Breathless
~ Senza Fiato
Ti ho
rincorso per così tanto tempo che ormai pensavo di
essere sul punto di perdere ogni speranza. Immagino ti sia reso conto
della
grande sorpresa che ho provato, quando ho ascoltato quelle tre,
piccole, per
tanti insignificanti, parole.
“Monta
sulla moto”
Un passaggio,
un breve, rapidissimo passaggio verso casa
mia. Eppure ho provato a fare di tutto, pur di ottenere
un’ora, un’ora
soltanto, di tempo da sola con te, durante questi anni di lavoro
insieme. Tempo
da trascorrere a parlare, dei miei e tuoi progetti, delle cose che ci
piacciono
e di frivolezze simili. Queste banalità a cui tu fingevi di
essere attaccato,
per riempire i minuti di silenzi vuoti, e che a me sembravano veramente
tanto
poco costruttive. Io adoravo i tuoi silenzi. E dire che li adoro
tutt’ora, sai.
Perché è in quei silenzi che riesci a dirmi le
cose più belle. Il tuo sguardo
parla per te. Il tocco delle tue mani è d’una
delicatezza a cui la tua lingua
non saprà mai accedere. Ma mi va bene così.
È te e solo te che voglio, è te e
solo te che desideravo quel giorno, e, per non so quale fortuna divina,
se un
dio davvero esiste, te e solo te è ciò che ho
avuto quel giorno stesso. Fermati
a prendere un tè con me, House, per favore. È
difficile pregarti anche solo per
queste sciocchezze, ma non m’arrendo facilmente, lo sai.
E per una
volta, non ho dovuto fare tutta la fatica da
sola. Se ci penso adesso, a qualche giorno di distanza, mi sembra
ancora un
fatto irreale. Come se si trattasse ancora di una delle mie fantasie,
le tenere
e banali fantasie della dottoressa Cameron, l’ingenua, in cui
tu, fissandomi
con quegli occhioni enormi e blu, anziché sbattermi la porta
in faccia in un
ennesimo rifiuto, apri le braccia e mi stringi, forte, ricambiando il
mio
abbraccio.
È
con un sorriso malinconicamente vittorioso che ti
ricordo che tu hai ricambiato molto più, che un semplice
abbraccio, quella
sera. La tua mano ha sfiorato me e poi liberato il tavolo della cucina
di ogni
impiccio in un sol tocco deciso. Meglio che prendere una bustina di
tè dalla
credenza, vero?
Immaginavo la
nostra prima volta – ovviamente, data la
nostra situazione, in un’ottica ai limiti
dell’impossibile – come un incontro
passionale, estremamente eccitante, ma, anche piuttosto violento. Ero
sicura
che tu mi avresti fatto male. Perché, non sei tipo da mezze
misure, perché,
forse avresti immaginato che io fossi troppo buona e presa da te per
reagire in
qualche modo, o forse perché la tua misantropia ti avrebbe
portato facilmente a
quell’istinto di superiorità, che ti autorizzava a
fare di tutto, persino
mentre facevi l’amore con me. Amore; poi.
Sapevo dall’inizio che sarebbe stato amore solo
per me, e per te invece
l’ennesima notte di sesso. Eppure, per qualche strana
ragione, non sarebbe
stato il solito sesso.
L’avresti
fatto con qualcuna che sapevi tenesse veramente a te, con tutto il
cuore.
Eppure ero sicura, nonostante non disposta per questo a fermarmi, che
non
avrebbe cambiato nulla della tua prospettiva, e nulla si sarebbe
ripercosso
sulle tue azioni.
Scoprii di
avere ragione solo sui primi due punti delle
mie aspettative. Fare l’amore con te è stato
passionale ed eccitante oltre ogni
limite, ma, purtroppo per me, affatto violento. E dico purtroppo
perché forse
questa è stata una violenza nella non-violenza. Se solo
fossi stato più brutale
e meno dolce, quella notte, forse per me sarebbe finita lì;
mi sarei resa conto
che neppure venendo a letto con te avrei potuto sperare in qualcosa di
più,
perché dal modo in cui mi avresti trattata avrei finalmente
imparato a capire
che la nostra relazione sarebbe potuta giungere sempre ad un massimo di
solo
sesso, se non altro da parte tua. Sicuramente, solo da parte tua. Ma me
ne
sarei fatta una ragione, più o meno presto, cercando di
vedere la realtà o
fingendo di farlo, ad ogni modo. E allora perché quando mi
è scappato quel “ti
amo”, quell’orribile, dolcissimo, imperdonabile
errore mentre ero avvinghiata a
te, irrimediabilmente legata con corpo e, dannatamente, spirito, tu mi
hai
guardata negli occhi, per un istante interminabile, con uno sguardo di
cui, lo
so, sono capaci solo gli innamorati? Non credevo saresti mai stato
capace di
disarmarmi. Il mio obiettivo, a dir la verità, era far
sì che accadesse il
contrario. Farti, arrendere, in qualche modo, stupendoti. Tu mi hai
fatta
sospirare, perché il mio cuore ha mancato più
d’un battito, quella notte. Ed
ora che ti guardo, fuori da quella cucina, la vita di tutti i giorni mi
sembra
un inferno; e quando i tuoi occhi si fermano su di me, per motivi
futili, o
puramente casuali, non riconoscendo più Quello sguardo, il
Mio sguardo, quello
di cui i tuoi occhi non sembrano più capaci, è il
vuoto ad ogni respiro. Un
baratro così profondo, che il fiato mi si spezza nel petto,
e le parole muoiono
in gola. E resto così, senza possibilità di
scelta. Appesa, per l’ennesima
volta, tra l’incudine e il martello, in attesa del mio
carnefice, che m’ha
fatta innamorare. Io aspetterò, il tuo silenzio
più bello. Ma ti piace davvero,
lasciarmi senza fiato?