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Autore: chiara_raose    23/05/2015    2 recensioni
PruAus
Gilbert sbirciò in quella immensa libreria, fin quando non fu attirato da una copertina priva di titolo: un libro con poche pagine ingiallite e che al loro interno rivelarono le parole "Caro diario".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA • Per farmi perdonare del ritardo e della brevità del precedente capitolo, pubblico prima questo! Ci sono alcuni riferimenti storici anche qui, anche se più specifici e dettagliati rispetto a prima. Spero di non mettere in difficoltà ed essere stata sufficientemente chiara a riguardo, per quanto siano giusto degli accenni @.@
Come sempre grazie a tutti quelli che recensiranno o leggeranno in seguito, sperando che sia di vostro gradimento e ci vediamo al prossimo ed ultimo capitolo ^^





Caro diario, ho paura di quel che sto arrivando a pensare.


Quante volte hai riletto quelle parole? Quante interpretazioni la tua mente è riuscita a dare e quante le righe nascoste i tuoi occhi hanno visto tra quelle lettere? Hai cercato di ricordare anche il momento di cui l'austriaco parla, in quelle poche righe così fini e fitte da far male agli occhi; purtroppo, però, senza risultato. Come puoi aver eliminato dalla tua mente un momento così importante tanto da portare Roderich a scrivere sul suo diario, a riguardo? Ti batti una mano in fronte, a palmo aperto e ad occhi chiusi. Ignori con uno sforzo immane la gente attorno a te all'aeroporto, sorridendo come uno scemo a chi ti ha visto ed ora ti osserva con un'espressione indecifrabile. L'istinto dice di nasconderti col diario, ma a te parrebbe mostrare a tutti quel che hai fatto portando via qualcosa di non tuo. L'orgoglio te lo impedisce. Il tabellone aggiorna i caratteri luminosi e tu vedi, finalmente, l'orario dell'aereo diretto a Berlino. Hai avvisato Ludwig che lo avresti raggiunto, ma il gesto istintivo delle labbra che si stringono non ti aiuta a trovare la giusta determinazione per farlo. La borsa appare come inchiodata al suolo e le scarpe non sono mai state tanto pesanti. Chissà se stanno dando un segnale ad un animo che sta allungandosi verso le porte che, poco fa, sono state l'ingresso verso l'uscita. Che ironico ossimoro quello che spinge le spalle a raddrizzarsi sotto un brivido; una di quelle scariche elettriche capaci di strappare un sospiro a labbra schiuse a cui non sai dare significato.
Cosa ti farebbe pensare che io non possa avere compagnia all'infuori di uno come te?
La mano passa sul viso, scivola sulle labbra con irritazione e rassegnazione al contempo. Il petto ancora freme e si raggela al solo ricordo di quelle parole. È proprio quello il problema. È proprio lì che l'ago penetra nel cuore con una decisione degna di una lama ardente nel costato. In fondo, sei consapevole di non poterti aspettare nulla di differente vista l'immagine che il mondo ha di te, che ha avuto grazie ai tuoi atteggiamenti e che sempre avrà, intramontabile ed indelebile sul tuo volto. In fondo, speravi che lui fosse capace di vedere oltre, esperto com'è in quelle cose rispetto a te, così abituato a stringere l'elsa di una spada o il grilletto di un'arma; o, almeno, è ciò che, ricordando le parole che ti ha detto, continuavi a pensare. Un pensiero costante e martellante a cui la mente si è ormai abituata, non è vero? Allora perché quelle sue ultime parole scritte in modo così frettoloso sul foglio sono state in grado di sconvolgerti? Come è stato possibile che uno come te, leggendo quelle lettere, abbia visto tutto il suo mondo di credenze e pensieri crollare e scivolare come sabbia tra le dita? Cosa significano quelle parole per te, Gilbert? Cosa significano quelle parole per te, Roderich?
Il suono dell'avviso, la voce che annuncia l'imbarco per il tuo volo riportano la mente alla realtà, dentro quelle altissime pareti dove la luce artificiale inizia a regnare sul buio della sera. Senti le gambe indolenzite, rendendoti conto ora di quanto hai atteso in piedi, immobile come un baccalà. Sogghigni a nascondere l'imbarazzo anche a te stesso, lasciando campo all'egocentrismo che ti regala la sicurezza necessaria per camminare ancora a viso alto. Leggerai un po' del diario mentre sei in volo...


19 aprile 1864
A gennaio abbiamo ripreso le ostilità con la Danimarca. Fa uno strano effetto tornare a vedere Gilbert dal medesimo fronte anziché dall'altra parte del tavolo a sogghignare come un predatore dinanzi alla vittima designata. Fa strano non sentirmi addosso quello sguardo, anche questa volta. Non mi capita spesso di vedere le sue spalle o averlo di fianco ad esaltarsi per una vittoria come è stata quella di ieri a Dybbøl...
Tutto questo è strano. Non riesco a guardarlo come prima dopo queste alleanze. Non comprendo neanche per quale motivo me ne sento così dannatamente condizionato. Inizio a non sapere neanche più cosa scrivere, cosa incidere in queste pagine e cosa lasciar correre. I pensieri ed i concetti diventano sempre più schematici nella mia testa nel tentativo di tornare com'ero e come sempre sono riuscito a rimanere capace di contegno, tranquillità ed oggettività. Stavolta, però, non ci riesco. Non ci posso riuscire? Perché?

[…] giugno 1864
Penso di aver fermato Gilbert sul punto di uccidere uno di noi. Siamo di ritorno da Als e la Danimarca inizia a presentare le richieste di cessare il fuoco. Gli accordi sono semplici lui si prenderà lo Schleswig ed io Holstein... ma Bismark non mi convince. Ciò che non mi convince, però, è l'espressione che ho visto negli occhi di Gilbert quando l'ho chiamato. Non rammento neanche io quando ho cominciato a chiamarlo per nome anziché con il solito appellativo nazionale. Più ci penso, più mi pare di perdere tra i ricordi quel singolo secondo in cui è cominciato lo strano meccanismo che mi ha portato a chiamare Lui per nome in modo così istintivo e familiare. Non ricordo di averlo mai fatto prima e dalla sua espressione non posso che trarne conferma. Ho visto le fiamme di una bestia placarsi dinanzi ad un solo nome per la prima ed unica volta in vita mia.
Che male c'è? È un mio attuale alleato, no? Non dovrebbe essere normale?

[…] settembre 1864
Appuntamento il 30 ottobre, qui a Vienna, per il trattato definitivo già stabilito tra luglio ed agosto scorso. Temo che con Gilbert non durerà ancora molto questa sorta di pace. Nulla tra noi dura mai troppo vero?
Neanche i sogni, in fondo, durano per sempre.


Neanche i sogni durano per sempre. Ha ragione. Non sei mai riuscito a far durare un sogno più di un tot e, anche con lui, proprio dopo quegli accordi di cui parla in quelle pagine, s'era sgretolato tutto. La guerra austro-prussiana e l'indipendenza italiana del '66... e poi la visione di lui dinanzi all'altare. Senza di te. Ricordi bene quel periodo, vero? Il momento in cui il cuore ti era parso crollare in un abisso più profondo dell'oceano stesso. L'avevi finalmente visto come non eri mai riuscito a vederlo prima ma, come al solito, l'hai fatto troppo tardi. Anche ora, in fondo, non ti sei accorto troppo tardi di quanto le tue parole abbiano potuto ferire? Un sospiro divertito ti strappa l'aria dai polmoni ed il respiro, soffocato dal nodo alla gola per il quale stringi i denti e nascondi gli occhi dietro le palpebre. Uno come te non può stare male. Uno come te, Grande Prussia, non può abbassarsi così tanto da dispiacersi delle sue stesse parole. Uno come te.
« … »
Seriamente? Seriamente uno come te si farebbe mettere i piedi in testa da principi e pensieri tanto stupidi? Davvero la Magnifica Prussia si farebbe schiacciare da un destino che si è sempre beffato di te senza battere ciglio? Impossibile. Ormai era chiaro; come il sole che passa oltre le nubi, come un faro puntato sugli occhi. Accecante e disarmante su un palco vuoto, dinanzi ad una platea che aspetta di vederti crollare sulle tue stesse gambe tremanti. Tu non hai intenzione di cedere più alle ginocchia molli; in fondo, non ti sei costruito la maschera di egocentrismo esagerato appositamente per superare quell'ansia? Non sei cresciuto imparando ad afferrare quel dannato microfono ed urlare a tutti che tu ci sei, ci sei stato e per sempre ci sarai, che gli altri lo vogliano o no?
Sì. Sì ed assolutamente sì. Mille domande, mille quesiti che trovano risposta, tanto da diventare un puzzle che sta finalmente ricomponendosi dinanzi ai tuoi occhi. Finalmente ti pare di aver aperto gli occhi dopo uno stato di coma che ti ha incatenato troppo a lungo perché il tuo orgoglio lo possa accettare. Lo sapevi da tempo, lo hai compreso da prima ancora di saperlo ed ora che sai non puoi lasciarti frenare. Te lo ripeti insistentemente, impiantandoti nel cervello quell'idea per non fermarti ora, lungo il tragitto che le tue gambe stanno facendo in automatico.
« Hallo, West? »
« Hallo bruder, sei già arrivato? »
« Nein, non sono neanche partito »
« Qualche problema col volo? »
« West, non torno a Berlino »
   
 
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