Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Keep_Running    18/05/2015    3 recensioni
Helena Jessica Waston, ventidue anni, giornalista.
Sarah Gwendaline Parker, ventidue anni, antropologa.
Ashton Irwin, ventitrè anni, fotografo e regista.
Calum Hood, ventidue anni, medico.
Blekking Williams, ventun anni, musicologa.
Michael Clifford, ventitrè anni, linguista.
Luke Hemmings, ventun anni, artista.
Sette ragazzi, un viaggio in giro per l'Europa, e neanche una straccio di cosa in comune.
Riusciranno ad arrivare alla tanto lontana meta di Helsinki o rimarranno nella fredda stabilità di Londra?
Nessuno lo sa, nè tanto meno i diretti interessanti.
Forse solo il vecchio preside amante delle cravatte colorate, ci aveva capito qualcosa.
Ma solo forse.
[STORIA UFFICIALMENTE SOSPESA]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo Cinque
 

‘ Cosa vi aspettate dal viaggio?

“Tanti germi”
- Calum

“Il silenzio stampa vale come risposta?”
- Helena

“Boh”
- Michael

“Una nuova e forte amicizia. C’è poco da scherzare, ne vale la nostra sopravvivenza”
- Sarah

“Bullismo”
- Blekking

“Solo io penso che la finiremo in carcere?”
- Luke

“Una rissa. Una rissa senza precedenti”
- Ashton
 


Calum
 
Ansia.
Avrebbe voluto trovare una parola più tragica, una parola che desse più enfasi alla situazione, ma non la trovava. Quella non era semplice ansia – o forse era lui che abusava di quella parola?
‘Ansia’ non poteva affatto esprimere quello che provava Calum in quel momento.
Si era portato dietro tutto quello che gli era saltato in mente, tanto da poter far fronte addirittura ai suoi scenari peggiori – corde da scalatore e spray al peperoncino anti-stupro compresi.
Una borsa l’aveva dedicata ai suoi due oggetti preferiti: il suo quaderno degli appunti (chiamato gergalmente ‘diario segreto’, ma lui non lo avrebbe mai ammesso) e il suo porta fortuna: una piccola statuetta di legno che ritraeva una triglia intagliata da suo nonno stesso.
Non aveva mai capito perché avesse scelto proprio una triglia, né tantomeno perché gliel’avesse regalata. L’aveva scoperto solo sul letto di morte del vecchio. ‘Sei sfigato come una triglia’, gli aveva detto, prima di esalare il suo ultimo respiro.
Calum ci aveva provato davvero a trovare una qualche sfumatura filosofica in quelle parole, ma ogni suo sforzo sembrava vano.
Così a sua madre, la quale aveva le lacrime agli occhi e una curiosità viscerale di conoscere le ultime parole del padre, disse semplicemente che le ultime parole del nonno erano state ‘ti voglio bene’.
Semplice, carino, ad effetto alla fine.
Ma in quel momento, in mezzo a tutti i suoi compagni, Calum non si sentiva poi così tanto triglia – che poi, perché proprio la triglia?
Non per il fatto che lo facessero sentire amato o accettato, anzi. Semplicemente per il fatto che tutti in quel gruppo erano sfigati. Anche quelli più popolari.

E lui sapeva davvero di aver portato tutto, di non essersi dimenticato di niente, sapeva di non aver niente di concreto da temere.
Eppure, sentiva che tutto sarebbe andato storto comunque.
Sentiva che c’era comunque qualcosa che non andava.
“Alla buon’ora, Blekking”, sentì dire da qualcuno.
E solo allora capì quale fosse davvero il problema: i suoi compagni di viaggio.
Oggettivamente, erano loro la causa della sua ansia.
Perché seriamente, dover passare tutti quei mesi con persone del genere, faceva venire dei brividi di terrore a Calum.
Lo doveva ammettere, almeno a sé stesso: non sopportava nessuno di loro.
Ce l’avete presente quella sensazione fastidiosa che si prova sulla pelle quando qualcuno che vi sta antipatico parla, e avete il repellente bisogno di picchiare quel qualcuno?
Ecco, era esattamente quello che provava Calum veso ognuno dei suoi compagni.
Togliendo la parte del picchiare, quello era troppo per lui.
Non sopportava il modo in cui Sarah Parker cercava di cambiare l’ordine naturale delle cose tentando in tutti i modi di rendere il loro gruppo compatto e da trasposizione nella realtà di Friends.
Non sopportava  il modo in cui Michael Clifford portava i suoi capelli colorati, indifferente. Come se davvero non sapesse che gli occhi di tutti fossero rivolti verso di lui, come se davvero lui non si nutrisse di quell’attenzione.
Non sopportava Ashton Irwin e le sue esagerate fossette che mostrava anche fin troppo spesso. Non che fosse un hater della felicità, ma era sicuro che sorridere così tanto non fosse ampiamente giustificato.
Non sopportava neanche quando la perfettina Helena Watson portava gli occhi al cielo ogni qualvolta qualcuno aprisse bocca, come se solo lei sapesse dire cose intelligenti.
Non sopportava Luke Hemmings e il fatto che non avesse un luogo. Già, era passato tanto tempo, eppure quella storia non gli era ancora scesa. Se voleva fare il bambino speciale diverso dalla massa, poteva restarsene nella sua amata Accademia d’Arte.
Ma più di tutti, non sopportava Blekking. Quella che sapeva cosa desse fastidio alla gente, e proprio per quello continuava imperterrita a dare fastidio a tutti. Perché lei si divertiva così, e tutto ciò lo faceva uscire fuori di testa. Soprattutto perché, nonostante tutto, tutti continuavano a starle vicino. Cosa diavolo aveva di tanto speciale? Era solo una ragazzina dispettosa.
Non sopportava nessuno di loro, ma solo perché vedeva solo i loro difetti.
Era quello il motivo di tutte le sue paure, no? L’incapacità di vedere altro se non difetti.
In un cielo blu non vedeva serenità, ma solo più possibilità di essere rintracciato da qualche entità aliena con cattive intenzioni proveniente dallo spazio.
In un mare calmo non vedeva tranquillità, ma più possibilità di beccare l’amo di qualche pescatore inesperto attirato dalla bella giornata.
Forse, avrebbe smesso di avere tutte quelle paure solo quando avrebbe cominciato a vedere una buona antropologa in Sarah Parker, un capace traduttore in Michael Clifford, un abile regista in Ashton Irwin, un’intelligente giornalista in Helena Watson, un fantasioso artista in Luke Hemmings e una grandiosa musicista in Blekking Williams.
Fino a quel momento, però, gli sembravano tutti delle triglie pazzesche.
Soprattutto quella maledetta Blekking, che a dispetto dal precedente incontro, era arrivato persino più tardi di Michael e Luke, i quali avevano fatto le ore piccole all’apparenza.
Loro due, continuavano a sbadigliare.
Non lo sapevano che con gli sbadigli di espellevano una quantità di germi incredibili?
Dio, avrebbe dovuto insegnare loro una marea di cose.
“Siete emozionati ragazzi?”, il tono eccitato della rossa distrasse nuovamente Calum dai suoi pensieri – e forse era anche meglio così.
Tutti portarono lo sguardo verso la ragazza: con le sue due valige rosa più grandi di lei e un sombrero apparentemente originale, però, non era facile prenderla sul serio.
Forse fu proprio per quello che tutti le scoppiarono a ridere in faccia, senza nemmeno prendersi la briga di nascondersi da lei. Così le si arrossirono le guance, ancora. Ma sorrise.
‘Ti stanno prendendo in giro, perché sorridi?!’, le chiese mentalmente. Non rispose.
“Vorrei farti tante domande in questo momento ma non me la sento di sentire le risposte, davvero”, riuscì a dire Luke tra le risate.
Perché non la smettevano di ridere?
Non potevano partire e basta lasciando perdere tutte quelle moine da finti amiconi? Tempo due minuti e avrebbero cominciato a litigare nuovamente, tanto.
“Ragazzi, ragazzi”
Ashton tentò di attirare l’attenzione del gruppo, il quale sembrava però meno interessante delle battutine sul cappello di Sarah.
Cal sbuffò, ancora più irritato di Ashton.
“RAGAZZI!” urlò quella volta, e solo allora attirò qualche sguardo curioso.
La consapevolezza di dover urlare per essere calcolato, fece deprimere ancora di più Calum.
Già doveva affrontare un miliardo di paure, non aveva proprio voglia di combattere persino quelli che sarebbero dovuti essere i suoi compagni di vita.
“Sì?”, rispose Helena con nonchalance. Continuava a fissare le sue unghie con disinteresse, reputando la sua manicure molto più interessante di tutti loro.
E non aveva tutti i torti.
“Sono aperte le scommesse!”
Tutti cominciarono a guardarsi intorno ancora più confusi di prima. Come definire Ashton Irwin in una sola parola? Ambiguo.
Probabilmente lui avrebbe preferito termini più eleganti ed intriganti quali ‘misterioso’ e ‘imprevedibile’, ma la realtà era ben diversa: Ashton era solo un tipo ambiguo che giocava con le menti degli altri.
‘E poi, con tutte le pubblicità che il governo ha messo ovunque, non ha ancora capito che le scommesse portano alla dipendenza?’
Il sol pensare di dover viaggiare con dei gioco-dipendenti gli faceva ribrezzo.
Sarebbe mai finita quella tortura?
“Ma che cavolo stai dicendo?”
Blek, fine ed elegante come sempre.
Lui la ignorò “Allora, ci siamo tutti?”
‘Devo rispondere io? Perché se devo rispondere io lo devo sapere adesso. Perché stanno tutti zitti? Allora che faccio, parlo? Qualcuno risponda, vi prego’
E sì, era effettivamente una domanda stupida.
“Sai contare?”
E Calum lo sapeva, avrebbe dovuto parlare lui. Perché se Ashton Irwin fa una domanda, ci sarà sempre una Helena Watson con la rispostina acida.
E lui davvero non aveva voglia di assistere all’ennesimo attacco di stronzaggine della bionda.
Non la sopportava anche per quello.
“Purtroppo mancavo a quella lezione di prima elementare, avevo la febbre. Potresti riempire le mie lacune?”
Grazie Ashton per non essere Blekking Williams.
“Sì, ci siamo tutti”, sbuffò Helena.
Sempre a sbuffare, cavolo. Una locomotiva era più silenziosa di lei.
“Bene, allora chiamo al mio fianco il grande, l’unico e solo Luke Hemmings!”
E pretese pure un applauso, l’idiota. Perché Ashton Irwin poteva non essere polemico come Blekking Williams, ma era pur sempre Ashton Irwin, e con lui la sua megalomania.
Quella, non l’avrebbe mai abbandonato.
Così, mentre Luke prendeva posto al fianco del riccio, Cal cercava solo di non posare lo sguardo sul suo disgustoso piercing e non vomitare tutta la colazione.
C’era tensione, nell’aria. Tutti con le loro valigette, tutti con le loro speranze e tutti con i loro sorrisi. Tutti che ignoravano palesemente la tragicità della situazione.
Ma come facevano?
“Buongiorno” oh, non era affatto un buongiorno “Come state?” una merda.
“Bene!”
“Luke hai una sanguisuga sotto l’occ… Ah no, sono solo le tue occhiaie. Continua pure ti prego”
“Grazie, Blekking
Perché aveva parlato? Non poteva stare zitta? Magari a quel punto sarebbero già in strada e lui avrebbe smesso di avere così tanta ansia.
Perché sì, Calum aveva ansia.
Calum era fatto d’ansia.
Calum era ansia.
Ansia, ancora.
“Non ascoltarlo, zuccherino”, ci rise sopra Ashton. Strano eh? “Sei bellissimo anche così”
Che dichiarazioni.
“No, non è vero”, si intromise Mike, dando il cinque a Blek.
‘E ora perché cazzo si stanno dando un cinque, dai sentiamo’
“PARTIAMO E BASTA”, urlò quella volta, fuori di sé.
E finalmente, tutti sembrarono notarlo. Doveva essere grato di quell’attenzione – forse l’avrebbero finalmente ascoltato. Eppure, vedere tutti quegli occhi puntati su di lui lo fece arrossire. Terribilmente.
‘Smettete di guardarmi vi prego’. Ma nessuno gli lesse nella mente; dannazione.
Sarah, occhi da cucciolo grandi come due case e capelli rossi abilmente raccolti in uno chignon ordinato, gli mise un braccio sulla spalla, come a confortarlo.
Come faceva a non capire che quel braccio gli dava solo fastidio? Che chissà quanti germi aveva? Che la sua compassione lo faceva sentire solo ancora più strano?
E non quella stranezza tanto acclamata da Angelina Jolie nei suoi discorsi agli Oscar, ma quella stranezza da sedativo e camice bianco. Non so se rendo l’idea.
“Rilassati Cal, va tutto bene”, perseverò la rossa. E non capiva nemmeno che non andava affatto tutto bene. Nessuno capiva che sarebbe stato un viaggio di merda? Che si sarebbero solo odiati ancora di più? Che non sarebbero mai riusciti ad arrivare ad Helsinki?
“Senti caramellina, se devi avere uno dei tuoi attacchi da psicopatico puoi anche rimanere a Londra”
E quasi ringraziò la durezza di Helena, perché finalmente Sarah si allontanò da lui per raggiungere la bionda.
Probabilmente per rimproverarla, chissà.
“Okay, ignoriamo tutto questo” come sempre  “Come dicevo, il nostro Luckey stanotte ci ha deliziati delle sue doti artistiche ridipingendo il nostro bolide”
“Bolide? Sei serio?”
“Blek, se non sei d’accordo con la mia definizione puoi anche lasciare la compagnia e rendermi il grembiule”
‘Grembiule? E ora che c’entrano i grembiuli?’
La ragazza tuttavia sembrò capire, dato che alzò le mani in segno di resa.
“Ashton e la sua fissazione per Masterchef….”, sussurrò qualcuno.
E allora capì qualcosa di più, almeno.
“In un’occasione simile non potevo non approfittarne: sono aperte le scommesse ragazzi! Chi indovina cosa ha disegnato Luke, avrà la possibilità di scegliere per primo il proprio giaciglio!”
E non sapeva bene da dove si fosse tirato fuori la parola ‘giaciglio’, ma in quel momento Calum voleva solo partire. Perché tutte quelle inutili parole? Stavano solo perdendo tempo.
E lui odiava perdere tempo.
“La vuoi finire, Ashton?”, ringraziò Helena per la seconda volta in quei cinque minuti.
“Helena eliminata. Cal, tu cosa dici? Che pensi abbia disegnato Luke?”
 ‘Non poteva continuare ad ignorarmi?’
 “Un cucciolo di foca?” ‘Sul serio? Un cucciolo di foca? Sono proprio andato…’
Ashton rise “Fantasioso Cal, mi piace. Sarah?”
“Forse avrà voluto dimostrare la nostra unione in qualche modo. Magari ha disegnato una persona di colore, una macchina da presa, un violoncello, un quadro, uno stetosc…”
“Taglia”, la riprese Blek.
“L’arte non si taglia, Blek” la riprese Luke, portando un braccio sulle sue spalle “Grande idea, Sarah”, e alzò un pollice in sua direzione. Nonostante la stesse palesemente prendendo per il culo, la rossa sorrise.
“Bene. Blekking, tu che mi dici?”
“Data la sua fissazione per Batman, direi che l’ha fatta a immagine e somiglianza della Bat-Mobile”
‘Se l’ha fatto sul serio io non ci salgo, Dio’
“Ottima tesi, Williams”
“Io non sono fissato con Batman”, si lamentò invece il biondo.
“Hai il bracciale di Batman, la maglietta di Batman, e persino la valigia di Batman. Sei imbarazzante, Luke”, disse questa volta Helena, senza neanche alzare lo sguardo dalle sue unghie.
Quanto era vanitosa quella ragazza? Almeno quella mattina li aveva risparmiati dalla vista di uno dei suoi tailleur.
“Ma Spiderman è migliore”, fece notare loro.
‘Come ho potuto non pensarci prima, certo’
“Allora, alla luce di questa nuova consapevolezza, posso ritenermi ancora in gioco”, cominciò Irwin “Secondo me, ha disegnato un planisfero”
“Nah, troppo artistico e intelligente”
“Grazie per la fiducia”
“Figurati”
“Perché nessuno crede nelle mie capacità di artista profondo?”
“Principalmente perché hai una farfalla rosa disegnata sul polso”
“Io ci credo, Luke”
“Grazie Sarah. E vaffanculo Blek”
‘State zitti, state zitti, state zitti, state zitti, porca miseria chiudete quella fogna’
“Ok, basta così” ‘Ah, finalmente’ “E ora…”
“E ora è il mio turno di indovinare”
Tutti si girarono confusi verso Luke. In effetti, dovevano aspettarsi che avrebbe imbrogliato, quel biondino australiano. Sfoggiava un sorriso a 32 denti, mentre teneva ancora il braccio intorno a Blek.
Una Blek che lo guardava divertito, l’unica. Gli altri, come lui, erano semplicemente mezzi-incazzati.
“Scommetto che Luke ha disegnato il bolide stile Mistery Machine, di Scooby-Doo”
‘Non ci salirò mai, Cristo Santo’
“SPOILER!” urlò invece Ashton, puntandogli un dito contro davvero minacciosamente.
Evidentemente non gli faceva piacere che qualcuno barasse ai suoi giochi.
Comprensibile.
“Ashton, rilassati”, gli disse la bionda infastidita.
Ma cos’avevano le sue unghie di così interessante? Nessuno dall’inizio della mattinata aveva ancora avuto la possibilità di incrociare il suo sguardo.
Sospirando, scosse la testa.
Agli occhi di qualsiasi passante poteva sembrare un ragazzino depresso per qualche sciocchezza – magari un brutto voto a scuola.
Ma tralasciando il fatto che lui non prendesse mai brutti voti a scuola, i motivi per essere così depresso ce li aveva eccome, diamine.
“Volevo l’effetto a sorpresa! Vi ricordo che ho sacrificato quattro mie lenzuola per poter coprire interamente questo camper e lui… lui che fa? Rovina tutto
Che la reazione di Ashton fosse esagerata, non c’erano dubbi. Ma del fatto che fosse addirittura serio con quello che avrebbe potuto prendere tranquillamente il nome de ‘Il lamento di Ashton’, non se l’aspettava nessuno.
Né tantomeno il biondo, che dallo shock aveva addirittura lasciato le spalle di Blekking.
Ci fu un attimo di silenzio, in cui tutti stavano riflettendo su cosa fare.
O almeno, quello era ciò che credeva Calum. Lui, d’altro canto, cercava semplicemente di non morire d’ansia.
“Ash…”
E lui, di tutta risposta, con un gesto più che teatrale, levò via le sue lenzuola dal bolide.
E quello che videro, li lasciò a bocca aperta.
Sì, fece quell’effetto persino a Calum, che di viaggiare a bordo della Mistery Machine non ne aveva propria voglia.
Finalmente fu tutto chiaro: Luke era giusto per la su Accademia.
Diavolo, se era giusto.
Non era semplicemente la Mistery Machine, era un vero e proprio capolavoro.
Un capolavoro che fece addirittura sbollire Ashton, la cui rabbia sembrava perenne e inarrestabile – altro che Achille furioso.
“Wow”, sussurrò qualcuno.
Luke, da parte sua, sfoggiava un sorrisone che poteva solo voler dire ‘so di essere appena diventato il vostro Dio’. Rimise il braccio nelle spalle di Blek.
“Che dire… Luckey, hai vinto la scommessa”
Non sapeva chi fu esattamente a mettere in sottofondo i Queen; fatto sta che la sua camminata verso la sua stessa creazione fu davvero trionfante e ad effetto.
Il tutto venne rovinato quando una ragazza a caso – Blekking – gridò nel pieno dell’assolo di Freddy Mercury “Brutto bastardo, non me ne frega niente, hai barato!”
E a quel punto, al diavolo la camminata ad effetto, quello che si presentò davanti agli occhi dell’innocente Claum fu un vero e proprio scenario apocalittico: i suoi compagni che urlavano, si spingevano, e giurò di aver visto pure qualche schiaffo non esattamente innocuo.
Michael, notò, ne stava approfittando per pogare – non credeva gli interessasse molto della sua postazione all’interno del camper.
Quando tentarono di sfidare ogni legge della fisica cercando di entrare in sei nella piccola porticina del mezzo, e ci riuscirono pure, si complimentò mentalmente con loro.
‘Sì però che schifo, chissà quanti germi’
Ebbe il coraggio di raggiungerli solo quando il mezzo smise di traballare vistosamente.
Trovò facce soddisfatte, facce incazzate, facce tristi, facce felici, facce indifferenti (o meglio, trovò Michael).
E a lui cosa rimase?
Un piccolo letto, ma essenziale. Era posto esattamente sotto quello della rossa – se si fosse trovato i suoi piedi a penzoloni, la mattina, sarebbe entrato nel panico.
Tuttavia era soddisfatto del risultato: considerando che non aveva mosso un muscolo e che sarebbe potuto finire vicino a Blekking, non gli era andata poi così male.
Inoltre, era quello più vicino al bagno. La cosa più importante per lui, alla fine.
“Bene”
La bionda, che si era beccata il letto più vicino al conducente, sembrava già pronta a distribuire ordini.
Come se non avesse disubbidito ai suoi principi di ‘niente lotte idiote’ appena prima.
Si schiarì la voce, si sistemò la gonna, e proprio quando era in procinto di parlare…
“Bene ragazzi!”, urlò Ash “Si parte!”
Il resto del gruppo urlò a pieni polmoni, di tutta risposta.
Cos’avevano da urlare, poi?
“Idiota, abbiamo lasciato tutte le valigie fuori”
“Oh”
Ashton, con un’espressione delusa e delle chiavi in mano (con un portachiavi e forma di banana, terrei a precisare), corse fuori.
E con lui, il resto dei suoi compagni.
E con il resto dei suoi compagni, tutte le speranze di Calum: sarebbe andata molto peggio di come si aspettava.
Quando gli altri tornarono, duecento valigie e un violoncello dopo, cominciarono le lotte per gli spazi.
Dopo le lotte per gli spazi, cominciarono le lotte per i turni del bagno.
Dopo e lotte per i turni del bagno, cominciarono le lotte per il potere decisionale sulle tapparelle – mezzo abbassate no? O mezzo alzate?
E dopo le lotte per le tapparelle, finalmente i suoi amiconi si resero conto che, dopo un’ora buona dall’entrata nel bolide, non erano ancora partiti.
Altro che euforia pre-viaggio, Calum vedeva solo facce insoddisfatte di compromessi usciti male.
In tutto quel tempo, non aveva osato aprire bocca: troppo shock.
Per la prima volta, cominciò a dubitare seriamente di sé stesso.
E se non ce l’avesse fatta? E se l’avessero lasciato per strada dimenticandosi di lui? E se l’avessero dimenticato nel deserto? – c’era il deserto in Europa, giusto?
Tanti perché presero posto della sua determinatezza, e la cosa non gli piaceva affatto.
Per niente davvero.
“Ragazzi, diamoci un taglio”
Una Blekking più scazzata che mai, sopra il suo magnifico letto nel culo del bus - esattamente sopra la brandina di Mike - aveva la faccia che soffocava nel cuscino.
E per la prima volta dall’inizio di… beh, tutto, Cal si ritrovò a darle ragione.
“Giusto!”, le diede man forte Ashton “Partiamo e basta!”
E proprio quando stava per infilare quelle dannate chiavi nel quadro, ci fu un’altra interruzione.
L’ennesima.
“Amici miei!” disse infatti Sarah, in piedi sopra quello che doveva sembrare un divanetto “Stiamo per partire in Europa a bordo della Mistery Machine e voi siete così mogi! Permettetemi di leggere una poesia che ho scritto apposta per voi questa notte”
‘No, non permetteteglielo, vi prego’
“Fai pure”, disse annoiata la bionda.
Non che a Sarah servisse il suo effettivo consenso, dato che era già pronta col suo foglietto stropicciato.
Si schiarì la voce, come se stesse per dire qualcosa di vitale importante, poi portò lo sguardo verso il suo manoscritto.
“Due etti di prosciutto crudo, una cipol… NO!”
‘Che urlo agghiacciante. Me ne voglio andare’
Calum cercò di sotterrarsi ancora di più con le sue borse, senza effettivi risultati.
Quelle borse l’avrebbero protetto da quegli strambi?
Ne dubitava, ma ci avrebbe sperato fino alla fine.
“E’ la lista della spesa”, ridacchiò Michael.
Aveva raggiunto Blekking di sopra, nel suo letto, e stavano mangiando caramelle gommose.
Se cominciano così adesso, le nostre risorse cibarie finiranno nel giro di tre secondi’
Almeno poteva contare su Luke: lui, sdraiato per terra, sembrava più morto che vivo.
E non accennava a voler abbandonare il pavimento, poi.
“Panico”, disse la rossa.
E ‘Ti capisco, sorella’ pensò invece Calum.
Ashton riprendeva il tutto con una delle sue telecamere ad alto livello professionale – o almeno così sospettava, non capiva niente di quegli aggeggi.
Sorrideva, mentre guardava la ragazza mettere a soqquadro le sue borse alla ricerca di uno stupido foglio. E non fece a meno di pensare che sì, forse anche Ashton nascondeva un pizzico di sadismo.
“Ok ok, improvviserò”
“Stai facendo tutto da sola, rossa”
“Chiudi il becco, Blekking”
Nessuno si aspettava tanta rabbia nel tono di Sarah, ma Blek di tutta risposta rise.
Quella ragazza lo faceva uscire fuori di testa come poche, cavolo.
“Bene, allora ragazzi”, e si schiarì la voce. Questa mania di schiarirsi la voce prima di ogni discorso, Calum, non l’avrebbe mai capita.
“Un’avventura inaspettata, dei compagni inaspettati.
Una vita senza istruzioni per l’uso, difficile da costruire”
‘Ma sta parlando di persone o di mobili dell’Ikea? Che ansia.’
Ansia, fedele amica che anche dopo tutte quelle ore non l’aveva ancora abbandonato.
“Regole rigide, ma gente imprevedibile.
Cosa succederà, non lo so.
Ma una cosa è certa: amici miei, faremo faville”
E va bene che era improvvisata ma… era una vera poesia, quella?
Almeno una rima sarebbe stata carina. Anche una sola, piccola piccola.
“Che cagata”
“Meno male che fai l’antropologa”
“Se mi avessi avvisato avrei fatto in modo di dormire come Luke, per non sentire questa cosa”
“Coraggioso”
“Sono confuso”, disse invece Cal.
Con una voce tanto irriconoscibile, proprio perché erano le prime parole che diceva dopo quelli che sembravano anni.
‘Che schifo’
“Bene” sussurrò Ashton, ancora leggermente scioccato dall’entrata in scena della ragazza.
Ragazza che, per altro, non la finiva di sorridere.
“Qualcuno vuole aggiungere qualcosa?” silenzio “No?” ancora silenzio “Tu, Calum?”
‘No no, continua ad ignorarmi’
“Dai saggio Calum” gli sorrise “Illuminaci con la tua saggezza da medico. Quali sono le tue ultime parole da ragazzo libero?”
‘Vaffanculo va bene?’
“Buona fortuna”
E Ashton rise, rise tanto.
E scappò qualche sorrisetto anche agli altri.
“Grandi parole, amico. Buona fortuna, ragazzi!”
“Buona fortuna”, rispose qualcuno.
Calum sospirò.
Buona fortuna.
Serviva più a lui che a loro.
Che ansia, poi.
Perché Ashton è appena partito.
“Destinazione, Lille”
Mamma, papà, vi ho sempre voluto bene.
Con affetto, Calum.
 
***
 
 
Erano le 22.06. alla guida c’era ancora Ashton, che in tutte quelle ore non era andato in bagno neanche una volta – che avesse una vescica incredibile?
Aveva cercato in tutte quelle ore un compagno di viaggio, un qualcuno che gli tenesse compagnia nel sedile affianco al suo.
All’inizio era rimasto con Helena, la quale non si fidava affatto delle scelte stradali del riccio.
Dopo l’ora di pranzo, era andato a fargli compagnia un Michael col mal di pancia, il quale per poco non aveva vomitato tutte le caramelle mangiate con Blekking. Non era stato un grande conversatore: le uniche parole da lui pronunciate erano state ‘Stasera cago orsacchiotti gommosi’, per poi passare a lamenti e frasi sconnesse per parecchie ore.
In quel momento, c’era proprio Calum affianco ad Ashton. Il silenzio che gli aveva avvolti, tuttavia, non gli dava affatto fastidio, anzi.
Aveva passato diverse fasi, in tutto quel tempo: il panico si intervallava ad attimi di euforia, depressione, felicità, tristezza, rabbia, paura. L’unica costante era sempre la solita ansia.
Lui sarebbe morto d’ansia, lo sapeva ormai.
Così aveva deciso di fare compagnia ad un Ashton sempre sorridente nonostante la palese stanchezza. E gli piaceva, alla fin fine.
Il grande gruppo non aveva fiatato per tutte quelle ore: tutti si facevano i cavoli propri, restando nei propri spazi e ignorando alla grande il resto dei coinquilini.
E per qualche attimo, Calum aveva sperato che Blekking si mettesse a litigare con Helena, perché davvero: tutto quel silenzio con loro era tanto innaturale quanto inquietante.
Era stato un primo giorno orribile.
Eppure, in quel momento, affiancato da Ashton e con un David Bowie degli anni ’70 più forte che mai, era felice.
Sensazione che aveva provato davvero poche volte nella sua vita.
Quando era stato così spensierato come allora?
Forse solo alla tenera età di sei anni, e probabilmente mentre dormiva.
Abbracciato al suo peluche preferito.
Nel letto dei suoi genitori.
Con kili e kili di coperte sopra di lui.
“Ragazzi, benvenuti in Francia”, sussurrò Ashton.
Cal gli rivolse un sorriso, che il riccio ricambiò.
Cominciava ad apprezzare di più Ashton: anche lui aveva un lato nascosto (molto nascosto) tranquillo e rilassante. Gli piaceva davvero tanto.
Ma all’udire di quelle parole, qualcosa si mosse nei cuori – apparentemente di pietra – dei loro compagni. Infatti, poco a poco, tutti li raggiunsero.
Si era formata una bella folla intorno a Cal ed Ashton, e tutti guardavano fuori dai finestrini. Chi rapito dal panorama, chi stanco, chi indifferente.
Ma tutti erano lì.
E Cal sorrise ancora.
‘Era anche ora, eh’.
“Ammirate, ragazzi” disse Sarah, con voce sognante “Queste sono le strade francesi. E ci sono anche i marciapiedi francesi! Se guardate con attenzione, poi, potete notare persino i lampioni francesi, che…”
“Che sono uguali a quelli inglesi”, completò per lei la frase Luke.
“Grazie per la telecronaca Sà, la queste cose ce le abbiamo anche noi”, gli diede man forte Blekking, la quale aveva poggiato la schiena sulla portina. Sembrava morta di sonno, eppure non aveva fatto davvero niente.
‘Scansafatiche’
“Sapete cosa non abbiamo noi?”
Tutti scossero la testa, alla domanda di Ashton.
“Ragazzi, non si parla sopra David Bowie, per favore”, ma nessuno calcolò Michael.
“Cosa?”, chiese curioso proprio lui, Calum.
Era abbastanza tranquillo per fare domande senza temere la risposta degli altri, già.
“La Torre Eiffel”, rispose, quasi ovvio.
“Ah, la Torre Eiffel… non vedo l’ora di andarci!”
Il respiro felice di Sarah lo fece quasi emozionare. Ma solo quasi, perché evidentemente la ragazza non sapeva che Parigi non era una meta prevista.
Stava proprio per dirglielo quando “E’ da quando sono nata che sogno di andarci. Insomma, la città dell’amore e tutte quelle dicerie… io ci credo, ragazzi”.
Aveva quel luccichio che forse aveva visto solo negli occhi degli atleti che prendono l’oro ai giochi olimpici, o i grandi artisti che sentono le proprie canzoni cantate la diecimila persone negli stadi.
E davvero, non voleva essere colui che le avrebbe rovinato la vita.
“Già. Peccato che nell’itinerario non sia prevista. Ops”
Per fortuna ci pensò qualcun altro a farlo: Helena Watson, acida e bionda come dieci ore prima, non aveva ancora staccato lo sguardo dalla strada, come a controllare le mosse dell’autista.
‘Beh, almeno ha smetto di fissarsi le unghie’
“C-come…”
La tristezza nel tono della ragazza era palese persino agli occhi di un cieco, alle orecchie di un sordo, e alla pancia di Michael.
Ed era frustrante sentirla così.
Poteva una voce farlo sentire in colpa anche se effettivamente Calum non aveva fatto proprio niente?
“Già, triste storia”, continuò, senza preoccuparsi minimamente dell’amica.
“ASHTON DICE NO!”
Quasi stava per mettersi a piangere dalla disperazione, Calum.
Ci aveva sperato davvero nell’equilibrio mentale di Ashton, ma evidentemente non doveva sperare così intensamente. Doveva aspettarsi una delusione epocale.
“Cosa hai intenzione di fare?”
Si sentì la voce di Mike, ancora piena di sofferenza, dal divanetto su cui era sdraiato.
“Ho intenzione di portare questa ragazza a Parigi, ovvio”
‘No. Oh no. No ti prego, porca miseria. Tutto tranne questo, ti prego’
Ma nessuno sentì le sue preghiere. Né Dio, né Gesù, né Allah, né Buddha, né tantomeno Ashton.
“Non ci pensare neanche, grande genio”, fermò la festa Helena.
Fatti valere anche per me, ti prego.
E Wow Calum sei davvero senza palle, si disse da solo.
“Perché?”, si lamentò ancora la rossa.
Questo amore per Parigi le stava facendo compiere atti assurdi quali controbattere Helena e piangere davanti a tutti.
Non capiva che se si rendeva così vulnerabile tutti avrebbero usato le sue debolezze contro di lei?
Povera ragazza.
“Perché non è stato deciso così”
E lì tutti sbuffarono. Non Calum di sicuro: era assolutamente d’accordo con il resto dei suoi compagni, ma era paralizzato dalla paura per parlare.
‘Disubbidire alle regole? Ma sono fuori di testa?’, pensò.
“Ebbene, ho preso la mia decisione. Qualcosa in contrario, voialtri?”
Blekking stava giocando a pollicione con Luke – questa passione per quel gioco?
Michael stava dormendo.
Helena era già andata nel suo letto, arresa alla capacità persuasiva del riccio.
E Calum aveva troppa paura per parlare.
Se Ashton fosse diventato il loro autista non solo nel camper ma anche nella vita, potevano andare direttamente a buttarsi da un burrone.
“Bene”
La ragazza urlò dalla gioia, abbracciando di scatto il ragazzo che per poco non finì fuori strada.
Calum vide tutta la sua vita passargli davanti agli occhi – un neonato impanicato, un bambino impanicato, un adolescente impanicato: un film piuttosto ripetitivo.
Ma nessuno, oltre a lui, sembrò curarsi della sfiorata strage.
“Perfetto, ora mi parcheggio in questa proprietà privata. Luke, stai a fare da guardia tutta la notte per non farci portare in una discarica francese”
Una lacrima solitaria scese sulla guancia del ragazzo kiwi, ancora paralizzato sul suo sedile.
‘Non voglio stare con loro. Non voglio morire. Non voglio stare con loro. Non voglio finire in carcere’
“Perché proprio io?”
“Perché hai dormito per 9\10 del viaggio. E non mentire, il tuo russare si sente a kilometri di distanza”
Il biondo alzò le mani in segno di resa, e prese il posto di Ashton.
Dieci minuti dopo, quando Calum trovò la forza interiore di alzarsi, prese posto nella sua brandina.
C’era silenzio, e gli faceva paura.
Così, si mise le due amate cuffiette e fece partire la sua playlist.
L’aveva chiamata ‘ansia’, proprio per quei momenti.
I suoi pensieri vagarono su tante cose: sui suoi genitori, sulla sua casa lasciata, sul cane che avrebbe sempre voluto, sulla sua ultima ragazza che l’aveva lasciato perché ‘non era abbastanza pericoloso’, e sulla buon’anima di suo nonno.
“Buonanotte!”, urlò qualcuno.
E davvero non si aspettava ben cinque “Buonanotte” di risposta.
Così si unì a loro e “Sogni d’oro”.
Parigi.
Porca puttana, che bordello.






Angolo autrice

Ok, lo ammetto. Questo capitolo fa abbastanza schifo e non aggionro da un po'. Ebbene, la scuola sta ammazzando anche me, mi dispiace.
Spero che vi piaccia comunque. In realtà, nonostante sia il primo giorno di viaggio e bla bla bla è davvero poco epico. E' quasi un capitolo di passaggio, per quello che sarà il bordello del prossimo.
Se avete qualche preferenza da esprimere per il prossimo punto di vista, sono pronta a sentirvi - non ho ancora deciso, lo ammetto.
Beh, a presto :)

Image and video hosting by TinyPic" />

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Keep_Running