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Autore: _eco    20/05/2015    4 recensioni
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A volte Fitz attende per secondi che gli sembrano scanditi da minuscoli granelli di sabbia in una clessidra immaginaria. Lentamente, talvolta s’incastrano nel collo di vetro sottile, quasi per dispetto. I secondi diventano minuti. Poi ore.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jemma Simmons, Leo Fitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You're not dead.

 
La pazienza è la virtù dei forti. Sua madre glielo diceva da bambino; quando Leo s’innervosiva se non riusciva a risolvere a primo colpo un esercizio di matematica; quando, spazientito, fissava costantemente l’orologio in attesa che scoccasse la mezzanotte per aprire i regali di Natale; quando non aveva ricevuto immediatamente la risposta dall’Accademia – c’era stato un problema con le consegne della lettera d’ammissione, avrebbe scoperto poi.
E lui lo è? No, non paziente. Quello di certo non lo è. Ma è forte? Potrebbe, in virtù della sua forza, imparare a essere anche paziente?
Se uno è forte, può fare tutto, no?
E lui è forte?
Starsene seduto a distanza di sicurezza – precisamente due metri e mezzo – dalla roccia che ha assorbito Jemma significa essere forti? Certo, è una precauzione per non essere inghiottito anche lui. La situazione non migliorerebbe, perché i cervelli utili a riportare Jemma indietro diminuirebbero – come se il suo, di cervello, stesse facendo chissà quali grandi progressi!
A volte, però, è tutto ciò che desidera: avvicinarsi un po’ troppo, osare aprire la teca di vetro e abbandonarsi a quel blocco di pietra grigia.
Lincoln gli ha spiegato che assorbire un umano inibisce i poteri del Kree: la sputerà fuori il prima possibile, gli ha detto. C’è, però, la remota possibilità che la roccia stia usando Jemma come sorgente d’energia.
Forse è per questo che, ogni tanto, il suo battito cardiaco rallenta e si dissolve. L’elettrocardiografo si ammutolisce, niente più picchi, ripide salite, montagnette dalle cime acuminate.
Solo silenzio e la paura che il cuore di Jemma smetta di pompare sangue per sempre.
O forse è colpa dei sensori che Fitz ha piazzato sul pavimento – a distanza di sicurezza, ovviamente – e della loro scadente capacità di captare le pulsazioni.
Stupido, inutile, incapace Fitz che crede di poter salvare, o almeno raggiungere, Jemma con i suoi giocattoli da quattro soldi.
Lincoln gli ha anche spiegato che non è detto che l’assenza di battito cardiaco sia dovuta a un indebolimento di Simmons.
Forse è perché, in quel momento, lei non c’è.
Fitz si chiede dove sia. La immagina fluttuare nello spazio, sospesa sull’orbita di un pianeta non ancora scoperto, intenta a studiare forme di vita sconosciute; forse potrebbero fruttarle un premio Nobel, si permette il lusso di ipotizzare, nel tentativo di non perdere la speranza.
È scienza, Fitz. Devi imparare ad aspettare.
Jemma gliel’avrà ripetuto un centinaio di volte sin dai tempi dell’Accademia.
A volte Fitz attende per secondi che gli sembrano scanditi da minuscoli granelli di sabbia in una clessidra immaginaria. Lentamente, talvolta s’incastrano nel collo di vetro sottile, quasi per dispetto. I secondi diventano minuti. Poi ore.
Adesso sono due ore e ventidue minuti. Il sole è da poco tramontato. Si distinguono rumori di passi provenienti dal corridoio. Il ronzio dei sensori s’insinua molesto nelle sue orecchie e serpeggia in tutto il suo corpo.
Fitz china il capo sul pavimento, distogliendo l’attenzione dal fascicolo contenente le poche informazioni raccolte, che Coulson l’ha incaricato di studiare. Non che ci fosse bisogno di un incarico da parte del capo.
I suoi occhi, intorpiditi dalla stanchezza, ricadono sui sensori lampeggianti sparsi per il pavimento. Sembra quasi che li compatisca.
Lo capisce, davvero, se non riescono a trovarla – per adesso.
Lo capisce, davvero, se si sentono inutili e mai abbastanza – come se dei recettori elettronici potessero provare qualcosa, poi!
Del resto, li ha creati lui. Ed è colpa sua se non sono sufficientemente sofisticati, colpa sua se non la raggiungono, colpa sua se la maledetta teca di vetro si è aperta.
A volte si chiede se Jemma l’abbia capito, se lo stia colpevolizzando, se lo stia odiando. A volte riguarda la registrazione delle telecamere di controllo, sperando – stupido Fitz! – di non inciampare e non lasciare che la teca si apra, sperando di non uscire dalla stanza. Invece succede sempre l’opposto.
Inciampa, la porta di vetro scivola, nessuno dei due se ne accorge, e poi Fitz va via.
Jemma sorride. La seconda volta che ha visto la registrazione, dopo lo shock e la concitazione iniziale, ha notato quel particolare.
Prima di tutto, prima dell’inizio dell’incubo, prima Jemma sorrideva. Era felice, o forse stava solo ripensando a quanto Fitz fosse stato imbranato. Sembrava serena.
A volte Fitz blocca la registrazione proprio lì, nell’esatto istante in cui le labbra di Simmons si sollevano in un sorriso genuino.
A volte chiude gli occhi e gli sembra di sentire uno spostamento d’aria dietro di lui, all’altezza della spalla sinistra, come la mano di un fantasma. A volte inizia una frase e la lascia lì, in sospeso, e gli altri lo guardano in attesa.
Aspetta anche lui, anche Fitz. Aspetta che Jemma prenda la frase al volo e la completi, ma non succede, e ormai lui si sta abituando a continuarla da solo.
A volte è sicuro, così sicuro di vederla di fronte a lui, attraverso la roccia. Fa freddo lì dentro? Oppure le pareti rocciose sono incandescenti ed è impossibile poggiarvisi?
Oh, Jemma ne soffrirebbe così tanto: ha sempre avuto questa curiosa mania di appoggiarsi a qualcosa, a qualcuno.
Fitz controlla l’orologio.
Due ore e trentacinque minuti. Ancora silenzio.
Chiude gli occhi, serra le palpebre così forte che le orbite sembrano sul punto di esplodere.
Non sei morta. Non sei morta. Non sei morta. Non sei morta.
 
 
Fitz non lo capisce neppure quando si addormenta, ma sa quando si sveglia.
L’elettrocardiografo lampeggia di nuovo.
Picchi improvvisi, cime acuminate, linee verde acceso.
Non sei morta. 

 
Okay, siete vivi?
I pomodori non troppo marci, graziepregociao. 
Questi due mi ammazzeranno, ma ovviamente tutti sappiamo che la roccia voleva soltanto portare Simmons a fare shopping, niente di più, quindi pace&amore e tutti tranquilli... seh. Continuerò a credere che gli ultimi dieci secondi non siano mai esistiti, come sta facendo tre quarti di fandom.
Vado a marcire tra i libri v.v
S.
 
  
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