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Autore: Scar_    20/05/2015    0 recensioni
Tutto è cominciato con una porta arancione. Inizio un po' fiacco, lo so, frase un po' stereotipata, mi rendo conto. Ma davvero non saprei come altro dirlo.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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C h a s i n g    P a v e m e n t s



If I tell the world, 
I'll never say enough, 
Cause it was not said to you, 
And thats exactly what I need to do, 
If I'm in love with you, 

Should I give up, 
Or should I just keep chasing pavements? 

(Adele - Chasing pavements)
 

Tutto è cominciato con una porta arancione. Inizio un po' fiacco, lo so, frase un po' stereotipata, mi rendo conto. Ma davvero non saprei come altro dirlo. 
Ricordo quella porta arancione, bussai e infilai timidamente la testa, all'epoca ero una studentessa in erba, e ancora non mi sentivo del tutto a casa. Era il mio primo giorno, penso fosse comprensibile. 
Comunque, entrai pian piano e chiesi al medico se mi fosse permesso assisterlo. Ricordo una larga schiena, la prima cosa che mi viene in mente se ripenso a quell'incontro è la sua schiena curva, avvolta nel camice. Quante volte l'avrei guardata con reverenza, ammirazione e, a detta di alcuni, fin troppa dolcezza nello sguardo. Lui rispose senza pensarci, non voltò nemmeno la testa, mi disse che non c'erano problemi, che potevo accomodarmi. Solo quando gli fui talmente vicina da poter sentire quell'odore di Merit che in seguito mi sarebbe stato così familiare, lui si accorse che non ero un volto conosciuto, e mi squadrò. 
Quello sguardo fu sufficiente. Altra frase stereotipata, lo so, ma sentii le gambe molli, e quella scia di calore partire dallo stomaco e arrivare fino alla testa. Stavo arrossendo, lo sapevo, e la mia frequenza cardiaca si stava facendo fastidiosamente alta. Ma che potevo farci, dopo tutto questo tempo mi succede ancora ogni volta che lo vedo, e lì per lì ero letteralmente paralizzata. 
Presa com'ero dal rendermi conto di aver appena avuto un plateale colpo di fulmine, quasi mi persi le parole che mi rivolse. 
"Sei nuova" tono di ovvietà, sopracciglia lievemente corrugate. Quanto avrei amato quell'espressione. 
"Si, è il mio primo giorno" 
"Bene. Sto togliendo dei punti, ma resta pure" 
E detto ció, si rivolse nuovamente al paziente, dandomi la schiena. Rimasi alla sua destra, leggermente sporta sulla poltrona della medicheria, facendo finta di concentrarmi sulla rimozione delle suture, ma in realtà squadrandogli la nuca e quel poco del suo viso che vedevo. Avrei passato un'infinità di tempo in quella posizione, facendola diventare una sorta di appuntamento quotidiano, un momento solo nostro, in cui nessuno dei due parlava, se non per necessità, lui pensava al paziente ed io pensavo a lui. Ma in qualche modo eravamo vicini, e questo mi piaceva. 
"Come ti chiami?" 
A quella domanda risposi con un odioso, stupido ed imbarazzante "mh?". Non perchè io sia di difficile comprendonio, ma perchè ancora una volta nel giro di qualche minuto mi ero imbambolata a fissarlo, deconcentrandomi da quella che era la realtà. Fortunatamente il mio cervello aveva afferrato comunque, e risposi con solo qualche secondo di ritardo, sperando in cuor mio che non mi considerasse una completa idiota. 
Lui non si presentó, in realtà non l'ha mai fatto, quel primo giorno scoprii il suo nome solo perchè sentii medici ed infermieri chiamarlo. Si limitò ad annuire un paio di volte con la testa, chiudendo le labbra ed arricciandole un po', come fa sempre quando vuole fare la persona seria. 
Finita la medicazione e andato via il paziente mi avvicinai con timidezza e gli chiesi di cosa si trattasse, e a cosa fosse dovuta quella spaventosa cicatrice. In realtà non ero affatto timida, e in quel preciso momento non posso davvero affermare che fossi così interessata a quella particolare e a me totalmente sconosciuta branca della chirurgia, ma avrei fatto di tutto per attirare la sua attenzione, compreso ballare la danza del ventre sventolando pannoloni. Decisi che fargli qualche domanda sarebbe stato più opportuno. Così mi stampai in faccia un'espressione interessata.
Mi resi conto di quanto fosse più alto di me, e non che io sia bassa o minuta, ma per la prima volta mi sentivo piccola davanti ad un uomo, e questa cosa mi fece sentire in qualche modo protetta dalla sua mole fuori misura. Ed è ancora così, ogni volta che mi avvicino alla sua schiena per allacciargli il camice e mi sorprendo di non arrivargli nemmeno al collo. 
Fatto sta che, sentendo la mia voce e capendo che mi stessi rivolgendo a lui, abbassò lo sguardo su di me, e fece un'espressione strana, come se fosse sorpreso di trovarmi ancora lì. Un po' la cosa mi ferì, ma in seguito avrei capito che in realtà è una persona così distratta a proposito di quello che ha intorno che è capace di rimanere stupito da qualunque cosa. 
Fu molto paziente e mi spiegó con calma e con parole semplici ciò che era successo a quell'uomo e perchè avevano dovuto intervenire in quella maniera.  Notai che tentava di non gesticolare, e per riuscirci giocava col filo del saturimetro portatile che ha sempre in tasca, e lo adorai. Notai che aveva difetti di pronuncia, e mi divertì, trovavo così carino il suo modo di parlare. Notai che ogni tanto gli partiva un tic all'occhio destro, solo dopo parecchio tempo mi sarei accorta che lo faceva solo quando parlava con me. 
Dopo l'esauriente spiegazione, informó l'infermiera che stava andando in ambulatorio, mi risolve uno stretto sorriso di circostanza e si allontanó verso l'uscita del reparto. Rimasi a fissare la sua schiena e il camice ondeggiare al ritmo dei suoi passi. 
Era il mio Mr Big, il mio Mark Darcy, il mio Ryan Atwood, il mio Jack, il mio Dan Humphrey. Mi fu chiaro in un momento che era colui che sapevo che prima o poi avrei ottenuto, non importava quanto ci sarebbe voluto, o quanto ne avrei sofferto. 
Vittima di una febbricitante esaltazione, che vorrei poter dire di riuscire ormai a controllare, ma mentirei spudoratamente, mi avvicinai con noncuranza all'infermiera e le chiesi di quale ambulatorio stesse parlando il dottore. Lei, ignara delle mie reali intenzioni, mi parlò di questo posto, aggiungendo che sicuramente il mio dottore era lì ad aiutare un altro dei medici di turno. Sfoderai il mio miglior sorriso da brava bimba e le chiesi se potessi andare lì a curiosare. Lei rise, dicendomi che apprezzava tutto questo mio interesse per il reparto, e mi disse di andare pure. 
Fu lì che conobbi il dottor A. Un uomo che ancora non riesco a capire fino in fondo, un uomo che per tanto, tantissimo tempo è riuscito a farmi sentire una perfetta cretina, senza neanche bisogno di parlare, gli è sempre bastata un'occhiata. In realtà col tempo lui è arrivato ad apprezzarmi come persona e come infermiera, nonostante dispensi complimenti col contagocce, mentre io ho compreso che è solo il suo modo di fare, paraculare il prossimo è un'attività di cui non sa fare a meno. 
Uno dei suoi obiettivi preferiti, come avrei scoperto quel giorno, è il mio dottore e le sue forme tondeggianti. Ho sempre amato uomini e animali grassi, e questo non fece altro che ingigantire la mia cotta già spropositata, che si manifestò con un sospiro da donnicciola. 
Nel giro di due minuti, il dottor A riuscì a mettermi così a mio agio che ero tentata di battere in ritirata, anche perchè pensavo che le mie guance avrebbero preso fuoco da un momento all'altro, visto l'imbarazzo. 
Resistetti, e davvero non so dire se sia stata una fortuna o meno, forse se fossi andata via non sarebbe stato così brutale sapere quello che di lì a poco avrei saputo. 
Fatto sta che il romanzo rosa che si stava scrivendo a tutta velocità nella mia testa era già arrivato al "... E dopo pochi mesi di felice matrimonio una meravigliosa bimba arrivò ad allietare la casa", quando il dottor A, nel corso di un piccolo intervento, cominciò a chiacchierare 
"Bè V, e tu che fai stasera?" V rispose con una scrollata di spalle, come a dire che non ci aveva pensato "a casa con la mogliettina?" 
E la prima pedata al mio stomaco arrivó senza il minimo preavviso, intensa, dolorosa da mozzare il respiro. 
Non contento, il dottor A rincarò la dose "ormai ci siamo quasi, eh? La dolce attesa è quasi finita!" 
Seconda pedata. 
Ricordo di aver detto ad una mia amica, quella stessa sera, che era stato come sentire il pavimento crollarmi sotto i piedi. Come sentire una bomba esplodermi da dentro e dare fuoco a tutto quel cazzo di ambulatorio. BOOM. 
Lui mi guardó di traverso, un'occhiata che è durata solo un secondo, tant'è che ancora oggi mi chiedo se non me la sia immaginata. Voglio dire, la follia iniziava già a germogliare. Io riuscii appena in tempo a richiudere la bocca che, mi accorsi, doveva essersi aperta a causa dei recentissimi scoop. 
Non so se il dottor A si fosse già accorto di qualcosa, è innegabile il fatto che quell'uomo abbia sempre avuto un intuito fuori dal comune, ma io scommetterei che lo sapeva già. Lo sapeva eccome. 
Finito un altro breve intervento, io mi ero già fatta amica gli infermieri dell'ambulatorio e mi resi conto di quanto amassi stare in quel posto, tant'è che in seguito avrei cominciato a trascorrerci così tanto tempo da considerarlo la mia isola felice. La giornata passò in fretta, adoravo vederlo concentrato sul paziente, le sue mani muoversi senza fretta, con una sorte di elegante quiete, come se il tempo si dilatasse al suo volere. 
Nonostante le sconvolgenti notizie non riuscivo a guardarlo con occhi diversi da quelli di prima, non riuscivo razionalmente a considerarlo un uomo impegnato, che di lì a poco sarebbe addirittura diventato padre. Era il mio destino, nella mia mente non c'era spazio per altri futuri scenari diversi da questo. 
Prima di andare si avvicinò a me per salutarmi e mi ringraziò per l'aiuto che gli avevo dato. In realtà va detto che quel giorno non feci chissà cosa, ma l'essere così dolce e gentile da darmi alla testa è un'altra delle cose che avrei amato di lui. Si congedò con un "ci vediamo lunedì allora", e ancora una volta rimasi a guardare la sua schiena allontanarsi. 

Salve a tutti! Vorrei specificare che si tratta semplicemente di una one shot senza pretese e fine a sè stessa, che avevo voglia di scrivere da molto tempo. Tutto qua. Spero ve la siate goduta e vi ringrazio per l'attenzione!
  
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