriore.
“Prenditi cura di loro” disse Felicity prima di stringere in un abbraccio il suo amico, suo fratello.
“Oliver avrà bisogno di te. Potrebbe fare cose stupide, ma ora ha un figlio, non può permettersi di perdere la testa” disse piangendo.
“Felicity, cosa stai facendo?” disse Diggle pur comprendendo le azioni della ragazza, non poteva rimproverarla, ma non poteva neppure permettere che ciò accedesse.

“Una volta Oliver ci disse che il senso dell'eroismo è sacrificarsi perchè gli altri vivano. Questa è la mia occasione per essere un eroe” non si era mai sentita tanto vicina a Oliver quanto in quel momento.
“Fel... Oliver ne morirà. Il team ha bisogno di te, io ho bisogno di te, lui ha bisogno di te. Sta rinunciando alla tua vita. Connor ha già perso sua madre, non può perdere anche te”.
“La sicurezza di Connor è tutto ciò che importa” abbracciò un ultima volta Diggle.
Connor si svegliò appena. "Fel... Fel... tu non vieni?"
Diggle salì in auto. 
"No, Connor. Ora non posso, ma torno presto"
"Va bene" disse sonnicchiando e tornando a dormire.
Guardò un'ultima volta Diggle. “Ti prego. Non dire nulla a Oliver. Distruggi il mio ricordo se è necessario, ma ti prego impediscigli di tornare a nascondersi sotto il cappuccio.”
Diggle annuì in silenzio. Mise in moto e partì.

Felicity nel buio della notte vide l'auto allontanarsi. Era ferma sulla soglia della sua nuova prigione dorata, davanti a lei un giardino nascosto nell'ombra e intorno uomini armati. Rimpì i polmoni della gelida aria della notte per alleviare il dolore. L'uomo dagli occhi blu le si avvicinò e finalmente parlò.
“Benvenuta nella tua nuova vita figlia mia”  

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Note: Ciao a tutti! Ecco una nuova storia per ingannare l'attesa fino alla prossima stagione. Spero vi piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate, cosa vi piacerebbe accadesse e se vi farebbe piacere se continuassi. Un bacio! Marts xoxo

   
 
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