Nel sogno percepii l’eufonia del Luna Park della mia testa.
Entrai nella Casa degli Specchi.
Risi nel vedere la mia immagine distorta,
trovandola anche più perfetta dell’originale.
Avanzai,
e risi,
girando in cerchio in un ironico giro-giro-tondo e poi…
Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io. Io.
Fino a che, tornando a guardare davanti a me,
ora priva di una qualsiasi traccia di divertimento,
non vidi più me stessa.
C’era una bambina, che mi aveva rubato i capelli
e le labbra,
e le mie vecchie ferite,
e i suoi – miei – mille occhi mi osservarono.
Il suo pianto mi straziò il cuore
e quando pensai che l’avrei visto cadere a terra,
dilaniato,
scoprii di non averlo.
Qualcuno me l’aveva strappato tempo prima.
Lei disse tra le lacrime che non ricordavo,
che avevo sradicato a forza tanti ricordi dalla mia testa,
che la ferita non era ancora risanata,
e che altre memorie sarebbero potute saltare fuori,
stracciandone i punti.
Vidi qualcosa,
l’eco di qualcuno,
attraversare il riflesso di fronte a me,
ripetuta infinite volte sui compagni che mi accerchiavano.
Non capii a chi appartenesse, ma seppi che era colpa sua
se non ricordavo,
se non avevo più un organo pulsante nel mio petto.
La bambina rise, chiedendomi di giocare con lei.
Io sentii una scia umida bruciare incandescente sul viso.
L’eco di qualcun altro attraversò lo specchio.
Anche questa volta non capii,
ma seppi che anche lui mi aveva strappato via qualcosa
– la mia innocenza.
Le luci e i suoni del Luna Park si spensero
e io vi rimasi intrappolata.