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Autore: illusjon    26/05/2015    2 recensioni
Per nove mesi lei e suo marito avevano atteso con gioia quel momento, aspettando di vedere finalmente il loro amato figlio. Ma quando l’infermiera le aveva messo tra le braccia il sangue del suo sangue, appena uscito dal suo utero, Molly aveva lanciato un urlo. Quello non poteva essere Jonathan. Quella cosa tra le sue braccia non sembrava nemmeno un bambino.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Venerdì mattina. Le campane della chiesa segnavano le dieci e Molly ancora dormiva. Essendo nel bel mezzo delle sue ferie, non aveva motivo di alzarsi presto. Un cellulare però squillava ininterrottamente da dieci minuti e alla fine penetrò la cortina di sogni della donna. Finalmente Molly rispose e dopo aver scambiato poche parole con suo marito, si alzò dal letto. Passando in cucina, gettò un’occhiata distratta al calendario e rimase pietrificata. 3 gennaio. Dieci anni esatti dal giorno in cui il suo incubo peggiore aveva preso vita. Non passava giorno senza che i ricordi la tormentassero, prolungando il suo strazio più di quanto fosse umanamente sopportabile. Dieci anni prima infatti era nato il suo unico figlio, Jonathan. Per nove mesi lei e suo marito avevano atteso con gioia quel momento, aspettando di vedere finalmente il loro amato figlio. Ma quando l’infermiera le aveva messo tra le braccia il sangue del suo sangue, appena uscito dal suo utero, Molly aveva lanciato un urlo. Quello non poteva essere Jonathan. Quella cosa tra le sue braccia non sembrava nemmeno un bambino. Pareva una grossa rapa dal colore nero, come se lo avessero bruciato tra le fiamme dell’Inferno, con sembianze vagamente umanoidi. Gli occhietti rossi la scrutavano minacciosi e un taglio obliquo sotto il naso - la bocca, si rese conto con orrore- si spalancò mostrando una fila di dentini acuminati, come quelli di uno squalo. Da quel momento, la vita di Molly non era stata più la stessa. Le pareva di vivere in un perenne stato di dormiveglia, niente aveva più senso. L’unica cosa sulla quale riusciva a concentrarsi era quella creatura demoniaca che non osava, nemmeno nella sua testa, chiamare figlio. Dimessa dall’ospedale e tornata nella sua casa, al margine del bosco, il pensiero era diventato sempre più insopportabile. Registrava vagamente la presenza di altre persone intorno a lei, vicini che venivano a fare visita, il suo stesso marito, tutto ciò di cui si rendeva veramente conto era Jonathan, nella culla di fianco al suo letto. Non osava guardarlo, era terrorizzata. Dopo quelli che parvero secoli, ma in seguito scoprì fossero solo tre settimane, prese una terribile decisione. Quell’essere doveva essere eliminato. La notte si alzò silenziosamente dal letto e si affacciò alla culla. Dovette trattenere un grido di orrore. L’aspetto di Jonathan non era affatto cambiato, anzi sembrava più gonfio, come se le avesse succhiato via tutta la vita dalle vene e ora ne fosse lordo. Ignorando la repulsione, lo sollevò tra le sue braccia e lo portò in bagno. Aprì l’acqua della vasca e quando fu completamente piena, vi immerse il bambino. I suoi occhietti rossi l’avevano fissata tutto il tempo e continuarono a farlo, anche dopo che la vita aveva abbandonato il corpo.
Molly si riscosse dai suoi pensieri. Non aveva senso passare altro tempo a rimuginare, ormai erano passati dieci anni, bisognava guardare avanti. 
Non aveva fatto che due passi in direzione del bagno quando improvvisamente si alzò un vento fortissimo e tutte le imposte della casa iniziarono a sbattere. Il cielo si rannuvolò in pochi istanti e la donna sentì una voce roca che sussurrava il suo nome. Si guardò intorno spaventata e notò che i mobili intorno a lei avevano preso fuoco. Urlando scappò via, evitò le fiamme che apparentemente la seguivano e si precipitò fuori dalla casa. Non avendo altro luogo nel quale rifugiarsi, corse dentro il bosco. Col senno di poi, si rese conto che non era una grande idea, considerando il fuoco che si era acceso all’improvviso, ma per fortuna le fiamme non si erano propagate oltre la soglia dell’edificio Tremando e pregando Dio, Molly si inoltrò nel bosco, nel tentativo di calmarsi prima di chiamare i vigili del fuoco. Ma di nuovo sentì quella voce sussurrare il suo nome, ripetutamente. Fu presa da un terrore folle e cominciò a correre, senza avere idea di dove si stesse dirigendo. Gli alberi sembravano chiudersi sopra di lei in una morsa mortale, rami bassi e rovi la rallentavano, graffiandola. Dopo pochi minuti di corsa, Molly inciampò in un tronco e cadde. Non si udiva alcun rumore, tranne il battito forsennato del suo cuore. Ansimando provò a rimettersi in piedi, ma un dolore acuto alla caviglia la fece ripiombare a terra. Un fruscio alla sua destra catturò la sua attenzione. Strisciando, si avvicinò a dove proveniva il rumore. Tra le foglie di un arbusto, due occhi rossi la fissavano. Ormai fuori di se, Molly urlò un’altra volta e gattonando più veloce che poteva, si allontanò da lì. Ma ovunque si girasse vedeva quegli occhi che avevano tormentato le sue notti dalla prima volta che li aveva incrociati. Sicura di essere sull’orlo della pazzia, serrò i suoi di occhi e si ripeté a bassa voce: “Va tutto bene, è solo la tua immaginazione, va tutto bene…” Ma i sussurri ricominciarono. Dicevano che lei non meritava di vivere, che doveva essere punita ed era suo compito ripagare il debito: aveva messo fine a una vita appena iniziata, doveva ripagare offrendo la sua. Jonathan pretendeva vendetta, la sua morte non poteva restare impunita.
- Cosa vuoi che faccia? Come dovrei pagare questo debito di sangue? Niente al mondo vale come una vita umana, lo so, ma tu non avevi niente di umano!- urlò Molly.
Iniziò a piovere. In pochi minuti la donna era completamente fradicia, ma non aveva la forza di alzarsi. Una piccola figura spettrale avanzò verso di lei. Era traslucida, tremolava appena e si stagliava contro le ombre degli alberi. Era mattina ma sembrava sera inoltrata. La figura si avvicinò sempre di più fino a che non arrivò a pochi centimetri da lei. Era Jonathan, lo avrebbe riconosciuto ovunque. Si portava appresso un fetore di decomposizione e terra umida. 
Il suo sguardo scese sulla madre, che invocava la pietà di Dio, stesa a terra. Con un sorriso storto, portò le sue piccole mani sul viso di Molly, tappandole naso e bocca. La sua pelle era ghiacciata e sebbene fosse chiaramente una semplice impronta della sua anima -un fantasma-, era solido e forte come un adulto. La donna si divincolò, cercando di spostare le sue mani per respirare, ma la sua stretta era ferrea. Un abbraccio mortale. L’ultima cosa che Molly vide, furono i suoi occhi rossi, che parevano quasi divertiti.
  
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