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Autore: davidferran    22/05/2015    4 recensioni
«Ho sottomesso interi regni, distrutto interi villaggi, seminato il terrore in ogni angolo dell' Enchanted Forest, gettato una maledizione che ha rovinato la vita a chiunque... non sarà certo la tecnologia ad avere la meglio su di me.»
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“I want you to know,
With everything I won't let this go.
These words are my heart and soul.
I'll hold on to this moment, you know,
As I bleed my heart out to show,
And I won't let go.”
 
 
 
Rigirò diverse volte lo strumento tra le mani.
Il filo bianco delle cuffie fuoriusciva dai capelli corvini e le ricadeva lungo le spalle, il petto, fino ad arrivare alla sua mano, inserite in quell'affare. Lettore mp3, si chiamava secondo la confezione.
 
Le era servita tutta la sera precedente per capire come funzionasse quella diavoleria, ma alla fine c'era riuscita.
«Ho sottomesso interi regni, distrutto interi villaggi, seminato il terrore in ogni angolo dell' Enchanted Forest, gettato una maledizione che ha rovinato la vita a chiunque... non sarà certo la tecnologia ad avere la meglio su di me.»
S'era detta, cercando di trattenere la rabbia, mentre premeva tasti a caso per far partire l'aggeggio.
E doveva farlo, voleva a tutti i costi farlo.
 
«Questo..Questo è..per te, Regina.» Le aveva detto poche ore prima, quando erano insieme. La sua voce era quasi tremante mentre le porgeva la scatola impacchettata alla meglio. La mora non aveva mai visto l'altra in quello stato, sembrava.. imbarazzata.
«Cosa..Perc--»
«Andiamo. Prendilo e basta.» Disse la bionda, cercando di tagliare corto la conversazione.
Regina prese con delicatezza il regalino, quasi come se avesse paura di romperlo.
«La ringrazio, miss Swan. Apprezzo molto questo gesto.»
Era più forte di lei. Non riusciva ad essere spontanea, non era nel suo carattere. Appariva sempre estremamente..formale.
Forse troppo. La bionda sembrava quasi delusa da quella risposta.
«Di nulla.. Uhm, non aprirlo ora -la fermò, poggiando il palmo su quello dell'altra, che era sul punto di scartare il pacchetto-. Aprilo a casa, con calma. E..usalo. Quando lo userai, troverai il vero regalo.»
Il sindaco sollevò un sopracciglio, titubante. Ma decise di non fare altre domande, e posò la scatoletta nella borsa.
E poi si erano separate, andando via con le rispettive automobili.
Nessun bacio, nessuna carezza, nessun abbraccio.
Tutto molto, troppo, formale.
 
Era stata Emma a proporre a Regina di uscire insieme, qualche giorno prima.
Stavano lavorando insieme da diverse settimane a un caso piuttosto urgente, l'ennesima minaccia che incombeva su Storybrooke. E solo la loro collaborazione avrebbe potuto salvarla.
Soprattutto perché ora Regina era stata privata dei suoi poteri, e senza si sentiva spaesata.
Erano fianco a fianco tutto il giorno, spesso anche fino a notte inoltrata; avevano messo da parte l'astio che provavano l'una nei confronti dell'altra per il bene di tutti.
In quei giorni Regina aveva notato che Emma, di nascosto, la guardava in un certo modo che la metteva un po' a disagio.
Ma aveva dato la colpa di quella sensazione alla stanchezza e allo stress.
Fino a che l'altra non le aveva chiesto di uscire, nel momento meno opportuno.
Stavano lavorando e, dal nulla, se n'era uscita con “Perché non andiamo a mangiare un boccone insieme, una di queste sere? Così, per staccare la spina e stare un po'.. insieme.”.
In quel momento, alla Evil Queen, erano venute in mente all'incirca un milione di risposte da darle -come il farle notare che stavano passando anche troppo tempo insieme-, ma, senza sapere di preciso il perché, disse semplicemente di sì.
Seguendo un impulso dettato da chissà quale area del cervello.
 
La serata trascorsa insieme le era sembrata piacevole, anche se entrambe erano molto tese.
Regina non capiva il perché di quella sensazione, la odiava: odiava la tensione, odiava non sapere cosa la rendesse nervosa.
E poi se n'era uscita con quel regalino, un gesto che molti avrebbero definito innanzitutto tenero, ma che lei non sapeva inquadrare in qualche aggettivo.

Una volta a casa, aveva aperto il pacchetto.
“Lettore mp3” recitava la confezione.
Era tentata di buttarlo via, non aveva idea di cosa farsene, poi però qualcosa la trattenne.
Il pensiero che era stata Emma a regalarglielo le suggerì di non buttarlo.
Poi le tornarono in mente le parole della bionda. “Quando lo userai, troverai il vero regalo.”
 
Per questo aveva passato metà nottata in piedi, a cercare di capire come farlo funzionare.
E quando ci era finalmente riuscita, nelle sue orecchie risuonarono le note di una canzone.
Seguite immediatamente dalle parole del cantante. Una voce maschile.
Ascoltò tutto attentamente, con lo sguardo fisso in un punto vuoto della stanza, cercando di capire.
Finito il brano, restò ancora per qualche istante ferma, con la testa piena di domande, piena di frasi. Poteva ancora sentire la musica risuonare, anche se ormai il pezzo era finito.
 
Tremava.
Tremava perché quella canzone le aveva fatto ammettere a se stessa che provava qualcosa per lei, per Emma, la figlia delle due persone che più detestava.
Il pensiero che quelle parole le erano state dedicate le aveva dato la chiave per accedere alla verità, una verità che avrebbe preferito mantenere sepolta, nascosta.

Le cuffie emettevano una specie di ronzio, non sapeva perché. Pensò che ci fosse qualche problema con il lettore.
Sullo schermo era comparsa la scritta “registrazione 1”. Era sparito il titolo della canzone.
Sobbalzò.
C'era Emma nelle cuffie. O meglio, la voce di Emma, che le parlava.
E le spiegava. Spiegava il perché di quel gesto. Spiegava cosa provava, con voce un po' tremante, mangiandosi alcune parole, balbettando in diversi punti.
Le diceva che in quegli ultimi giorni aveva apprezzato la sua compagnia e si era resa conto che da diverso tempo aveva una “cotta” -usava proprio questo termine- per lei. Tutto quel tempo insieme non aveva fatto altro che accrescerla.
Come diceva la canzone, Emma aveva ammesso che anche lei voleva far continuare quel periodo all'infinito, non farlo finire mai.
Regina, ascoltandola, continuava a sorridere, tenendo fisso lo sguardo nel vuoto.
La registrazione finiva con le scuse di Emma per il non aver avuto il coraggio di dirle tutte quelle cose in faccia, per paura di una sua reazione eccessiva
Terminato l'ascolto, d'impulso, prese il cellulare e scrisse un messaggio alla bionda. Era passata la mezza notte.
 
“Non ho mai ricevuto un regalo simile. Mai. Tra tutti i doni che ho ottenuto -e avendo governato a lungo in un regno, credimi se dico che ne ho avuti moltissimi- questo è senz'altro il migliore. La serata non sarà stata certo delle più piacevoli, ma suppongo che provavamo entrambe un certo imbarazzo.
Sono sicura che domani avremo molto di cui parlare, Miss Swan.”

Non si sentiva così informale da tempo, da quando stava con Daniel, lo stalliere.
Andò a coricarsi con un sorriso sereno, e il lettore appoggiato vicino al comodino.

Alle tre del mattino però tutto cambiò.
Una chiamata la fece svegliare di soprassalto.
C'era stato un bruttissimo incidente poche ore prima.
Un auto si era schiantata contro un albero. Un maggiolino giallo.
Aveva pregato con tutta sé stessa che non si trattasse proprio di quell'auto che fino a poche ore prima aveva giudicato orribile. Ma in tutta Storybrooke, solo Emma lo guidava.
E ora si trovava in fin di vita, all'ospedale della città.
Chiamò i suoi genitori, cercando di mantenere calma la voce, mentre, in realtà, le lacrime le rigavano il volto.
Mary Margareth e David raggiunsero subito l'ospedale. Lei no. Non sapeva che scusa usare, e l'idea di ammettere di tenere ad Emma a qualcuno oltre che sé stessa era impensabile.
Restò tutta la notte in piedi, incapace di chiudere occhio.
 
Al mattino, si recò presto a lavoro, in ufficio.
Era tutto incredibilmente vuoto. Non ricordava di essersi mai sentita così sola tra quelle quattro mura.
Appoggiò la schiena alla porta, e si lasciò scivolare a terra.
Per tutto il tragitto aveva dovuto trattenersi, non voleva, non poteva farsi vedere in quello stato.
Odiava mostrare i segni delle sue sofferenze. Non era da lei.
Prese la borsa, che era caduta poco più distante da dove si trovava, ed estrasse l'mp3.
Ascoltò diverse volte la canzone.
Mai la registrazione.
 
E poi arrivò la chiamata di Snow White, che non riusciva a parlare.
 
Emma se n'era andata per sempre.

Regina si maledì. Maledì soprattutto il suo orgoglio che le aveva impedito troppe cose: non aveva confessato i suoi sentimenti a sé stessa, né ad Emma. Non era riuscita a passare una bella serata la sera precedente. Non aveva avuto il coraggio di fare un gesto come quello che la bionda aveva fatto.
E poi, per colpa di quello, non aveva avuto la possibilità di dirle addio.

Sperava che da un momento all'altro la porta si aprisse e comparisse Emma. Vi era con la schiena appoggiata, avrebbe sentito i suoi passi.
Ma niente.
Emma non c'era.
Dietro quella porta non c'era nessuno..
Forse il suo fantasma. O forse neanche quello.
 
Ormai era finita. E non poteva più tornare indietro.
  
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