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Autore: beagle26    20/05/2015    5 recensioni
Damon e Elena non potrebbero essere più diversi, e, soprattutto, hanno un pessimo tempismo.
Eppure non possono fare a meno l'uno dell'altra.
Eppure le loro vite correranno per anni su binari paralleli.
Riusciranno prima o poi ad incontrarsi?
AU - AH
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2. The plans that came undone
 
There is an answer in a question
And there is hope within despair
And there is beauty in a failure,
And there are depths beyond compare
There is a role of a lifetime
And there's a song yet to be sung
And there's a dumpster in the driveway
Of all the plans that came undone

***
In una domanda c’è una risposta,
E c’è speranza nella disperazione,
E c’è bellezza in un fallimento,
E ci sono profondità incomparabili.

C’è il ruolo di una vita
E una canzone ancora da cantare,
E c’è un cassonetto di fronte a casa
Pieno di tutti i piani che sono falliti.

 
-Black Sun-  Death Cab For Cutie

 
 
Al 2104 di Maple Street, Elena Gilbert è seduta alla finestra della sua stanza, le gambe strette al petto e una mano premuta contro il vetro. La piccola mansarda è illuminata dalla luce calda e morbida di un sole estivo, che sta per lasciare spazio ad una tiepida serata. La toga, una cascata di stoffa rosso acceso, è appesa alla sua gruccia sull’anta dell’armadio. Il tocco è lì accanto, sulla scrivania e ai piedi del letto c’è ancora l’abito nero che ha sfilato poco fa, appena rientrata a casa, senza preoccuparsi di raccoglierlo.
Oggi è il giorno del diploma e la vita di Elena è destinata a cambiare, ma non nel modo che aveva immaginato.
Oggi è il giorno in cui ha sepolto entrambi i suoi genitori, morti annegati alcune sere prima precipitando con l’auto dal ponte di Wickery.
Un incidente inspiegabile, così lo hanno definito. Ed è proprio con questa profonda imprevedibilità che Elena ha dovuto confrontarsi per la prima volta in vita sua, uscendone sconfitta.
 
Di mattina appena sveglia aveva sceso le scale come un fantasma. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
Zia Jenna l’attendeva in cucina, indaffarata a mettere insieme una colazione decente con la quale sperava di poter dare conforto ai due ragazzini a cui si era ritrovata a dover fare da mamma, pur sentendosi lei stessa una bambina mai cresciuta.
“Non sei obbligata a farlo se non ti va” le aveva sussurrato, appoggiandole una mano sulla spalla con tenerezza.
“Ma io voglio farlo” aveva ribattuto Elena, caparbia e determinata.
Avrebbe partecipato alla cerimonia di consegna dei diplomi a tutti i costi, così come aveva stabilito con Miranda e Grayson.
In casa non si parlava d’altro da giorni e lei sarebbe stata forte fino alla fine. Non li avrebbe delusi, per nulla al mondo.
E così si era ritrovata sul palco a ritirare dalle mani del preside quel maledetto pezzo di carta, simbolo di un futuro che improvvisamente le appariva inconsistente, vuoto e inutile.
Voltandosi verso la platea, tutti quei genitori pieni di orgoglio per i loro figli che la squadravano con compassione, sperava ancora di incontrare il bel viso di sua madre e rendersi conto che era stato tutto un gigantesco equivoco.
Quando aveva incrociato lo sguardo mortificato di sua zia e intravisto le due sedie vuote accanto a lei, il dolore si era fatto strada al centro del suo petto scavando una voragine che, ora lo sapeva, niente avrebbe mai potuto riempire.
Elena era corsa via. Le mancava il respiro, la vista era appannata dalle lacrime che si era ripromessa di non mostrare a nessuno e che premevano forte per uscire. Proprio in quell’istante aveva realizzato con chiarezza che quello era solo il primo di tanti momenti importanti in cui si sarebbe sentita fragile e smarrita. Sola.
I suoi sogni avevano perso ogni significato.
La gioia è tale solo è quando è condivisa, così recitava uno dei suoi libri preferiti. Quella frase continuava a tornarle in mente.
Che senso aveva tutto quanto ora che non poteva più condividerlo con loro?
Elena non sapeva più nulla, ma aveva una certezza: non sarebbe mai più stata veramente felice. Qualcosa sarebbe mancato per sempre. Lo sentiva dentro quel vuoto, anche se tutti al funerale l’abbracciavano e la spronavano a guardare avanti.
Sei così giovane, le ripetevano ancora e ancora. A lei non importava più di niente. Ogni volta che guardava quelle bare di legno chiaro con sopra la foto delle due persone che amava di più al mondo, un minuscolo frammento del suo cuore si spegneva per sempre.
Al cimitero aveva cercato di avvicinarsi a Jeremy. L’aveva intravisto in un angolo e gli era andata incontro. Gli voleva bene, aveva bisogno di lui e sperava che per lui fosse lo stesso. Era rimasto in disparte per tutta la cerimonia, non le parlava da giorni e quando aveva tentato di abbracciarlo l’aveva scansata. Ad Elena non era sfuggito l’odore acre che impregnava i suoi vestiti.
Cosa avrebbe dovuto fare ora? Jeremy era l’unica persona con cui voleva dividere il suo male, l’unico che sentiva il bisogno di proteggere, ma era incazzato col mondo e più di tutti con lei.
 
Elena osserva l’impronta opaca che le sue dita hanno lasciato sul vetro della finestra. Ormai è sera. Le ore sono passate così, senza un senso né uno scopo. Afferra il cellulare che ha lasciato spento e, quando lo accende, i messaggi che Care le ha spedito nel pomeriggio arrivano tutti insieme, un bip dietro l’altro. Il soggetto è sempre lo stesso, la festa di questa sera.
Ci saranno tutti. Elena spegne il telefono sbuffando, scende le scale e attraversa il soggiorno veloce, ignorando accuratamente la pila di buste ancora da aprire sul tavolino all’ingresso. Sa bene cosa sono, ha letto le varie intestazioni e se ne è pentita subito dopo.
Una viene dalla Columbia. Prima di oggi avrebbe fatto carte false per essere ammessa ma ora è cambiato tutto.
In cucina trova Jenna, che indossa ancora il tubino nero un po’ troppo scollato che ha messo per il funerale.
Si accoccola su uno sgabello e osserva perplessa sua zia, che tiene la testa infilata nel frigorifero alla disperata ricerca di qualcosa che non sa nemmeno lei.
“Cosa ti andrebbe per cena? Pollo, spaghetti… No, ci sono, un bel gelato!” dice Jenna, sforzandosi di risultare allegra davanti alla nipote, anche quando è costretta a guardarla in viso e sa benissimo di non poter più nascondere i suoi occhi troppo lucidi.
Elena si rende conto che non è l’unica ad aver perso tanto. Vorrebbe tirare fuori una parola giusta, magari un abbraccio che forse aiuterebbe entrambe a sentirsi un po’ meno sole, ma tutto le sembra scontato e senza senso. Così preferisce apparire fredda e distratta e continuare a passare il pollice su una piccola crepa del tavolo della cucina, fino a che il silenzio nella stanza diventa troppo pesante.
“Cosa hai deciso per la festa?”
“Ho deciso di non andarci”.
“Ma ci saranno tutti i tuoi amici. Potresti… distrarti un po’”.
“Non sono in vena, ok?”
“O-ok”.
Per l’ennesima volta in quella lunga giornata, la ragazza sente di aver commesso uno sbaglio. Si avvicina a Jenna, che adesso, mortificata, sta spalmando la maionese su una fetta di pane in totale silenzio.
“Scusami” bisbiglia, ed è davvero pentita.
“Non fa niente”.
“Ti do una mano”.
Mentre preparano i sandwich la casa è immersa in una quiete irreale e triste. Mancano le risate con Miranda che le chiedeva di raccontarle la sua giornata, manca suo padre che legge il giornale sul divano, commenta le notizie e si lamenta della politica.
È tutto così assurdo che Elena sente come se i suoi genitori potessero ricomparire da un momento all’altro.
Quando fruga in un cassetto in cerca di un coltello e getta un’occhiata distratta allo schermo della tv, realizza che è fisso su una partita di Call of Duty lasciata in standby.
“Dov’è Jeremy?”
“Ha detto che andava a casa di amici. Ho pensato che gli avrebbe fatto bene”.
Elena riflette un secondo. Sa che Jeremy ha mentito, o meglio, non ha detto tutta la verità. Gli amici che frequenta ultimamente non farebbero stare sua zia così tranquilla.
Lo ha visto spesso appartarsi nel cortile della scuola con loro. Ok, si fa le canne, non è così strano per la sua età ma ora è tutto diverso. Jeremy ha appena quindici anni e ha perso ogni punto di riferimento. Soffre molto, è diventato scontroso, arrogante e soprattutto, ora che i suoi genitori non ci sono più, Elena teme che il fratello esageri e sente che la responsabilità di tenerlo d’occhio è soltanto sua. Senza pensarci due volte si sciacqua le mani, si infila le scarpe e afferra la giacca.
“Che stai facendo?”
“Ho cambiato idea. Vado alla festa! Ci vediamo più tardi”.
“Ma… i panini!” ribatte Jenna, ma ormai sta parlando ad una porta che sbatte.
Elena è già uscita, vestita di un ruolo che non è il suo, in cerca di uno scopo, di una ragione per andare avanti, della sola cosa che per lei è importante.
 
 
 
 
***
 
 
 
Damon Salvatore se ne sta disteso sul suo letto, le mani dietro la testa e gli occhi fissi al soffitto.
Sul pavimento di legno scuro c’è ancora la valigia da disfare.
Oggi è il giorno in cui la sua vita cambierà per sempre, ma non nel modo in cui tutti si aspettano.
Iscritto al quarto anno della Stanford University, Damon è uno studente brillante ma svogliato.
È intelligente ma non si applica. Se anche al college esistessero i colloqui genitori-insegnanti, sarebbe questa la classica frase che sua madre si sentirebbe ripetere, proprio come quando era soltanto un moccioso. Al tempo lei non se la prendeva più di tanto. Provava a fargli la ramanzina per far contento Giuseppe, ma tutto finiva con un sorriso e un buffetto sulla testa.
Lily e il maggiore dei suoi figli sono sempre stati troppo simili e non solo fisicamente. Sono complici, una mela tagliata a metà.
Ma nemmeno a lei Damon ha confidato il suo segreto.
Nemmeno lei sa che suo figlio non ha dato gli esami finali e ha lasciato il college ad un passo dalla laurea.
Damon preferisce rimandare, sperando che sua madre lo appoggerà come ha sempre fatto.
In fondo è stata lei a dirgli che avrebbe potuto diventare qualsiasi cosa volesse.
Damon ha semplicemente deciso quello che non vuole essere: un laureato, un figlio di papà, un soldatino col posto assicurato nell’azienda di famiglia. Vuole seguire la sua strada, le sue ambizioni e i suoi progetti. Mentre osserva la brezza tiepida della sera gonfiare pigramente le tende della stanza, pensa al futuro e intravede mille possibilità, orizzonti sempre nuovi.
Si sente vivo. Domani affronterà i suoi genitori, ma questa sera vuole godersi la sua ritrovata libertà.
“Ehi. Come va? Mamma mi ha detto che sei tornato”.
Stefan si affaccia sulla soglia. Indossa un paio di jeans e una camicia con le maniche arrotolate fino ai gomiti, ha i capelli scolpiti da una quantità spropositata di gel. Per Damon sarebbe fin troppo facile prenderlo per il culo con una battuta delle sue, ma oggi è particolarmente allegro e non gli va di infierire.
“Stai uscendo?”
“Si, vado ad una festa”.
Stefan fa un passo dentro la stanza e Damon lo osserva controllare il proprio riflesso sul vetro della finestra.
“Di un po’ fratello, non è che ti vedi con qualcuna?”
Il ragazzo guarda in basso, leggermente imbarazzato e Damon capisce che in qualche modo deve aver fatto centro.
“È solo un falò in mezzo al bosco. Ci vado con gli amici” minimizza.
Damon sbuffa e gli lancia un’occhiata scettica.
“Un falò? Puoi fare di meglio Stef. Il diploma si festeggia una volta sola nella vita”.
Poi salta giù dal letto, si avvicina alla scrivania scarabocchia qualcosa su un pezzo di carta che subito dopo passa al fratello, accompagnando il gesto con lo sguardo di uno che la sa parecchio lunga.
“Se vuoi vedere una vera festa, vieni a casa di Klaus”.
Stefan sgrana gli occhi. “Klaus Mikaelson?”
“Ovvio”.
Damon allunga appena il mento per indicare il foglietto. “La password per entrare” bisbiglia, con fare cospiratore “Ah, puoi portarci anche la tua ragazza” aggiunge, con un’alzata di sopracciglia che l’altro trova terribilmente irritante.
Poi afferra la giacca in pelle che ha appoggiato sulla sedia lì accanto e scende al piano di sotto.
A quanto pare suo padre è l’unico che questa sera se ne starà in casa. Infossato nella sua adorata poltrona di pelle, tiene gli occhi incollati alla tv e quando il figlio lo saluta, risponde con un mormorio disattento. Damon non se la prende: ci è abituato, Giuseppe è fatto così. Basta la milionesima replica di una partita di golf di vent’anni fa per renderlo felice.
All’ingresso, Lily Salvatore si sta aggiustando il rossetto allo specchio prima di uscire per la sua partita a carte settimanale con le amiche. Damon rimane ad osservarla per un attimo, senza farsi notare. I capelli neri sono sciolti sulle spalle e pettinati con cura, gli occhi azzurri resi più intensi dal rimmel le illuminano il viso, ancora perfetto nonostante il passare degli anni si sia impresso leggermente sulla sua pelle. Pensa che sua madre sia una donna bellissima. La prima che ha amato davvero, finendo poi per innamorarsi ogni giorno, più volte. Lily gli chiede spesso delle sue storie, della sua vita al college. Le piace ascoltarlo, la fa sentire ancora giovane, dice.
“Io vado” la sente dire ad alta voce, probabilmente rivolta a Giuseppe.
Quando voltandosi sorprende il figlio a spiarla, ha un lieve sussulto. Damon rimane impassibile.
“A casa di Alice giusto mamma?”
“Naturale, come ogni venerdì” risponde lei.
Poi si avvicina al figlio e gli infila una mano fra i capelli disordinati, scrutandogli il viso con aria leggermente preoccupata. Un gesto affettuoso, ma poco adatto a lui. Non è più un bambino, ormai dovrebbe saperlo.
Damon sostiene lo sguardo della madre, fissandola in fondo agli occhi cerulei fino a che non la vede sbattere piano le ciglia e fare un passo indietro, un po’ impacciata.
“Domani parliamo un po’ io e te, promesso?” gli dice, afferrando la borsa.
“Ok” risponde lui. Ha come l’impressione di non essere il solo ad avere un segreto. Si chiede se quella della partita a carte non sia soltanto una scusa.
Lily sorride, infila la porta e se ne va, lasciandosi dietro un Damon pensieroso e un marito troppo distratto per accorgersi di lei.
 
 
 
***
 
 
 
La festa si svolge nei boschi dietro la tenuta dei Lockwood, una location scelta appositamente per risultare misteriosa, anche se il party, purtroppo, è tutto fuorché originale. Una vera e propria accozzaglia di cliché: bicchieroni di plastica pieni di bevande scadenti che qualcuno ha corretto con l’alcool, coppiette che si baciano in penombra e per finire un bel falò dove qualche ragazza sta arrostendo i marshmallow.
Elena non ci mette molto ad individuare Caroline, che quando la vede arrivare guardandosi intorno un po’ spaesata si sbraccia per farsi notare. Appena si incontrano, la biondina non perde l’occasione di stringerla in un abbraccio soffocante, congratulandosi con l’amica per aver deciso di uscire dal proprio guscio di dolore che stava rischiando di farla risultare poco divertente.
Con lei ci sono anche Stefan e Bonnie che invece sono così magnanimi da non chiederle niente riguardo quella cosa, limitandosi a un sorriso di incoraggiamento e alle solite domande.
Elena però non è lì per chiacchierare con gli amici riguardo ai progetti per l’estate appena cominciata, né tantomeno per parlare del college. Continua a guardarsi intorno alla ricerca del fratello, sperando che i suoi sospetti siano fondati e che lui si trovi lì.
Quando nota Vicky Donovan che sta riempiendo un paio di bicchieri con un liquido di un colore tendente al fosforescente, ha la certezza di essere sulla buona strada.
Così la segue mentre si insinua in una zona appartata del bosco e finalmente trova la risposta che cerca.
Jeremy è lì, insieme ad altri amici, tutti troppo strafatti di alcool e di erba per notare una ragazzina in jeans e converse che gioca a fare l’adulta e li fissa con disapprovazione.
“Sei impazzito Jer?”
Il ragazzo la mette a fuoco a fatica, ma quando lo fa Elena non può non notare il fastidio e il disprezzo che traspaiono dal suo sguardo gelido. Jeremy, che nonostante i suoi quindici anni appena compiuti è già molto più alto di lei, la prende per un polso e la trascina in disparte tra le risate degli altri.
“Si può sapere che diavolo vuoi?” sibila a denti stretti. Elena non può fare a meno di notare la cadenza strascinata e lo sguardo assente.
“Semplice. Impedire che ti rovini la vita con le tue mani”.
“Sei fuori strada, Elena”.
“Ah si? Ti sei visto?”
“Mi sto solo divertendo con i miei amici”.
“Se per te il divertimento equivale a distruggerti la vita, sappi che non te lo lascerò fare. Il fatto che mamma e papà non ci siano più non ti autorizza a…”
“Piantala Elena. Tu non sei mia madre!”
 
Jeremy sputa quelle parole con disprezzo e rabbia. Gliele urla in faccia così forte che Elena si sente gelare e, quando lo vede allontanarsi, non ha la forza di reagire. Rimane ferma impalata mentre un brivido freddo le corre lungo la schiena.
Quando si volta, senza sapere nemmeno lei che direzione prendere, i suoi amici sono tutti lì a fissarla in silenzio e lei non ha più il coraggio di muovere un passo. Si sente umiliata, sconfitta e ancora una volta inutile.
In quell’atmosfera surreale, a Caroline tocca il compito di rompere il silenzio con la prima cosa che le viene in mente di dire.
“Questa festa fa schifo. Perché non ce ne andiamo? Ci sarà pure qualcosa di meglio da fare”.
La bionda si guarda attorno con gli occhi sgranati, in cerca di una reazione.
Una voce timida si leva dal brusio sommesso attorno a loro.
“Io un’idea ce l’avrei”.
Tre paia di occhi si incollano addosso a Stefan, che ora appare piuttosto intimidito. Ormai però ha lanciato il sasso, non può più tirarsi indietro.
“C’è un’altra festa a casa dei Mikaelson e io ho la password per entrare” dice, tutto d’un fiato.
“I Mikaelson? Stai scherzando? Io non ci vengo” ribatte Bonnie, incrociando le braccia al petto.
“Sei la solita bacchettona. Io ci sto!” esclama Caroline, la voce accesa da una nota di entusiasmo che Stefan non si lascia sfuggire.
“E tu Elena, sei dei nostri?”
Elena osserva le sue amiche riflettendo sul da farsi. Ha ancora nelle orecchie il suono tagliente della voce di suo fratello e il peso di quella giornata infinita le opprime il petto.
“Andiamo” si sente dire, e prima ancora di rendersene conto si sta incamminando con Stefan e Caroline senza sapere che domani avrà un motivo in più per non dimenticare il giorno che non avrebbe mai voluto rivivere.
 
 
 
*********
Ciao a tutte,
come sempre ringrazio chi ha avuto voglia di leggere la storia fin qui.
Abbiamo fatto un salto indietro nel tempo. Il capitolo è un po’ di passaggio, diciamo che serve a inquadrare la situazione di Elena e Damon che al momento non potrebbero essere più lontani e diversi.
Dato che questa storia per molti versi è un esperimento, non abbiate remore a dirmi se secondo voi sta venendo una ciofeca!!!
Le critiche aiutano a migliorare e io ho le spalle larghe :-)
E grazie a meiousetsuna, Misiamis_0, eli_s e Simiale72 per le belle e incoraggianti recensioni allo scorso.
Un bacio grande e, per quanto possibile, a presto
Chiara
  
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