Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: vali_    20/05/2015    4 recensioni
Dean non si sente a suo agio negli ultimi tempi: beve senza trarne i benefici sperati, dorme poco e sta sempre da solo e questo non è un bene per uno come lui, che mal sopporta la solitudine, convinto che riesca solo a portare a galla i lati peggiori del suo carattere.
Il caso vuole che un vecchio amico di suo padre, tale James Davis, chieda aiuto al suo vecchio per una “questione delicata”, portando un po’ di scompiglio nelle loro abituali vite da cacciatori. E forse Dean potrà dire di aver trovato un po’ di compagnia, da quel giorno in poi.
(…) gli occhi gli cadono sui due letti rifatti con cura, entrambi vuoti. Solo due.
Sam è ormai lontano, non ha bisogno di un letto per sé. Dean non lo vede da un po’ ma soprattutto non gli parla da un po’ e il suono della sua voce, che era solito coprire tanti buchi nella sua misera esistenza, di tanto in tanto riecheggia lontano nella sua mente. A volte pensa di non ricordarsela neanche più, la sua voce. Chissà se è cambiata in questi mesi (…)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Approfitto di questo spazietto per ringraziare coloro che hanno deciso di recensire, seguire e ricordare questa storia, ma anche chi è solo passato a dare un’occhiata. L'accoglienza è stata molto più calorosa di quanto mi aspettassi, perciò grazie mille! :)
Questa volta non ho molto altro da aggiungere (visto? L’avevo promesso che sarei stata più breve xD), quindi vi auguro una buona lettura e spero di ritrovarvi mercoledì prossimo! 

Capitolo 2: She finds beauty where there is no one
 
Her life improved dramatically
When she decided to break the rules
And find beauty where she had been told
There was no one.
 
(Unknown quote)
 
 
Era almeno un mese che Dean non dormiva così bene, in un letto senza un materasso scomodissimo, senza sentire molle in ogni parte della schiena e senza svegliarsi in preda a un qualche incubo. Non sa come sia successo, ma per la prima notte dopo un intero mese, ha dormito davvero comodo. E per più di quattro ore, il che è un record per lui.
 
Una mano non troppo leggera lo riporta al mondo reale, strappandolo dal torpore del sonno. Apre gli occhi e incontra quelli di suo padre, sempre così stanchi e spenti. Vuoti, a volte.
 
«Alzati, figliolo».
 
Altri cinque minuti. Dean quasi lo supplica nella sua testa, ma in realtà non dice una parola. Si stropiccia gli occhi con le dita e si tira su a sedere, la schiena appoggiata alla testiera del letto. Controlla l’orologio: sette e trentadue. Altri cinque minuti, evidentemente, era chiedere troppo. Anche oggi che non hanno apparentemente niente da fare.
 
Osserva il padre allacciarsi le scarpe; c’è una domanda che lo tormenta da ieri sera e non c’è occasione migliore di questa per porgergliela. «Papà?» John alza lo sguardo senza dire nulla «Che ne pensi di tutta questa storia?»
 
Suo padre si ferma, appoggia il braccio su una coscia e continua a guardarlo. «Vuoi la verità, ragazzo? Credo che sia un’immensa perdita di tempo. Ma non posso negare un piacere a Jim» Dean annuisce «E’ un amico».
 
Dean conosce abbastanza il padre da sapere quanto per lui possa valere la parola amicizia. Non è come la famiglia, ma se John Winchester riceve un piacere da qualcuno, farà di tutto per sdebitarsi, questo è certo. E Jim, negli anni, si è guadagnato il suo rispetto, oltre al diritto di chiedere in cambio ben più di un favore, perciò capisce perfettamente cosa intende dire.
 
Si veste in fretta e scende assieme a lui. Quando entrano in cucina, la visione che si para davanti agli occhi di Dean lo lascia senza fiato. Il tavolo, dove ieri sera c’erano appena tre bicchieri e una misera bottiglia di scotch, ora è pieno di leccornie: latte, caffè, cereali, pancake, biscotti e, a giudicare da quello che Elisabeth sta facendo, sembra che finirà per riempirsi un altro po’.
 
Non si è accorta della loro presenza, assorta com’è nel rigirare qualcosa nel piccolo pentolino malandato appoggiato sul fornello. Gli dà le spalle, i capelli raccolti in una treccia – proprio come ieri sera – e sembra molto concentrata in quello che fa.
 
Dean tossicchia ed è solo allora che lei si volta e gli rivolge un sorriso. «Buongiorno!» ha la voce gioiosa e squillante, sembra essersi svegliata da qualche ora. «Sedetevi pure, ho preparato la colazione».
«Vedo» Dean prende posto accanto al padre su una delle sedie libere. Allunga la mano verso uno dei pancake e John gli dà uno schiaffetto sul dorso, rivolgendogli la stessa occhiata che gli rifilava da bambino, quando aveva solo cinque o sei anni e cercava di rubare la colazione al piccolo Sammy.
 
Deglutisce, cercando di allontanare dalla mente quel ricordo prima che gli evochi una grande tristezza. Per una mattina che si era svegliato di buon umore…
 
Jim li raggiunge dopo poco e si siede accanto a John, rivolgendo un saluto a tutti i presenti. «Elisabeth, hai… »
«Tostato il pane? Sì, è lì».
 
Jim si alza e prende il cestino aggiungendolo a tavola. Dean li osserva per un attimo e non sembra esattamente il dialogo che dovrebbero avere un padre e una figlia, almeno non se hanno un rapporto puro e cristallino come l’ha descritto Jim. Dean scaccia quel pensiero in fretta, giusto perché non può decifrare niente da una frase senza senso, ma più che una figlia, in questo preciso istante, Elisabeth gli è sembrata una… domestica, o qualcosa del genere. E non gli piace la sensazione che gli ha provocato quest’idea.  
 
Elisabeth finisce di rigirare qualsiasi cosa stia cucinando con un cucchiaio di legno, spegne il fornello e appoggia il pentolino a tavola e Dean scopre con immenso entusiasmo che ha fatto le uova strapazzate. Non sono neanche ventiquattro ore che la conosce e già la adora – dal punto di vista del cibo, s’intende.
 
Aspetta che si sieda anche lei – giusto per non ritrovarsi un altro schiaffo da John, magari stavolta tra capo e collo e anche un po’ più forte – e prende il pentolino con le uova, versandosele nel piatto. Mangia come se non lo facesse da anni tanto è affamato e con la coda dell’occhio vede Elisabeth osservarlo divertita, proprio come si guarda un bambino cimentarsi in una cosa buffa.
 
Jim propone a suo padre di andarsi a fare un giretto lì intorno, qualcosa che Dean interpreta come una specie di visita turistica per vedere se c’è qualche nido di qualcosa da far fuori e osserva il suo vecchio pensarci un attimo e annuire subito dopo. A Dean sembra davvero lieto della notizia, neanche avesse ricevuto un invito per qualche festa.
 
Non è una grande novità per lui, in realtà. Ormai è convinto del fatto che suo padre direbbe di sì anche ad una caccia alle locuste pur di non condividere spazio vitale con lui.
Jim sorride appena, compiaciuto «Lasciamo i ragazzi qui, sanno badare a loro stessi. E poi in caso avessimo bisogno di qualcosa… » e adesso il discorso non piace più tanto a Dean. Non solo perché lo stanno praticamente lasciando a fare il babysitter di nuovo – come se non l’avesse fatto tutta la vita – che era proprio quello che non voleva fare, ma poi a lui piace l’azione, non gli va di rimanere in panchina.
 
Guarda il padre e spera con tutto il cuore che non dia spago al suo amico, ma è esattamente quello che fa. Merda. E pensare che la giornata era cominciata bene, adesso fa davvero schifo: non solo è stato messo in disparte, per di più con una tipa che non conosce e che ha tutta l’aria di essere strana, deve pure rimanere a disposizione in caso loro “avessero bisogno”, pazzesco.
 
I due si alzano e dopo averli salutati, si dirigono fuori e il rombo del pick-up di John fa capire a Dean che se ne sono andati.
 
Rimane in silenzio per un po’, senza staccare gli occhi dalle sue uova strapazzate. Sente lo sguardo di Elisabeth su di sé, ma non ha nessuna intenzione di ricambiare. «Non ti piace quando ti chiedono di farti da parte, non è così?» Dean espira forte e annuisce suo malgrado, masticando l’ultimo pezzo della sua colazione. Gli è anche passata la fame. «Anche a me. E’ per questo che voglio imparare».
 
Dean annuisce ancora; non ha voglia di starla a sentire, ma a quanto pare non dovrà fare altro per tutto il giorno, perciò tanto vale darle un minimo di corda. «Mi piace questo posto».
 
Elisabeth sorride. «Anche a me. Non ne trovavamo uno così bello da mesi». Dean ascolta in silenzio, gli occhi bassi fissi sulla tazza di caffè che sorseggia piano. «Non capisco perché lo abbiano abbandonato. Hanno lasciato tutti i mobili ed è tutto ancora in buono stato. Ho fatto delle ricerche in internet ed ho scoperto che l’attività è cessata solo alcuni mesi fa, non tanti» ma non si stanca mai di parlare? «Magari non facevano più soldi come prima, ma potevano almeno portarsi via le tende».
 
A quell’affermazione, però, Dean sorride appena e quasi se ne stupisce; gli sembra di non farlo in modo così spontaneo da settimane.
 
«A volte la gente si stanca dei posti e basta. Non è poi così strano, se pensi che ci si stufa anche delle persone. Chi ha una casa e può comprarsene un’altra se lo può permettere» suona più amaro di quanto vorrebbe, il tono che usa è quello di una persona sconfitta e buttata a terra da qualcosa di grande e profondo – cosa che è assolutamente vera, ma non voleva farlo trasparire così tanto.
 
«Già» fiata Elisabeth e sembra che il suo solito entusiasmo sia improvvisamente scomparso. Arriccia le labbra e lo guarda, come se lo stesse studiando. «Ma tuo fratello vi raggiungerà tra qualche giorno?»

Dean stringe forte la mascella, inspirando furioso. Parlare di Sam è l’ultima cosa che vuole fare stamattina, anzi, è proprio quello che non vorrebbe fare mai e lei continua a nominarglielo. E’ già la terza volta che lo fa in neanche un giorno che lo conosce.
Sbatte la tazza sul tavolo, preso da una rabbia cieca, e quando alza lo sguardo verso Elisabeth è così nero e lei cambia espressione, sembra quasi spaventata.

«Nessuno raggiunge nessuno. Mi spieghi perché t'interessa tanto di mio fratello? Ci conosciamo da neanche un giorno e non fai che chiedermi di lui, ma che cazzo ti frega se arriverà o no? Piantala di farmi domande e fatti gli affari tuoi, tanto non verrà».

Elisabeth lo guarda – Dean non capisce se è allibita o ha paura o cosa, sta di fatto che ci è rimasta male - e per un attimo Dean ha l’impressione che comincerà a frignare come una ragazzina in piena crisi ormonale da un secondo all’altro. Invece rimane in silenzio, nessun cambiamento sul suo viso o nella sua espressione, semplicemente si alza e, mormorando qualcosa come «ok scusa, non te lo chiederò più», si volta e comincia a mettere a posto.
 
Dean quasi si maledice per essere stato tanto brusco, in fondo non si conoscono e lei magari ha chiesto tanto per; effettivamente Jim non può sapere che fine ha fatto Sam e… e una voce – così simile a quella di Sam – sembra sussurrargli nella testa qualcosa come “Dean sei davvero un coglione” - e non può fare altro che darle ragione, ma ormai il danno è fatto.
 
Si alza, appoggia il suo piatto sul lavello e guarda Elisabeth per un attimo; lei è intenta a ripulire quelli che hanno lasciato suo padre e Jim sul tavolo e non lo degna di uno sguardo.
 
Dean crede di aver recepito il messaggio e si dirige nella sua stanza; suo padre ha lasciato il suo borsone dove ha libri a sufficienza in caso quei due “ne avessero bisogno” e l’unica cosa che può fare è aspettare una telefonata e pulire le pistole.
 
Finisce prima del previsto e non gli resta altro da fare che sdraiarsi sul letto a fissare il soffitto.
 
*
 
Si sente un idiota, non può negarlo a se stesso. Elisabeth non lo conosce, non può sapere niente di Sam o di come si sente lui a riguardo e la sua, deve riconoscerlo, era solo una domanda innocente.
Se qualcuno ti dice che sarete in tre ad arrivare in un posto e invece siete in due, ti viene spontaneo chiedere dov’è il terzo invitato. Cosa sta facendo, perché non c’è. E non ci sarebbe neanche niente di sbagliato in questo, è una curiosità lecita. A Dean sono girate perché… beh a Dean girano spesso, soprattutto ultimamente, soprattutto da quando non c’è più Sam a tenere i suoi nervi a freno.
 
Anche se a volte – spesso – gliele faceva girare pure lui, era bello arrabbiarsi con Sam. Più che altro era bello avere Sam tra i piedi, così che ci si poteva arrabbiare. Meglio litigare con lui che non averlo più intorno.
 
Discutevano spesso nell’ultimo periodo, prima che Sam se ne andasse. Era sempre nervoso – o comunque più del solito -, teso, arrabbiato. Non si capiva se ce l’avesse con il mondo o con papà o con Dean. O con se stesso, per qualche motivo. A rimetterci, comunque, era senz’altro Dean.
 
Sì, perché sopportare Sam arrabbiato poteva anche andare bene, ma quando c’era papà era peggio. Era l’Apocalisse in Terra, la Terza Guerra Mondiale in formato ridotto, ma altrettanto chiassosa e devastante.
 
Non si sono mai capiti, quei due. Dean è convinto del fatto che non hanno neanche mai provato a farlo.
 
Sam – testardo almeno quanto il loro padre – trovava ogni modo, ogni scusa, per andargli contro e John non era da meno e quando si arrabbiava era così duro, e Dean a volte doveva dividerli come si fa con i bambini all’asilo quando stanno per fare a botte.
 
Sembravano due leoni in gabbia, a volte, ed era Dean a pagarne le conseguenze. Sempre.
 
I silenzi assordanti, pesanti quasi quanto le urla, erano diventati routine nell’ultimo periodo. Anche tra i due fratelli.
 
Dean non sa dire con esattezza quando Sam ha cominciato ad allontanarsi da lui o da suo padre. E’ solo successo e non ha potuto fare niente per impedirlo.
 
Ricorda ancora ogni secondo del momento in cui Sam gli ha detto quello che aveva in mente di fare. Erano in una cittadina del Missouri, in agosto. Faceva caldo e Dean aveva parcheggiato l’Impala in un posto isolato, di notte, per poter guardare le stelle. Gli è sempre piaciuto farlo con Sam, prendersi un momento di pace per osservare il cielo e non c’era notte migliore di quella per farlo. Non c’era una nuvola, era tutto così splendente e chiaro, limpido. Il manto blu e tutti quei lumicini attaccati là sopra, la brezza leggera che ogni tanto accorreva ad accarezzargli la pelle e anche se c’era silenzio, se sorseggiavano le loro birre senza dirsi una parola, sembrava tutto a posto tra di loro.
 
Dopo aver finito la sua bottiglia, però, Sam aveva aperto la sua dannata boccaccia e aveva parlato. Aveva messo insieme parole come università e cambiare vita e aveva detto qualcosa come «Ho fatto domanda per l’Università. Mi hanno preso. Ho vinto la borsa di studio e… me ne vado a Stanford. Ho deciso. Non puoi fare niente per farmi cambiare idea, Dean, io… io non ce la faccio più. Ho l’opportunità di cambiare vita e voglio sfruttarla. Volevo solo che tu lo sapessi prima di papà».
 
E Dean non aveva trovato le parole per dire nulla, per rispondere a qualcosa di così spiazzante e definitivo. Aveva sentito il rumore dello sportello aprirsi e richiudersi e non si era neanche voltato a guardare il fratello sdraiarsi sul sedile. Aveva solo abbassato la testa e finito la birra ed era rimasto a contemplare l’erba verde e fresca per quella che gli era sembrata un’eternità.
 
Non aveva più alzato gli occhi a guardare le stelle. Si era stretto nella giacca – quella di pelle di suo padre, così grande e calda, forse più di quanto suo padre sia mai stato – e si era messo a riflettere, e anche se ogni più piccolo pensiero scavava una traccia così amara e profonda dentro di lui – che Sam aveva fatto la sua scelta e forse l’aveva sempre saputo e non riusciva a trovare una scusa, un modo, qualsiasi dannata cosa per trattenerlo -, niente è peggio del silenzio che lo circonda adesso, del macigno della solitudine.
 
Ed è per questo che si sente così solo nell’ultimo periodo: Sammy, il suo fratellino, la sua spina nel fianco, ha intrapreso un’altra strada. Probabilmente l’ha sempre saputo che sarebbe andata a finire così perché Sam non ha mai voluto questa vita. Come se Dean se la fosse scelta, come se non gli fosse caduta addosso come un fulmine che squarcia il cielo. Eppure non riesce ad accettarlo.
 
Sono passati dei mesi – quattro o cinque, non lo ricorda con esattezza, i giorni volano via tutti uguali e ormai non tiene più il conto –, ma non riesce proprio a darsi pace, non capisce il perché di quell’allontanamento e sente mancare la terra sotto i piedi al solo pensiero che suo fratello è lontano. E non solo fisicamente.
 
Non ha più il suo appoggio, non ci parla, non gli telefona – e nemmeno Sam fa altrettanto, cosa che non lo consola minimamente – e passa le giornate a cercare di sopravvivere, a fare di tutto per riempire il silenzio e cercare di non ascoltare quel vuoto costante.
 
Esce da quella stanza di sera con una buona dose di alcol in corpo – ma non abbastanza da potersi considerare ubriaco –, sperando di trovare qualcosa da mangiare in qualche dispensa di quel posto enorme.
 
Scende in cucina e la trova vuota. Quei due non sono ancora tornati e non c’è nessuna traccia di Elisabeth, ma sopra il tavolo trova un piatto, una bottiglia di birra, una di acqua, posate e un bicchiere. Non c’è da mangiare, ma sono le nove di sera e lei deve avere già cenato.
 
E’ spaesato da quel gesto tanto altruista e gentile – qualcosa che lui non si merita, non dopo averla trattata in quel modo.
 
Non ha voglia di cucinare, così cerca nei vari sportelli qualcosa che faccia al caso suo e decide che si può accontentare dei biscotti. Non ha poi così fame, non oggi.
 
E’ strano per lui, che di solito è sempre affamatissimo, ma preferisce non pensare al perché non ha appetito, nello stesso modo in cui sceglie di non pensare a tante cose.
 
Sta per tornare nella sua stanza non appena ha finito di mangiare, ma la luce che filtra dalla porta di quella di Elisabeth è come una calamita e lo attira, così tanto da costringerlo a bussare.
 
Lei si affaccia – proprio come ieri – ed ha di nuovo gli occhiali e stavolta i capelli sono sciolti, mossi e luminosi. Se si è fatta una doccia Dean non se n’è accorto. In realtà non l’ha sentita muoversi per tutto il giorno, nessun rumore, niente. Deve essere molto silenziosa. O lui molto distratto.
 
Senza dire una parola, apre di più la porta invitandolo ad entrare e Dean obbedisce, in silenzio. Si guarda intorno ed osserva i mobili – identici a quella che per qualche giorno è la sua stanza – un paio di libri sul comodino, un laptop sulla piccola scrivania e sì, quella camera è praticamente uguale alla sua, solo più piccola.
 
Elisabeth si siede sul letto, si toglie gli occhiali appoggiandoli sul comodino, incrocia le gambe e lo guarda con un’espressione strana, almeno per Dean. Non è arrabbiata – non sembra esserlo –, è… tranquilla, oserebbe dire che è addirittura a suo agio. Dean non capisce come sia possibile e sente il bisogno di parlare, di rompere quel silenzio così assordante. «Senti, io—» non riesce neanche a concludere mezza frase che Elisabeth alza un braccio e la mano aperta davanti a lui è un chiaro invito a fermarsi.
 
«E’ colpa mia» Dean sgrana gli occhi, confuso. Da quando se comincia ad urlare e si comporta come una donnetta frustrata la colpa è degli altri? «Sono stata invadente, non era mia intenzione».
 
Gli sorride appena, invitandolo a sedersi sul letto e lui accetta di buon grado, continuando a fissarla confuso.
 
«Io e papà non parliamo molto» un’altra pausa, e c’è qualcosa di stonato in questa frase, una nota negativa «E sicuramente non ci scambiamo pettegolezzi» sorride, mentre Dean continua ad ascoltarla attento «Lui mi ha solo detto che venivano a trovarlo un amico ed i suoi due figli. Siete arrivati in due, mi sono chiesta perché, ma neanche mi interessa dove sta tuo fratello, era solo un modo per fare conversazione visto che dovremo passare del tempo insieme, da ora in poi».
 
Dean annuisce e abbassa lo sguardo. Per un attimo si sente così piccolo e così… così idiota.
 
«Ti ho osservato un po’ e… beh, non credo tu viva un’esistenza felice» Dean rialza lo sguardo e si sorprende a constatare quanto lei sembri non avere alcun problema a dire una cosa del genere, come se fosse una frase qualunque, come se avesse appena detto oggi ho comprato un vasetto di marmellata e non descritto la sua vita in sette parole «Ma forse nessuno ne ha davvero una. Ognuno ha problemi di vario tipo, piccoli o grandi. Per esempio, io avevo una madre praticamente perfetta. Ero la persona più importante per lei e lei per me. Ha sacrificato tutto per crescermi ed io ho sempre cercato di non essere un peso per lei, ma ogni volta che le dicevo che avevo questa paura, lei mi zittiva e mi abbracciava forte. Mi diceva sempre che ero il suo piccolo angelo, poi è morta e forse ora è lei ad essere diventata un angelo, chi lo sa».
 
Dean non può non chiedersi se quella che si trova di fronte è una persona religiosa o se il suo è semplicemente un modo di dire. La guarda negli occhi e c’è tanta tristezza in quelle due pozze blu ma nessuna traccia di lacrime in arrivo, nessun piagnisteo, niente, solo sconforto e una ferita che probabilmente non si sanerà mai e nessuno più di Dean può capirlo. Proprio lui, che pensa alla mamma ogni giorno.
 
«Perché mi racconti questa cosa?»
 
Elisabeth sorride e la tristezza nei suoi occhi sembra essere quasi scomparsa. «Da qualche parte dobbiamo pur cominciare, no? Tu non parli, parlo io».
 
Dean annuisce, stringendo le labbra in una linea sottile. Qualche domanda si infila nella sua testa, ma non è ancora il momento di indagare. Verrà il tempo di farlo, è ancora presto.
C’è da dire che di tutte confessioni – se così può definire quella di Ellie - che ha sentito in vita sua, per lavoro soprattutto, questa gli sembra la più sentita e sincera. Forse per il modo in cui lei ha deciso di esporsi e parlare di questa cosa.  
 
«E parli sempre così tanto?» non sa neanche come gli sia uscita quella domanda, ma ormai l’ha fatta e non può rimangiarsela. Lei sorride, non sembra offesa.
«Solo con chi sa ascoltare. Tu sembri uno che sa farlo».
Dean aggrotta appena la fronte «Cosa te lo fa pensare?»
«Il fatto che sei un cacciatore e parli con tanta gente. O forse perché mi guardi sempre negli occhi».
 
E’ una cosa tanto ovvia, per Dean, in realtà. E’ stato educato da John Winchester come un soldato, e i bravi soldati non tirano mai giù lo sguardo.
 
«E non hai peli sulla lingua, a quanto pare».
 
Elisabeth ride di gusto, reclinando la testa indietro. «No. La sincerità è una cosa bella» già, furba come risposta per uno come Dean, che racconta balle per professione. Elisabeth si allunga sul comodino e ne apre il cassetto, tirando fuori un’altra barretta di cioccolata per poi spezzarla a metà. «Questa è meglio dividercela. Sennò si scioglie ed è un peccato».
 
Dean vorrebbe tanto dirle che è impossibile che la cioccolata si sciolga a gennaio con il freddo che c’è fuori, ma accetta il pezzo che gli porge e sta zitto. La guarda divertito mentre toglie l’involucro di carta e ne addenta un pezzetto, sorridendo. Sembra una bambina.
 
Parlano per qualche ora buona, finché gli occhi non vogliono chiudersi per la stanchezza. Non affrontano un discorso serio, parlano di tutto e di niente ridendo e scherzando come se si conoscessero da tempo, o almeno è questa l’impressione che ha Dean.
 
E’ vero, è un po’ logorroica, ha sempre qualcosa da dire e un’opinione personale praticamente su tutto, ma pensa di poterle dare una chance. In fondo non è così male.
 
*
 
C’è sempre una prima fase in un rapporto, quando due persone si conoscono, in cui si studiano, si scrutano, cercano di capire uno i difetti e i pregi dell’altro solo osservandolo. E’ questo che fa Dean da un paio di giorni: osserva Ellie, studia i suoi comportamenti per scoprire com’è caratterialmente e se mai potranno andare d’accordo, visto che a conti fatti, data la bromance ritrovata tra i loro padri, dovranno passare insieme molto tempo.
 
Un paio di giorni sono passati velocemente nel vecchio albergo abbandonato e i loro padri sono tornati senza nessuna caccia conclusa. Probabilmente avevano solo voglia di farsi due chiacchiere senza avere i figli tra i piedi e, quando si sono rifatti vivi, hanno deciso di spostarsi da lì.
 
A Dean già manca quel luogo. Non c’era puzza di chiuso, di schifo e di cessi puliti ogni morte di papa, quella che invece aleggia nella stanza del motel che si sono trovati subito dopo. Ma la regola, valida per ogni cacciatore che si rispetti, impone di cambiare posto, ogni tanto, altrimenti si diventa prevedibili e i nemici possono attaccarti e bla bla bla. Jim e sua figlia avevano già passato troppo tempo lì, era davvero ora di cambiare aria per loro.
 
Per la partenza, Ellie si è unita a suo padre in macchina, John e Dean sono saliti ognuno nella propria e, quando ha alzato lo sguardo verso di lei, Dean ha notato qualcosa di strano: Ellie stava osservando la sua piccola con attenzione, come se ne fosse in qualche modo colpita. All’inizio non ci ha fatto caso più di tanto, ma quando sono arrivati ed hanno parcheggiato davanti ad un motel di Pueblo, a qualche miglio da Westcliff, Ellie gli si è avvicinata di corsa non appena lui è sceso dalla macchina, gli occhi grandi e pieni di entusiasmo.
 
«E’ tua?» A Dean è sembrata una domanda tanto ovvia. La guida, certo che è sua, ma Ellie continuava a guardarlo in quel modo e «Sì. Cioè era di mio padre, ma ora è mia». Lei gli ha sorriso e Dean continuava ad osservarla mentre girava intorno all’Impala come se fosse impazzita, ad osservare ogni dettaglio con attenzione, ogni sfumatura di vernice e, dall’espressione che aveva, Dean davvero non sapeva decifrare se le piacesse o no. Poi Ellie si è appoggiata al cofano ed ha cominciato ad accarezzarla, quasi come si fa con un gatto, appoggiando la mano sulla carrozzeria e sorridendogli.  
 
«Mi piace. Di solito non mi piacciono le macchine d’epoca, ma… questa sì, mi piace» e Dean si è gonfiato d’orgoglio, perché quella macchina è davvero il suo gioiello più prezioso oltre che la sua casa e quando qualcuno la nota non riesce a non entusiasmarsi.
 
E’ rimasto ad osservarla per qualche secondo, mentre lei continuava ad ammirarla con gli occhi e se non fosse stato stanco morto le avrebbe chiesto se le andava di fare un giro, ne è assolutamente certo.
 
Ormai sono quattro o cinque giorni che si conoscono e dopo quel piccolo incidente di percorso, hanno passato del tempo insieme senza discutere. O meglio, Dean non ha discusso con lei, che al contrario di qualsiasi mezza cacciatrice o presunta tale Dean abbia mai incontrato, è tutto tranne una tipa scontrosa.
 
Una cosa certa per lui è che è strana… molto strana. Non necessariamente in senso negativo, ma è… particolare.
 
Sta imparando a conoscerla, ma osservandola si è accorto che è sempre molto allegra. In qualsiasi momento della giornata, lei ha sempre un sorriso per tutti. Sembra riuscire a trovare la bellezza in ogni cosa.
 
Non è mai arrabbiata, o almeno non lo è tutte le volte in cui Dean lo sarebbe - cioè molto spesso - ed è costantemente in movimento, ha sempre qualcosa da fare e quando può riposarsi, anziché mettersi a dormire, inforca gli occhiali e si mette a leggere qualche libro.
 
In questo gli ricorda molto Sammy, ma Ellie non è secchiona come lui. A quanto gli ha raccontato, odiava la scuola, era impertinente con i professori e sopportava molto poco i compagni che la ritenevano strana – appunto. Ha dovuto abbandonare non appena il padre si è fatto vivo, all’età di diciassette anni, e non gli è sembrata molto dispiaciuta della cosa. Perciò non ha un diploma – proprio come Dean [1] – ed ha un sacco di libri trovati chissà dove semplicemente perché le piace leggere di avventure e delle vite di altre persone, dei caratteri forti e dei personaggi coraggiosi.
 
A volte Dean pensa che lo guarda come se fosse un qualche eroe di quei libri. Il suo sguardo è pieno di ammirazione, gli occhi blu pieni di entusiasmo quando gli chiede di raccontarle di qualche caccia passata. Era restio all’inizio, o almeno la prima volta che glielo ha chiesto, ma alla fine si è lasciato andare – come ha detto lei, da qualche parte devono pur cominciare a conoscersi - e le ha raccontato del primo lupo mannaro che ha ucciso. Aveva sedici anni e, nonostante fosse tornato pieno di lividi sulle braccia, era la persona più soddisfatta del pianeta dopo aver fatto fuori quel coso [2].

Di Ellie sa anche che non guarda mai la televisione perché dice che le fa venire sonno ed ha visto pochissimi film rispetto a quanti ne ha visti lui, ma si dice aperta ad imparare. Anzi, gli ha promesso che una sera possono vedersi qualcosa che gli piace, a lui la scelta.
 
La sfida, quindi, è quella di trovarne uno che non la faccia addormentare ed è per questo che Dean sta girando da un’ora tra gli scaffali di una videoteca in cerca di un film che possa piacerle. Vorrebbe qualcosa di tosto, che possa colpirla, magari come ha colpito lui e deve arrivare alla sezione horror per trovarne uno soddisfacente. Poi pensa che è una ragazza e magari le farà paura, ma… serve qualcosa per tenerla sveglia, quindi vada per quello lì.
 
Un’altra cosa che ha notato di Ellie è che ascolta molto. Ogni volta che le parla, lei cerca di captare ogni parola. Non è mai distratta, presta sempre attenzione alle cose che le si dicono e questo piace molto a Dean, che adora le persone che sanno ascoltarlo, che non danno per scontato che quello che dice è una scemenza solo perché è uscita dalla sua bocca. Ma magari lo fa solo perché non lo conosce ancora bene.
 
Una cosa che invece non sopporta è la sua capacità di parlare parlare parlare senza riuscire mai a smettere, soprattutto se l’argomento in questione è particolarmente di suo interesse. Ci sono dei momenti in cui attacca un discorso e non finisce più, sembra una macchinetta, altri invece in cui sta zitta per ore – anche se succede molto di rado. Passa da un estremo all’altro, ma le si può perdonare, in fondo nessuno è perfetto.
 
Quello che però proprio non è chiaro a Dean è come Jim abbia potuto definirla timida. Riservata sì, solo perché non gli ha raccontato vita morte e miracoli - ma si conoscono da poco, dopotutto, e già si è aperta, in un certo senso -, ma timida… assolutamente no.

Passa a prendere popcorn e birra al supermercato ed è tutto pronto per la serata di cinema fai da te. Entra nella stanza designata per questi giorni e trova suo padre e Jim che conversano amabilmente di vecchi amici comuni. Quando sente la porta sbattere, John si volta a guardarlo.

«Dean, stasera io e Jim andiamo a fare un sopralluogo qui vicino, tieni d’occhio Elisabeth».
«Sissignore» lo avrebbe fatto comunque perché devono vedere un film e odia quando gli viene comandato di sorvegliare o proteggere qualcuno, è stato il suo lavoro per tutta una vita, sa farlo meglio di chiunque. E comunque non vede Ellie come un lavoro, piuttosto come una… persona con cui trascorrere le giornate.

Prende tutto l’occorrente e bussa alla porta della stanza che Ellie divide con suo padre. Lei gli apre senza chiedere chi è, esibendo un sorriso. Ha i capelli legati in due trecce - Dean continua a paragonarla a una delle gemelle Olsen -, gli occhiali, una felpa verde con al centro il disegno di un gatto che dorme e un paio di pantaloni della tuta grigi. Continua a pensare anche che sarebbe molto più carina se si curasse di più, ma non è nel suo interesse farglielo notare. E’ un po’… maschiaccia, sotto questo punto di vista.

«Ciao! Ti aspettavo, vieni».

Lo lascia entrare e Dean si chiude la porta alle spalle e la guarda con aria di rimprovero. «Dì un po’, ragazzina, tuo padre non ti ha detto che devi accertarti di chi è fuori dalla porta prima di farlo entrare? Potevo essere un demone».
 
Ellie sembra pensarci un attimo. «Nah, con questo bel faccino?» sorride e quando lo fa è contagiosa, tant’è che anche Dean si ritrova a farlo. «Scherzo, la prossima volta ci farò più attenzione».
«Sul mio faccino o su altro?»

Ellie scoppia a ridere e si toglie gli occhiali posandoli accanto al libro sul tavolo. Anche Dean vi appoggia i popcorn e, prima di mettere la birra in frigo, sbircia il titolo.

«”I viaggi di Gulliver”
«Ah-ah, è molto interessante, pieno di metafore. E a me piacciono le metafore, molto». Lo guarda sorridendo e Dean proprio non capisce come faccia a trovare del buono in ogni cosa. E’ senza dubbio una sua caratteristica. «Tu che mi hai portato?»
 
Dean estrae il dvd dalla giacca e glielo porge. La faccia schifata di Ellie la dice lunga su cosa ne pensa. «Ma che roba è?»
«Un film horror. Ti piacerà, o perlomeno non ti farà addormentare».
Ellie lo guarda ancora schifata e poco convinta. «Se lo dici tu».

Si siedono sul divano e appoggiano i piedi sul tavolino basso lì di fronte quasi contemporaneamente, la ciotola dei popcorn tra loro e una birra a testa sul mobiletto accanto.
 
Dean accende la tv e tutto è così banale e scontato per Ellie che se nei primi minuti cercava di tenere gli occhi incollati allo schermo, dopo mezz’ora ha la testa appoggiata allo schienale del divano, gli occhi chiusi e la mano dentro alla ciotola dei popcorn.
 
Dean è così concentrato sul film che si accorge del mutismo di Ellie dopo parecchio tempo, notando che la sua mano non si è mossa dalla ciotola per lunghi minuti. Si volta piano, quasi irritato quando capisce cosa è successo, e la vede con la testa abbandonata all’indietro e la bocca aperta. Russa anche leggermente. E’ davvero un caso perso, allora.
 
Scuote la testa e finisce di vedere il film. Quando compaiono i titoli di coda sullo schermo, spegne la tv e si volta di nuovo; Ellie continua a dormire beata, come se niente fosse successo e Dean la guarda sbuffando appena. Fa per toglierle la mano dalla ciotola, ma lei deve accorgersene perché si sveglia e, con uno scatto, abbassa il braccio e rovescia la scodella di carta. Più della metà dei popcorn cade a terra e tra le pieghe del divano ed Ellie sgrana gli occhi; sembra quasi non abbia mai dormito in questo momento e lo guarda con fare colpevole.

«Mi sono addormentata, vero?» Dean la guarda – la sua faccia deve avere un’espressione particolarmente minacciosa perché gli occhi di lei sono grandi e tondi e si morde le labbra, mortificata – e annuisce, sospirando appena. «E i popcorn… »
«Sono caduti. Quasi tutti»

Ellie fa una smorfia dispiaciuta e mormora uno «scusa». Si appresta ad aiutarlo, inginocchiandosi sul divano e ficcando le mani – piccole, Dean non le ha comparate con le sue come fanno i bambini ma solo a guardarle sembrano così minuscole, sicuramente in grado di infilarsi dappertutto – tra le pieghe del vecchio divano e tira fuori un popcorn alla volta, massimo due.
 
Dean sta per spazientirsi, così ci metteranno millenni, ma non fa in tempo a dire niente che la porta si apre. Gira gli occhi e vede suo padre e Jim che li guardano con le sopracciglia alzate.
 
«Elisabeth, ma che diavolo… »
«Mi sono caduti i popcorn, papà, stavo aiutando Dean a rimetterli a posto» ma si interrompe quando vede Jim stringere gli occhi tra le dita e sbuffare, irritato.
 
Dean si prende del tempo per osservarlo. Sembra davvero distrutto… o stronzo. A Dean ha sempre dato un po’ quest’impressione.
 
Ellie si ferma, restando in ginocchio e tenendo la schiena dritta, le mani aperte sulle cosce, mentre i due entrano chiudendosi la porta alle spalle.
 
«Beh, la pacchia è finita. Dean, abbiamo trovato un caso per te. E tu Elisabeth andrai con lui».

Dean aggrotta la fronte e posa lo sguardo prima su Jim – che se definisce pacchia cercare di far piacere il cinema ad Ellie non ha capito un cavolo di come funziona il mondo -, poi su suo padre e poi su Ellie che sembra così entusiasta mentre lo guarda con gli occhi grandi e luccicanti.
 
«Davvero, papà?»
«Sì. Qui» passa un fascicolo alla figlia senza un minimo di garbo, quasi tirandoglielo «Ci sono le coordinate e quello che abbiamo trovato io e John. Ora tocca a voi»
 
Ellie sorride come una bambina a cui hanno appena regalato un nuovo giocattolo e, per qualche strano motivo, Dean si ritrova a fare lo stesso, anche se con meno entusiasmo. Non è la prima volta che succede in neanche cinque giorni che la conosce.
 
Raccolgono le loro poche cose in fretta e, dopo le varie raccomandazioni di routine – «Dean, stai attento con Elisabeth. E’ inesperta, ha bisogno di imparare e sicuramente non sarà efficiente come te o tuo fratello e—» «Sì, papà, sì» - salgono sull’Impala. Il viaggio è lungo e il Michigan non è esattamente dietro l’angolo. Il caso li aspetta a Dearborn, alle porte di Detroit. 
 
Quando sale in macchina, Ellie ascolta con attenzione il rombo del motore, come se fosse un suono che avesse già sentito da qualche parte e le ricordasse qualcosa di bello. Dean sorride tra sé e la guarda con la coda dell’occhio mentre lei osserva in silenzio ogni particolare dell’abitacolo dell’Impala, i sedili e il tettuccio; ogni cosa, anche il cambio e il freno le sembrano particolarmente interessanti. Accende la radio ed Ellie sembra non riuscire a contenere la gioia; stringe la stoffa dei pantaloni sulle cosce e batte le dita seguendo il ritmo della musica. La cassetta inserita è quella dei Led Zeppelin ed Ellie quasi salta sul posto quando si passa alla traccia successiva.
 
«Adoro questa canzone! Posso?»
 
Dean annuisce anche se ha vagamente paura di quello che sta per fare, ma lei si limita semplicemente ad alzare il volume. Il brano è “Stairway to Heaven” ed Ellie comincia a battere i piedi sul tappetino e a fischiettare seguendo il ritmo della musica e quando Robert Plant comincia a cantare lei lo segue con entusiasmo mentre guarda fuori dal finestrino.
 
Ha una voce particolare, fuori dal comune, quella di Plant quasi si confonde perché lei la sovrasta e, ancora una volta, a Dean sembra una bambina mentre canta così spensierata ed è talmente contagiosa che anche lui si mette a fare lo stesso, nonostante sia più stonato. Ellie si volta a guardarlo e gli sorride assecondandolo e continuando fino all’ultima nota.
 
Ed è in questo preciso momento che Dean al solo guardarla si rende conto che la presenza di Ellie può essere qualcosa di positivo, che forse potrà portare un po’ di allegria e colore nella sua esistenza buia.

 
[1] Nell’episodio 7x08 “Season seven, time for wedding!”, Dean dice ad una tipa che avrebbe finito la scuola se fossero state tutte come lei. E credo ci siano altri indizi sparsi nella serie (o forse l’ho letto da qualche parte) che lasciano intendere che Dean non abbia un diploma vero.
[2] E’ l’aneddoto che Dean racconta a Gordon Walker nell’episodio 2x03 “Bloodlust”.

 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: vali_