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Autore: _wilia    22/05/2015    3 recensioni
[EdxLucy] [Incest]
I Pevensie, ormai ventenni, vivono a Londra, in una piccola casa in periferia. C'è crisi, e trovare lavoro sembra estremamente difficile. Mentre Peter ed Edmund lavorano per mantenere la famiglia, il più giovane dei fratelli diviene vittima del gioco d'azzardo nel disperato tentativo di riuscire ad azzerare i debiti, fallendo miseramente.
Quando nella vita si cede al male, a pagare le conseguenze per le proprie azioni sono spesso gli altri, e questo è il caso di Lucy, che diviene, a insaputa di Edmund, merce di scambio.
Dopo l'avvenimento, Lucy riesce a scappare a Narnia, non rispettando la promessa fatta ai fratelli: la terra magica è stata invasa ed è ancora sotto assedio.
Il mondo è andato avanti e loro sono rimasti indietro.
Una folle corsa contro il tempo ha inizio, per cercare di ingannare le antiche profezie e salvare Lucy dall'oscurità.
-
"Fuggì.
Il cavallo nitrì rumorosamente, protestando contro i calci decisi che la ragazza gli sferrava per indurlo a correre più veloce.
Il boato causato da uno sparo giunse alle sue orecchie, e la costrinse a chiudere gli occhi.
La fine era appena iniziata."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie, Peter Pevensie, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Buongiorno a tutti! 
Inizio col chiedere scusa alle persone che hanno iniziato a seguire questa storia che è stata interrotta dopo soli due capitoli. Le cause sono state troppe, ma il motivo principale per cui ho deciso di "uscire temporaneamente di scena" è stato un grave problema di salute.
Non nego di aver approfittato del fatto di non avere molti lettori a cui sarebbe dispiaciuto, e così l'attesa è diventata troppo lunga. Vi chiedo mille volte scusa. 
Spero che possiate apprezzare questo capitolo e mi impegno a postare con costanza, soprattutto se ci dovessero essere un po' di persone interessate a questa fanfiction.
In questo capitolo sono presenti scene di violenza. 

Il cacciatore di lupi bianchi

III 
Venduta

 

La vita era andata via da quel posto. Silenziosa, furtiva ed intelligente : aveva semplicemente abbandonato quei campi, quelle terre che un tempo conosceva.

Tutto intorno a lei taceva, a parte il cavallo che, sofferente, cercava di riprendere fiato e lei, che si rompeva sempre di più, man mano che avanzava con il suo compagno di viaggio.

Non si voltò a guardare dietro di sé, non una sola volta : una vita di insicurezze non era quello che le serviva.

Doveva, piuttosto, cercare di capire cosa fosse successo e dove, esattamente, si trovasse.

Il suo cuore faceva rumore, forse troppo per quanto potesse esattamente sopportare. Spronò l'animale a muoversi con poca premura, senza curarsene più di tanto: fiutava il pericolo, fiutava il male, la morte. Se figurata o letterale, questo Lucy non lo poteva sapere.

Effettivamente non era sicura che potesse succederle qualcosa di peggiore di quello da cui era fuggita, ma credeva che sarebbe tranquillamente potuto accadere.

L'uomo dissemina dolore ovunque passa e si porta via tutto.

Il giorno moriva e le sabbie che la circondavano si accingevano ad annunciarle quella che sarebbe stata la più silenziosa delle notti mai vissute. La più solitaria delle notti.

Il cavallo si fermò, improvvisamente, e sembrò non avere alcuna intenzione di proseguire nella sua avanzata. Lucy scese dal suo dorso, donandogli una carezza distratta sul muso.

“Okay, fermiamoci qui”, sussurrò, rivolta più a sé stessa che all'animale. Voleva sentirsi viva.

Si sfilò la borsa a tracolla che ancora indossava da quel pomeriggio. Si sedette sulla sabbia con le gambe incrociate ed aprì la borsa di cuoio, l'unica cosa che aveva con sé.

Sorrise amaramente nel notare il contenuto: una penna stilografica ed un blocchetto di fogli.

Le sarebbero serviti ben poco nel posto in cui si trovava, pensò con desolazione. Un moto di angoscia la scosse con violenza, mentre nella sua mente sentiva ancora una volta il rumore dello sparo udito poche ore prima, in lontananza.

Quanto lontana era da quegli uomini? Erano uomini? Poteva definirli così?

Aveva troppe domande che le ronzavano nella mente, e queste erano accompagnate da ben poche risposte.

Alzò gli occhi al cielo, illuminato da poche, fioche stelle e si assopì, donando un'ultima occhiata al cavallo.

“Che la vita sia con te, amico mio”, gli sussurrò, chiudendo gli occhi. “Ancora per molto”.

 

-

 

Tre giorni prima

 

 

La sala era piena di persone d'ogni genere, e Lucy contò, ad occhio e croce, un centinaio di presenti.

Il ristorante era stato decorato apposta per l'occasione e c'erano degli striscioni di auguri appesi qua e là sulle pareti, insieme a ritagli degli articoli di giornale dedicati al successo della ditta con cui Peter lavorava.

C'erano cinque tavolate, ognuna delle quali aveva venti sedie per gli ospiti; gli impiegati che avrebbero ricevuto il premio quella stessa sera erano dieci.

Lei si diresse con Susan verso il posto che era stato loro assegnato, e iniziò a riporre i suoi effetti personali su una sedia.

Poi la sorella maggiore si voltò a guardarla e le sorrise.

“Credi che si ballerà, questa sera?” le chiese con aria divertita. Lucy rispose al sorriso con dolcezza. “Be', spero di sì... spero anche che ci sia qualcuno di interessante!”, le disse lei, ridendo civettuola.

Susan le diede una gomitata nel fianco, e, mentre scherzavano, Edmund entrò nel locale a sua volta e si diresse verso di loro.

Lucy lo guardò e distolse subito lo sguardo, lasciando che il sorriso sincero che era stato stampato sul suo viso fino a quel momento scomparisse.

Suo fratello se ne accorse e, con uno stupido senso di colpa annidato nello stomaco, decise che si sarebbe occupato della situazione in un secondo momento.

“Come sei elegante, Ed!” esclamò la maggiore, accarezzando i capelli corvini dell'altro che si sforzò di sorridere nonostante il leggero fastidio che provava in quel momento.

Edmund Pevensie non sopportava che gli altri lo toccassero, e questo non dipendeva dalla persona: semplicemente le mani addosso, di chiunque fossero, gli davano molto fastidio.

“Ogni tanto si può fare, no?” le rispose e poi la guardò. “Hai visto la figlia di Steve? È diventata proprio una bella ragazza!”, esclamò poi.

Ad interrompere la loro conversazione fu Peter, che comparve all'improvviso e posò le braccia attorno alle spalle di entrambe le sorelle.

“Allora, che ve ne pare?” chiese loro, mentre un sorriso sincero gli si disegnava sul volto. Edmund estrasse un fazzoletto dal taschino della camicia e se lo passò sulle labbra, senza un reale motivo. Era nervoso.

“Credo di aver visto qualcuno che conosco”, disse Lucy, allontanandosi leggermente da Peter per poter guardare meglio in direzione dell'ingresso principale. “Ti spiace se vado a parlarci?”

“Perché dovrei avere qualcosa in contrario?”, le chiese lui, un po' stupito. Lucy rise leggermente, mentre si avviava. “Non vorrei farti fare brutte figure con i tuoi superiori, tutto qui”, spiegò, prima di sparire nella folla.

Susan sospirò e si sfilò il cappotto, posandolo sullo schienale della sedia. Peter non faceva altro che aggiustarsi nervosamente il colletto della camicia, mentre Edmund... be', Edmund era assorto nei suoi pensieri come al solito.

Il fratello maggiore gli si avvicinò ed iniziò a parlare a bassa voce. “Dopo parlerò con il mio capo, Ed. Se mi sembra entusiasta e davvero convinto di questa promozione, potrò chiedergli di assumerti”, sussurrò all'orecchio del fratello, sperando che nessuno lo sentisse.

Quello si voltò, sorpreso, ed incatenò il proprio sguardo a quello del fratello.

“Quello che mi serve non è una raccomandazione”, gli rispose con tono brusco. “Un lavoro io ce l'ho già, per quanto tu e Susan lo ripudiate”, continuò ed interruppe il contatto visivo.

Peter si mosse nervosamente, allontanandosi dall'altro. “Io credo che tu non capisca. Non porti abbastanza soldi a casa, e lo sai che ci servono. Forse dovresti cambiare lavoro”

“O forse dovresti lasciar perdere, Peter. Non starò con voi per molto tempo ancora”, gli rispose bruscamente, prima di voltargli le spalle ed incamminarsi verso l'entrata della sala adiacente. Non sapeva chi vi avrebbe trovato : l'unica cosa che voleva in quel momento era che suo fratello lo lasciasse in pace.

 

 

Lucy spinse la porta di legno che l'avrebbe condotta nel piccolo bagno a disposizione dei clienti. Si recò davanti allo specchio, osservò il suo riflesso e sorrise debolmente, sollevando i suoi capelli e portandoli tutti da un lato.

C'era un ragazzo che le interessava nel locale, e Lucy, per la prima volta nella sua vita, voleva piacere a qualcuno, e non per le sue doti da studentessa o per il suo carattere.

Per la prima volta, Lucy voleva essere ricordata come una bella ragazza.

Si sciacquò il viso, adorando la sensazione di freschezza che l'acqua regalò alla sua pelle e si voltò, sentendo la maniglia muoversi. Era suo fratello Edmund.

Lui le sorrise e le si avvicinò, mentre lei si rigirava e tornava a fissarsi nello specchio, decisa a non parlargli.

Il ragazzo sospirò.

“Lucy, mi dispiace di essere stato scortese con te, io non volevo risponderti così”, le disse, cercando di scorgere una qualsiasi emozione sul suo viso, ma lei sembrava distante. Sembrava più che intenzionata a non rivolgergli la parola; infatti, lo evitò, fingendo di non averlo visto ed uscì dal piccolo bagno.

Per la prima volta nella sua vita, Lucy era stanca di dover rincorrere e capire suo fratello senza mai ricevere niente in cambio.

 

-

 

“Ringrazio tutti voi per essere venuti e per aver deciso di prendere parte a questo giorno così importante per me”, disse Peter al microfono.

Edmund lo guardò, ma non sembrò prestare molta attenzione alle sue parole; era più impegnato a guardare il calice di vino che stringeva con il medio e l'anulare della mano destra.

Quello era il quarto bicchiere che beveva dall'inizio della giornata e sentiva che tutto il peso dei problemi che avevano gravato su di sé fino a quel momento lo stava abbandonando. Si sentiva più leggero, più felice, meno pensieroso.

Di fronte a sé, Susan guardava il fratello maggiore con occhi sognanti, ammiratori e, soprattutto, grati.

Il fatto che la famiglia sarebbe andata al catafascio senza Peter lo sapevano tutti, ed Edmund si chiese come mai sua sorella non avesse ancora provato, quel giorno, a dirgli di essere come lui.

Il giorno seguente, come da accordo, Edmund avrebbe dovuto estinguere il debito che aveva nei confronti di Marlon, ma era alquanto inutile specificare che non ci sarebbe riuscito.

Non aveva quei soldi e non sapeva quando li avrebbe avuti, e conservava la speranza di poter rimandare all'infinito il momento in cui avrebbe dovuto darli all'uomo; non sapeva, però, che il tempo a sua disposizione stava per scadere.

Lasciò il bicchiere sul tavolo, si asciugò le labbra con un tovagliolo e si rivolse a Susan. “Io vado via”, le sussurrò, “domattina devo andare a lavorare molto presto”.

Cercò di ignorare lo sguardo di rimprovero sul viso della ragazza e si alzò.

Si guardò attorno in cerca della sorella minore e la vide ridere di gusto con un ragazzo.

Sospirò: almeno non avrebbe dovuto affrontare un altro dei suoi problemi.

 

-

 

Lucy aveva deciso di andare a prendere una boccata d'aria ed era uscita nello spazio aperto che circondava il ristorante in cui avevano pranzato.

Era buio ormai, ma non era ancora il momento di andare: in quel momento si stavano svolgendo le ultime premiazioni e Peter aveva detto loro che ci sarebbe voluta almeno un'ora prima della fine effettiva della cerimonia.

Passeggiò per alcuni minuti, sentendo il terriccio e i sassolini fare rumore sotto i suoi piedi. Osservò il cielo, le piante e gli alberi, e stava per dirigersi verso l'entrata principale della sala quando qualcuno la afferrò.

Una mano premette sulle sue labbra, mentre un'altra la afferrò dai fianchi : in pochi secondi si sentì sollevare e i suoi piedi persero il contatto con il terreno.

Provò ad urlare ma la sua voce fu soffocata. I battiti del suo cuore accelerarono e, dopo pochi attimi, le sue guance furono segnate dalle lacrime.

Aveva paura, una paura matta; si sentiva impotente come mai prima d'allora.

Si agitò tra le braccia di quello che sarebbe diventato il suo aguzzino di cui non conosceva l'identità; la vista le si annebbiò e fu trascinata via.

“Ora tu stai zitta, Pevensie”, le intimò la voce maschile all'orecchio, ed il suo cuore sembrò perdere un battito.

Lei singhiozzò e, senza pensarci due volte, provò a mordere la mano all'uomo. O almeno, a quello che lei credeva essere un uomo.

Quest'ultimo gemette e non perse tempo : colpì la ragazza sul viso, con uno schiaffo talmente forte da farle girare la testa.

Lucy rimase in silenzio, mentre gli occhi le si annacquavano, se possibile, ancora di più : se prima aveva avuto paura, in quel momento il terrore la pietrificava da capo a piedi.

L'aguzzino la trascinò in mezzo agli alberi, in mezzo a quegli alberi che, pochi istanti prima, la ragazza aveva guardato con occhi sognanti. In quel posto, però, avrebbe avuto luogo quella che sarebbe probabilmente stata l'esperienza più traumatica della vita della giovane Pevensie.

Fu poggiata malamente sul terreno, quasi lanciata. Aprì la bocca nuovamente, ma l'uomo fu più veloce di lei : le strinse una mano intorno alla gola e fece aderire la sua schiena contro il tronco di un albero.

Si accovacciò davanti a lei e sorrise maligno. “Tu sei il prezzo da pagare”, le sussurrò, e lei prese ad annaspare. Non riusciva a capire.

“Non sai di cosa sto parlando? Se farai la brava avrai il tempo di sapere tutto”, continuò e, mentre gli occhi di lei si riempivano d'orrore, iniziò a sbottonarsi la camicia.

Se la tolse, mostrando il petto glabro, e lei ricominciò a piangere.

“Fai silenzio”, le disse ancora lui. Nel momento in cui allontanò la mano dal viso della ragazza, lei urlò.

“Peter! Susan! Edmund! Aiutatemi!”

Non fece mai errore più grande.

L'uomo la afferrò, la schiaffeggiò ancora una volta e le tirò i capelli. Accecato dall'ira, strappò via il vestito e l'intimo della ragazza, che ormai si dimenava senza sosta : aveva capito fin troppo bene cosa stava per succedere.

“Edmund!” gridò ancora una volta, l'ultima per quella sera, prima che il suo aguzzino decidesse di passare al livello successivo.

“Fossi in te non lo chiamerei”, le sussurrò, mentre le bloccava le gambe e lei singhiozzava disperata. “E' per colpa sua se in questo momento tu sei qui”.

Provò ad alzarsi, ma invano : l'uomo fu più forte di lei.

Dopo pochi secondi, le sue lacrime furono accompagnate dal sangue caldo che colava sulle sue cosce, mentre il cuore le si fermava in petto.

“Sei stata venduta, Pevensie. Venduta a me”, rise malvagio il suo aguzzino, che sembrava divertirsi molto davanti al dolore della ragazzina.

Ovviamente non era vero, ma lei non lo poteva sapere.

Dopo pochi secondi e troppo dolore, la gola che bruciava ed i sensi annebbiati, Lucy chiuse gli occhi e l'oscurità l'avvolse.

 

-

 


Se questo capitolo ti è piaciuto o ti ha colpito in qualche modo, ti chiedo di farmelo sapere : i consigli e i pareri delle altre persone aiutano a crescere
Grazie mille, caro lettore, se perderai qualche minuto del tuo prezioso tempo per scrivere due parole qui sotto e 
per motivarmi a non mollare questa storia!  
  
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