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Autore: ishipxxbullshit    20/05/2015    1 recensioni
Blaine notò del nero sulla zolletta.
“Kurt.” Stava scritto in corsivo, con una calligrafia calcata e sbiadita come se avesse cancellato e riscritto qualcosa tante volte.
Blaine!Cameriere.
Accenni Noah/Quinn
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Puck/Quinn
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sugar Cube?
 
Blaine Anderson era sempre in elegante ritardo, eppure metteva la sveglia alle sei e mezza, ma proprio alle otto a lavoro non ci riusciva ad arrivare.
 
Lavorava in una caffetteria molto originale, con due stanze, una dove bere e sgranocchiare qualcosa e un'altra con una gigantesca libreria, dove si può leggere mentre bevi una cioccolata calda.
 
-
«Non dirò al capo che sei in ritardo, di nuovo, se mi copri il torno delle sette, devo uscire con una nuova ragazza.»
 
«Puck, sei insopportabile ed un approfittatore.»
 
«È a questo che servono gli amici.» 
 
-
Alle sette e venticinque il campanello dell'entrata suonò avvertendo l'arrivo di un nuovo cliente, Blaine lasciò perdere le ciambelle per vedere in quale stanza si recava.
 
Per lui era quasi un gioco, guardare le persone, le stanze che sceglievano e immaginarsi le vite che facevano, commentando il tutto con il suo migliore amico Sam Evans, era un passatempo.
 
Si bloccò, con la ciambella ancora in mano.
La persona che entrò era un ragazzo, dai capelli castani e gli occhi celesti, un naso tenero e delicato e la bocca rosea e sottile semi aperta mentre si guardava attorno.
 
Tenero.
Così l'avrebbe definito Blaine, dal viso, non di certo dal suo abbigliamento, giacca di pelle nera, sotto una maglietta del medesimo colore ma un po' più chiaro e dei skinny jeans neri che gli fasciavano le gambe in modo peccaminoso. 
 
Sembrava alla ricerca di qualcuno.
 
Blaine dal canto suo era una persona molto insicura, se doveva intraprendere una conversazione aveva bisogno di qualcuno affianco come se fosse un supporto morale, sua madre glielo diceva sempre; «Sei così bello a mamma, perché hai così poca autostima?.» Mentre gli accarezzava una guancia.
 
Ma, spinto da quel ragazzo che sembrava potesse rubare le stelle al cielo se solo lo volesse, si avvicinò a lui, facendo scivolare i suoi mocassini sul pavimento liscio. «Posso aiutarla?» chiese titubante «Cerco Sebastian Smythe.» rispose con una voce sottile e docile, che non si addiceva per niente al suo stile, che mistero.
 
«È stato licenziato ieri, è un suo amico?» 
Il ragazzo dagli occhi azzurri lo guardò con un ghigno stampato in viso, «scopamico.» 
Ci fu un momento d'imbarazzo che durò una manciata di secondi.
 
«Mi siedo, vorrei un caffè senza zolletta di zucchero grazie.»
 
«Arriva subito.» Blaine fece retromarcia andando dietro il bancone a preparare una tazza di caffè, quando finì si recò al suo tavolino e gli posizionò una zolletta di zucchero sul tavolo. «Sono buonissime, in caso cambierai idea.»
 
Andò di nuovo al bancone, osservando silenziosamente quel ragazzo che emanava mistero.
 
Secondo lui era una persona con due lati,  insicuro come lui, c'è chi si nasconde dietro gli altri come Blaine, chi dietro un muro pieno di bugie e apparenze come, per lui, Kurt.
 
Come un supereroe.
 Di pomeriggio  una persona normale che vestiva le vesti d'umano e seguiva lezioni di studio, mentre nel momento del bisogno si trasformavano in chi erano veramente, ovviamente quel ragazzo non sparava fuoco dalla giacca di pelle e non faceva cento km in trenta secondi, ma due personalità le aveva.
 
Caso chiuso.
 
Blaine guardando l'orologio si rese conto che erano passati già venti minuti e il ragazzo lo stava chiamando schiacciando il pollice, arrivò al tavolo dove sedeva e gli consegnò il conto. «Tieni il resto.» disse sorridendo, con il lato tenero.
 
Prese il cellulare poggiato accanto la zolletta di zucchero e uscì dal bar, Blaine notò del nero sulla zolletta.
 
“Kurt.” Stava scritto in corsivo, con una calligrafia calcata e sbiadita come se avesse cancellato e riscritto qualcosa tante volte.
 
Allora Blaine tornò al bancone con il batticuore e neanche sapeva il motivo, sarà che era attratto dal mistero, sarà stato quel bel viso, fatto sta che non sapeva spiegarselo.
 
A fine giornata si ritrovò il nome di quel ragazzo scritto ovunque; appuntato sul suo cellulare, sul taccuino delle ordinazioni, mentre parlava a telefono con Sam l'ha pure chiamato per sbaglio 'Kurt'. 
Lo pensava sempre, come quando un bambino vede il regalo di Natale sotto l'albero, si sente speciale perché Babbo Natale è andato dal Polo Nord a casa sua per portargli un misero trenino e così si sentiva Blaine, una persona speciale che aveva avuto anche solo l'onore di aver posato gli occhi su quella creatura.
 
A Sam non ne aveva parlato, nonostante gli raccontasse tutto si sentiva custode di quel segreto, quello che il ragazzo aveva scritto su quella zolletta di zucchero, aveva paura che raccontandogli di lui anche Sam potesse infatuarsi.
 
-
«Passata una bella serata?» Domandò Blaine una volta arrivato nella camera dello spogliatoio dove i camerieri e le cameriere indossavano le proprie divise. 
 
«È andata malissimo, quella Rachel Berry era ancora legata al suo fidanzato.. mi ha parlato tutto il tempo di lui, che noia! Pensare che è pure ebrea.»
 
«Ma almeno te l'ha data?.»
 
«Seh, magari.» Blaine sospirò rassegnato.
Noah aveva deciso di andare ogni sera con una ragazza diversa, svagandosi nei pub e tornando il giorno dopo a lavoro con il mal di testa, questo perché non riusciva a togliersi di testa una ragazza.
 
«Invece di fare il casca morto torna con Quinn, imbecille.» Al sentir nominare quel nome Noah sospirò frustato e si passò una mano sulla cresta.
 
«Non ci riesco.» A quel punto una volta entrati nel discorso ‘quinn febrery’ molto delicato, Blaine si avvicinò con cautela temendo uno scatto d'ira da parte dell'amico e gli appoggiò una mano sulla spalla intimandolo ad alzare il capo e guardarlo.
 
«Ascoltami bene.
Se tu fossi gay ti scoperei di sicuro, quindi sei bello, poi sei anche simpatico e premuroso, lei ti ama, tu la ami, solo per un errore fatto un anno fa non potete mandare all'aria una bella relazione, un amore così giovane, tu, Noah Puckerman devi muoverti a riconquistarla sennò sarà troppo tardi.» 
Quelle parole sembravano aver scosso qualcosa all'interno di Puck che «devo immediatamente trovarla.» esclamò.
 
«Quinn sarà a lezione a quest'ora, prova stasera.»
 
«Mi coprirai il turno di nuovo giusto?.» Blaine sorrise, per una volta non si sentì abbattuto dal dover passare quattro ore in più in quel posto.
 
-
Per tutta la giornata di ragazzi interessanti Blaine ne aveva visti solo due e, a telefono con Sam, fantasticò sulla vita di ognuno.
 
Mentre stava coprendo il turno di Puck arrivò un altro cliente, ma non uno qualsiasi.
Arrivò lui, vestito diversamente, con degli abiti più alla moda, più semplici, più allegri.
 
Un pantalone con una fantasia particolare stretto con una camicia azzurrina messa all'interno di essi.
 
Blaine spalancò la bocca e sussurrò a telefono «non può essere lui..» fu un  leggero brusio che però Sam sentì.
«Chi?»
 
«Devo attaccare.» Disse con lo sguardo perso sul suo abbigliamento.
 
«Tu mi nascondi qualcosa, Blaine Anders-.» Non riuscì a finire la frase, però.
 
-
«Ecco il suo caffè, Kurt.» Blaine marcò il suo nome, in risposta il ragazzo sorrise radiosamente.
 
«Vedo che hai imparato il mio nome.» Ma il suo tono era sempre freddo, come se non fosse realmente lui.
 
«Posso farti una domanda?.» Chiese Blaine, Kurt in risposta con la mano gli fece segno di sedersi sulla sedia.
 
«Non hai lo stesso stile  di ieri.» Affermò velocemente mentre si sedeva sulla sedia, con la paura di qualche strana reazione.
 
«Vedo che hai anche degli occhi.» Disse sarcasticamente.
 
Blaine sbuffò e si alzò trattenendosi dal dire “Perché fai così?” come se lo conoscesse da tutta una vita.
 
Prima che però scomparisse dietro il bancone sentì Kurt urlare «lo prendo senza zolletta!» 
 
«Magari, se cambi idea.» Tornò dietro il bancone con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, quello scambio di battute era stato strano ma intenso.
 
Come se ci fosse qualcosa d'intenso in una zolletta di zucchero, ma non era quello il punto.
 
Quando dopo mezz'ora tornò al tavolo dov'era seduto lo trovò vuoto con la mancia sul tavolino e un'altra scritta sulla zolletta.
“Matris Street. Scandalous. 22:00.” recitava la scritta.
 
Cosa stava a significare? Che sarebbe dovuto andare a quel qualunque cosa fosse alle dieci? Evidentemente si.
 
«Santana mi copri il turno per un'ora? Per piacere?.» La ragazza lo guardò roteando gli occhi e sbuffando disse «Come se non avessi una fidanzata che mi aspetta a casa.» E se ne andò a portare un cappuccino ad un cliente, Blaine sorrise.
 
Era un ‘si’ alla Santana.
 
-
Quando arrivò in quella strada girovagò fino alle 22:20, quando una scritta luminosa sopra l'insegna gli abbagliò la vista, stava scritto ‘Scandalous’ a vari colori, quello doveva essere il locale.
 
Entrò e tutto quel che vide erano corpi che si dimenavano a suon di musica che copriva anche i suoi pensieri, come poteva trovare Kurt in quella folla?
 
Ma ultimamente la fortuna era dalla sua parte, in fatti si sentì picchiettare sulla spalla e si girò di scatto trovandosi davanti due occhi azzurri che brillavano e un sorriso a trentadue denti. 
«Non pensavo saresti venuto!» Confessò eccitato, mentre saltellava qua e là, lo prese per mano e lo portò al bar.
 
«Che bevi? Io prendo della vodka alla fragola, grazie.» Disse al barista, mentre oscillava la testa a suon di musica.
 
«Sei così d-diverso.» Kurt si girò di scatto, perdendo quella lucidità nei suoi occhi.
 
«Non ti piace?»
 
Quella parte misteriosa poteva intrigarlo, l'oscurità poteva essere sexy, ma questo suo lato, questo suo lato un po' vivace, un po' chiacchierone e un po' bambino lo attirava parecchio, gli piaceva eccome.
 
«Certo!» Esclamò ridendo.
«Chi sei un lupo mannaro che di notte si trasformi in questo? Anche se al bar stasera eri, diciamo quasi così.»
 
«Non c'era Sebastian, potevo essere chi volevo.» Gli confessò mentre prendeva un sorso dal suo drink.
 
«Non capisco..» Era confuso Blaine.
Che c'entrava quella mangusta in tutto ciò? 
 
Kurt si avvicinò barcollando, già ubriaco, mise il suo mento sulla spalla di Blaine e «devo essere un altro sennò non piaccio alla gente» gli sussurrò queste parole all'orecchio.
 
Allora Blaine capì, capì che era tormentato come lui al liceo, solo che la scuola è diversa dalla vita reale e se era dura lì, qui, per lui, com'è?
E decise che avrebbe voluto salvare quel ragazzo, che stava ballando tra le sue braccia, quel ragazzo che gli ricordava tanto lui.
 
«Ti riaccompagno a casa.» 
 
«No, no!» Urlò impaurito, scostandosi da lui e correndo verso l'uscita mentre barcollava e si appoggiava a qualcuno di tanto e intanto.
 
Blaine lo rincorse e quando uscì dal localo lo vide che tentava di far entrare la chiave nella serratura della macchina.
«Vuoi guidare in queste condizioni?.» Chiese con affanno.
 
Kurt si girò impaurito, schiacciandosi contro il vetro dell'autovettura. «Ti prego non portarmi a casa, non ci voglio tornare mai più.» 
 
«Non so nemmeno dove abiti, dove dormirai?.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo e tirò su con il naso, Blaine gli prese il mento e constatò che stesse piangendo, lo prese tra le braccia e lo strinse forte.
 
«Vieni a casa con me, giuro che non sono uno stupratore.» E riuscì a strappare un sorriso a quel ragazzo.
 
-
Il giorno dopo però il divano lo trovò vuoto e non c'era nessuna traccia del ragazzo, si sentì anche infelice perché sperava di poterci parlarci, di aiutarlo e dove sarebbe stato quella notte? 
 
Quelle domande lo perseguitarono fin quando non arrivò a lavoro, in ritardo ovviamente. 
 
«Allora?» Chiese Puck dopo che stettero in silenzio circa tre minuti nello spogliatoio.
 
«Allora cosa?» Domandò con aria stanca, non prestando attenzione.
 
«Non mi chiedi com'è andata?» 
Blaine si mise più composto, spalancando gli occhi.
 
«Oh Dio, è vero! Racconta tutto.»
Ma l'aveva capito, l'aveva capito dal sorriso da pesce lesso che aveva Puck da quando era entrato nello spogliatoio, dall'aria fiera e sognante che aveva.
 
«Non voglio annoiarti con la mia storia.. solo che è stato bellissimo! Siamo ritornati insieme.»
Blaine saltò dalla panca con un urlo ed andò ad abbracciarlo.
 
«Cosa faresti senza di me?» Chiese sarcastico.
«Davvero, grazie mille gayBlaine.»
 
-
Il giorno dopo a lavoro Puck si avvicinò con un sorrisetto malizioso. 
«Un ragazzo ti ha cercato.» Disse mordendosi un labbro.
 
«Un r-ragazzo?.» Chiese balbettante e in cuor suo sperava che fosse Kurt, sperava che fosse andato in quel bar non per l'ottimo caffè ma per lui.
 
«Ti ha lasciato qualcosa, te l'ho messo affianco la cassa.» 
Blaine quasi corse per vedere cos'era, assicurandosi che non ci fosse nessun cliente che potesse interromperlo, notò un fazzoletto di carta vetrata con una scritta sopra, che faceva da copertura ad una.. zolletta di zucchero.
 
Blaine in quel momento voleva solo urlare, il motivo non lo sapeva, come quando il ragazzo che ti piace ti saluta e allora arrivi a casa con la testa tra le nuvole, il cuore a mille e voglia di urlare di felicità.
Sulla zolletta c'era scritto “Grazie.” e gli bastava, mentre sul fazzoletto un numero di telefono, di Kurt immaginava.
 
Quando arrivò in casa, prima ancora di togliersi la giacca chiamò quel numero.
«Pronto?» Rispose il ragazzo.
 
«Kurt?» Domandò Blaine, con il cuore che batteva forte.
 
«Si, è il mio nome.» Blaine sorrise e scosse la testa.
 
«Smettila.» Sussurrò piano, mentre si sfilava la giacca e si stendeva sul divano.
 
«A fare cosa?.» 
 
«Ad essere qualcun altro.» Non arrivò risposta per qualche secondo, che Blaine credette fosse caduta la linea, quando dall'altra parte del cellulare sentì un sospiro.
 
«Grazie per due sere fa, oggi sono venuto al bar, non c'eri.»
 
«Quando mi hai visto quelle volte di sera era perché coprivo il turno ad un mio amico.»
 
«Oh,» ci fu una pausa «e quand'è il tuo turno?» chiese Kurt a bassa voce.
 
«Dalle otto alle sette, tutto bene? Mi sembri strano, parli sotto voce.»
 
Il ragazzo fece una risata sarcastica, leggera, che però fece sorridere anche Blaine. «Se Burt scopre che sto a telefono mi uccide, letteralmente.»
 
«Chi è Burt?» Chiese Blaine preoccupato.
 
«Quello che ha messo incinta mia madre.» Ammise con la voce rotta.
 
«Tuo padre?»
 
«Non è mio padr- cazzo, no!» Imprecò.
 
«Ehi, tutto bene? Che è successo?» 
Sentì un singhiozzo.
 
«La sta picchiando di nuovo..» 
 
Blaine andò in panico. «Tua madre?»
 
«No, lei è morta, la mia sorellastra, non ce la faccio più.» 
 
Cosa poteva fare in una situazione del genere? Non poteva dirgli parole di conforto perché  non servivano a niente tutte quelle cose che si dicevano nei telefilm.
«Vieni a casa mia.» Però disse.
 
«Okay.» E fu come se Kurt avesse aspettato solo quello, solo quella domanda.
 
-
Il campanello suonò e Blaine andò immediatamente ad aprirlo, Kurt, si buttò tra le sue braccia un po’ perché voleva conforto un po’ perché era imbarazzato, dopo qualche secondo lo fece accomodare.
 
«Vuoi bere o mangiare qualcosa?.» Gli chiese premuroso, poggiandogli una mano sulla gamba. 
«Se non ti dispiace sono affamatissimo.» Blaine annuì e andò a prendergli qualche snack.
 
«Ecco tieni.»
 Era una situazione alquanto strana, erano coperti da un velo d'imbarazzo che quella notte al locale non c'era.
 
Kurt iniziò a divorare il tutto con voracità, era come se non mangiasse da mesi, quando finì alzò il capo e guardò Blaine con le gote arrossate.
«Ora penserai che sono uno strano e arrogante.» 
 
«Penso che tu abbia bisogno di qualcuno con cui sfogarti perché si vede.»
 
«Si vede cosa?.»
 
«Che stai soffocando.»
 
Kurt si avvicinò a Blaine e quest'ultimo gli circondò le spalle con il braccio mentre il ragazzo poggiava la testa sulla sua spalla.
 
«Mia madre è morta quando avevo dodici anni, a quell'età tu hai bisogno solo di una persona: tua madre. Quando morì a causa di un malore anche una parte di me morì, la spensieratezza.
Burt era sempre stato distaccato con me, mia madre voleva un bambino lui no, ma l'amava e glielo concesse.
Iniziò a portarsi donne a casa ogni fottuta sera..» tirò sul con il naso «..ed una rimase incinta, dovette sposarsela e lei partorì una femmina, Rachel, la madre di Rachel se ne andò di casa e Burt le dà da mangiare, ma ci picchia sempre dicendo che è colpa mia se la mamma è morta perché ero uno s-stress per lei..»
 
Kurt iniziò a singhiozzare più forte e Blaine girò il busto per abbracciarlo, il ragazzo si aggrappò alla t-shirt dell'altro come se fosse un'ancora, come se potesse rendergli le cose più semplici.
 
«Per questo hai anche un'altra personalità.»
 
«No.
Quando andai in primo superiore ero così.. ma meno bello, iniziai a manifestare un interesse verso i pettorali, invece che dei seni e quando tutti quanti lo scopriremo iniziarono a picchiarmi, a deridermi e così iniziai a vestirmi da duro in quel modo forse mi avrebbero temuto e così fu, mi inculcarono che com'ero non piacevo a nessuno.» 
 
Blaine posizionò le mani accanto il capo di Kurt e lo fissò dritto negli occhi, guardandolo.
«A me piaci così.» E fece avvicinare le proprie labbra a quelle del ragazzo.
 
Era stato uno sfiorarsi di labbra, per far sentire a Kurt che gli piaceva  così com'era.
Ognuno dovrebbe amarsi per quel che è, nessuno è sbagliato, tutti siamo unici.
Sentiva le farfalle nello stomaco e per poco le ginocchia non cedevano sotto terra, la testa gli vorticava come quando fai qualcosa che ti piace e quelle sensazioni gli piacevano da morire.
 
«Oh Dio, scusa.» Però disse staccandosi.
 
«Non mi è dispiaciuto.» Disse arrossendo.
 
«Neanche a me.
Vuoi dormire qua?.»
 
«Ti dà fastidio?.» 
 
«Certo che no.»
 
-
«Chi era?.» Domandò Santana, indicando il ragazzo castano che se ne stava andando dal negozio.
 
«Un ragazzo che ha dormito da me.»
 
«Ohooh!» Disse Santana, scoppiò in una risata perché non aveva proprio capito.
 
«È una lunga storia.. non me lo sono portato a letto, pensi solo a quello!»
 
Santana scosse la testa e andò a prendere un'ordinazione.
 
-
Alle cinque un nuovo cliente, lui, Kurt.
 
Quando vide Blaine si avvicinò titubante e «Ehi!» disse in tono squillante.
 
Blaine saltò facendo rovesciare il caffè per terra. 
«Oh Dio, scusami tanto!» 
 
«Non è colpa tua, tutto bene?.»
 
«Sì, mi sento molto positivo, tu?.» 
Blaine sorrise raggiante.
 
«Tutto bene.»
Andò dietro al bancone seguito da Kurt.
 
«Grazie a te sono.. così. Guardami!»
Blaine l'aveva notato che aveva i suoi vestiti, quelli alla Kurt ma faceva finta di niente, mentre dentro voleva saltellare di gioia e abbracciarlo. 
 
«Uh, hai perso la giacca di pelle sulla moto?.» Scoppiarono entrambi a ridere.
 
«Cappuccino senza zolletta, grazie.»
 
-
Blaine gli portò lo stesso la zolletta, ma quello che stava scritto su di essa gli fece tremare le gambe, sembrava essere ritornato al liceo, quando hai una cotta per il professore t'interroga e tremi perché è come se avesse scelto te.
 
Compose il numero di Kurt e attese che rispose.
 
“Pronto?.”
 
“Anche tu.” 
E riattaccò.
Sulla zolletta stava scritto “Mi piaci.”
   
 
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