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Autore: mik101193    24/05/2015    0 recensioni
Skyrim è una terra piena di uomini e mer di razze diverse e la nostra storia è ambientata a Whiterun nel 4E188, ovvero 12 anni prima degli eventi narrati in Skyrim.
Il protagonista principale è un bretone discendente dai rinnegati che per ora è ancora un bambino, ma nonostante abbia solo 8 anni, i problemi non mancano così come i nemici i giochi di potere e i cuori che pulsano in sincrono di alcuni personaggi.
Spero di riuscire a divertirvi ed intrattenervi.
Buona lettura.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Gli abitanti di Whiterun dormivano un sonno agitato quella notte, a causa di una pioggia battente i cui lampi illuminavano il cielo per pochi istanti prima di spegnersi e lasciare spazio ai violentissimi tuoni che riempivano la città con potenti boati.
Le guardie pattugliavano la città come ogni notte, anche se quella sera il tempo era parecchio ostinato, ed avrebbero preferito restare al caldo nonostante il loro sangue nordico. I più fortunati assolvevano al loro compito sotto le tettoie degli edifici o sotto i tettucci dei fortini sulle mura della città.

Verso le 2 di notte alcune guardie notarono un gruppo di individui muoversi verso la città provenienti dalla torre di osservazione occidentale, con l’avvicinarsi del gruppo se ne potevano contare i membri, sette in totale, di cui tre in armatura pesante, due orchesca ed uno in acciaio, altri due con addosso delle armature fatte con delle pellicce e due con delle vesti, dei maghi forse.
Una delle guardie all’interno di un fortino, un uomo che probabilmente serviva da molto visti i gradi sull’armatura, si espose ed urlò ad uno dei suoi sottoposti “FRERICA, vai ad avvisare il capitano! Forse stanno arrivando dei banditi e sono ben armati, CORRI!!!”, Frerica era una giovane nord, entrata da poco a far parte della guardia cittadina, nonostante fosse una novellina era parecchio abile e svelta di gambe, quindi raggiunse la caserma nel giro di poco tempo.

All’epoca il capitano era una donna di nome Ionne Scudo Nero di 34 anni, che serviva Whiterun da 15 come guardia. Ella era una nord dai capelli Arancioni lunghi e gli occhi di un verde particolarmente intenso, con un altezza nella media, per essere una nord ed un bel fisico. Ella possedeva una notevole esperienza ed una formidabile capacità di comando ed aveva provato il suo valore durante molte battaglie sia per difendere Skyrim che Whiterun stessa.

Frerica entro nella caserma e si diresse immediatamente dal capitano, che dormiva nel suo letto in una stanza separata rispetto alle altre, entrò senza bussare date le circostanze e scosse il corpo del capitano per svegliarla chiamandola più volte e dicendole cos’era successo: “Signor Capitano! Signor  Capitano dei banditi si stanno dirigendo verso la città, Oslar mi ha mandato a chiamarla!!” Ionne si alzò velocemente ancora mezza assonnata e puntò gli occhi sulla sua armatura a piastre, ma ci sarebbe voluto troppo tempo per indossarla, quindi optò per la divisa da capitano, molto più leggera. Intanto Frerica era uscita ad avvisare gli uomini al cancello ed a radunarne altri in vista della possibile battaglia.

Erano una ventina le guardie schierate al primo bastione, 11 arcieri su di esso e 9 davanti pronti alla mischia, con le armi sguainate. Ionne se ne stava pronta e fiera in posizione di comando sul suo cavallo pezzato accanto alle guardie pronte per la mischia.

Eccoli arrivare. Erano orchi, Grossi e spaventosi. Correvano verso la città ed in una notte come quella parevano essere una minaccia. Ionne ordinò di scagliare una freccia infuocata come avvertimento davanti al gruppo, uno degli orchi, probabilmente il loro capo, alzò il pugno chiuso, segno significante l’ordine di rallentare, ed il gruppo obbedì. Una volta giunto dinanzi al battaglione di guardie nord, gli orchi si fermarono qualche passo prima. Dopo qualche istante di silenzio Ionne si pose fra i due battaglioni stando sempre a cavallo con una torcia in mano. Ella si rivolse al capo orchesco chiedendo con un tono aggressivo “Chi siete? Se siete qui per razziare la città, sappiate che siamo pronti a difenderla!!!” il capo orchesco, fece qualche passo avanti e unendo le mani in tono di supplica, ma mantenendo tutto il suo onore spiegò “Siamo una tribù di orchi che è stata cacciata dai rinnegati giù nel Reach dalla propria roccaforte, Gramor… a sud ovest di qui, abbiamo già perso più di metà dei nostri uomini, e con un tempo come questo vi chiediamo solo di ospitarci per una notte o due fra le vostre mura.. al caldo… abbiamo monete a sufficienza!!!” Ionne dopo un paio di secondi di silenzio senza mai distogliere il suo sguardo deciso dall’orco e preoccupata per lo scompiglio che un gruppo di sconosciuti così numeroso, appartenente a quella razza, potesse portare fra la gente della città, rispose “ Non è possibile ospitarvi tutti, non credo che la gente di Whiterun accetterà così tanti sconosciuti, per di più orchi e così ben armati!” L’orco ribattè con molta calma “Capisco mia signora, ma si tratta solo di un paio di notti, abbiamo bisogno di riparo e rifornimento, saremmo pronti a pagare ogni spesa e non vi causeremo alcun problema” Ionne rispose subito e con tono molto deciso “Mi dispiace, ma non è assolutamente possibile!” L’orco insistette ancora rispondendo “Sarà solo per una notte, e vi offriamo quattrocento monete per ognuno di noi, non vi ch…” Ionne preoccupata per la gente di Whiterun non permise all’orco di terminare la frase che alzando la voce rispose “Non insistete oltre se non volete farci usare la forza per convincervi a desistere!!!”.
l’orco capì che la nord non scherzava, così indietreggio verso i suoi uomini e si rivolse loro con calma “è meglio andarcene di qui… Non ci lasceranno mai entrare e sarebbe inutile combattere un’altra battaglia persa! Sarà meglio se cerchiamo riparo in qualche forte abbandonato o qualcosa di simile.” Il gruppo accettò gli ordini del capo orchesco, ma uno di loro suggerì di dirigersi a Riverwood “Possiamo provare a sud, vi un piccolo insediamento!” il capo annui ed il gruppo girò lentamente i tacchi e ripartì per la strada.

Un’orchessa però non si mosse, indossava delle vesti da sciamano viola scuro con i larghi contorni delle maniche, del cappuccio e delle aperture di colore arancione, anche se col temporale erano visibili solamente durante i brevi lampi. Ella teneva in braccio un bambino avvolto con delle pellicce per tenerlo al caldo ed una sacca contenente alcuni oggetti molto pesanti a giudicare da come tirava la cinghia sulle spalle dell’orchessa, e si avvicinò a Ionne camminando,raggiunta la nord le porse il bambino. Ionne stupita e intenerita forse, prese fra le braccia il bambino che dormiva ed insieme la borsa, il bambino sembrava avere circa sette o otto anni. Aveva capelli corti e castani, sembrava abbastanza in salute. L’orchessa che finora aveva taciuto disse “Il suo nome è Zulich-Voh-Gramor, non è un orco ma lo abbiamo chiamato cosi, poiché non ricordava nemmeno il suo nome… è un bretone, un figlio dei rinnegati che abbiamo salvato la settimana scorsa da un gruppo dei suoi che voleva sacrificarlo a qualche daedra o hagraven, esseri schifosi, non hanno il minimo rispetto per niente e per nessuno… nemmeno per i loro stessi figli… vi prego ti tenerlo voi e prendervene cura, con noi non sappiamo quanto potrà sopravvivere, qui con voi starà meglio sicuramente” terminata la frase, l’orchessa diede un ultimo sguardo al bambino, prima di voltarsi e correre per raggiungere il suo gruppo disse “Addio piccolo, che Malacath vegli su di te come se fossi un vero orco”.

Scampata la battaglia, le guardie ritornarono in città a svolgere le loro ronde notturne, alcuni si lamentavano del mancato “divertimento” ridendo e scherzandoci su, ma Ionne, con in braccio il bambino e trasportando la pesante borsa, si diresse al tempio di Kynareth per parlare col sacerdote su cosa fare del bambino.

Giunta al tempio vi entrò e si diresse verso le stanze del sacerdote ignorando completamente la splendida piscina posta al centro del tempio e i viticci che calavano dal soffitto verso di essa. All’epoca il sacerdote era un uomo, un dunmer di nome Sodril Rendas, piuttosto alto per essere un elfo e aveva i classici occhi rossi della sua razza, capelli grigi e lunghi legati dietro la schiena. Il dunmer dormiva, ma Ionne lo conosceva bene visto poiché curava spesso le sue ferite di guerra e quelle dei suoi sottoposti anche in piena notte.
Sempre tenendo in braccio il bambino lo chiamo mantenendo la voce bassa ed un tono pacato per svegliarlo senza turbarlo “Sodril…. Sodril… Hey Soooodriiiiil” l’elfo si destò domandandole stancamente “Chi si è fatto male stavolta?” Ionne rispose sempre con tono pacato “Nessuno… Ma degli orchi provenienti dalla roccaforte di Gramor, che è stata distrutta…” L’elfo un po’ scosso l’interruppe “Per Azura!!! Sono riusciti a distruggere Gramor?” Ionne rispose sempre con calma “Gli orchi hanno salvato questo bambino anch’egli rinnegato, dall’essere sacrificato ad un Daedra e questo deve aver scatenato le ire delle tribù bretoni della zona” l’elfo ormai si era messo in posizione seduta con i gomiti appoggiati sulle ginocchia ad ascoltare la nord e con le mani si passava il viso per svegliarsi meglio, chiese “Ma chi voleva sacrificarlo scusa?” Ionne rispose “volevano sacrificarlo ad un Daedra, non so quale…” Sodril si alzò dal letto, egli indossava una vestaglia molto semplice e comoda di colore marrone con dei pantaloni di lino. Indossò immediatamente delle vesti incantate, che solitamente venivano utilizzate dagli specialisti nell’arte della guarigione, o più specificatamente nella scuola magica del recupero con delle fasce rosse che circondavano una parte degli avambracci, gli orli e le rifiniture.
 Si diresse nella sala principale del tempio le disse seccato “Non A chi…Ma DA chi stava per essere sacrificato?” Ionne, che nel frattempo aveva lasciato il bambino nel letto di Sodril al caldo, rispose piegando di lato leggermente la testa e sorridendo, poiché abituata agli scatti dell’elfo “Stava per essere sacrificato, DAI rinnegati, A un signore daedrico… è tutto chiaro adesso?!?” terminò la frase sorridendo con gentilezza, poiché sapeva che così facendo Sodril si sarebbe addolcito visto il debole che aveva per lei. Sodril si calmo, sorridendo, sapeva che Ionne approfittava amichevolmente del suo piccolo deboluccio verso di lei.

L’elfo rimase nella sala principale del tempio con il capo abbassato e le mani congiunte. S’interrogò sul perché dei rinnegati dovessero sacrificare un bambino quell’età ad un Daedra, per giunta uno dei loro. Ionne invece si sedette su una sedia accanto al bambino e gli rimbocco la coperta ancora calda del calore di Sodril e si appisolo su di essa, quella sera aveva dormito poco già di suo a causa di una rissa che aveva dovuto sedare alla giumenta bardata e così decise di approfittarne.

Sodril si mise a consultare qualche libro per avere almeno un’idea, e si diresse verso una libreria appena fuori dalla sua stanza e si mise a cercare fra i vari tomi. Dopo qualche minuto trovò un libro intitolato “Le tradizioni del Reach”; il libro parlava dei divini e dei daedra adorati dai rinnegati ma non vi era nulla di utile a parte il fatto che menzionava fra il culto dei rinnegati anche gli Hagraven. Allora si mise a cercare ancora fra i tomi, dopo una buona mezzora ne trovò uno molto interessante a riguardo “Hagraven, le serve del signore della caccia”; si sedette sulla panchina e cominciò a sfogliare il tomo. Dopo circa una ventina di minuti trovò una parte interessante in cui si spiegava come le hagraven potessero aumentare il loro potere in maniera permanente tramite un particolare rituale. Tale rituale prevedeva un sacrificio umano che però doveva essere eseguito solamente a determinate condizioni:

1. La vittima sacrificale doveva essere un bambino bretone con una carica magica superiore alla norma che non avesse ancora compiuto gli undici anni.
2. Il sacrificio doveva avvenire su di un altare daedrico decorato con della carne animale e bagnato con il sangue dello stesso.
3. E doveva avvenire durante l’arrossimento totale di Segunda, la luna più piccola del Nirn che capitava una volta ogni dodici anni.

La lettura del tomo turbo profondamente Sodril, poiché l’eclissi sarebbe durata ancora una notte. Si alzò e si diresse nella sua stanza per parlare con Ionne.
“Ionne… ho trovato qualcosa!” sussurro all’orecchio della nord che si destò lievemente ed appoggio la sua testa contro la spalla dell’elfo sbadigliando “Dimmi… Che hai… HAAaaw… Che hai Trovato?” disse sbadigliando, l’elfo la guardo dritta negli occhi per qualche istante… si stava incantando davanti ai suoi splendidi occhi verdi… ma se ne rese conto e la invitò impacciatamente ad uscire di li per non disturbate il bambino “S-sai…? S-se usciamo è-è meglio…!”, Ionne sorrise abbassando il capo e lo segui verso la porta.

“Ho letto un paio di tomi sui rinnegati e le loro religioni! Sembra che però i daedra da loro solitamente venerati, Azura e Hircine, non richiedano sacrifici umani così, “particolari!”
“Quindi?” rispose Ionne prima di rinfrescarsi il viso in una fontanella del tempio.
“Quindi non volevano sacrificarlo ad un daedra, ma ad un hagraven…”, Ionne girandosi velocemente ed appoggiandosi alla fontanella con la schiena ed agitando il dito indice a mezz’aria ribatté dicendo “ In effetti ora che ci penso quell’orchessa ha detto che era O un daedra O un hagraven…!” L’elfo replicò “Infatti ho letto di un rituale che quelle streghe utilizzano per aumentare i loro poteri, ma per farlo occorrono condizioni particolari, la più importante è un eclissi “rossa” di Segunda che terminerà domani notte e non si ripresenterà per altri dodici anni. Di conseguenza… Siamo al sicuro…In teoria” nel terminare la frase entrambi guardarono verso la stanza in cui dormiva il bambino, quasi con speranza, Ionne sospirò quasi sottovoce “Speriamo!”

Al sorgere del sole tutte le guardie cittadine, e addirittura i compagni erano già stati informati del possibile attacco da parte dei rinnegati e delle temibili Hagraven.
Ionne era ritornata al tempio ed entrando incrociò lo sguardo di Sodril, entrambi si sorrisero distogliendo lo sguardo quasi subito, probabilmente a causa della timidezza che li caratterizzava entrambi anche se in maniera differente, si salutarono col semplice sguardo praticamente.

Ella entrò nella stanza di Sodril e vi trovò il piccolo Zulich che si stava stiracchiando nel letto, decise così di provare a svegliarlo “Zuliiiiich” disse con voce bassa e tono pacato “Zuuuuliiiiich… Sveglia dormiglione!!!” il bambino si sveglio e subito si mise seduto guardandosi intorno incuriosito. Il piccolo le chiese “Dove sono? Dove sono gli Orsimer?” Ionne abbassandosi accanto al letto e appoggiandovi una mano gli spiegò cos’era successo “Vedi piccolo… gli orchi, di cui parli…” Zulich l’interruppe “SIIII, quelli che mi hanno salvato dall’heagraven che stava cercando di rapirmi” Ionne stupita sorrise e pensò che era meglio lasciar credere al piccolo che la strega volesse SOLO rapirlo “Gli orchi, stanotte ti hanno lasciato qui, perché potessimo prenderci cura noi di te!” spiego lei. Zulich le chiese “Voi? Voi chi?” Ionne rispose “NOI… la gente di Whiterun”
“Whiterun?!!”
“Whiterun! La città delle nuvole”
Il bambino sembrava entusiasta di questo “Wow una città delle nuvole?”
Ionne si stupì del fatto che un bambino rinnegato fosse in grado sognare le nuvole invece che gli squartamenti e i sacrifici che normalmente venivano eseguiti dalle tribù di rinnegati.
“Certo, la città delle nuvole!!!”

Intanto alle torri divise nel feudo del Reach:
Una strega di nome Drobia si scagliava contro il suo servo rinnegato urlando “DOV’ÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈ? DOVE…! DIAVOLO…! ÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈ?”.
Il suo servo Fennel tentò di risponderle spaventato: “m-m-mia s-signora…!!!” ma Drobia l’interruppe subito urlando di rabbia e mollandogli un ceffone “SE NON COMPIO IL RITUALE ENTRO STASERA… DIVENTERÒ UNA FETIDA E COMUNE HAGRAVEEEEEEEN…!!! IO…! VOGLIO! PIÙ POTEREEEEEEEEEEE…!!!”  disse le ultime parole a scatti.
Dall’enfasi che Drobia aveva rilasciato in questo sfogo, ora si ritrovava a schiena piegata ad ansimare. Fennel a quel punto tentò di avvicinarsi piano piano quasi strisciando, dicendole con molta calma e balbettando per la paura di una ripetizione dello sfogo appena precedente “m-m-mia s-si-signora, ho-ho gia mandato tre s-sq-squadre dei nostri migliori ricognitori a c-cercare quel… sgheal” Drobia lo afferrò con una mano per il collo stringendolo al punto di fargli mancare l’aria, ma abbastanza da lasciarlo appena respirare.

Lo guardava negli occhi stracolma di rabbia. Dopo un attimo di silenzio lei gli disse quasi sottovoce “ti ho detto di tenerlo qui segregato, ma tu hai lasciato che degli orchi puzzolenti schifosi e ignoranti lo liberassero…!” Fennel tentò di parlare con quella poca aria che poteva passare per la sua gola “m-matronaaaaah” Drobia strinse maggiormente la presa per qualche istante per zittirlo, poi riprese “Per ogni ora che passa senza che voi inutili vermi troviate quel pezzo di carne da sacrificio, io ucciderò un membro della tribù… è Chiaro?” chiese Drobia, e subito riprese senza lasciare la presa “ma certo che è chiaro!! Ora TROVALO” cosi facendo diede un colpo secco a Fennel facendolo ruzzolare a terra.

Fennel prima di rialzarsi si portò una mano alla gola tossendo. Quando guardò verso Drobia, la vide affilare il pugnale per il sacrificio, egli si rialzo barcollante si diresse verso la porta. Drobia rimanendo di spalle gli disse, con una calma allucinante ed un tono tenero come fosse la ninna nanna di un maniaco “Ti avviso Fennel! se non sacrificherò quel bambino, sacrificherò TE!!!”
Fennel, che si era fermato ad ascoltarla guardando verso di lei, ma tenendo sempre lo sguardo basso guardò qualche istante verso il basso prima di uscire e chiudere la porta dietro di se.

Drobia era una rinnegata, divenuta matrona da ormai parecchi anni ed era una donna spietata, il cui interesse era solo il potere, non serviva nessun’altro se non se stessa. Se ne stava lì ad affilare e lucidare un pugnale elfico molto particolare a cui teneva molto tanto da esserne ossessionata.
Lo aveva trovato in un forte abbandonato quando era ancora una semplice sciamana apprendista, lo chiamava “L’inoculatore”, poiché aveva la punta forata e l’anima della lama era semivuota. Praticamente perfetto per inserirvi del veleno e iniettarlo alla vittima con una piccola e semplice stoccata silenziosa.

Fennel nel frattempo aveva raggiunto i suoi fratelli rinnegati nello spiazzo del forte.
“Come sta oggi la signora?” chiese una rinnegata a Fennel, che teneva lo sguardo basso evidentemente ancora scosso dalle percosse subite. Egli non rispose. Uno dei suoi fratelli scattò “FENNEL, ALLORA…? Ti sei incantato?” Fennel trasalì, e rispose a voce bassa “Vuole che troviamo quel marmocchio prima di stasera, o… Beh lo sapete come è fatta”. Gli altri rinnegati continuavano a fissare Fennel che teneva lo sguardo fisso verso il basso, capirono che Drobia era furiosa, poiché per lei era normale maltrattare così Fennel, che dal canto suo le era fedele a qualunque costo e nonostante i suoi sopprusi.

Alcune ore dopo altri rinnegati partirono e si diressero alla ricerca del bambino. Fennel era rimasto in quella sala a fissare il vuoto deluso da ciò che riteneva un proprio fallimento verso la sua signora. Ad un certo punto si alzo e si diresse verso la sua tenda, aprì il proprio baule ed estrasse la sua vecchia armatura, costruita con della pelle di mammut e rinforzata con dei pezzi staccate dalle armature dei giganti sconfitti, essa era piena di peluria su tutto il busto e le spalle, ed aveva dei pezzi di teschi umani ed animali a rinforzarne le giunture e le parti più scoperte.
Estrasse anche una mazza di vetro ed uno scudo imperiale entrambi trofei di alcuni combattimenti avvenuti anni prima.
L’armatura aveva sui lati dei foderi appositi per coltelli da lancio, sei in totale, che Fennel riempi con dei pugnali d’ebano presi sempre dal suo baule.
L’uomo si diresse verso il tavolo alchemico dove prelevò alcune fialette di veleno insieme a qualche pozione ed un sacchetto di polvere. Si avvicinò al falò del campo e rovesciò il sacchetto di polvere nella propria mano destra, la strinse per non far uscire la polvere e la portò sul fuoco bruciandosi la mano e disse sottovoce dolorante “Che la magia degli antichi dei mi guidi, o che Drobia mi uccida per il mio fallimento”. Pronunciando l’ultima parola aprì di colpo la mano, e la polvere prese fuoco causando un piccolo scoppio che fece sobbalzare all’indietro Fennel.
L’uomo si guardo la mano completamente bruciata che stava guarendo a vista d’occhio e nel giro di una decina di secondi non aveva ormai più niente.

Drobia osservava seduta, dalla cima della torre adiacente allo spiazzo, con un sorriso malvagio che le copriva il volto. Vide Fennel eseguire il rituale e partire. Era soddisfatta della fedeltà che quell’uomo nutriva per lei, ma soprattutto era soddisfatta del fatto che il migliore dei suoi uomini un assassino, nato sotto il segno dell’ombra, capace di tenere testa ad altri tre della confraternita oscura si era messo in moto con il solo scopo di soddisfare la sua volontà, l’unica che contava.

 

   
 
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